mercoledì 28 dicembre 2022

Treni 2218 e 2275 (Bergamo-Milano Lambrate): ritardi novembre-dicembre 2022 e riassunto annuale

Fig. 1: distribuzioni cumulative dei ritardi per il treno 2218 delle 8:02
nei bimestri novembre-dicembre dal 2015 al 2022.
Fig. 2: andamento mensile dei ritardi per il treno 2218 (8:02).
Fig. 3: come in Fig. 1, ma per il treno 2275 delle 17:41.
Fig. 4: come in Fig. 2, ma per il treno 2275 delle 17:41.
Sarebbero tante le cose da dire in questo finale di anno, ma mi limito a segnalarvi l'ultima fotografia della situazione che trovate in questo articolo de L'Espresso, dove Trenord è definita incubo dei pendolari della Lombardia. Aggiungo solo che, a fronte delle prossime elezioni regionali, Moratti si è accorta che Trenord non funziona (ma negli anni precedenti dov'era?), mentre Fontana se ne sta zitto e conta come sempre sull'inesistente memoria dei pendolari. Di un modico interesse è anche questo riassunto di un'intervista a Piuri; ovviamente il DG si guarda bene dal sottolineare le inefficienze della società che gli paga lo stipendio, le eventuali domande del giornalista non sono pervenute, si insiste con le (sacrosante) carenze dell'infrastruttura (Rfi ha la sua parte di colpa, e non è poca), si ripete la storia del miglioramento (quale??) del servizio negli ultimi anni, e si finisce con una notizia interessante, per quanto ovvia: per ridurre i tempi di percorrenza bisognerebbe fare meno fermate! Siamo tutti d'accordo con Piuri; speriamo solo che non sia l'ennesima fesseria e che finalmente si buttino nel cestino le inutili fermate di Treviglio ovest e Pioltello. Vorrei solo aggiungere un timido commento: va benissimo ridurre i tempi di percorrenza, ma tutti i pendolari sarebbero già contentissimi se si riuscissero a rispettare quelli attuali! Altrimenti va a finire come al solito: cambia l'orario nominale, ma i tempi reali di percorrenza aumentano anziché diminuire.

Bimestre novembre-dicembre 2022:
Per mettere la situazione in prospettiva, iniziamo dall'ultimo bimestre, treno 2218: puntualità a zero (ZERO!) che sale al 23% entro 5'. Massimo ritardo pari a ben 42 minuti per guasto alla linea, al treno o a non si sa cosa. La Fig. 1 è impietosa: la distribuzione (grigia) del 2022 è tra le peggiori degli ultimi otto anni, con l'unico dato positivo del lievissimo miglioramento rispetto al 2021. Se andiamo a vedere la serie storica (Fig. 2) vediamo ormai consolidato il dato emerso nel 2021, con media e mediana costantemente al di sopra dei 5' di ritardo (fascia verde).
Come da consuetudine, molto peggio riesce a fare il 2275, che tocca un altro record negativo: peggior risultato degli ultimi otto anni (Fig. 3)! Puntualità al 3% e al 23% entro 5'; massimo ritardo pari a 49 minuti, anche qui per i soliti motivi legati a guasti alla linea o al treno. Da notare che in ben 5 occasioni il ritardo ha superato la mezz'ora; è evidente che il problema non è quello del numero di fermate!
La serie storica (Fig. 4) di questo maledetto treno continua ad evidenziare l'andamento frenetico del dato al 90%, quasi a suggerire che il ritardo è completamente casuale e può succedere qualunque cosa. Purtroppo, tutte le curve si impennano nella seconda metà del 2022, il che è un pessimo segnale per un treno già indecente di suo.

Fig. 5: Come Fig. 1, ma per tutti gli 11 mesi (no agosto), su
scala lognormale.
Fig. 6: Come Fig. 5, ma per il treno 2275.
Fig. 7: Ore di ritardo annue.
Riepilogo annuale:
E come tutti i fine-anno, eccoci alla sintesi annuale. Come inaugurato l'anno scorso, riporto i dati per gli 11 mesi (con l'esclusione di agosto) su scala lognormale traslata, in Fig. 5 per il treno 2218. A parte sottolineare ancora l'ottimo accordo dei dati con questo modello, e notare che la pendenza delle curve non sembra cambiare tantissimo da un anno all'altro (ci dedicherò un po' di tempo prima o poi), le consolazioni finiscono qui: fuori dall'ambito statistico, i dati annuali confermano un 2022 pessimo, superato solo dal 2018 che - come detto già cento volte - risentiva dell'incidente di Pioltello. Puntualità su scala annuale al 4%, e al 41% entro 5'. Massimo ritardo di ben 93 minuti (il 30/6); nuovo record!
Il dato del 2275 (Fig. 6) non sembra tornare benissimo, ma la parte sinistra potrebbe essere solo un artefatto della traslazione, che comunque non influenza la coda ad alti ritardi, che è la parte più importante. Anche qui, siamo messi male, con la sola eccezione del 2018. Puntualità al 14% e al 48% entro 5'; massimo ritardo di "soli" 76 minuti, il 14/7.
Il desolante risultato di tutto ciò è in Fig. 7. Un anno fa, dopo aver raggiunto le 50 ore di ritardo, scrivevo con ironia che si poteva puntare alle 60 ore. Bene, sono stato accontentato! Anzi, siamo arrivati ormai a 70! 20 ore in più dell'anno scorso, quasi una giornata intera di ritardo in più, e quasi 40 ore in più rispetto al 2016! Si vede anche che il peggioramento ha riguardato principalmente il treno 2275.
Se a questo punto a qualcuno potrebbe venire spontaneo coprire di insulti Trenord, Rfi e compagnia bella, e dubitare che sappiano fare il loro mestiere, si deve dire che purtroppo ciò non risolve il problema. Chiudo quindi con due domande: cosa è successo negli ultimi due anni che ha portato a 30 ore di ritardo in più? E inoltre, al di là dei proclami strombazzati di qua e di là, a Trenord e Rfi sono almeno coscienti del problema? Hanno una mezza idea di come affrontarlo o tirano a campare contando sui rinnovi automatici dei contratti?
Auguri a tutti noi per il 2023!


