venerdì 30 agosto 2019

Ristorante Frasca verde

Una delle sale del locale.
Il carpaccio di cervo.
I canederli al pino mugo.
Il cinghiale con polenta e funghi.
La sfera di cioccolato.
via Capoluogo 64
Lauco (UD)


La seconda tappa delle gozzoviglie carniche ci porta nel paesino di Lauco, qualche tornante di troppo al di sopra del fondovalle. La Frasca verde è un albergo e ristorante, ma che non vuole perdere la funzione di bar di paese, con il risultato di creare uno iato tra l'ingresso del bar e le sale retrostanti. Superato il divisorio, ci sediamo in una piccola saletta, ben arredata (forse un po' troppo finto-tradizionale, ma passi), e con bicchieri per l'acqua piuttosto bruttini (per tacere di candelina e cuoricino di legno, da cestinare immediatamente). Per fortuna, la musica cambia quando arriva il menù: la cucina trae spunto dalla tradizione carnica, ma la rivisita in chiave moderna e con risultati decisamente interessanti.
La cena inizia con un delicato stuzzichino di caprese nel bicchiere, preludio a piatti ben più sostanziosi: l'antipasto di carpaccio di cervo ed il primo di canederli al pino mugo con speck sono assolutamente deliziosi, e con porzioni degne di nota.
Come secondo scegliamo il cinghiale a spasso nel bosco, ovvero con polenta e funghi. Carne cotta a puntino e felice presentazione del piatto.
Siamo ai dolci, e anche qui la fantasia non  manca. La mia scelta va alla sfera di cioccolato con mousse di fava tonka e sorbetto al caffè, e devo dire che era da un po' che non assaggiavo un dessert così buono (e dal nome così lungo).
La carta dei vini è vastissima e del tutto all'altezza della cucina. Purtroppo mancano le mezze bottiglie e mi tocca accontentarmi del rosso sfuso della casa, che è onesto ma non regge il confronto con il cibo.

Una cucina veramente buona dove tornare senza indugio!

Il conto: 90€ per
1 antipasto
1 primo
2 secondi
2 dolci
2 caffè
1 bottiglia di acqua
mezzo litro di vino sfuso (7€)

giovedì 29 agosto 2019

Osteria Stella d'oro


L'esterno del locale.

I cjarsons alle erbe.
Via Tolmezzo 6
Verzegnis, fraz. Villa (UD)


Come di prammatica quest'estate, arriviamo sul posto sotto una pioggia battente, senza nemmeno il tempo di guardarci attorno, di gettare più che una rapida occhiata alla facciata della chiesa antistante prima di correre nel locale. Ci si trova in un'antica trattoria popolare che può vantare anche un piccolo ruolo storico/militare nell'ultima guerra (che si rispecchia nel nome), assolutamente da visitare approfittando della gentilezza del titolare: strepitoso ed assai famoso nei dintorni il fogolar del '600, a cui si devono aggiungere le vecchie cantine. La sala è arredata senza troppe pretese, da classica osteria di paese (mi taccio come al solito riguardo ai quadri appesi alle pareti).
La cucina rispetta la tradizione carnica senza eccessive varianti o rivisitazioni, con prodotti locali selezionati ed un numero non troppo vasto di scelte ma con una certa variazione periodica. Iniziamo con un'accoppiata antipasto/primo: i filetti di trota salmonata marinata e frutti di bosco ed i classici cjarsons alle erbe, assai gustosi e delicati. I secondi ruotano attorno alle carni ed entrambi optiamo per dei medaglioni di cervo con polenta, ben cucinati e dove la polenta di grani misti dice la sua! Poco interessante, invece, la breve lista dei dolci.
La lista dei vini è giusta e centrata sul territorio friulano. Poiché questa volta sono l'unico ad apprezzare cotal prodotto, devo limitare la scelta alle mezze bottiglie, per fortuna presenti nel menù (seppur, ovviamente, in quantità minimale). Scelgo così un Cabernet Sauvignon di Lis Neris, abbastanza buono ma forse un po' troppo vellutato per i miei gusti, che comunque accompagnerà egregiamente la cena.

