mercoledì 29 gennaio 2020

Il disertore (zoccolo) + Via dei tre

Sul 1° tiro.
Sul 2° tiro.
Teo sul 4° tiro.
Sul 5° tiro.
Teo sul 6° tiro.
Tracciato della via.
Cima Nodice
Parete S


Accesso: Da Riva del Garda si prende la strada per la Val di Ledro, si supera la vecchia strada del Ponale (che conduce alla falesia Regina del lago) e si svolta a sinistra, poco prima del parcheggio (indicazioni). La strada conduce alla frazione di Pregasina e ad un parcheggio sotto la chiesa del paese. Si sale la scalinata di fronte e si continua verso destra, per tenere la sinistra poco dopo. Al termine della strada si continua per sentiero, che sale dapprima ripido per poi traversare verso la parete (ometti) e risalire un ripido canale, fino ad una piccola piazzola con un grande ometto (scritta rossa "Il Disertore"). Da qui una corda fissa consente di raggiungere la scomoda sosta di partenza (due fix con cordoni e maglia rapida). mezz'oretta circa.
Relazione: la via battezzata come Disertore è in realtà il concatenamento di un itinerario preesistente (Via dei tre) e una variante di uscita (pure preesistente). Nuove sono le prime due lunghezze che risalgono lo zoccolo. Non so quanto l'apritore fosse al corrente del pregresso, ma direi che se vogliamo rispettare la storia alpinistica di questa piccola parete dobbiamo dire che il disertore è da considerare una variante di attacco alla via suddetta. Le vie della parete sono ben descritte da Teo qui.
Ciò detto, la via è molto piacevole e - tranne il primo tiro (che è peraltro chiodato vicinissimo) - corre su ottima roccia, dove a volte sembra di essere tra le placche e le lame dello Zucco Angelone. Inutili i friend; la chiodatura è buona nei tratti più impegnativi e un poco più lunga dove la salita è più facile.
1° tiro: portarsi sulla destra e superare un paio di muretti, uscendo in sosta. 30 m, 6a+ (un passo), undici fix. Sosta su due fix e cordone. Roccia da verificare. Al valente socio di cordata (che per fortuna saliva il tiro da secondo) è rimasto in mano un discreto "appiglio", che speriamo non abbia modificato la difficoltà del tiro...
2° tiro: salire lungo una fascia con placche, spostarsi a sinistra e superare un tratto verticale, raggiungendo la cengia dove si trova la sosta. 45 m, 5c, dodici fix. Sosta su due fix e cordone.
3° tiro: spostarsi a sinistra lungo la cengia fino ad un vecchio rudere di guerra, sotto gli spit nuovi che indicano il prossimo tiro. 25 m, I. Sosta da attrezzare su pianta.
4° tiro: salire la parete lavorata, spostarsi a destra e continuare per un tratto più verticale, uscendo poi verso destra a raggiungere la nicchia di sosta. 35 m, 6a; otto fix, un chiodo, quattro cordoni in clessidra. Sosta su quattro fix con anello e cordoni. Sopra la nicchia sono ben evidenti i vecchi spit della via omonima.
5° tiro: traversare a sinistra per proseguire poi in verticale lungo delle belle placche fino alla cengia. Continuare fin sotto il salto di roccia successivo. 55 m, 5c; sette fix, un cordone su pianta, tre cordoni in clessidra. Sosta su due fix e cordone.
6° tiro: salire la placca a destra della sosta, spostarsi a sinistra e continuare per placche fino al termine della via. 45 m, 4a; quattro fix, un cordone su pianta, cinque cordoni in clessidra. Sosta su un fix.
Discesa: dal termine della via si percorre il sentiero in discesa, passando davanti ai vecchi baraccamenti militari italiani e rientrando a Pregasina. E' consigliabile spendere un poco di tempo per esplorare la postazione sulla cima. Qui trovate alcune informazioni sulle operazioni della Grande Guerra nella zona di Riva del Garda.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

mercoledì 22 gennaio 2020

Per Luca

Sul 2° tiro.
Sul 3° tiro.
Teo sul 4° tiro.
Teo sul 6° tiro.
Anita sul 7° tiro.
Parete S. Paolo - Valle del Sarca
Parete E

