giovedì 26 dicembre 2019

Bergamo-Milano Lambrate: ritardi novembre-dicembre 2019 e riassunto annuale (2608/10809)

Fig. 1: Distribuzioni cumulative dei ritardi per il treno 2608 (8:02)
nei bimestri novembre-dicembre dal 2015 al 2019.
Fig. 2: Ritardi mensili del treno 2608 (8:02).
Fig. 3: Distribuzioni cumulative dei ritardi per il treno 10809 (17:43)
nei bimestri novembre-dicembre dal 2015 al 2019.
Fig. 4: Ritardi mensili del treno 10809 (17:43).
Fig. 5: Distribuzioni cumulative dei ritardi per il treno 2608 (8:02)
negli anni dal 2015 al 2019.
Fig. 6: Come sopra, ma per il treno 10809.
Fig. 7: Ore di ritardo annuali per i treni 2608 e 10809.
Eccoci qui, al bilancio finale di questo 2019 di fantastici spostamenti ferroviari. Come al solito, partiamo dal bimestre finale, che in genere è abbastanza schifoso (anche rispetto all'andazzo solito). Nel caso del 2608, però, devo dire che ormai i tempi di percorrenza fanno così pena che è difficile far peggio, ed infatti il treno si mantiene sui valori degli ultimi mesi, sempre peggiori rispetto agli anni precedenti, escluso il 2018 (Fig. 1): puntualità al 3% (TRE!!) che sale al 53% entro 5' di ritardo. Unica nota positiva: il ritardo massimo è di 14 minuti, in diminuzione (e che un simile ritardo, pari al 38% del tempo di percorrenza sia anche solo concepibile la dice lunga).
Se si guarda il trend mensile dei ritardi dello stesso treno (Fig. 2), si nota meglio quanto detto: ormai si viaggia stabilmente con 5' di ritardo senza che nessuno ci trovi nulla da ridire.

Andiamo ora a guardare i dati per lo stesso periodo relativi al 10809 (Fig. 3): puntualità al 26%, e al 69% se calcolata entro 5' di ritardo. Massimo ritardo: 27 minuti (su 42 di viaggio!). Si vede che qui il problema più grosso è la gestione del 20% dei casi (un giorno a settimana) in cui c'è sciopero, guasto al treno, guasto alla linea, rapimenti del personale da parte degli alieni e così via. Dalle curve si nota anche come tutto sia peggiorato rispetto al 2015 e come questo problema sia perennemente irrisolto.
Di nuovo, l'andamento mensile dei ritardi per questo treno (Fig. 4) conferma quanto detto: media e mediana quasi comprese nella fascia dei 5', ma l'ultimo decile è francamente vergognoso.

Se ora buttiamo nel calderone tutti i dati raccolti finora possiamo confrontare tra loro gli ultimi cinque anni (fa un po' tristezza e un po' rabbia pensare a quante ore io abbia buttato via grazie alla pessima qualità del servizio di Trenord). Il risultato è nelle ultime tre figure. La Fig. 5 mostra i ritardi annuali per il 2608, troncati a 40' per carità di patria (notare la "scala normale" sull'asse verticale, a differenza delle figure 1 e 3). La puntualità valutata sull'anno è del 6% (58% entro 5'). Se escludiamo il 2018 - anno in cui i pendolari avrebbero dovuto essere pagati per viaggiare - notiamo come i ritardi siano i peggiori dei tre anni precedenti! Unica consolazione i ritardi massimi, che tornano a valori comparabili a quelli del 2017 (ma pur sempre inaccettabili).
Il 10809 (Fig. 6) è, se vogliamo, più anonimo, tornando a confondersi con gli anni precedenti il 2018. Puntualità al 18% (77% entro 5'), di poco peggiore rispetto al 2015-2016, ma anche qui con un ritardo massimo in diminuzione.
L'ultima figura rappresenta le ore di ritardo maturate sull'anno. Il totale è praticamente uguale a 40, circa 10 ore in più del 2016 e 2017, e lo stesso risultato del 2015. Quattro anni in cui non è cambiato assolutamente nulla, a parte ovviamente il costo di biglietti ed abbonamenti.

