venerdì 28 febbraio 2020

Via del Mario

Sul 2° tiro.
Sul 3° tiro.
Teo sul 6° tiro.
Teo sul 7° tiro.
Tracciato della via (azzurro). In rosso la via
Di tutto un po'.
Cà del liscio - Valle del Sarca
Parete E


Accesso: da Arco si raggiunge Dro ed il parcheggio del centro sportivo in località Oltra (uscite dalla Statale a Dro, attraversate il fiume e proseguite fino all'indicazione - se venite da Sarche, seguite le indicazioni e uscite a destra dalla Statale prima del paese). Dal parcheggio si prende la strada forestale verso Arco per seguire poi l'indicazione per il sentiero delle cavre. In breve si prende una traccia a sinistra che costeggia la parete e la si segue, superando gli attacchi delle vie Rudania e Heli. Poco dopo (ometto) si prende una traccia sulla destra che conduce a delle corde fisse e alla base della placconata di attacco (scritta). A destra parte la via Di tutto un po'.
Relazione: via simile all'adiacente Di tutto un po', che sale la parete tra placche e muretti. Arrampicata sempre piacevole, intervallata però da un paio di dure sequenze (che si risolvono in sane tirate di rinvii) che contrastano con il resto della via e rovinano la continuità. Le protezioni sono sempre buone; portare solo rinvii.
1° tiro: salire i primi gradoni e proseguire per placca fino alla sosta. 30 m, 4a; due fix, un cordone in clessidra. Sosta su due fix (uno con anello) e cordone.
2° tiro: salire verso destra fino ad una sporgenza orizzontale, spostarsi sul suo lato sinistro e salire alla sosta. 25 m, 5c; tre fix, due cordoni in clessidre, un chiodo. Sosta su due fix (uno con anello) e cordone.
3° tiro: salire verso destra e proseguire dritti fino ad uscire dalla placconata; continuare su rocce un po' dubbie fino alla sosta. Il traverso è inizialmente facile; poi sono necessari alcuni passi in A0 (o anche una staffata su cordino se volete fare meno fatica). 30 m; 5c, A0; sette fix, due chiodi. Sosta su due fix con anello e cordone.
4° tiro: seguire una rampa verso destra, continuare in placca fino alla pianta e salire alla sosta. 40 m, 5c (passo); tre fix, quattro cordoni in clessidra, un chiodo. Sosta su due fix (uno con anello) e cordone.
5° tiro: salire tenendo la destra, puntando alla parete rossastra e sostando alla base. 30 m, 4a; un fix un cordone in clessidra, un cordone su sasso incastrato. Sosta su due fix (uno con anello) e cordone.
6° tiro: salire a destra della sosta e proseguire per un diedro fin sotto il tetto. 15 m, 5a; tre fix. Sosta su due fix (uno con anello).
7° tiro: traversare a sinistra sotto il tetto (stare bassi all'inizio) fino alla sosta. 25 m, 6a+; sei fix. Sosta su due fix (uno con anello) e cordone. Tiro molto bello.
8° tiro: salire il bel muretto a sinistra della sosta. 35 m, 6a+ (un passo); nove fix, un chiodo. Sosta su due fix (uno con anello) e cordone.
9° tiro: spostarsi brevemente a sinistra fino alla sosta. 10 m, I, un cordone in clessidra. Sosta su due fix con anello. Attenzione a non proseguire oltre la sosta.
10° tiro: salire la pancia tirando due o tre rinvii, uscire a destra e proseguire dritti e poi a sinistra fino alla sosta. 30 m; A0, 6a; dieci fix, un chiodo. Sosta su due fix (uno con anello) e cordone.
11° tiro: salire a sinistra della sosta, superando un muretto finale. 30 m, 4c, un cordone su pianta. Sosta su cordoni su pianta.
Discesa: alzarsi brevemente a destra (viso a monte) della sosta fino ad una traccia che si segue verso destra e che conduce al sentiero delle cavre, che riporta in breve al punto di partenza.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