Accesso: da Arco si prende la via che costeggia il castello ed i Colodri (via Paolina Caproni Maini, poi via dei legionari cecoslovacchi), si superano il secondo campeggio ed i vigneti sulla sinistra e si parcheggia poco dopo in un piccolo spazio sulla destra, in corrispondenza di un sentiero che scende al fiume e di un evidente sentiero che sale nel bosco a sinistra. Si prosegue appena lungo la strada fino ad un accenno di curva e un secondo sentiero che sale sulla sinistra (altro spazio ristretto per parcheggiare). Si sale e si tiene la sinistra, giungendo in breve alla rampa che porta all'attacco di Calliope. Poco dopo c'è l'attacco della via (scritta).
Relazione: via divertente e tutto sommato tranquilla, che risale la parete S. Paolo appena alla sinistra della sempre frequentata Calliope. Protetta a fix (ravvicinati) nei tratti più impegnativi, mai obbligati, e con cordoni in clessidra e qualche chiodo nei tratti più semplici; utile qualche friend per integrare le protezioni. Valutazione delle difficoltà mista a gradi francesi (per tratti con chiodatura prevalentemente sportiva) e UIAA (per quelli con protezioni prevalentemente tradizionali).
1° tiro: salire la paretina e sostare sulla cengia alla base di un pilastro. 15 m, V; un fix. Sosta su fix con anello e chiodo.
2° tiro: puntare al pilastrino sulla destra della parete antistante, salirlo e proseguire per la fessura di sinistra, uscendo su un ballatoio. Spostarsi ancora a sinistra e salire una bella placca oltre la quale si sosta. 35 m; 6a, VI-, V+; quattro fix, quattro cordoni in clessidra, un chiodo. Sosta su due fix (uno con anello). Tiro molto bello.
3° tiro: portarsi sotto la verticale di un tetto, aggirarlo sulla destra e riportarsi a sinistra lungo una fessura orizzontale. Salire facilmente alla sosta. 45 m; II, 5b, V-, III; due fix, due cordoni in clessidra. Sosta su un fix con anello.
4° tiro: salire un vago diedrino a sinistra della sosta, raggiungendo una terrazza. Indi proseguire per il diedro di destra fino ad una cengia. 35 m; V, IV, IV+, V-; un fix, un chiodo, un cordone su pianta. Sosta su due cordoni su piante. La roccia è un po' da verificare.
5° tiro: proseguire dritti risalendo un paio di placchette fino alla sosta. 20 m; II, V; un fix, un cordone su pianta. Sosta su due fix (uno con anello).
6° tiro: salire prima sulla sinistra e poi più a destra fino ad un salto lievemente aggettante. Superarlo, portarsi a sinistra e vincere un secondo muretto. Una breve placca porta alla sosta. 35 m; V+, VI-, tre fix, tre cordoni in clessidra. Sosta su due fix (uno con anello).
7° tiro: salire il diedro fessurato, prima dritti e poi verso sinistra, fin dove è possibile uscirne sulla destra. Per rocce più facili si raggiunge la terrazza sommitale. 30 m, 6a; quattro fix, un cordone in clessidra. Sosta da attrezzare su pianta.
Discesa: Dal termine della via si segue il sentiero verso sinistra che - con l'ausilio di corde fisse - riporta in breve alla base della parete e al punto di partenza.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

sabato 18 gennaio 2020

La letteratura di guerra in Italia 1915-1935

di Francesco Formigari
Ist. naz. fascista di cultura, Roma, 1935

Fu proprio questa letteratura ad esercitare un'alta influenza educativa su molti giovani che nel 1915 imposero la guerra e poi la combatterono; educazione letteraria, in reazione alla democrazia e alla demagogia, aristocratica e dannunziana, mossa dall'aspirazione all'avventura eroica che si fondeva con le considerazioni più propriamente politiche ed irredentiste. Inoltre, partire per andare a far la guerra all'Austria ricongiungeva i giovani alla storia del Risorgimento, li pacificava con essa.
Questo libro costituisce uno dei primi tentativi (se non il primo) di trarre un bilancio della letteratura relativa alla prima guerra mondiale, a vent'anni dal suo inizio per l'Italia. Diviso in tre parti, raccoglie i principali lavori in ordine più o meno cronologico, senza trascurare le corrispondenze dei giornalisti al fronte (ridicolizzandone gli enfatici reportage traboccanti di ottimismo), l'umorismo di guerra e le poesie.
Il volume è interessante per diversi motivi, in primis perché fornisce un utile riferimento a chi voglia accostarsi a questo "genere" di letteratura (anche se ovviamente esiste materiale ben più recente). Altro punto di interesse sono alcuni giudizi formulati dall'autore: Formigari prende le distanze fin dall'inizio dal vate D'Annunzio (Ma intanto, quel dannunzianesimo, che tanta parte aveva avuto nell'educazione letteraria delle generazioni del '15, tramontava freddo e purpureo sulle luride trincee stipate di poveri uomini in guerra, p. 17), che peraltro è relegato da tempo al Vittoriale, a cui preferisce decisamente Stuparich (p. 23). Riserve sono anche espresse sugli scritti di Borsi, cattolico osservante che gode di vederli [gli austriaci] colpiti in pieno dalle nostre granate (p. 31), sulla retorica di Locchi e su quella che accomuna molti scritti di guerra. Le preferenze dell'autore vanno a Monelli, Frescura, Jahier, per citare i più noti, ma tutte (o quasi) le opere sono trattate con intelligenza.

