sabato 26 dicembre 2020

Bacco, tabacco e Venere

Sul 1° tiro.
Teo sul 3° tiro.
Sul 4° tiro.
Teo sul 4° tiro.
Val di Ledro - Parete del Ponale
Parete SE


Accesso: da Riva del Garda si prende la strada per la Val di Ledro, che sale ad imboccare una lunga galleria. Alla sua uscita si nota sulla sinistra la vecchia strada del Ponale, che si deve imboccare (non fate inversione di marcia, ma proseguite e parcheggiate oltre, in corrispondenza di un incrocio, tornando indietro a piedi). Si passa sotto una vecchia galleria e si superano due sbarre, lasciando sulla sinistra il sentiero di accesso alla falesia (e di ritorno). Un centinaio di metri oltre la vecchia sbarra si prende un sentiero sulla sinistra, in corrispondenza di una vecchia rete paramassi, giungendo all'attacco di Caino e Abele. Tenere la destra e continuare seguendo i bolli. Il sentiero scende lievemente, doppia uno spigolo e passa sotto una zona di roccia giallastra con un muretto a secco: lì parte la via Fiore di primavera e, subito a destra, la nostra (scritta alla base).
Relazione: bella via che sale la parete per placche e muretti, un po' rovinata dall'ultimo tiro, che esce tra la vegetazione e una roccia non proprio entusiasmante. Tutte le soste sono su due fix e catena tranne l'ultima, da allestire su pianta.
1° tiro: salire una placca, superare un leggero bombè e continuare verso sinistra fino alla sosta. 20 m, 6a+ (passo), nove fix.
2° tiro: partenza delicata, poi si segue una fessura erbosa verso destra. 15 m, 6a (passo inziale), nove fix.
3° tiro: salire appena a sinistra della sosta, superare un muro e spostarsi verso destra seguendo la parete. 20 m; 6a+, 6c/6c+ (o A0), 6a; diciannove fix. La valutazione in libera del tiro è merito di un aitante cordata che ci seguiva.
4° tiro: in obliquo verso destra fino alla sosta. 10 m, 6a, sei fix.
5° tiro: salire per placche e continuare su roccia un po' dubbia ed erba, superando una placca a rigole ed uscendo sulla terrazza dove si sosta. 30 m; 6a, dodici fix, un cordone in clessidra (che si poteva evitare, vista la chiodatura del resto della via...).
Discesa: salire brevemente per traccia fino ad incontrare un sentiero che si segue verso sinistra (rispetto alla direzione di salita) perdendo quota ad uno o due bivi e giungendo in breve sulla vecchia strada del Ponale.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

giovedì 24 dicembre 2020

Esclusivamente per tutti

Teo sul 1° tiro.
E sul 2° tiro.
Anita sul 4° tiro.
Sull'8° tiro.
Cima alle Coste - Valle del Sarca
Parete E


Diciamolo chiaramente: in Valle c'è di molto meglio! Ma dopo due mesi fermi per l'ennesime restrizioni, con temperature decisamente sotto il mio livello di comfort, una via tranquilla senza troppe pretese ci sta: è un modo come un altro per muoversi e verificare se gli arti rispondono ancora. Se la prendete in questo modo, vi potete anche divertire.
Accesso: da Arco si raggiunge Dro ed il parcheggio del centro sportivo in località Oltra (uscite dalla Statale a Dro, attraversate il fiume e proseguite fino all'indicazione - se venite da Sarche, seguite le indicazioni e uscite a destra dalla Statale prima del paese). Da qui si prende la strada forestale in direzione nord fino ad una sbarra, dove la si lascia per seguire la deviazione più a sinistra (ometti). Si prosegue per sentiero (ometti ed indicazioni) costeggiando la Piramide Lakshmi con le sue vie (tra cui Te lo do io il Colorado) e la piccola Parete di Sherwood. Ad un bivio poco dopo si sale a sinistra (indicazione; più avanti parte la via Dinosauri) raggiungendo l'attacco della via (scritta alla base).
Relazione: Via simile alla vicina Dinosauri, con una prima parte discontinua e poco interessante dove si scala tra roccia e terra e conviene concatenare le lunghezze per venirne fuori in fretta, e gli ultimi tiri più meritevoli. Chiodatura ottima a fix; portare solo rinvii. Roccia tutto sommato buona, con qualche punto a cui fare attenzione.
1° tiro: salire la placchetta, spostarsi e superare un breve muretto. 50 m, 5a; otto fix. Sosta su due fix.
2° tiro: salire verso un evidente pilastro, rimontarlo sulla destra e proseguire sulla cengia fino alla sosta. 70 m circa, 6a (un passo); tredici fix, un cordone su pianta. Sosta su fix con cordone. Questa lunghezza concatena in realtà due tiri della relazione originale, con un breve tratto in conserva.
3° tiro: salire lungo una breve fessura e proseguire lungo una placca fino ad una cengia; seguirla verso sinistra fino alla parete. Poco più di 60 m, 5a; nove fix, un cordino. Sosta su un fix. Anche qui si sono concatenati due tiri.
4° tiro: seguire una fessura fino al terrazzo di sosta. 20 m, 5a, otto fix. Sosta su due fix
5° tiro: dritti per placche fino alla sosta. 30 m, 5a, dodici fix. Sosta su tre fix.
6° tiro: traversare brevemente a destra e salire per rocce rotte (fare attenzione!) fino alla sosta. 20 m, 4c, sei fix. Sosta su due fix.
7° tiro: salire un gradino e spostarsi a sinistra lungo la cengia fino alla sosta. 25 m, 3c; tre fix, un cordone su pianta. Sosta su due fix.
8° tiro: salire il bel diedro e sostare alla fine. 25 m, 6a+ (un passo), tredici fix. Sosta su due fix.
9° tiro: salire e traversare verso destra per poi uscire su facili rocce. 25 m, 5b, nove fix. Sosta su due fix.
Discesa: seguire i fin troppo numerosi ometti verso sinistra lungo sfasciumi. In corrispondenza di un paio di ometti si scende verso sinistra, sempre guidati dai muti segnavia. La traccia riporta poi verso destra fino a congiungersi col sentiero delle cavre, che si segue in discesa e che riporta nei pressi del parcheggio del campo sportivo di Oltra.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

