lunedì 27 luglio 2020

Calabria Igp rosato Il marinetto 2018 Sergio Arcuri

"Ma è un tripla A!", mi dice enfatica l'enotecaria a cui chiedo notizie sulla presenza o meno di questo vino tra gli scaffali, anche se non si può certamente dire che il negozio esponesse una gran rappresentanza di questo movimento. Qui, infatti, non parliamo di guide, premi e riconoscimenti, ma di una filosofia del produrre vino, filosofia in realtà molto semplice: niente sostanze chimiche di sintesi, niente filtrazioni né concentrazioni, niente taroccate, e la trovate in dettaglio qui. E Arcuri, una cantina di più di cento anni, la segue fedelmente. Il Marinetto nasce a Cirò, da uve gaglioppo in purezza, come i suoi fratelli rossi da assaggiare in occasione della prossima visita in Calabria. Affinamento in acciaio e, brevemente, in bottiglia, per un rosato con certificazione biologica che all'assaggio sconcerta per qualche istante, ma che si rivela una vera delizia.
Iniziamo dal colore: un rosa molto luminoso, accattivante, "solare" (se non si rischiasse di finire negli stereotipi), che incuriosisce subito. Dal bicchiere emergono agrumi e frutta; al palato un attacco un po' ruvido, inaspettato per un rosato, che disorienta per un momento, finché il vino si concede, aprendosi con i distinti sapori di agrumi e mettendo in evidenza una notevole struttura.
Anche il tenore alcolico non è usuale per un rosato, ma non va a scapito della bevibilità. Veramente un ottimo vino... da bere d'estate, ma non solo!

Prezzo di acquisto: 17 € (in enoteca)
Gradazione: 13,5°

martedì 21 luglio 2020

Alpilandia

Il tentativo del 2012.
Tracciato della via.
Torrione Scandella - Presolana del prato
Parete S


