martedì 25 gennaio 2022

Riviera ligure di ponente DOC Rossese 2014 Anfossi

Dici Rossese e pensi subito a Dolceacqua. E invece no! O meglio, non solo: il Rossese si produce anche al di fuori dell'area attorno allo splendido comune della Val Nervia, allargandosi alle province di Imperia e Savona.
Tra i numerosi produttori si deve certamente menzionare Anfossi, azienda che opera dal 1919 vicino ad Albenga. L'azienda produce ortaggi, basilico, e vino, con una produzione annua di circa 70000 bottiglie. Pochi (quattro) i vini imbottigliati, il che va a mio parere a vantaggio di una focalizzazione sulla qualità. Tra essi, un unico vino rosso: questo.
Il vino nasce da uva Rossese in purezza ed affina in acciaio per sei mesi. Il colore è un rosso rubino, abbastanza chiaro. Aromi non particolarmente intensi, ma si percepisce la viola (non lo strumento musicale... a meno che non siate propensi ad un po' di sinestesia) e qualche frutto rosso. Al gusto si conferma un vino quotidiano nella sua accezione migliore: morbido, piacevole, con alcool ben calibrato e tutto sommato ben invecchiato (il vino, non l'alcool; cioè, non solo l'alcool). Il finale sfoggia il caratteristico sentore amarognolo del Rossese, che richiama subito alla mente i paesaggi del ponente, le colline a due passi dal mare, gli aromi che si incontrano appena ci si addentra nell'entroterra. E infine, altro punto da non sottovalutare, il buon prezzo di vendita.

Gradazione: 13°
Prezzo: 9€

lunedì 3 gennaio 2022

Pasto nudo

di William S. Burroughs
Adelphi, Milano, 2010 (1a ed. italiana Sugar, 1964)
Traduzione di Franca Cavagnoli

Ma la noia U.S.A. non ha eguali. Non si vede, non si sa da dove viene. Prendi una di quelle sale da cocktail in fondo a una via: ogni isolato ha il suo bar, il suo mercato e negozio di alcolici. Tu entri e lei ti stende. Ma da dove viene? Non il barista, non i clienti, non la plastica color crema che ricopre gli sgabelli davanti al banco, non la fioca luce al neon. Nemmeno la TV.
E poi alla noia ci si assuefa, così come ci si assuefa a dosi sempre maggiori di cocaina. La roba cominciava a scarseggiare. Eccoci dunque in 'sto buco di città a farci di sciroppo per la tosse. Per poi vomitarlo e andare avanti, sempre avanti, con il freddo vento primaverile che soffiava nella discarica intorno ai nostri corpi in astinenza, sudati e tremanti, e il freddo che sempre senti quando nel corpo non circola più la roba... avanti attraverso il paesaggio sbucciato, armadilli morti in mezzo alla strada, avvoltoi sopra la palude e ceppi di cipresso. Motel con pareti di compensato, riscaldamento a gas, sottili coperte rosa.
Forse il modo migliore per iniziare a parlare di questo libro è descriverne la genesi. Tutto nasce da una fuga in Messico (pare per evitare problemi a seguito di un traffico di droga) che l'autore compie con la moglie, Joan Vollmer, da noi sconosciuta, ma in realtà personaggio importante della beat generation. Il matrimonio non è propriamente tranquillo, tra alcool e droghe di cui entrambi fanno uso, e tendenze omosessuali di lui sempre più esplicite. Fatto sta che la sera del 6/9/51, ad un party, William le spara. La prima versione fornita è che i due stessero giocando a Guglielmo Tell, ma lui - ubriaco - sbaglia mira. Poi, cambia versione (te credo!!) e parla di un incidente. Fu condannato a due anni con la condizionale (la vicenda è raccontata ad esempio qui).
Negli anni successivi WB vive tra Messico, Europa e la Zona internazionale di Tangeri, dove, tra le allucinazioni della tossicodipendenza, scrive una serie di note che saranno poi "riordinate" e integrate, diventando Pasto nudo.
Riassumere la trama è alquanto problematico, sia perché parliamo (anche) di allucinazioni e di deliri, sia perché secondo l'autore i diversi episodi raccontati possono essere letti in qualunque ordine; tuttavia, almeno la parte iniziale è abbastanza chiara: io partirei dall'ultimo (!) episodio, hauser e o'brien (p. 212), due poliziotti che tentano di arrestare il protagonista (uno dei tanti), il quale riesce a fuggire (vi risparmio i dettagli per non rovinarvi la lettura). Ora torniamo all'inizio e leggiamo della fuga da NY verso il west e poi il Messico. I primi episodi sono quelli più lineari, e sono secondo me tra i migliori dal punto di vista dello stile della scrittura (ma bisogna almeno citare i due aneddoti alle pp. 135-140 in uomini e donne qualsiasi).
Da qui in poi (e siamo solo a p. 32) la linearità della trama cede via via il passo alla potenza evocativa delle visioni e della paranoia, frammentandosi in episodi. Dal Messico si passa a Terralibera e poi a Interzona, un luogo traboccante di depravazione, dipendenza, esperimenti sadici e oscure trame politiche, dove si concentrano tutte le paure e i tabù dell'America (e non solo) di quegli anni (e non solo): omosessualità e promiscuità, relazioni interrazziali, violenza/tortura, sacrilegi, sinistri esperimenti "scientifici", il tutto inframmezzato da umorismo (nero) e tratti paradossali (la gara di degradazione, l'uomo vestito da pene ambulante, etc.).