mercoledì 23 dicembre 2020

Il carteggio Aspern

di Henry James
Einaudi, Torino, 1978 (1a ed. italiana Jandi, 1944)
Traduzione di Maria Luisa Castellani Agosti
– Le pare giusto di rivangare il passato?
– Temo di non capire ciò che lei intende per "rivangare". Come possiamo penetrarlo se non scavando un pochino? Il presente lo calpesta in così malo modo...
 Oh, io amo il passato, ma non altrettanto i critici - dichiarò la mia ospite con quel suo aspro compiacimento.
 I critici non piacciono nemmeno a me, ma apprezzo le loro scoperte.
 Non sono per lo più menzogne?
 Menzogne sono ciò che talvolta essi scoprono, - dissi sorridendo della mia bonaria impertinenza. - Spesso mettono a nudo la verità.
– La verità è di Dio, non dell'uomo; faremmo meglio a lasciarla stare. Come si può giudicare? Chi può dire?
 Brancoliamo terribilmente nel buio, lo so, - ammisi - ma se si rinuncia a tentare, che avverrà di tutte le cose belle? Che ne sarà delle opere di cui parlavo dinanzi, quelle dei grandi filosofi, dei sommi poeti? Restano tutte parole vane se non si ha un certo metro con cui misurarle.
 Parla come un sarto - commentò sprezzante Miss Bordereau.
Una nota scritta da Henry James nei Taccuini, nell'inverno del 1887, racconta di aver sentito la storia di un capitano, nonché critico d'arte e adoratore di Shelley, che scopre che a Firenze vive ancora Claire Clermont, ottantenne, con una nipote cinquantenne. Le due donne posseggono lettere di Byron e Shelley che il critico vuole recuperare ad ogni costo. Per questo diviene affittuario delle signore sperando che l'anziana schiatti mentre lui è lì, evento che si verifica effettivamente. Tuttavia, la nipote gli riserverà una sorpresa che non vi svelo.
Questa storia è l'ispirazione per la scrittura del carteggio Aspern, pubblicato nel 1888. James opera alcune trasposizioni che strappano la vicenda alla cronaca e la trasformano, instillando dubbi, affastellando significati, giocando con i ruoli. Per iniziare, Byron/Shelley divengono Jeffrey Aspern, un (ipotetico) poeta americano d'inizio secolo, allora ai massimi livelli di fama e passato a miglior (?) vita in giovane età. Claire diviene Juliana, ovvero Miss Bordereau, musa giovanile del poeta e destinataria di alcune delle liriche di Aspern fra le più squisite e famose. Infine, Firenze diviene Venezia.

Il tema più ovvio, e attualissimo oggi, è il contrasto tra il diritto alla privacy e la volontà di conoscenza. James si diceva contrario alla divulgazione delle lettere personali, e pare abbia fatto un bel falò di tutta la sua corrispondenza, chiedendo ai destinatari delle sue lettere di fare altrettanto (anche per questo motivo Jeffrey Aspern è americano, come James, e le sue lettere sono anche quelle dell'autore). La faccenda qui è complicata dal fatto che Aspern è morto: dove o quando si deve mettere la linea di confine tra il personale ed il pubblico dopo la morte di una persona famosa? Il "cacciatore" delle lettere, che racconta la vicenda in prima persona, si insinua nel privato delle due donne, si comporta con sempre meno scrupoli e sarà etichettato come canaglia di un pennaiolo quando, sorpreso nell'atto di aprire lo stipo che contiene le bramate carte, violerà quello che c'è di più importante per Juliana. Il critico pare una specie di avvoltoio che gira intorno al cadavere di Aspern sperando di ricavarne qualcosa: Scrive di lui, fruga nella sua vita? chiede emblematicamente Tina.
Ma... è davvero così? O è invece Juliana che resta legata alle poesie di Aspern così tanto da non capire che quei capolavori non sono destinati solo a lei, ma a tutti gli amanti delle belle lettere (tra cui lo stesso James, "adoratore del passato")? Aspern che sembra fare capolino dal ritratto e prima sorride con bonaria ironia e poi suggerisce al critico di darsela a gambe (togliti dall'impiccio come puoi, caro mio!) sembra più divertito che adirato verso chi, dopo tutto, lo ama, anche se in modo diverso da Juliana. James gioca abilmente tra i due significati e lascia al lettore la scelta. In effetti, il conflitto tra il narratore e Juliana non manca di evidenziare caratteri speculari: la divina Juliana (pensate per analogia alla Beatrice di Dante) è diventata una vecchia avida che non perde occasione di spillar denaro all'ospite che, d'altra parte, è altrettanto egoista nei confronti di ciò che gli interessa. E, analogamente, il velo che copre gli occhi di Juliana (le maschere, e quindi Venezia) fa il paio con l'anonimato del narratore, che può però avere anche un'altra valenza: con perfetta ipocrisia, egli difende la sua privacy nel momento stesso in cui cerca di penetrare quella di Aspern e Juliana!