giovedì 27 febbraio 2020

Chianti classico DOCG Riserva 2010 Castellinuzza e Piuca

Torno dopo lungo tempo a dedicare un post ad un "consiglio" enologico. Non che nel frattempo abbia centellinato le mie degustazioni, non che nel frattempo non vi sia stata, tra di esse, qualche bottiglia degna di menzione; semplicemente, le tracce si sono perse qua e là. Questo "ritorno", però, è davvero notevole: l'azienda agricola (e agriturismo) Castellinuzza e Piuca è tra le poche della zona del Chianti che produce ancora il vino "di una volta", nel senso migliore del termine, senza aggiunte varietali bizzarre. Anche perché qui, nei colli fiorentini, nella zona di Lamole, non se ne dovrebbe sentire il bisogno.
Era il lontano 2014 quando, nel corso di un breve tour toscano insieme a Salvo, alla caccia del Chianti "vero", prendemmo la stradina che porta a questa azienda agricola, per assaggiare (e acquistare) i loro prodotti e, perché no, far due piacevoli chiacchiere. Qui la vinificazione è tradizionale; il loro Chianti classico affina in vasche di cemento, il Riserva vi fa la vinificazione, per poi passare in barriques per fortuna usate (vabbè, nessuno è perfetto...) e finire l'affinamento in bottiglia.
Come tanti altri suoi fratelli, questo Chianti è rimasto lì ad aspettare l'occasione "buona", sfiorendo un po'. Aperto dopo troppi anni e lasciatogli il tempo di prendere aria, si osserva un colore che ormai tende al granato del rimpianto e si avvertono ancora le note di frutti rossi, ciliegia, ribes.
Al gusto, la prima sensazione positiva è l'assenza del legno. Gli anni ci sono, ma il vino tiene! Note minerali accanto ai frutti, purtroppo un po' appassite per l'età. Ancora buona la struttura, ammorbiditi i tannini, e tanto rimpianto per non averlo bevuto prima. In cantina c'è anche un 2011 che a questo punto sarà bene stappare al più presto...

mercoledì 26 febbraio 2020

Trattoria Capelli

L'interno del locale
Misto di salumi tipici.
Il "quater" di tortelli.
Cinghiale alla cacciatora.
Zabaione cotto con visciole.
Via Fossola 78
Rivalta, fraz. di Lesignano de' Bagni (PR)


La piccola strada si attorciglia lungo le colline e ci conduce al borgo di Rivalta. È buio, il navigatore c'intima di fermarci... ma la trattoria dov'è? Bisogna attraversare la corte (c'è un'indicazione all'ingresso) e salire le scale per varcarne la soglia. Ambiente piacevolmente rustico, dove non mancano i soliti tremendi calici colorati per l'acqua. Menù rigorosamente emiliano, con una buona scelta di portate legate al territorio, da trattoria che vuole restare sè stessa senza spacciarsi per ciò che non è.
Tra gli antipasti spicca il prosciutto di salame nero, ma noi optiamo per un più popolare misto di salumi tipici, che comprende prosciutto, salame, gola e una buonissima culaccia. Porzioni generose, da trattoria verace.
I primi ruotano attorno alla pasta (fatta in casa), tra tortelli, tagliatelle, anolini e gnocchi. C'è anche la possibilità di combinare due o tre piatti, e io ne approfitto al volo scegliendo... quattro tipi di tortelli: verdi, alla zucca, alle erbette e alle patate. Tutti buonissimi e cotti al punto giusto, con un ripieno sostanzioso. Non dico che la cena potrebbe finire qui, ma quasi...
Nella lista dei secondi figurano "le cacciatore", specialità della casa: coniglio, galletto, cinghiale, capriolo, lepre... ancora un'ottima scelta. Mi precipito sul cinghiale con polenta: carne cotta a puntino, ma un po' sommersa dal saporitissimo sugo (siamo in Emilia...) che ne offusca il sapore. Il piatto - di cui c'è nuovamente da rimarcare la generosità - sparisce comunque in un attimo, insieme alla polenta cui si accompagna. Devo dire però che la polenta con tartufo nero non riscuote affatto i favori della mia compagna.
Siamo ai dolci. Anche qui, una buona scelta tra proposte legate al territorio: zuppa inglese, crostate e tiramisù. Prendo uno zabaione cotto con le visciole che conclude degnamente la scorpacciata.
La cantina è ben fornita, con un occhio di riguardo ai vini emiliani. Nella lista figura qualche mezza bottiglia, tra cui pesco un onesto Gutturnio di Tollara. E qui devo raccontare l'unico neo della serata: l'oste apre la bottiglia ed il vino spumeggiante si riversa sulla tovaglia, per fortuna senza lambirci. Non ci viene chiesto se vogliamo cambiare tavolo (ce ne sono di liberi), non viene nemmeno cambiata la tovaglia (i piatti devono ancora arrivare): si stende un panno sopra la macchia, e via. A fine cena, nemmeno un gesto simbolico tipo offrire un caffè o un amaro: un po' più di affabilità non avrebbe stonato, perché tra il non essere formali ed il non essere professionali c'è una bella differenza. Speriamo sia stato solo un caso sfortunato che non si ripeterà...