La prima volta fu nel 2012. Non ricordo quali fossero i progetti di quella giornata, ma io e Callisto giungemmo al torrione, notammo la linea e iniziammo a salirla. Giunti quasi alla terza sosta fummo presi da uno di quegli attacchi di irrefrenabile coniglieria poi maledetta, e ci calammo.
Passano due anni e torniamo. La forma è molto migliore di prima e saliamo abbastanza velocemente. Al termine del secondo tiro inizia a gocciolare, ma senza troppa convinzione; insomma, quel poco che lascia decidere di continuare. Alla terza sosta, fuori dai tiri più impegnativi, si aprono le cataratte dei cieli e un diluvio di acqua e grandine ci avvolge. Una fuga precipitosa ci riporta fradici e infreddoliti alla base della parete, dove prendiamo mesti la via del ritorno, sempre in compagnia del temporale. Dopo quella volta, ormai convinti dell'ineluttabilità del destino o di quella sua declinazione più popolare detta sfiga, abbiamo girato al largo da quella via per anni.
Due settimane fa decido che è giunto il momento di riprovarci. Forma pessima e freddo cane quando arriviamo all'attacco non promettono nulla di nuovo, ma almeno questa volta giungiamo al termine della via. La terza volta è quella buona!
Accesso: raggiungere la malga Cassinelli parcheggiando a sinistra poco prima del passo, in corrispondenza di una chiesetta (cartello "Cantoniera della Presolana"), seguire la strada che si stacca in salita fino al secondo tornante e lasciarla per proseguire lungo il sentiero. In alternativa parcheggiare qualche centinaio di metri prima sulla destra, nei pressi dell'Hotel Spampatti, e seguire la strada di fronte e subito il sentiero a destra (indicazioni per baita Cassinelli), che sale nel bosco e si congiunge con il precedente. Superare la malga Cassinelli e risalire il ghiaione (segnavia 315 per il bivacco Città di Clusone e Grotta dei Pagani), oltrepassare il bivacco e la cappella Savina e proseguire per un breve tratto tra roccette. Quando il sentiero torna pianeggiante si prende una traccia che sale ripida sulla destra e porta alla base del torrione Scandella (lapidi). Da qui si risale poche decine di metri verso sinistra superando un canale e fermandosi appena prima di una fenditura obliqua che sale verso sinistra (Il tramonto di Bozard). Scritta rossa Alpil. alla base, appena a destra di A sud di nessun nord (recentemente trasformata a spit, speriamo con l'assenso degli apritori). Una volta era usuale salire i primi passi di quest'ultima via per poi spostarsi a destra; ora è comparso un fix sulla placca e la via ha un percorso chiaramente indipendente.
Relazione: la via sale la parete con bella arrampicata su muri verticali e qualche strapiombo, ma non manca una fessura non banale nel terzo tiro. Le protezioni sono buone a fix nei tratti duri e un po' più aleatorie in quelli meno difficili; necessaria una decente padronanza del 6a se si vuole scalare con un minimo di piacere. Un paio di friend 0.3-0.5 BD possono eventualmente essere utili negli ultimi tiri. Roccia ottima, con qualche punto a cui prestare un po' d'attenzione.
1° tiro: si sale a raggiungere un gradino. Lì inizia la bellissima placca a buchi che si risale fino all'uscita (roccia dall'aspetto non del tutto affidabile) ove si trova la sosta; 25m, 6a; quattro fix, due cordini in clessidra. Sosta su due fix con catena ed anello di calata.
2° tiro: si sale il risalto (stare appena a sinistra del cordino) e si supera il breve muretto portandosi su una placca obliqua; da qui lievemente a sinistra a risalire un breve tratto con roccia da verificare fino ad una placca verticale con buchetti e fessure che si risale spostandosi verso destra fino alla sosta; 30 m, 6a+/6b e passo in A0 su spit già "attrezzato" con cordone (valutato 6c+ sulla guida Valli bergamasche); otto fix (uno con cordino), due chiodi (uno con cordino), un cordone in clessidra. Sosta su due fix con catena ed anello di calata.
3° tiro: sopra la sosta a prendere una sfuggente lama rovescia che si segue verso destra uscendo su rocce rotte sotto una nicchia. Si risale lo strapiombo a destra e si rimonta il pilastrino seguente fino alla sosta; 25m, 6b+; sei fix, due chiodi, un cordone in clessidra. Sosta su due fix con cordino, anello di calata e maglia-rapida.
4° tiro: si sale per placca sopra la sosta a prendere una lama appena a sinistra e si prosegue fino ad una breve fessura che porta alle rocce facili prima della sosta. 20m, 6a; tre fix, un chiodo con cordino. Sosta su due fix con cordino e anello di calata.
5° tiro: non salire il facile diedro appena sopra la sosta (alternativa possibile), ma portarsi sulla placca di sinistra e risalirla fino alla sosta. 15m, 5a; un fix, un cordino in clessidra. Sosta su due fix con anelli di calata.
Discesa: in corda doppia sulla via, con tre calate. Probabilmente fattibile in due se scendete fino alla seconda sosta con la prima calata.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

mercoledì 15 luglio 2020

Il normanno


L'interno del locale.
Il ricco antipasto.
Fileja con ceci, salsiccia e pomodoro.
Fileja con ragù di capra.
Le cazzatelle.
Via Duomo 12
Mileto (VV)