Si potrebbe discutere per ore di ogni dettaglio di questo libro (per esempio del giardino-Eden del palazzo dove il narratore-tentatore seduce Tina, del linguaggio guerresco usato nei riferimenti alle due donne), ma mi limito solo ad un paio di considerazioni. La prima riguarda il luogo ove si svolge la vicenda. James era affascinato da Venezia, che fa da sfondo a diversi suoi scritti, e poi la città lagunare è da sempre specchio di antichi splendori decaduti, di sensualità più o meno lecita, e ben si presta a divenire la dimora di Juliana, sulla cui relazione con Aspern si parla in maniera ambigua (ma neanche troppo): mentre la passione imperversava [...] gli incidenti, alcuni dei quali gravi, non erano mancati. Anche perché non sempre Juliana si era mantenuta sull'impervio sentiero della rinunzia, e ora vive reclusa col suo silenzio, per il quale del resto la poveretta aveva avuto i suoi buoni motivi, insieme alla nipote Tina (la possibile presenza di materiale compromettente nelle lettere è un'ossessione del critico). Il secondo motivo per ambientare la vicenda nella Venezia rococò di Goldoni e Casanova è proprio il riferimento al teatro: mentre il "cacciatore" delle lettere ci racconta l'evolversi della vicenda e gli stratagemmi architettati per entrare in confidenza con Tina, appare via via evidente che anche la vecchia, o entrambe le donne, hanno un piano. Anzi, a ben vedere sono più le volte che il protagonista si dichiara sorpreso dalle reazioni delle locatrici che quelle in cui registra dei significativi passi in avanti: la vicenda diventa quindi una serie di mosse e contromosse che richiama il teatro. E non dimentichiamo poi che Byron aveva vissuto a Venezia, in affitto da Lucia Mocenigo!
Il secondo punto è il ruolo di Tina: è veramente la nipote? O è invece - come alcuni suggeriscono - la figlia di Juliana e Aspern? La seconda ipotesi può sembrare improbabile, ma le righe citate sopra suggeriscono un "incidente" capitato a Juliana, mentre la sua premura per il futuro di Tina, alcuni riferimenti nelle conversazioni, il rimando al denaro proveniente da oltreoceano (quindi probabilmente da Aspern) possono essere letti in tal senso.

E per finire, da buon bergamasco, non posso farmi mancare una parola sull'incontro tra il narratore e il monumento equestre di Bartolomeo Colleoni. Da un lato, il grande condottiero può rappresentare l'emblema della mascolinità, in opposizione alla conclamata inesperienza del narratore in materia femminile, e il suo "rifiuto" di indicare una soluzione al critico si può leggere come una certificazione del suo fallimento. Dall'altra parte la statua, il più bello di tutti i monumenti equestri, può essere vista come la quintessenza dell'arte, la rappresentazione del suo valore etico che si contrappone all'intento un po' meno etico del critico. O, semplicemente, il suo mutismo è incapacità di dare una risposta: nemmeno l'arte stessa è in grado di stabilire dove sia l'equilibrio tra le due istanze.

P.S. Incomprensibile per me l'introduzione di Claudio Gorlier.

venerdì 11 dicembre 2020

Via del camino (Masè Dari - Ghirardini)

Teo sul 1° tiro.
Sul 2° tiro.
Teo sul 3° tiro.
Teo sul 5° tiro.
Tracciato della via. A sinistra dell'itinerario si notano la
grande spaccatura e il "vero" camino Pederiva-Rizzi
(foto della parete da Google Maps).
Sass Pordoi (Gruppo di Sella)
Parete SE

Gita di ripiego con attacco assai tardivo dopo che il sottoscritto ha conigliato su un'altra via (ma torneremo!). Umore sempre più incazzoso alla prospettiva di salire una via di camino, "specialità" che aborro. E invece... invece la via non è male, e ha "salvato" la giornata. Mai essere prevenuti in Dolomiti!
Questa via compare tra l'altro nella famosa guida di Bernardi sotto il nome di "Camino Pederiva-Rizzi", ma il buon Teo ha rintracciato un errore che si è poi tramandato da una guida all'altra, ed i veri apritori sono la coppia Masè Dari e Ghirardini.
Accesso: da Passo Pordoi (parcheggio) si prende la traccia (segnavia 627) che sale alla forcella Pordoi. Dopo il primo tratto il sentiero sale per numerosi tornanti, avvicinandosi alla parete. Ben evidenti la profonda spaccatura ed il camino (Pederiva-Rizzi, quello vero) alla sua sinistra. Quando il sentiero piega verso destra per risalire la parte alta del canalone, lo si lascia per una traccia sulla sinistra, che si segue fino all'altezza della spaccatura. Qui si punta alla parete appena a destra della spaccatura, dove si nota un camino. Alla base attacca la via.
Relazione: via tutto sommato piacevole (per gli amanti del genere), soprattutto nella prima parte. Roccia ottima a parte un breve tratto nel 2° tiro e sui tiri facili finali. Protezioni buone; utili comunque alcuni friend per integrare.
1° tiro: salire lungo la direttrice del camino, superare una cengia e entrare nel camino liscio. Uscire a sinistra quando possibile entrando in un camino più aperto. Salirlo fino a guadagnare la cengia (attenzione a massi instabili all'uscita). 35 m; III, IV; due chiodi, un cordone in clessidra, un chiodo cementato (possibile sosta intermedia). Attenzione all'attrito delle corde. Sosta su anello cementato.
2° tiro: salire a destra della sosta su prese da verificare (recente distacco). Raggiunta la base di una lama non salirla ma aggirarla a sinistra. Riportarsi a destra e iniziare un esposto traverso a destra su placca fino all'ingresso di un camino. 25 m; IV, III, IV-; quattro chiodi, un cordone in clessidra. Sosta su anello cementato.
3° tiro: alzarsi lungo il camino fino alla sosta. 35 m, IV, III, IV; due chiodi, un cordone in clessidra. Sosta su anello cementato.
4° tiro: continuare per il camino fino ad una cengia e proseguire lungo il camino fino alla sosta sulla sinistra. 30 m, IV-, II, IV; un chiodo, un nut incastrato. Sosta su anello cementato.
5° tiro: salire verso il masso incastrato (chiodo) e continuare sino ad uscire dal camino e raggiungere la sosta per facili rocce. 40 m; IV, III; due chiodi. Sosta su anello cementato.
6° tiro: spostarsi a sinistra e continuare per il camino che diviene canale (ignorare il ramo di sinistra) sino alla sosta, pochi metri a sinistra di una finestra naturale. 30 m, III+. Sosta su anello cementato.
7° tiro: salire la rampa verso sinistra fino alla base del camino dove si sosta. 40 m; I, II. Sosta su anello cementato.
8° tiro: salire il camino portandosi verso l'intaglio, uscire sul versante opposto e spostarsi in obliquo verso destra fino all'uscita. 30 m; IV-, III+. Sosta su un fix.
Discesa: guadagnare la terrazza sommitale per facili rocce e riprendere il sentiero 627, che si segue verso destra. Si arriva al rifugio Forcella Pordoi e da qui si scende lungo il canalone percorso all'andata.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

sabato 5 dicembre 2020

Jahn

Teo sul 2° tiro.
Sul 3° tiro.
Teo sul 4° tiro.
Sul 5° tiro.
Teo sul 6° tiro.
Sul 7° tiro.
Terza torre di Sella
Parete SO