Il conto: 82€ per
1 antipasto
2 primi
2 secondi
1 dolce
2 caffè
mezza bottiglia di vino (7€)
2 bottiglie di acqua

venerdì 14 febbraio 2020

Via del vecio + Spigolone

Sul viscido primo tiro.
Anna sul 4° tiro.
Sul 5° tiro.
Sul 7° tiro.
Anna sull'8° tiro...
e sul 1° tiro dello Spigolone.
Sul 2° tiro dello Spigolone.
Val Borlezza - Corno Mailino
Parete SO

Accesso (via del vecio): si giunge al paese di Sovere e, se si proviene dalla SS42, si sale alla frazione di Piazza. Subito dopo un ponte su un torrente, appena prima di entrare nella frazione, si lascia l'auto in un parcheggio sulla destra. Si prende la via S. Lucia e si continua dritti, ignorando le deviazioni che salgono a destra o scendono a sinistra, fino al termine della strada, in corrispondenza di un'abitazione. Qui parte una mulattiera che si segue fino ad un bivio con cartelli indicatori con i nomi delle numerose vie. Si sale a destra (ometti e fascette di plastica su rami) fino alla parete dove attacca la via (scritta).
Relazione (via del vecio): via adatta alle giornate di tempo assai incerto, in cui conviene fare qualcosa di rapido e non impegnativo. La via è un po' discontinua e procede tra la vegetazione, ma non manca un tiro molto bello e qualche tratto divertente. Protezioni buone con cordoni e qualche fix; inutili i friend. Portare - se proprio volete esagerare - qualche cordino per le clessidre ed i numerosi arbusti. Roccia buona, ma viscida e spesso umida sul primo tiro, che avrebbe bisogno di una ripulita.
1° tiro: partenza su breve strapiombino con buone prese, poi spostamento a destra a prendere un appoggio cementato che permette di allungarsi fino ad una presa in fessura su cui ci si issa, uscendo in sosta su terreno facile. 20 m; V, 6a (passo), IV+; un fix, cinque cordini in clessidra. Sosta su golfaro e cordone su pianta. La difficoltà del passo-chiave cambia notevolmente se la roccia è viscida o bagnata (cioè, praticamente sempre); in ogni caso, il passo si fa tranquillamente in A0.
2° tiro: a sinistra della sosta a salire per placche lavorate. 45 m, IV+; quattro cordini in clessidra, un cordino su pianta. Sosta su golfaro e cordone in clessidra.
3° tiro: continuare dritti fino alla parete soprastante (non salire verso sinistra). 15m, II. Sosta su cavo metallico su pianta.
4° tiro: salire ancora per placche lavorate, per spostarsi poi a sinistra fino ad una seconda placchetta oltre la quale le difficoltà calano. 30 m, IV+; un golfaro, un fix, un cordino su pianta, quattro cordini in clessidra. Sosta su golfaro e cavo metallico.
5° tiro: salire il muretto lavorato e rimontare una pancetta. Continuare per belle placche, dritti e poi a sinistra, ignorando la via sulla destra (cartello con indicazioni a metà tiro), fino a giungere alla cengia di sosta. 30 m; V, IV+; sei cordini in clessidra. Sosta su golfaro e cordino su pianta.
6° tiro: Seguire la traccia verso sinistra fino alla parete. 15 m, I (tiro concatenabile col precedente).
7° tiro: salire verso sinistra per poi tornare lievemente a destra e raggiungere la cengia. Un fix "obbliga" a superare un breve muretto prima della sosta. 30 m, IV+; tre cordini in clessidra, un fix. Sosta su fittone e cordone in clessidra.
8° tiro: salire appena a sinistra dello spigolo fino alla sommità e proseguire per facili rocce fino al termine. 35m, IV+; un fix, un cordone in clessidra. Sosta su cordone in clessidra.
Discesa: seguire la traccia a sinistra (indicazioni base). Noi abbiamo evitato una deviazione a sinistra (indicazione granploc) che forse è una scorciatoia, e presa una seconda, ampiamente segnalata da ometti. Il sentiero, costellato di pittoreschi sassi, riporta sulla traccia di partenza, con il fondo ampiamente arato dai numerosi decerebrati  che lo percorrono in motocicletta. Seguita verso sinistra, ci si porta al bivio per lo Spigolone e al percorso di andata.
Accesso (Spigolone): come sopra per la via del vecio ma, giunti al bivio con i nomi delle vie, si prosegue dritti fino ad un secondo bivio con l'indicazione spigolone (qui si giunge anche se venite dall'alto, come indicato sopra). Si sale lungo la traccia giungendo in breve al diedro di attacco della via.
Relazione (Spigolone): simile alla precedente, ma più breve e con un bel secondo tiro. Tutti i passi più impegnativi sono ottimamente protetti a fix e golfari, ma la chiodatura allunga un po' sui tratti più facili, restando tuttavia sufficiente portarsi solo rinvii.
1° tiro: salire il diedro e proseguire per facili rocce fino alla sosta. 30 m; 5a, III; un fix, due cordini in clessidra. Sosta su due golfari.
2° tiro: salire e spostarsi verso sinistra fino ad uno strapiombo. Spostarsi a sinistra e salire lungo la fessura-camino, uscendo in sosta. 25 m, 5c; tre golfari, un fix, due cordoni in clessidra, un cordone su pianta. Sosta su golfare e cordone su pianta. Bel tiro.
3° tiro: salire puntando ad un corto diedrino, salirlo e continuare fino alla sosta. 25 m, IV, tre cordini in clessidra. Sosta su un golfare.
4° tiro: salire la parete e continuare per placca e rocce lavorate. 30 m, V+ (passo); un fix, tre cordini in clessidra. Sosta su cordoni su pianta.
Discesa: seguire la traccia che immette sul sentiero di discesa (vedi sopra).