Il conto: 63€ per
1 antipasto
1 primo
2 secondi
2 caffè
mezza bottiglia di vino (13€)
1 bottiglia di acqua

Dorigo (Crack del Tot) + Placca centrale

Gianni sul 2° tiro della Dorigo.
Anna sul 3° tiro della Dorigo.
Sul 1° tiro della Placca centrale.
Anna sul 5° tiro della Placca centrale.
Tracciati delle vie. Rosso = Dorigo, viola = Crack
del Tot, azzurro = Placca centrale.
Placche di Val Collina - Coglians
Parete SE


Accesso: da Tolmezzo per la SS52, superando Timau in direzione del passo di Monte Croce Carnico. Se si dispone di auto dal fondo non troppo basso conviene salire lo sterrato che si stacca dal terzo tornante, appena precedente la casa cantoniera. Dopo un paio di km si giunge ad un piccolo parcheggio, in corrispondenza della parete e di un cartello di divieto. Alternativa più bucolica è salire fino al passo e parcheggiare lì. Sulla sinistra si prende il segnavia 146, che diviene 148 (e 161) al bivio poco dopo. Il sentiero scende verso sinistra appena prima di una malga e si raccorda con lo sterrato più avanti, portando al parcheggio in un'oretta circa.
Dal parcheggio si sale il prato soprastante per traccia verso destra, che si infila nel bosco (ometto) ed in breve porta alla base della parete, in corrispondenza della Placca centrale (fix visibile). A destra si nota una via nuova con fix scintillanti (Climbing Paluzza) e una linea con fix decisamente più datati che sale verso sinistra: è la via Dorigo. Probabilmente le vie sono state modificate rispetto ai tracciati originali in occasione della sistemazione a fix.
Relazione (Dorigo): via molto bella su placca con qualche passaggio atletico. Chiodatura ottima a fix un po' datati; portare solo rinvii ed il necessario per collegare le soste e per la calata.
1° tiro: salire il diedrino verso sinistra e, giunti su terreno facile, non puntare alla sosta (della Placca centrale) sulla sinistra, ma traversare verso destra su rocce erbose fino alla base di un diedro. 25 m, 5b; quattro fix. Sosta su due golfari.
2° tiro: salire il diedro lievemente aggettante e proseguire per placca delicata fino alla sosta. 20 m, 6a+; sette fix. Sosta su due golfari. Bel tiro.
3° tiro: salire la fessura a sinistra della sosta, inizialmente dritta e poi  verso sinistra, fino ad uscire su rocce facili (cavo d'acciaio in clessidra). Traversare verso sinistra fino alla prima delle soste visibili. 25 m, 6a+; cinque fix, un cavo in clessidra. Sosta su due golfari.
4° tiro: salire il diedro fessurato e la placca fino alla sosta. 15 m, 5c; cinque fix. Sosta su due fix.
5° tiro: dritto sopra la sosta su una bellissima placca a rigole. In alto, spostarsi a sinistra fino alla sosta di calata in comune colle altre vie vicine. 25 m, 6a; otto fix, un cordone su albero. Sosta su due golfari.
Discesa: con due calate in corda doppia lungo la Placca centrale.
Relazione (Crack del Tot): la via parte dalla seconda sosta della via Dorigo e segue l'invitante fessura verso destra, per uscire poi lungo placche. Salita non difficile, ma con chiodatura un poco più lunga delle sue vicine. Portare eventualmente un friend medio per la fessura (che non è protetta).
1° tiro: salire in verticale lungo la Dorigo e traversare a destra all'altezza della fessura obliqua, che si segue fino alla sosta. 20 m; 5c, IV; tre fix (due della Dorigo + uno vecchio vicino ad uno di Climbing Paluzza). Sosta su due spit e maglia-rapida. Cordini marci in clessidra nelle vicinanze.
2° tiro: proseguire brevemente lungo la fessura e, quando essa muore, salire per placca muschiosa (e nel nostro caso, pure bagnata!) raggiungendo una cengia sulla destra. 15 m, IV; un chiodo. Sosta su uno spit. A destra si nota la sosta della via DiRonDeRo. Il tiro si può concatenare col successivo.
3° tiro: passo delicato in partenza, poi placca che si segue lievemente verso destra fino alla sosta. 25 m, V; due spit + eventualmente uno della via DiRonDeRo. Sosta su due fix con cordino ed anello di calata.
Discesa: in doppia lungo la via DiRonDeRo.
Relazione (Placca centrale): via simile alla precedente, ma più semplice. Tutte le soste sono su due golfari.
1° tiro: superare il muretto (fix un po' alto) e proseguire per una fessura fino al terrazzo di sosta. 20 m, 6a; quattro fix.
2° tiro: salire a destra della sosta e proseguire lungo i fix dritti e poi verso sinistra fino alla sosta. Dopo il terzo fix c'è una variante che passa più a destra ma che rende un po' illogico raggiungere la sosta. 20 m, 4b; cinque fix.
3° tiro: ancora per placca fino al terrazzo di sosta (la seconda da destra). 20 m, 5c; quattro fix.
4° tiro: dritto per la bella placca a rigole fino alla sosta. 20 m, 4c; cinque fix.
5° tiro: ancora per placca fino al termine della via. 20 m, 5a; sette fix.
Discesa: con due calate in corda doppia.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

martedì 6 agosto 2019

Bergamo-Milano Lambrate: ritardi maggio-luglio 2019 (2608/10809)

Distribuzioni cumulative dei ritardi per il treno 2608 (8:02)
nei trimestri maggio-luglio dal 2015 al 2019.
Come sopra, ma per il treno 10809 (17:43).
Distribuzioni cumulative dei ritardi per il treno 2608 (8:02)
nei periodi gennaio-luglio dal 2015 al 2019.
Come sopra, ma per il treno 10809 (17:43).
Ritardi mensili del treno 2608 (8:02).
Come sopra, ma per il treno 10809 (17:43).