Accesso: da Passo Sella (parcheggio) si prende il sentiero dietro l'hotel Maria Flora che sale in direzione della Locomotiva.  Prima di raggiungerla si segue una traccia verso destra, passando sotto la parete della Prima torre. La traccia conduce all'attacco della via normale, che si sale (II) fino ad una parte erbosa con bivio (ometto). Qui si lascia la via di salita alla Prima torre e si continua verso destra, salendo ad un altro bivio. Si ignora la traccia a sinistra, che sale alla Seconda torre, e si prosegue ancora a destra fino ad una sosta (clessidra con cordone). Qui si sale (passo iniziale di III) portandosi poi verso sinistra e puntando alla sella tra la Seconda torre ed il Piz Ciavazes (50 m; tre cordini in clessidra e sosta da attrezzare su spuntone se si è fatto un tiro di corda). Sul versante che guarda la Terza torre, in corrispondenza della sella, si trova la sosta di calata (chiodo cementato con anello).
Con una discesa di 30 m si giunge sulla cengia sottostante. Qui si segue la cengia verso sinistra (faccia a monte), lungo un tratto facile, ma esposto (un passo di III, protetto da un chiodo e un cordino in clessidra). Si attraversa il canale e si costeggia la parete della III torre per una cinquantina di metri circa, fino ad una rampa fessurata (ometto e fittone visibile in alto).
Relazione: via molto piacevole e divertente, ideale per le mezze giornate. La roccia è sempre ottima e in alcuni tratti un po' lisciata dalle ripetizioni, ma mai in maniera fastidiosa. Molto buone le protezioni, a chiodi e qualche anello cementato e fittone, anche se qualche friend può tornare utile. Tenere presente che la discesa richiede più o meno un paio d'ore.
1° tiro: alzarsi a prendere una lama e continuare verso destra lungo una rampa fessurata. 30 m; IV- (passo), III+, IV-; un friend incastrato, un fittone. Sosta su anello cementato.
2° tiro: ancora lungo la rampa superando un paio di caminetti fino alla sosta. 35 m; IV-, III, IV; un chiodo con cordino. Sosta su anello cementato.
3° tiro: traversare a sinistra (esposto) fino alla sosta. 25 m; III+; quattro anelli cementati, un chiodo.  Sosta su anello cementato.
4° tiro: salire a sinistra della sosta per portarsi a destra e salire fino ad una terrazza. Salire un'evidente fessura che porta alla sosta. 30 m, III+, I, IV-. Sosta su anello cementato.
5° tiro: salire in obliquo a sinistra fino a raggiungere la sosta su terrazzo. 25 m; III+, IV-; un chiodo. Sosta su chiodo normale e chiodo cementato.
6° tiro: alzarsi a prendere una fessura prima verticale e poi adagiata verso destra fino alla sosta. 25 m; III, III+; un cordone in clessidra. Sosta su chiodo alla base di una grande lama gialla.
7° tiro: alzarsi sopra la sosta e seguire la lama, proseguendo poi per rocce più facili verso sinistra fino alla sosta. 30 m; IV, III; un fix, un chiodo. Sosta su un chiodo con cordone e spuntone da attrezzare.
8° tiro: dritti sopra la sosta per facili rocce, tendendo leggermente a destra fino a raggiungere la terrazza detritica sommitale. 30 m, III. Sosta su un chiodo.
Discesa: rimontare la terrazza per 30 m fino alla vetta e scendere per il versante opposto a quello di salita fino ad un ometto. Qui si scende verso sinistra fino ad un ancoraggio (anello cementato con fittone e catena) da cui ci si cala per 20 metri circa. Si seguono ora le indicazioni fornite da bolli sbiaditi ed ometti (possibile un'altra calata per discendere un muretto) fino ad un altro ancoraggio su spuntone. Con due calate si giunge su terreno un po' friabile (attenzione!) da dove in breve si è alla cengia che contorna la parete. La si segue fino a superare il punto di attacco e giungere al canale. Si scende facilmente fino ad una sosta di calata sulla sinistra, e da qui alla base della Torre con una serie di calate da 25 m (eventualmente concatenabili, ma attenzione ai sassi che vi tirate dietro), tutte su lato destro (viso a valle):
1a calata: fix e clessidra con maglia-rapida;
2a calata: tre chiodi e spit con maglia-rapida;
3a calata: fix e cordino in clessidra con maglia-rapida;
4a calata: due chiodi e un fix con cordino e maglia-rapida;
5a calata: un fix con maglia-rapida.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