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

mercoledì 5 febbraio 2020

Trattoria Dentella


Cotechino con purè di castagne e mostarda di zucca.
Foiade ai porcini e finferli.
Coniglio al valcalepio.
Bocconcini di cervo in umido.
via Cav. Dentella 25
Bracca (BG)


Il sito web del locale recita: Da noi non ci arrivi per caso, ci vieni appositamente... ma ne varrà la pena! Ecco, la recensione potrebbe finire qui, con risparmio di tempo mio e vostro. La prima volta che misi piede da Dentella fu una decina d'anni fa, ma si potrebbe dire che poche cose sono cambiate. Certo non l'atmosfera, decisamente informale da "trattoria di paese", certo non lo spirito che anima il menù, che ruota attorno alla cucina bergamasca con poche divagazioni. E chi si ricorda se l'affettatrice Berkel che fa bella mostra di sé all'ingresso c'era già?
Due sale al piano terra e una terrazza coperta. I tavoli sono forse un po' ravvicinati, ma non ci si fa troppo caso. Ordinario il pane, con i grissini confezionati che stonano un po'. Menù piuttosto semplice, con tre o quattro proposte per portata, basato in gran parte su prodotti del territorio. Iniziamo dividendo un antipasto: un cotechino vaniglia con purè di castagne e mostarda di zucca. La vaniglia qui non c'entra, ed il nome si riferisce ad un tipo di cotechino particolarmente tenero. Infatti, si scioglie praticamente in bocca, accompagnato strepitosamente dal purè di castagne. Se mai vi è capitato di ingurgitare i cotechini industriali, tenete presente che non riuscirete più nemmeno a guardarli dopo aver assaggiato questo!
Come primo piatto scegliamo delle foiade ai porcini e finferli. Buoni i funghi, ma peccato che la "pasta asciutta" sia in realtà poco... asciutta ed il sapore ne risulti un po'... annacquato. In una visita ancora più recente ho assaggiato i canonici casoncelli, che sono buoni, ma non memorabili... forse perché sono serviti troppo affogati nel burro.
Siamo ai secondi: il coniglio al valcalepio e lardo è cucinato a puntino ed è praticamente obbligatorio finire di spolparne le ossa aiutandosi con le mani, come facevo alla casa materna alcuni decenni fa. Ma pure i bocconcini di cervo in umido al profumo di anice stellato non scherzano! Tenerissimi, si mangiano che è un piacere. Ottima la polenta che accompagna i piatti.
I dessert non reggono secondo me il confronto con il resto: la crostata di prugne ed il semifreddo ai tre cioccolati sono più che discreti, ma si fanno anche dimenticare presto. Meglio la crostata di mandorle e fichi assaggiata recentemente.
La cantina non è ricchissima, ma con una soddisfacente selezione di vini. Per fortuna ci sono anche un paio di mezze bottiglie che possono far contento anche chi si ritrova a dover bere in solitudine. E, per finire, è giusto sottolineare l'ottimo rapporto qualità/prezzo di questo locale.

Il conto: 77€ per
1 antipasto
2 primi
2 secondi
2 dessert
2 caffè
1 bottiglia di acqua
mezza bottiglia di vino