Mileto è una tranquilla cittadina adagiata su una collina, ormai lontana dagli splendori dell'epoca normanna e della corte di Ruggero I. Ma non erano tanto i reperti storici e archeologici a riportarmi qui, quanto dei molto più prosaici interessi gastronomici: ero stato da Il normanno più di dieci anni fa, e ricordavo distintamente il carattere "popolare" della cucina e l'ottima impressione che ne avevo avuto. Pertanto, dopo una giornata "esplorativa" ad arrampicarmi sugli scogli che contornano le splendide spiagge intorno a Capo Vaticano, e volendo evitare di infilarsi nella troppo nota Tropea, ci siamo tornati. Confermando l'impressione precedente.
Il locale è una piccola trattoria e pizzeria, con due ingressi tra via Duomo e via Real Badia. Per la trattoria si entra da via Duomo, in un ingresso anonimo identificato da un'insegna e una fila lunghissima di vetrofanie con i riconoscimenti di numerose guide. L'interno è semplice e all'antica, con il soffitto coperto da sacchi di juta e numerose fotografie alle pareti. Ci accomodiamo nel piccolo cortile interno, con tavolini e sedie di plastica, forse fin troppo in stile bar di paese. Il pane integrale fatto in casa è ottimo e funge da viatico al resto delle consumazioni. Il menù arriva su un foglio di carta con la scritta: la vera cucina tradizionale, a rimarcare la vocazione del locale.
Iniziamo con un antipasto casereccio con affettati, formaggi, verdure grigliate, legumi, in porzione che in realtà basta per due persone. La qualità della materia prima è ottima, e si sposa magnificamente con la semplicità delle preparazioni.
I primi piatti ruotano attorno alla pasta, con diversi contorni a base di carne e verdure (stona un po' il pesto genovese e gamberetti...): scegliamo entrambi (e come potrebbe essere altrimenti) la fileja, forse il formato di pasta più tipico della Calabria, con due condimenti diversi: ceci, salsiccia e pomodoro, e con ragù di capra. La pasta arriva nella caratteristica pignatta, e ancora una volta le porzioni sono di tutto rispetto (più che un ragù di capra c'erano pezzi interi di carne!). I succulenti condimenti, frutto della cucina di generazioni, si amalgamano alla perfezione: sapori semplici, ma buonissimi.
A questo punto, pur avendo saltato il pranzo, siamo già satolli. Per pura curiosità, ordino un piatto di cazzatelle, ovvero salsicciotti con verdure, ma devo dire che non reggono il confronto con le portate precedenti; la carne non mi è sembrata della stessa qualità.
Si finisce con una torta con cioccolato e ricotta con una punta di liquore, che riconcilia definitivamente con la cucina.
Per quanto riguarda il vino che ha accompagnato la nostra cena, segnalo una lieve incomprensione con la simpatica (nonché bella) cameriera, che mi propone il vino sfuso della casa. Replico che preferirei qualcosa in bottiglia, ovviamente di un produttore locale... e va a finire che mi ritrovo un rosso non etichettato che è sostanzialmente un vino sfuso... ma imbottigliato, della vicina cantina Ciccone. Onesto, ma decisamente non quello che mi aspettavo. A fine cena, rientrando nel locale, ho potuto osservare alcune bottiglie esposte su uno scaffale e rammaricarmi della "non scelta".
Questo dettaglio non modifica il giudizio sul locale: se non vi curate dei fronzoli e volete andare al sodo, se amate la vera cucina casereccia ricca di spezie, di sughi succulenti, di piatti semplici ma generosi, il normanno è un posto da non perdere!


Il conto: 55€ per
1 antipasto
2 primi
1 secondo
2 dolci
2 caffè
1 bottiglia di rosso sfuso
1 bottiglia di acqua

P.S. e poi, volete mettere l'oste che collega il suo cellulare al sistema di diffusione sonora e fa partire Child in time dei Deep Purple?

lunedì 13 luglio 2020

Calegari-Poloni-Farina-Consonni

Teo sul 1° tiro.
Sul 2° tiro.
Teo sul 5° tiro.
Sul 6° tiro.
Sull'8° tiro.
Tracciato della via.
La relazione pubblicata sull'Annuario del CAI BG
1959, 111
Punta Osvaldo Esposito
Parete NNE