sabato 28 novembre 2020

Valtellina Superiore DOCG Grumello 2010 Aldo Rainoldi

Sono ormai tre settimane che si prolunga questo secondo periodo in gabbia. Così, visto che l'unica attività rimasta è qualche giretto nei dintorni, non resta che consolarsi altrimenti... ad esempio, dando fondo alla cantina. Dopo un pinot nero non troppo esaltante su cui non tedierò nessuno, torno a casa, in Lombardia, e per la precisione laddove si producono i migliori vini rossi della regione: la Valtellina.
Non mi metterò ancora a raccontarvi il territorio, gli splendidi terrazzamenti dove i vigneti si aggrappano alle pendici delle montagne, i colori, i profumi, la buonissima cucina di Altavilla (e non solo quella); tutte cose che ora si possono solo rimpiangere. O assaporare in una bottiglia.
Rainoldi è una cantina di Chiuro, dove c'è una certa densità di produttori, attiva dal 1925. Se ci limitiamo ai Valtellina Superiore troviamo i classici Sassella, Grumello e Inferno, e ovviamente lo Sfursat. Di tutti questi esiste una linea base con invecchiamento in botti grandi per venti mesi, seguiti da due mesi in acciaio e sei in bottiglia. La riserva (con l'eccezione del Sassella) invece fa uso di barrique, e me ne sono tenuto lontano.
Il Grumello si riferisce alla produzione della sottozona tra Sondrio e Montagna. Quello di Rainoldi è un nebbiolo al 100% (ma qui la vite si chiama chiavennasca) che apro con fiducia dopo dieci anni di invecchiamento. Il vino si presenta con un bel colore rosso granato. I profumi sono molto delicati, tra frutti di bosco e qualche accenno speziato. All'assaggio... mettiamola così: potremmo disquisire a lungo delle differenze tra il nebbiolo delle langhe e quello del "resto del mondo", ovvero (con un po' d'esagerazione) l'alto Piemonte con gli splendidi Carema e Gattinara, e la Valtellina. Le escursioni termiche maggiori, il clima più rigido, ecc. ecc. Fatto sta che, se le langhe sono inarrivabili a certi livelli, ogni volta che assaggio un nebbiolo di Valtellina io sento... la Valle: sono trasportato lì, e più su, per la Val Masino e la Val di Mello, su su fino alle Retiche, colle loro splendide pareti da salire.
Al ritorno da questa sensazione c'è un vino in ottima forma, con dei tannini un po' ammorbiditi dagli anni, di buon corpo e persistenza. Assolutamente piacevole nel bicchiere, dove scompare rapidamente.

Prezzo di acquisto: 14 €
Gradazione: 13°

domenica 22 novembre 2020

Torta di mele (di M. Santin)

Le mele caramellate.
Pronta per il forno.
Risultato finale.
Un bel po' di anni fa, scartabellando per cercare di capire non-ricordo-cosa riguardo le proporzioni da usare nelle ricette, finii sul sito di Maurizio Santin. Nella mia colpevole negligenza riguardo la pasticceria, la televisione, e innumerevoli altre cose, ignoravo perfettamente chi fosse. Però mi colpii l'epigrafe, se così si può definire, sotto il nome: pasticceria democratica. Cosa si celasse dietro questo insolito connubio è ben spiegato in un post: l'idea è che se decidi di aprire un canale social lo devi fare onestamente, "devi darti, devi permettere che ciò che insegni o divulghi sia compreso da tutti, e soprattutto devi dare la possibilità che quella ricetta riesca. Ovviamente le ricette complesse saranno di difficile gestione per chi non è Professionista, ma questo è un altro discorso, l’importante è la nostra serietà intellettuale."
Fantastico, no? Come non essere d'accordo? Un grande della pasticceria contemporanea che rende pubbliche alcune delle sue ricette. Ovviamente sono diventato un accanito lettore del sito (che purtroppo non è più aggiornato dal 2017), e altrettanto ovviamente non mi sono mai cimentato con alcuna delle ricette proposte, impossibili per me. Una, però, era presentata come facile, ed in effetti è una ricetta che persino io sono riuscito a fare, con gran soddisfazione. Ecco quindi la ricetta della Torta di mele di Maurizio Santin (o quasi).

Ingredienti per la pasta frolla:
  • farina: 500 g
  • burro: 300 g
  • zucchero: 240 g
  • farina di mandorle (o nocciole): 100 g
  • uova: 90 g (praticamente 2 o poco meno)
  • miele: 10 g
  • vaniglia: 1 baccello
  • marmellata di albicocche (opzionale)
  • un pizzico di sale
Ingredienti per il ripieno:
  • uvetta sultanina: 50 g
  • burro: 40 g
  • zucchero: 40 g
  • pinoli: 30 g
  • mele: 4, del tipo Granny Smith (ma vanno bene anche le renette)
  • biscotti secchi: 2
  • cannella
  • zucchero a velo
Preparazione della pasta frolla:
  • versare 250 g di farina setacciata, aggiungere lo zucchero, il burro morbido a pezzetti, miele, uova e farina di mandorle. Lavorare il composto per renderlo omogeneo (se come me dovete farlo a mano, vi suggerisco di cambiare ricetta);
  • tagliare le estremità del baccello di vaniglia, tagliandolo poi per il lungo dividendolo in due; con il piatto di una lama di coltello grattare l'interno estraendo i semi di vaniglia e aggiungerli all'impasto;
  • stendere grossolanamente l'impasto su carta da forno, ripiegarla in modo da avvolgerlo e lasciar riposare in frigo per almeno 12 ore. Si può anche fare il classico panetto, ma se la stendete un poco dovrebbe essere più facile lavorarla.
Preparazione della torta:
  • sbucciare le mele e tagliarle a pezzi (ad es., otto fette ognuna in tre pezzi);
  • togliere la pasta frolla dal frigo;
  • sciogliere burro e zucchero in una padella, aggiungere mele, cannella, pinoli e uvetta e caramellare il tutto su fuoco dolce. Continuare la cottura fino a che il succo delle mele non è riassorbito;
  • stendete la frolla su un ripiano infarinato e ricoprire lo stampo;
  • (opzionale) sciogliere qualche cucchiaio di marmellata scaldandolo, eventualmente con un poco di acqua, e spennellare la pasta frolla;
  • sbriciolare i due biscotti secchi sul fondo;
  • aggiungere il ripieno;
  • cuocere in forno a 170°C (io per 40');
  • prima di servire, spolverizzate con zucchero a velo.
Nota: le dosi sono piuttosto generose; valutate se ridurle in relazione alla vostra tortiera

lunedì 16 novembre 2020

Doctor Luis

Anna sul 1° tiro.
Sul 4° tiro.
Teo sul 4° tiro.
Sul 5° tiro.
Sul 7° tiro.
Sulla cengia finale.
Tracciato della via.
Sass Pordoi (Gruppo del Sella)
Parete NO