A compensazione di quanto detto, non mancano i limiti, a partire dall'impostazione: i migliori libri, per Formigari, sono quelli dal contenuto politico e morale (p. 5), che dipingono una guerra dove il popolo italiano si riscopre tale, dove le classi e le ideologie si dissolvono, la santità della guerra, nella quale gli ignoranti vedono barbarie (p. 26, ma lo scritto è di Salvioni) che conduce ad una nuova coscienza nazionale (e si è visto poi com'è finita!). Da qui il suo fastidio per, ad esempio, i libri di Comisso, di Viani, o per Rubè. Se è indubbio che una simile posizione si possa ritrovare in tanti scrittori dell'epoca, sentirsela ripetere ad ogni piè sospinto diviene alla lunga stucchevole, anche perché Formigari ne fa uso strumentale, compiacendosi dei socialisti "conquistati" dalla guerra (vi ricorda qualcuno?), criticando qua e là (peraltro ingenuamente) scrittori e poeti "non allineati", ed esaltando in continuazione questo immane sforzo collettivo che a dir suo trova il compimento nell'azione politica del partito che occupò il potere nel '22 (p. 51). E così, tacciando di retorica sia l'esaltazione dell'eroe a tutti i costi sia chi parla della "puzza di cadaveri" e dell'"inumano macello" (p. 26; non si capisce in che altri termini si possano definire i 650000 morti italiani) non si avvede che scivola nella retorica lui stesso. Chi di retorica ferisce...

Ecco, l'intento smaccatamente politico del libro, i passi imbarazzanti come la gerarchia che rende liberi e non servi (p. 24; si noti la parola gerarchia, non disciplina o altro...) o gli svarioni come l'onorata morte al fronte (p. 33) di Umberto Boccioni, che in realtà cadde da cavallo durante un'esercitazione, testimoniano che forse questo libro va visto non come un'antologia della letteratura di guerra, ma bensì come una rivisitazione del regime fascista della letteratura di guerra. Non è differenza da poco. Ma è una rivisitazione che merita lettura ed attenzione.

giovedì 9 gennaio 2020

Ristorante Polisena

Gnocchi alla zucca e castagne
Quaglia con salsa di menta e liquirizia
Pecora bergamasca (con polenta)
Ganache al cioccolato e mela al Calvados
Fondente di cioccolato e crema
Via Ca' di Maggio 333, Pontida loc. Riviera (BG)

Vale davvero la pena di salire la strada un po' tortuosa che si stacca dalla SP342 e porta a questo ristorante sulle colline sopra la Val S. Martino ed il paese di Pontida. La struttura è un agriturismo biologico con attività vitivinicola a cui si affiancano ospitalità e ristorante. Al piano terra, a parte la veranda esterna che è poco praticabile in questa stagione, troviamo due salette e una sala più grande: ci accomodiamo nella saletta più piccola, con belle volte in mattoni e qualche pupazzo di troppo sul muro in fondo. Iniziamo così-così: anche qui, come ormai nella gran parte dei ristoranti, pare sia impossibile trovare dei bicchieri dell'acqua semplici e senza pretese, come quelli che ognuno di noi ha in casa. Al loro posto, calici striati di dubbio gusto che c'entrano poco o nulla con tutto il resto.
Il nostro umore comincia a cambiare per il meglio dopo un bicchiere ed un amuse-bouche di benvenuto, quando diamo un'occhiata alla carta. Cinque-sei primi ed altrettanti secondi a spiccato carattere locale (senza rinunciare a qualche scelta di lago), rivisitati con attenzione dallo chef Ezio Gritti, che avevo già incontrato con soddisfazione anni fa all'Osteria di via Solata. Le materie prime vengono da agricoltura e allevamenti biologici di ottima qualità. Buono il pane (e i grissini) fatti in casa.
Iniziamo una volta tanto con una selezione di salumi con verdure agrodolci su cui spiccano lardo e prosciutto crudo, per passare poi agli gnocchi di patate alla zucca e castagne su guazzetto di pesci di lago che sono davvero ottimi ed appartengono a quella categoria di piatti di cui si rimpiange solo la quantità (su questo in effetti siamo un pochino carenti).
Per il secondo mi affido ad un piatto con petto e coscia di quaglia con salsa alla menta e liquirizia che ho trovato davvero strepitoso: per me, che amo soprattutto i primi, è uno dei rari casi in cui un secondo piatto è migliore del primo! Anche qui si rinnova la sensazione che qualcosa in più nel piatto si potrebbe mettere senza rovinare la qualità. Pure la pecora bergamasca riscuote un meritato successo, insieme alla polenta servita come contorno.
Siamo al dessert, per cui possiamo ripetere le considerazioni suddette. Molto buona la ganache di cioccolato e mela al Calvados, ed altrettanto il fondente di cioccolato e crema mou.
L'unica nota negativa della cena è purtroppo il vino. Mi lascio tentare dai prodotti dell'annessa azienda agricola Tosca, a me sconosciuta, chiedendo come al solito che il vino non faccia barrique. Ci viene proposto il Valcalepio riserva Dionigi Farina (che in realtà si affina in tonneaux). A noi risulta imbevibile: un marmellatone muscoloso di 15° che non ha nulla a che fare con il mio concetto di vino. Peccato. È certamente un posto dove ritornare per un pranzo o cena di qualità (e in genere la qualità ha il suo prezzo...), ma dove scegliere un vino diverso!

Il conto: intorno ai 110-120 euro per
1 antipasto
2 primi
2 secondi
2 dessert
2 caffè
1 bottiglia di acqua
1 bottiglia di vino (25€, se ricordo bene)