Ordinaria amministrazione sui treni della linea BG-MI.
Qualunque commento sui ritardi degli ultimi tre mesi non può che iniziare da questo sconfortante quanto risibile comunicato. Vediamo di analizzarlo brevemente: Piuri, novello AD pluristipendiato di Trenord, se ne inizia con una serie di scuse che ricordano candidamente questa scena, se non fosse che lo spessore dei personaggi coinvolti è ben diverso (scegliete voi chi preferite). Dopo l'alluvione, le cavallette ed il terremoto, arriva la perla: "la puntualità è migliorata di 5 punti percentuali rispetto al 2018." Ora, io non so su quali dati si basi questa affermazione, ma vorrei ricordare che nel 2018 è avvenuta la tragedia di Pioltello e che anche per quel motivo la puntualità è andata - non trovo altro termine - bellamente a puttane (e mi scuso con le lavoratrici del caso per l'indegno paragone). Per i treni in esame basta vedere qui per i dati complessivi. Sempre con riferimento ai treni 2608 e 10809, il confronto (prime due figure) dice che la puntualità in questo trimestre del 2019 è la peggiore di tutti gli anni precedenti, escluso il 2018! Puntualità ridotta al 14% per il 2608, ritardo entro 5' per il 68% dei treni. Il 10809, poi, riesce persino a fare peggio dell'anno scorso, e solo recupera qualcosa rispetto al 2015. Per carità, è possibile che il resto dei treni abbia fatto faville, ma ho i miei dubbi al riguardo.

Allargando lo sguardo per abbracciare il periodo dall'inizio dell'anno, le cose non cambiano di molto: la conclusione precedente resta assolutamente valida per il 2608 (puntualità al 8% e ritardo entro 5' per il 61% dei treni). Situazione solo lievemente migliore per il 10809, che finalmente recupera qualcosa sul 2018 e si avvicina ai valori del 2017, ma resta assai lontano dai dati pur non eccezionali del 2016.

Se dal trimestre ci spostiamo sui singoli mesi, vediamo nuovamente come il ritardo del 2608 sia assolutamente in linea con l'anno scorso e non accenni a ritornare su valori accettabili, nonostante le capriole verbali dei comunicati. Drammatico come tutte le estati, invece, il 10809 nei mesi di giugno e luglio, tra cancellazioni e ritardi indecenti. E visto che su questo treno manca perennemente l'aria condizionata, è d'uopo riprendere il tragicomico comunicato, dove ci viene spiegato che
Il sistema [di condizionamento] infatti si blocca automaticamente quando la temperatura esterna supera i 35 gradi [...]. Il blocco indica che i sistemi - perfettamente funzionanti - si "auto-proteggono" dai picchi di caldo per non distruggersi. La riprova è data dal fatto che gli stessi impianti ripartono regolarmente con il calo delle temperature
Traduco: il condizionamento funziona se non fa troppo caldo! Come dire che un aereo funziona se non si alza da terra, un treno funziona se non si muove dalla stazione (quest'ultimo concetto in effetti appare ben sfruttato da Trenord). Domanda: ma chi ha stabilito queste assurde specifiche? Cosa fa oggi di mestiere, il parlamentare sovranista? Definisce gli standard per i ponti autostradali o i giunti ferroviari?

L'unico dato che il comunicato non riesce a nascondere è che "Il 40% dei treni Trenord ha più di 35 anni", a cui si dovrebbe aggiungere una gestione fallimentare di questa "azienda". Lì sì che ci sarebbe da migliorare, ma invece Piuri cosa dice? "Possiamo migliorare? Certo! Lo dobbiamo in primis ai nostri passeggeri e continueremo a farlo, in tutti i settori. Penso in particolare alla comunicazione ai clienti". Traduco ancora: il servizio è pessimo e continuerà ad esserlo, ma l'unica cosa che forse faremo è farvi sapere prima che è uno schifo.

Nota: i dati sono raccolti personalmente o da app Trenord. Per correttezza, bisogna specificare che i ritardi sopportati dai pendolari su questi due treni non sono indicativi dei ritardi complessivi, che sta ad altri raccogliere e rendere pubblici. Idem per i rimpalli di responsabilità tra Trenord, Rfi, e quant'altri. Qui si cita Trenord in quanto è ad essa che i poveri pendolari versano biglietti ed abbonamenti, e ai quali dovrebbe rispondere del servizio.