Accesso: da Canazei si prende la strada per il passo Sella, superando la deviazione per il passo Pordoi. Un paio di curve dopo si è a Pian Schiavaneis (omonimo ristorante e rifugio); subito dopo si nota uno spazio sulla destra dove è possibile parcheggiare. Si prosegue brevemente fino ad una strada bianca sulla destra, che diviene poi sentiero n. 647, che sale verso il Pordoi e si infila nella Val Lasties. Si sale fino ad una zona pianeggiante con un ghiaione sulla destra (ometti), in corrispondenza della parete: una bella placca grigia, subito dopo i due grandi lastroni neri evidentissimi anche dal basso, separata dal resto della parete giallastra da un profondo canale in alto (e striscia nera di colata in basso). Qui il sentiero aggira il ghiaione per continuare la salita: lo si lascia e, senza percorso obbligato, si punta alla parete, un po' a destra del vertice del ghiaione. Scritta alla base.
Relazione: via bella e divertente che risale la parete su belle placche lavorate e qualche muretto. Arrampicata sempre piacevole e con protezioni buone: i passi più impegnativi sono protetti a fix (gradi francesi), il resto con chiodi normali o a pressione o cordini (gradi UIAA); nei tratti più facili i chiodi si allontanano un poco e bisogna fare un minimo di attenzione per identificare il percorso. Utile qualche friend medio-piccolo per integrare qua e là. Roccia ottima.
1° tiro: si sale fino ad una nicchia, poi a destra, si traversa a sinistra e dritti per placche fino alla sosta. 35 m; 5c, VI-, IV, V; tre chiodi (due a pressione), quattro cordoni in clessidra, un nut incastrato, un fix. Sosta su un fix e un cordone in clessidra con maglia-rapida.
2° tiro: superare il primo tratto e proseguire tenendo lievemente a destra fino alla sosta. 50 m; 5b, V; quattro chiodi (uno con cordino), due fix, due cordoni in clessidra. Sosta su fix e chiodo a pressione con cordino e maglia-rapida.
3° tiro: salire a sinistra della sosta, proseguire e poi spostarsi a destra e salire alla sosta. 20 m, V, tre chiodi (due a pressione). Sosta su due chiodi (uno a pressione) con cordino.
4° tiro: salire a destra e spostarsi a sinistra fino ad una lama, continuare dritto ed uscire a destra verso la sosta. 25 m; 6a, V; tre fix, un chiodo, tre cordini in clessidra. Sosta su due fix con cordone e maglia-rapida.
5° tiro: si supera lo strapiombino appena a destra della sosta, si prosegue dritti e si obliqua a destra salendo alla sosta. 35 m; 5c, V-; cinque chiodi (tre a pressione), un fix con cordino, un cordino in clessidra. Sosta su due chiodi a pressione e un fix con cordino e maglia-rapida.
6° tiro: si sale a destra della sosta e si continua spostandosi lievemente verso sinistra. La sosta è in una nicchia giallastra, poco a destra della sosta (visibile) di Pordoi plaisir. 50 m; 5c, V; quattro fix, sette chiodi (quattro a pressione), un cordino in clessidra. Sosta su due fix con cordini.
7° tiro: spostarsi a sinistra e rimontare uno strapiombino nerastro, per poi proseguire lievemente a sinistra fino alla sosta. 35 m; V, VI-; un fix, due chiodi a pressione, due cordini in clessidra. Sosta su due fix con cordino.
8° tiro: salire in verticale superando una serie di muretti fino ad un terrazzo ghiaioso alla base di un canale. 25 m, IV; due chiodi (uno a pressione), un cordino in clessidra. Sosta su due chiodi (uno a pressione) e un fix con cordino e maglia-rapida.
9° tiro: si segue il canale spostandosi verso destra, si superano due camini e si esce sulla cengia mediana. 40 m, IV; tre chiodi (due a pressione e uno con cordino), due cordini in clessidra . Sosta su un fix e un chiodo a pressione con cordino.
10° tiro: risalire la cengia friabile puntando alla parete. 40 m, III; un chiodo a pressione con maglia-rapida. Sosta su un fix e un chiodo a pressione.
Discesa: è possibile scendere in doppia sulla via se ci si ferma all'ottavo tiro. Se non avete fretta, però, potete anche percorrere la traccia lungo tutta la terrazza mediana (attenzione a non smuovere sassi!) fino al versante che dà sul Passo Pordoi, dove si scende. Giunti al passo, c'è la parte più noiosa: camminare lungo la strada asfaltata fino al parcheggio, o sperare in un passaggio (a noi è andata bene). Scelta consigliata se amate camminare, volete godervi il panorama, e non siete troppo schizzinosi sui tratti friabili.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

venerdì 13 novembre 2020

Sperone Irene

Sul 2° tiro.
Sul 3° tiro.
Sul 4° tiro.
Anna sul 6° tiro.
Tracciato della via.
IV bastione di Mondeval - Lastoi di Formin
Parete S