In questi episodi si possono identificare alcuni temi ricorrenti: uno è certamente quello del controllo, esercitato tramite droga, soldi, sesso, su su fino alla burocrazia peggio-che-kafkiana del sistema totalitario di Annexia (p. 33), alle pratiche mediche di ricondizionamento del dott. Benway e al Congresso internazionale di psichiatria tecnologica (p. 112) dove si presenta l'uomo "deansiogenizzato", ovvero lobotomizzato. Più e oltre che una parodia critica dei sistemi totalitari e una visione paranoica dell'apparato statale (che prenderà piede tra i postmoderni), mi pare che l'ossessione di WB sia rivolta ai potenziali condizionamenti che la tecnologia può operare sul cervello (ricordiamo che in quegli anni si sviluppano i primi mainframe computer): nella Conferenza nazionale di Elettronica di Chicago (p. 164) un oratore dice (tra la felicità dei somari che oggi blaterano sui microchip sottocutanei):
Poco dopo la nascita un chirurgo potrebbe installare delle connessioni nel cervello. Si potrebbe inserire un radioricevitore in miniatura in modo che i trasmettitori controllati dallo Stato possano controllarlo a loro volta. [...] Come vedete il controllo non può mai essere un mezzo per perseguire un fine pratico... non può mai essere un mezzo per perseguire qualcosa che non sia un controllo maggiore... come la droga.
Accanto alla tecnologia ci sono ovviamente le leggi, le religioni (tutte ridicolizzate in diversi passaggi sacrilegi), le istituzioni, la burocrazia (assimilata al cancro). Da notare en passant come la distopia tecnologica non vieti a Burroughs di intravedere qualcosa (p. 70): Tra un po' le operazioni si faranno col telecomando su pazienti che non vedremo nemmeno... non faremo altro che premere bottoni, e, in tutt'altro ambito, assai poco politicamente corretto, la Islam Inc. (p. 152) dove i martiri nazionalisti con le granate su per il culo si frammescolano ai convenuti e di colpo esplodono causando ingenti perdite di vite umane.