Nota: i dati sono raccolti personalmente o da app Trenord. Per correttezza, bisogna specificare che i ritardi sopportati dai pendolari su questi due treni non sono indicativi dei ritardi complessivi, che sta ad altri raccogliere e rendere pubblici. Idem per i rimpalli di responsabilità tra Trenord, Rfi, e quant'altri. Qui si cita Trenord in quanto è ad essa che i poveri pendolari versano biglietti ed abbonamenti, e ai quali dovrebbe rispondere del servizio.

mercoledì 25 dicembre 2019

I tre pilastri

Teo sul 1° tiro...
sul 2° tiro...
e sul 4°.
Diego sul 6° tiro...
e sul 8° tiro.
Sul 9° tiro.
Monte Cordespino - Val d'Adige
Parete E


Accesso: dal casello di Affi della A22 seguire per Brentino Belluno, scendendo in Val d'Adige per portarsi sulla destra dell'autostrada. Si segue un cartello per la frazione Tessari, percorrendo un ponte sopra l'autostrada ed un canale, e svoltando poi sulla sinistra. In breve si giunge ad uno spiazzo dove si parcheggia, in corrispondenza di una curva a destra. Proseguire lungo la strada che diviene sentiero (ignorando un bivio con ometto) fino ad un altro bivio (dopo sei tornanti, se ricordo bene...), dove si prende a sinistra (sentiero CAI #71). Si continua in piano fino ad una traccia sulla destra (ometto) che sale rapidamente fino alla conca dove si trova l'attacco (scritta).
Relazione: la via risale i tre pilastri alternando tiri interessanti con tratti di raccordo inevitabili ma piuttosto ravanosi. Chiodatura mista a spit e qualche chiodo, da integrare con protezioni veloci in un paio di tiri. Nel seguito, uso i gradi francesi per i tiri prevalentemente sportivi e i gradi UIAA per quelli prevalentemente "alpinistici"; il tutto ovviamente a mio personalissimo giudizio.
1° tiro: alzarsi e traversare a sinistra, per salire ancora dritti lungo una fessurina e poi ancora a sinistra. Un breve muretto porta al terrazzo di sosta. 20 m, 6a (passo); sei fix. Sosta su due fix con cordone e maglia-rapida.
2° tiro: salire in obliquo verso destra su roccia che ispira poca fiducia (ma che ci è stata fedele) fino ad un albero. Continuare poi fino alla (scomoda) sosta. 25 m, 4a; quattro fix, due cordoni (su pianta e clessidra). Sosta su due fix con cordone e maglia-rapida.
3° tiro: salire in obliquo verso sinistra sin sotto una fessura verticale oltre la quale si sosta sulla sinistra. 25 m; I, III+, I; due cordoni su sassi incastrati. Sosta su due fix con cordone e maglia-rapida.
4° tiro: superare una placca e sostare. 20 m, 4a; due fix, un cordone in clessidra. Sosta su due fix con cordone e maglia-rapida.
5° tiro: spostarsi in obliquo verso destra lungo rocce rotte sino alla base del secondo pilastro, dove si sosta. 35 m; I, III, I; un chiodo, un cordone su pianta.  Sosta su cordone su pianta.
6° tiro: salire il pilastro e sostare sulla sua sommità. 30 m; IV+, VI, V+, V; tre chiodi, cinque cordoni in clessidre, un cordone su pianta. Sosta su fix e cordone in clessidra.
7° tiro: salire ravanando tra roccia ed erba fino alla base del terzo pilastro. 40 m; I, II, I. Sosta su fix e cordone in clessidra.
8° tiro: salire a sinistra della sosta fino a che la parete non diviene più verticale; qui traversare a sinistra e sostare. 25 m, 6a; cinque fix, due chiodi, un cordone. Sosta su due fix con cordone.
9° tiro: traversare a sinistra per placca tenendosi sotto una fascia strapiombante, doppiare uno spigolino e continuare verso sinistra fino alla sosta. 30 m; 5c con passo iniziale di 6c o A0; sette fix, due chiodi. Sosta su due fix con cordone.
10° tiro: salire verso destra per placca a raggiungere una spaccatura, salirla e continuare per facili rocce fino ad una cengia (sosta possibile). Proseguire lungo la successiva fascia rocciosa e sostare alla sommità. 35 m; V+, V, IV, III; un fix, quattro chiodi, un cordone in clessidra, una sosta intermedia (fix con anello e cordone in clessidra). Sosta su due cordoni in clessidra.
Discesa: dal termine della via prendere una traccia verso destra (nord) superando (o aggirando, se si prende una traccia più oltre) un dosso. Raggiunta una sella, abbassarsi (bolli rossi e più sotto una corda fissa) e guadagnare una zona erbosa. Proseguire per un traverso a sinistra e finalmente scendere fino a raggiungere il bosco e poi la sommità di un ghiaione. Continuare per una traccia, ora più marcata, che corre tra gli alberi alla sua destra. Riportarsi poi a sinistra e abbassarsi fino all'evidente sentiero che, seguito verso sinistra, porta a ricongiungersi alla strada percorsa durante l'avvicinamento.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