Accesso: dal passo Giau (o dal tornante appena prima di esso, salendo da Cortina) si segue il segnavia 436, superando un paio di forcellette per poi immettersi in un vallone e salire fino a forcella Giau, sovrastata dalla Punta Lastoi. Si continua lungo il sentiero, superando la punta Lastoi, fino a giungere all'altezza dell'evidente torrione dove sale la via. Qui si taglia per prati e si giunge alla base del conoide di sfasciumi, che si risale puntando al bordo sinistro di una larga fascia giallastra orizzontale. Qui c'è un canale con una sosta sulla parete di destra: non fermarsi e spostarsi di qualche metro a sinistra fino alla sosta corretta (vecchi cordoni).
Relazione: bella via che sale la parete sud del torrione tra placche e muretti. Due bei tiri dopo il primo, di approccio, sono i più interessanti, ma anche gli altri sono divertenti. La chiodatura non è abbondante, ma tutti i passi più impegnativi sono protetti; utile qualche friend piccolo e medio. Roccia buona, con qualche tratto a cui fare attenzione, tranne l'ultimo tiro che attraversa una zona friabile.
1° tiro: salire a sinistra della sosta proseguendo poi dritti fino alla sosta sulla cima dell'avancorpo. 50 m; IV, III+. Sosta su tre chiodi e cordini.
2° tiro: ci si porta sulla parete del torrione vero e proprio, salendo ad una cengia. La si percorre verso destra, superando un pulpitino (passo delicato) fino ad un evidente cordone in clessidra un po' basso (allungate la protezione). Qui si sale dritti e poi lievemente a sinistra fino alla sosta. 30 m; III, IV, V, IV+; un chiodo, due cordini in clessidra. Sosta su quattro chiodi con cordini e maglia-rapida. La via originale sale sul pulpitino e si sposta a destra appena più in alto.
3° tiro: salire dritti fino alla cengia, spostarsi lievemente a sinistra e salire ad un chiodo. Qui continuare portandosi verso destra, andando a prendere una rampa fessurata che si segue fino ad una placca nera. Si abbandona la rampa, ci si sposta a sinistra in placca e si sale alla sosta. 35 m, V-, IV+, IV, V-; un chiodo con fettuccia, un cordino in clessidra. Sosta su tre chiodi.
4° tiro: salire il muretto appena a sinistra della sosta e continuare dritti fino alla cengia di sosta. 35 m; V, IV; tre cordini in clessidre. Sosta su cordoni in due grosse clessidre, appena a destra di tre caratteristiche nicchie giallastre.
5° tiro: salire appena a sinistra della sosta per poi spostarsi lievemente verso destra, puntando ad una fessura dove si trova una vecchia sosta (due chiodi e cordino, ma anche un chiodo bello nuovo). Si sale arrivando a dei gradoni che si superando verso destra arrivando ad una cengia. Qui si sale l'ultimo gradino giungendo alla sosta. 35 m; IV, III, V-, III; un chiodo, un cordino in clessidra. Sosta su due chiodi.
6° tiro: superare il muretto, poi portarsi a sinistra fino ad un canalino obliquo verso destra che si risale, uscendo su gradoni detritici. 45 m; V-, III+. Sosta da attrezzare su spuntone.
Discesa: si raggiunge la vetta e si prosegue sull'ampio pianoro sommitale, piegando un poco verso destra.  Poco dopo compaiono degli ometti che guidano verso un canale. Lo si percorre e, giunti al termine, si segue la traccia vero destra che in breve riporta nei pressi dell'attacco.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

giovedì 12 novembre 2020

Bergamo-Milano Lambrate: ritardi settembre-ottobre 2020 (2608/10809)

Fig. 1: Distribuzioni cumulative dei ritardi per il treno 2608 (8:02)
nei bimestri settembre-ottobre degli anni dal 2015 al 2020.
Fig. 2: Come sopra, ma per il treno 10809 (17:41).
Fig. 3: Andamento mensile dei ritardi per il treno 2608 (8:02)
Fig. 4: Come sopra, ma per il treno 10809 (17:41).
Questo bimestre in cui è ricominciata, seppur molto parzialmente, l'attività lavorativa ed il conseguente spostamento di (poche) persone con i penosi mezzi di Trenord dà l'occasione di verificare quanto mi domandavo l'ultima volta, ovvero se la riduzione dei ritardi registrata nei mesi estivi fosse frutto di un reale miglioramento o non fosse invece solo conseguenza dell'assenza di treni e passeggeri.
La Fig. 1 fornisce una prima risposta per il treno 2608 (curva grigia): puntualità al 18% (era il 48%) e ritardo entro 5' per il 60% dei treni (era l'89%); ritardo massimo di ben 14'. Siamo tornati ai livelli di poco peggiori di quelli del 2016!
Se questo risultato lascia già sospettare i maligni che si sia di fronte all'ennesima manifestazione di non-eccellente capacità, la Fig. 2 toglie ogni dubbio: per il 10809 siamo ad una puntualità del 29%, che sale al 69% dopo 5' di ritardo. Sono i dati peggiori di tutti gli ultimi anni, escluso il solito 2018 (incidente di Pioltello), che fotografano l'andazzo di questo treno derelitto e vecchio di cui gli stramaledetti (dai pendolari) gestori se ne dimenticano e su cui si accaniscono sempre più: ora parte dal binario 1 di Lambrate (quando gli altri sono vuoti), segue una linea lenta fin quasi a Pioltello, prosegue sulla linea vecchia e arriva in ritardo (fino a 40')!
Le ultime due figure riportano gli andazzi mensili delle solite quantità: ritardo medio, mediano, e al 90%. Da notare l'incremento di queste quantità negli ultimi due mesi per il 2608, che dilapida così il miglioramento dei mesi precedenti. Il 10809 invece è talmente schifoso che non vale la pensa commentarlo: a parte il dato di luglio, siamo anche qui messi molto peggio dei mesi precedenti.

Bimestre dopo bimestre, anno dopo anno, io continuo a non capire come sia possibile che regione Lombardia se ne freghi così tanto di un sistema pubblico di trasporti! Certo, se pensiamo a come è stata affrontata l'emergenza sanitaria, c'è poco da sorprendersi...

Nota: i dati sono raccolti personalmente o da app Trenord. Per correttezza, bisogna specificare che i ritardi sopportati dai pendolari su questi due treni non sono indicativi dei ritardi complessivi, che sta ad altri raccogliere e rendere pubblici. Idem per i rimpalli di responsabilità tra Trenord, Rfi, e quant'altri. Qui si cita Trenord in quanto è ad essa che i poveri pendolari versano biglietti ed abbonamenti, e ai quali dovrebbe rispondere del servizio.

sabato 7 novembre 2020

Alice (con attacco su Cip&Co)

Sul 1° tiro.
Sul 2° tiro.
Anna sul 5° tiro.
Sull'8° tiro.
Tracciato della via (verde).
In azzurro la via Orizzonti di gloria;
In rosso la via Vonbank.
Piccolo Lagazuoi (Gruppo di Fanis)
Parete S