Accesso: si risale la Val Brembana fino a Carona e si segue la via Carisole, parcheggiando in prossimità della curva dove si stacca la strada per i rifugi Calvi e Longo. Si seguono le indicazioni per il rif. Fratelli Calvi (qui qualche informazione su chi fossero) fino a giungere in località Lago del prato, dove la strada contorna un laghetto lasciandolo sulla destra (a sinistra c'è un'indicazione per il rif. Longo). La strada compie poi una prima lieve curva verso sinistra e un secondo tornante, sempre a sinistra: ora bisogna fare attenzione. Si prosegue brevemente e si identifica una traccia che scende sulla destra, giungendo in breve ad una presa d'acqua ove corre il sentiero che collega i rifugi Laghi Gemelli e Calvi (se "mancate" la traccia potete continuare per poco fino all'innesto del sentiero CAI 213 Gemelli-Calvi che riporta in breve alla presa d'acqua). Superato il torrente, si abbandona il sentiero all'altezza di un ometto, e si risale la pietraia aggirando a sinistra una fascia di mughi (seguire sempre le indicazioni degli ometti). Più in alto si punta all'evidente diedro dove sale la via e se ne raggiunge facilmente la base da destra. Un'ora e mezza da Carona.
Relazione: via molto bella che risale l'evidente diedro della parete senza particolari difficoltà. La roccia è sempre buona e la chiodatura si può ben definire altrettanto (addirittura con soste a fix). Utile comunque qualche friend da usare al posto dei chiodi più vetusti e rovinati dai decenni. Nel complesso, è una salita più che raccomandabile, in un bell'ambiente. Contare tre ore e mezzo circa. La cima deve il nome ad un alpinista caduto il 24/8/58 sullo spigolo Saglio alla Presolana. 
1° tiro: salire il diedro fino ad una lama, rimontarla ed uscire verso sinistra per facili rocce. 35 m; III+, IV; tre chiodi (due con cordino). Sosta su due fix con catena e maglia-rapida.
2° tiro: proseguire per il bel diedro fino al terrazzo di sosta. 40 m; III, IV+; cinque chiodi, una sosta intermedia su due chiodi. Sosta su due fix con catena e maglia-rapida.
3° tiro: salire per fessura e proseguire per un diedro-camino fino alla sosta. 30 m; IV, III+; due chiodi (uno con cordino), due friend incastrati, una fettuccia con maglia-rapida su sasso incastrato. Sosta su due fix con catena e maglia-rapida.
4° tiro: proseguire per placche, prima verso sinistra e poi rientrando a destra, fino a raggiungere il bordo della parete. 40 m, III, un chiodo con cordino. Sosta su due fix con cordoni ed anelli di calata. Spostarsi ora ad una sosta sul versante di calata (due fix con cordoni ed anelli di calata; evitare la vecchia sosta di calata su mughi), con piccolo terrazzino. Calarsi in corda doppia per circa 20 m e sostare su spuntone.
5° tiro: spostarsi lungo la facile cresta fino alla parete di fronte. 25 m, II. Sosta su chiodo con cordino e fix con anello.
6° tiro: salire lungo la fessura fino ad una zona di rocce più facili, dove conviene fare attenzione. Si prosegue ora in placca e si raggiunge la sosta sulla sinistra con un passo delicato. 40 m; III+, IV, V- (passo); tre chiodi (due con cordino), un cordino su masso incastrato. Sosta su due fix con anelli e cordone.
7° tiro: salire a destra della sosta per poi rientrare sulla sinistra e proseguire fino alla sosta. 35 m; IV-, III; tre chiodi con cordone. Sosta su due fix con anello e cordone.
8° tiro: traversare puntando ad un cordone su spuntone e salire l'evidente diedro fino alla sommità. 50 m; I, IV-, IV+, IV-; un cordone su spuntone. Sosta su spuntone.
Discesa: seguire la vaga traccia lungo la cresta (esposto) fino ad un intaglio dove si trova una sosta di calata (due fix con anelli). Da qui ci si cala lungo il canale di sinistra (rispetto alla direzione di marcia), fino ad una pietraia (conviene calarsi per tutta la lunghezza della corda, anche se è presente una vecchia sosta intermedia a metà canale). Fin qui, poco meno di un'oretta. Si scende ora in direzione del laghetto sottostante, tenendolo sulla destra senza avvicinarvisi troppo, fino ad identificare un ometto che indica la traccia di discesa sulla sinistra. Detta traccia riporta in breve alla presa d'acqua (attenzione al guado del torrente ad inizio stagione) ed al sentiero percorso all'andata. Calcolare tre ore o poco meno in totale.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.