Un secondo tema è quello del male, stigmatizzato dalle scene di violenza, mutilazione, linciaggio, malattia, putrefazione, ripetute alla noia (viene in mente De Sade). Se non vogliamo fermarci all'intenzione deliberata dell'autore di urtare qualunque lettore (che pure esiste), se vogliamo trovare un significato allegorico (ma non tutti sono d'accordo), possiamo rifarci all'interpretazione data a questi passaggi sin dagli anni del processo per oscenità, che nasce da quanto dice l'autore riguardo al titolo (p. 239): pasto NUDO - l'istante, raggelato, in cui si vede quello che c'è sulla punta della forchetta, ovvero il momento "della verità", in cui ci rendiamo conto di ciò che accade nel nostro mondo, di come funziona la nostra società. WB ripete ossessivamente queste scene ispirando disgusto e repulsione; repulsione per le scene, ma soprattutto per l'oscenità del mondo reale (alla quale, ad essere pignoli, lo stesso WB non era del tutto estraneo, visto che raccontava l'omicidio della moglie come "necessario" alla sua nascita come scrittore, ma su questo ci sarebbe molto da dire). Certo, leggere la "battuta" a p. 181 su quelli che danno fuoco ad un nero e non pagano la benzina è rivoltante, ma è così diverso da quello che è successo a Emmett Till e tanti altri? E mettere la sedia elettrica in un museo della prigione o venderne modellini da costruire (accade veramente, ma mi rifiuto di indicare i link!) non è altrettanto schifoso, roba che non sarebbe venuta in mente nemmeno a Burroughs? Impossibile o quasi citare dei brani senza essere censurati; limitiamoci a questo, nel finale (p. 226):
I senatori balzano in piedi e invocano berciando la Pena di Morte con l'inflessibile autorità della fregola virale... morte per i tossicomani, morte per i froci (intendo i maniaci del sesso), morte per lo psicopatico che offende la carne intimidita [...] La manica a vento nera della morte ondeggia sulla terra, sentendo, annusando il crimine della vita separata, motori della carne raggelata dalla paura tremano sotto un'ampia curva di probabilità...
Le parti che dopo 50 anni appaiono meno problematiche sono quelle relative al sesso, escluso quando (spesso...) si colora di sadismo, e dove traspare un bel po' di misoginia. Vale però la pena di spendere due parole sulle aggiunte al testo: la lucida Testimonianza di una malattia (scritta in occasione della prima edizione americana nel 1962) e la Lettera di un supertossicomane da droghe pericolose (scritta negli anni di Tangeri), forse aggiunti per tentare di evitare la censura. Ci sono poi le Riflessioni su una deposizione (1991), dove il significato del libro cambia ancora, dall'abuso di stupefacenti all'uso della guerra alla droga da parte dei governi per reprimere gli individui (p. 253):
Ora l'isteria antidroga si è diffusa in tutto il mondo e rappresenta ovunque una minaccia mortale per le libertà personali e per la corretta applicazione delle garanzie di legge.
Comunque la si voglia vedere, io leggerei queste parti prima della parte testuale del libro, a mo' di introduzione. E, per finire, un commento al volo (ma ci sarebbe da parlarne a lungo) sulla versione cinematografica di David Cronenberg del 1991, che in realtà non è e non vuole essere un (impossibile) adattamento del libro, ma una riflessione sulla sua genesi, o sulla genesi dell'opera d'arte in generale, con elementi biografici di WB (l'omicidio della moglie, anche qui letto in chiave discutibile di affermazione artistica), parti tratte da altri lavori e lettere, e un notevole contributo originale del regista (ad es., tutta la parte sulla mutazione delle macchine da scrivere). Peccato solo per il pupazzone che rappresenta il Mugwump (il Moscibecco in questa traduzione italiana), che ha ben poco a che vedere con le allucinazioni del libro.

sabato 1 gennaio 2022

Treni 2218 e 2275 (Bergamo-Milano Lambrate): ritardi novembre-dicembre 2021 e riassunto annuale

Fig. 1: distribuzioni cumulative dei ritardi per il treno 2218 delle 8:02
nei bimestri novembre-dicembre dal 2015 al 2021.
Fig. 2: andamento mensile dei ritardi per il treno 2218 (8:02).
Fig. 3: come in Fig. 1, ma per il treno 2275 delle 17:41.
Fig. 4: come in Fig. 2, ma per il treno 2275 delle 17:41.
Bimestre novembre-dicembre 2021:

La "notizia del bimestre", anzi dell'anno, stavolta la do io, anticipando quanto andremo a vedere: rullo di tamburi... attenzione, attenzione... ce l'abbiamo... anzi, ce l'hanno fatta: è stato superato il muro delle cinquanta ore di ritardo annue!! Lo so che tutti pensavamo che sarebbe stato difficile fare peggio del 2020, che era peggio del 2019, e invece... l'accoppiata Trenord/Rfi non ci ha deluso e ha chiuso l'anno in... enorme ritardo!

Che le cose non andassero proprio secondo l'orario scritto per quei creduloni di pendolari lo si vede già dal mattino: la Fig. 1 dice chiaramente che il 2218 si è comportato allo stesso modo che nel 2018, dove però i ritardi erano dovuti (così ci dicevano...) all'incidente di Pioltello; sarebbe interessante sapere quale incidente sia successo quest'anno. Riassumiamo: puntualità al 6% (SEI!!), ritardo entro 5' per il 17% (quasi un treno su sei, gli altri fanno peggio), massimo ritardo di 31'.
La pessima aria che tira la si vede in Fig. 2, dove è riportato l'andamento mensile: netto peggioramento di tutti gli indicatori (che già non erano brillantissimi) negli ultimi quattro mesi, con ritardo medio che arriva a 12 (DODICI) minuti a dicembre, ovvero il 32% del tempo di percorrenza nominale!