Accesso: ci sono due possibilità per raggiungere la struttura:
1) da passo Falzarego, al parcheggio della funivia del Lagazuoi, si segue il sentiero che risale la pista da sci per seguire poco dopo a sinistra l'indicazione per il sentiero dei Kaiserjaeger. Si prosegue fino a giungere quasi all'altezza dell'evidente ghiaione erboso di foggia triangolare che marca la parte sinistra della parete.
2) si parcheggia nei pressi del Forte Tre Sassi e si prende (pure qui) il sentiero dei Kaiserjaeger fino a che questo non inizia a salire. Lo si lascia traversando a destra su ghiaie giungendo alla base della parete triangolare.
A sinistra della parete sale la via Vonbank. Per Alice bisogna invece puntare alla placca nerastra più a destra del ghiaione triangolare. Subito a destra di una larga fessura-camino parte Orizzonti di gloria. La via attacca poco più a destra, in corrispondenza di rocce gradinate.
Relazione: via piacevole e di difficoltà assai contenute, ideale per le giornate incerte (bastano tre orette circa). La roccia è ottima e le non numerose protezioni si integrano facilmente con friend piccoli e medi. La variante di attacco ad Alice qui percorsa è ormai diventata comune grazie alla pubblicazione sulla guida di Bernardi, e dei primi tiri originali si è (purtroppo) perso praticamente traccia.
1° tiro (Cip&Co): salire verso sinistra lungo facili rocce e proseguire per un muretto più verticale fino ad una cengia. Qui portarsi a sinistra fino alla sosta. 30 m; III, IV; un chiodo (e volendo, un fix di Orizzonti di gloria). Sosta su due vecchi spit e cordino.
2° tiro: salire a sinistra della sosta e riportarsi a destra, per continuare lungo una bella placca nera fino alla sosta su cengia. 35 m; III+, IV; un chiodo, un cordino in clessidra. Sosta su due vecchi spit con cordini e maglia-rapida.
3° tiro: tiro di raccordo: traversare a destra, superando la seconda sosta di Orizzonti di gloria, fino alla sosta di Alice. 30 m, II, una sosta intermedia su fix. Sosta su due chiodi.
4° tiro: da qui si continua su Alice: salire la bella placca, piegando verso destra dopo il primo tratto, e continuare dritti per una fessura puntando ad un pilastro. 30 m; IV, IV-, IV+; un chiodo, un cordino in clessidra. Sosta su tre chiodi con cordoni e maglia-rapida.
5° tiro: salire la placchetta fino ad una terrazza, spostarsi a destra a doppiare un pilastrino e proseguire per un corto diedro, per portarsi poi ancora verso destra fino ad un canale dove si trova la sosta. 30 m, IV, un chiodo. Sosta su chiodo con cordone.
6° tiro: salire per pochi metri nel canale e portarsi a destra, rimontare una paretina e raggiungere la sosta su una terrazza. 20 m; III, IV. Sosta su due chiodi e cordone.
7° tiro: si aggira da sinistra un tratto aggettante, riportandosi nella fessura-camino che sale obliqua verso sinistra. Ancora un aggiramento a sinistra per poi salire lungo il camino (resti di filo spinato della Grande Guerra) fino alla terrazza di sosta. 30 m; IV+, IV, IV-. Sosta su due chiodi con cordone.
8° tiro: salire verso destra e traversare fino a che non è possibile salire fino al canale, che si risale (friabile) fino alla sosta. 40 m; IV, III, IV, III. Sosta da attrezzare su spuntone (possibilmente solido).
Discesa: si risale brevemente verso sinistra (faccia a monte) fino ad incontrare il sentiero dei Kaiserjaeger che si segue in discesa fino al punto di partenza.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

martedì 3 novembre 2020

Ristorante Rosso rubino

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Battuta di carne cruda.
Cappellacci di coniglio.
Agnello in casseruola
Coscia di faraona.
Piazza Marconi 2
Dronero (CN)


Il secondo ricettacolo di gozzoviglie in val Maira è geograficamente assai vicino alla Ca' bianca, e precisamente nel bel paese di Dronero. A differenza della prima, ci troviamo ora in un ristorante dall'aspetto un po' più formale e raffinato, sia nella forma che nella sostanza. Il locale non è molto grande, ma c'è anche qualche tavolo all'esterno, ottimo d'estate. Anche qui la cucina è basata su piatti tradizionali e materie prime quasi tutte locali, ma con una libertà di interpretazione maggiore. Menù di quattro-cinque primi ed altrettanti secondi, divisi tra valle e mare, grazie agli anni passati dallo chef nella riviera ligure.
Dopo aver assaggiato l'ottimo pane fatto in casa, ci buttiamo senza indugio sui piatti di terra, iniziando con un antipasto di carne cruda battuta al coltello che si scioglie in bocca tanto è delicata, ma con un po' di rimpianto per non aver provato la crème brulée di fois gras d'anatra, che sarà uno dei motivi per tornare.
Tra i primi scegliamo senza indugio veruno i cappellacci di coniglio su passata di zucchine e menta che sono una delle cose migliori che abbia assaggiato quest'anno! Pasta ovviamente fatta in casa, ripieno gustosissimo, e la menta a coronare il tutto; veramente da mangiarne fino all'indigestione!
Un siffatto primo è l'occasione per riproporre ancora una volta una mia teoria personalissima, ovvero che la cucina italiana dia il meglio di sé nei primi piatti. Guardo quindi con un po' di disillusione i secondi, esitando tra agnello e faraona (tonno e filetto di manzo le altre possibilità): per fortuna questi si distribuiscono tra i due piatti del tavolo, risolvendo il dilemma. L'agnello in casseruola è cucinato ottimamente, ricco di sapore, veramente delizioso. Ma gli stessi aggettivi si potrebbero usare per la coscia di faraona alle erbe aromatiche; entrambi i piatti sono accompagnati da un piccolo contorno di verdure.
Tra i dolci ci sono alcune proposte interessanti, ma nessuno è sufficientemente ispirato e si passa direttamente al caffè, che arriva con della piccola pasticceria.
La carta dei vini è veramente notevole, con una proposta di vini piemontesi da applauso. Niente mezze bottiglie (peccato), e qualche proposta al bicchiere. Me la cavo quindi con un paio di bicchieri (un nebbiolo e un barbaresco) di cui onestamente ho scordato i produttori (sì, buoni ma niente di cui ricordarsi).
Un posto dove si mangia ottimamente!

Il conto: 85€ per
1 antipasto
2 primi
2 secondi
2 bicchieri di vino (9€)
1 bottiglia di acqua
2 caffè