lunedì 2 dicembre 2019

Intellettuali e fronte popolare in Francia

di Alberto Castoldi
De Donato, Bari, 1978

Di fatto l'arretramento della classe operaia, come avanguardia politica, sconfitta in Spagna, comporta anche l'arretramento degli intellettuali, la loro involuzione: proprio perché il Fronte popolare era stato anche il risultato dello sforzo degli intellettuali, la sua perdita d'iniziativa è di fatto la loro. Gide prende posizione a favore dei repubblicani spagnoli, ma è ormai politicamente isolato; Malraux invece è sempre legato ai comunisti, viaggia negli Stati Uniti per raccogliere fondi per la guerra e combatte egli stesso in Spagna, ma vive sempre una sua privata avventura; Jean Guéhenno, che con Chamson e André Viollis aveva fondato "Vendredi" per diffondere le idee del Fronte popolare, resta fedele alla sua concezione idealista della storia e della politica [...]. Jean Giono prosegue imperturbabile la sua ricerca di un mondo bucolico da contrapporre alla città, alla civiltà delle macchine.
La lettura estiva di questo libro non poteva capitare in un momento migliore, visto che recentemente qualche politico nostrano ha proprio (ri)evocato l'idea di costituire un Fronte popolare per evitare, o almeno arginare, la deriva a destra che sembra maturare (si fa per dire...) nel Paese. Il libro però non ripercorre direttamente la storia del Fronte popolare in Francia, ma si concentra piuttosto sul rapporto non sempre lineare tra intellettuali e politica, su quello che una volta si chiamava l'impegno dell'intellettuale. Si inizia nel 1919, con la nascita di Clarté, un movimento (con annessa rivista) che raggruppa diversi intellettuali in un'ottica antimilitarista e di orientamento dell'opinione pubblica verso il socialismo. Nella partita entrano poi i surrealisti, che alternano una conversione repentina al marxismo con la rivendicazione della propria sfera di interesse, di fatto evidenziando il cuore del problema: quale deve essere il ruolo sociale dell'intellettuale? Quale il contributo di scrittori o artisti nel preparare la rivoluzione? Da un lato c'è chi rimprovera agli intellettuali il loro astrattismo, che li renderebbe facile preda della borghesia che può neutralizzarli facilmente relegandoli sul piano artistico o letterario, senza alcun impatto reale. Dall'altro vi sono le istanze sostanzialmente individualiste dei surrealisti, ma anche di scrittori come Gide e Malraux (e altri...), che non si sentono organici al partito e cercano di ritagliarsi un ruolo critico, di guida o di avanguardia. A complicare le cose c'è la politica stessa, che dopo aver sollecitato un intervento degli intellettuali li vuole poi relegare ad un ruolo subalterno, di semplice adesione ai propri programmi. Sullo sfondo (ma neanche tanto...), i drammi che si vanno configurando in Europa: il fascismo in Italia e le guerre coloniali, la presa del potere da parte di Hitler, la guerra civile spagnola. Ma anche l'ascesa al potere di Stalin, i contrasti interni e le prime "purghe", fino al patto Molotov-Ribbentrop che tanto sorprese la sinistra europea.

Non è forse sorprendente che tanta confusione politica si rifletta in altrettante divisioni e distinguo tra le varie anime della cultura di sinistra dell'epoca. Pure, resta notevole il loro contributo ad un riavvicinamento tra le varie forze politiche che temevano un colpo di stato della destra anche in Francia, ma che si guardavano con diffidenza (emblematico lo scritto di Nizan Ti tendiamo la mano, cattolico... del 1937). Così nel Congresso di Amsterdam-Pleyel (1933) si gettano le basi per la formazione del Fronte popolare, e nel Congresso internazionale degli scrittori per la difesa della cultura (1935) si arriverà all'apice della parabola, cui seguirà un riflusso.

Se la prima metà del libro ripercorre la storia dell'impegno e della mobilitazione degli intellettuali, la seconda parte antologica racchiude una serie di interventi nel dibattico politico-culturale degli anni '30. A mio personale avviso è meno interessante della prima per un "non-adepto", ma certamente presenta alcuni contributi non facilmente reperibili altrove. Gli eventuali interessati possono trovare uno scritto che ripercorre queste tematiche qui.