Voi mi direte: "Ma di sicuro il treno del pomeriggio ha fatto meglio!" "Sì, 'sto cXXXo!!" vi risponderei, additandovi malinconicamente la Fig. 3. Qui addirittura si riesce a fare peggio del 2018 più di una volta su tre, arrivando ad una puntualità del 6% pure qui, che sale al 43% entro 5' di ritardo. Massimo ritardo di ben 41 (QUARANTUNO) minuti; praticamente un raddoppio del tempo di percorrenza, che non ci sta nemmeno nella scala scelta per la figura.
Se guardiamo l'andamento mensile in Fig. 4 notiamo un'unica, magrissima, consolazione di questo desolante panorama è il non vedere in questo caso un deciso peggioramento, che però c'era già stato ad ottobre! Di fatto questo 2021 resta il peggior bimestre finale tra tutti quelli analizzati. Complimenti vivissimi!

Fig. 5: come Fig. 1, ma per tutti i 12 mesi.
Fig. 6: come Fig. 5, ma in scala lognormale.
Fig. 7: come Fig. 5, ma per il treno 2275 (17:41).
Fig. 8: come Fig. 7, ma in scala lognormale.
Fig. 9: ore di ritardo annue.
Riepilogo annuale:

Eccoci quindi giunti al fatidico momento di tirare le somme e di confrontare l'intero 2021 con i suoi predecessori. La Fig. 5 riporta la distribuzione cumulativa dei ritardi del treno 2218, come al solito su "scala normale". Si vede subito che l'anno è stato il peggiore con l'eccezione del 2018: puntualità al 6% (e dagli!), ritardo entro 5' per il 41% dei treni, ritardo massimo di 31 minuti.
Parentesi statistica: devo dire che questa rappresentazione mi ha sempre dato un po' fastidio, perché ovviamente una distribuzione normale non sembra tanto adatta per rappresentare i ritardi. Un altro approccio potrebbe essere quello di usare una distribuzione lognormale traslata, ottenendo la Fig. 6: direi che le distribuzioni sono ragionevolmente approssimabili con delle rette, a dimostrare che il modello funziona. Naturalmente le conclusioni sono le stesse della Fig. 5, visto che si tratta degli stessi dati in una diversa rappresentazione (e scala). Lo "studio" dell'andamento dei parametri della lognormale in funzione dell'anno lo rimando ad un'altra volta; mi limito a far presente che l'asse delle ascisse (i ritardi) è su scala logaritmica (traslata di 5' per evitare valori negativi)!
Guardiamo ora il 2275 (Fig. 7), iniziando con il classico approccio, ovvero su scala normale. Anche in questo caso si nota come l'anno 2021 si situi più a destra (quindi: male) rispetto alle altre curve, anche se la differenza appare meno marcata rispetto al 2218. Inoltre, si continua a notare un andamento a gradini, con dei "salti" separati tra loro nella regione di coda (problemi legati all'istradamento del treno?). Se infatti applichiamo anche qui l'approccio lognormale (Fig. 8), vediamo che l'accordo non è così buono come nel caso precedente, con le curve che si piegano dopo circa 5' di ritardo. Mi sa tanto che qui l'unico modo di spiegare i dati è il ricorrere a diverse distribuzioni (sempre che i ritardi di Trenord/Rfi siano "spiegabili"!).

E siamo giunti al gran finale, ovvero alla valutazione del ritardo totale accumulato durante l'anno: come preannunciato, e come si vede in Fig. 9, abbiamo infranto il muro delle cinquanta ore, con un aumento di poco meno di una decina di ore rispetto all'anno scorso! Si vede anche che l'importante traguardo che spinge questi treni della tratta Bergamo-Milano all'avanguardia del disservizio è dovuto ad un drastico peggioramento del treno 2218 del mattino (la giornata del pendolare si prefigura di m***a già alle 8:02). Al pomeriggio c'è stato un lievissimo miglioramento rispetto all'anno scorso, ma un peggioramento di quasi sei ore rispetto agli anni precedenti.

La domanda sorge spontanea: perché porsi dei limiti? Per il 2022 Trenord/Rfi possono puntare serenamente alle sessanta ore di ritardo; noi ci crediamo e siamo fiduciosi che con il duro lavoro ed impegno che contraddistingue questi treni, nessun ritardo sia impossibile. Impossibile è solo la puntualità!

Nota: i dati sono raccolti personalmente o da app Trenord. Per correttezza, bisogna specificare che i ritardi sopportati dai pendolari su questi due treni non sono indicativi dei ritardi complessivi, che sta ad altri raccogliere e rendere pubblici. Idem per i rimpalli di responsabilità tra Trenord, Rfi, e quant'altri. Qui si cita Trenord in quanto è ad essa che i poveri pendolari versano biglietti ed abbonamenti, e ai quali dovrebbe rispondere del servizio.