Nota: i dati sono raccolti personalmente o da app Trenord. Per correttezza, bisogna specificare che i ritardi sopportati dai pendolari su questi due treni non sono indicativi dei ritardi complessivi, che sta ad altri raccogliere e rendere pubblici. Idem per i rimpalli di responsabilità tra Trenord, Rfi, e quant'altri. Qui si cita spesso Trenord in quanto è ad essa che i poveri pendolari versano biglietti ed abbonamenti, e ai quali dovrebbe rispondere del servizio.

sabato 10 dicembre 2022

Cirò DOC rosso classico superiore 2019 Vigneti Vumbaca

Cirò è sicuramente la DOC più famosa della Calabria, e una delle più note a livello nazionale. Del resto, il suolo che si affaccia sullo Ionio e le colline retrostanti creano condizioni ideali per la vite, com'è noto sin dall'antichità greca. Agli antichi splendori segue una lunga decadenza, ed il Cirò accomuna il suo destino a tanti vini del sud, finendo relegato a vino da taglio, fino alla rinascita degli ultimi decenni: la DOC, prima della Calabria, è del 1969; da allora un numero sempre maggiore di produttori ha saputo sfruttare le potenzialità del territorio, producendo vini di qualità.
Una recente scoperta è la cantina Vigneti Vumbaca, che inizia la produzione nel 2019 convertendo la precedente azienda ad una conduzione biologica e che si concentra sui vitigni autoctoni come gaglioppo e magliocco, ma senza dimenticare vitigni forse meno noti come greco bianco e pecorello.
Il Cirò rosso nasce da uve gaglioppo in purezza, da viti di ben 45 anni di età, come recita la ricca etichetta. L'informazione non è secondaria: parliamo di viti vecchie, visto che l'età media dovrebbe essere intorno ai 25 anni. Gli esperti mi lapideranno, ma diciamo che in generale la vite vecchia fa... buon vino, perché produce meno grappoli, ma più ricchi. L'affinamento di 13 mesi in acciaio fa il resto.
Per me, che dimentico più che volentieri le bottiglie in cantina e le ripesco dopo più o meno congruo invecchiamento, un Cirò di tre anni è... ancora nella culla! Ed infatti, il colore è un bel rubino lucente, quasi trasparente. All'olfatto il vino si presenta con frutti rossi, ciliegie, note speziate e sentori vegetali; piuttosto ricco e complesso. All'assaggio si alzano subito i tannini a suggerirmi che qualche anno in più passato in bottiglia avrebbe regalato delle sorprese interessanti. Ma anche così il bicchiere si rivela di buona struttura e persistenza, che va a chiudere ancora su delle note fruttate.

Un vino decisamente interessante, da riprovare assolutamente dopo un invecchiamento maggiore.

Gradazione: 13,5°
Prezzo: 12€

venerdì 9 dicembre 2022

Osteria de Borg

Il 1° piano.
Patacotc con goletta, patate e zucca.
Castrato alla brace.
Gratinati misti al forno.
Zuppa inglese.
Rimini
via Forzieri 12

Rimini non è solo le spiagge dell'Adriatico, che frequentavo più o meno mezzo secolo fa con allegra spensieratezza; la città, antica sede signorile, possiede numerosi tesori e merita assolutamente una visita, ovviamente lontano dal periodo estivo. E se, alla fine o durante la visita, venite colti da un certo appetito, dove andare? Tenetevi lontani dal lungomare e dirigetevi verso il Borgo San Giuliano, appena oltre il ponte di Tiberio. Il quartiere è molto interessante da visitare, pur con qualche inevitabile cedimento turistico, e vi potete trovare almeno un buon paio di indirizzi: se da Nud e crud si possono mangiare piadine e cassoni (con anche qualche piatto), a pochi passi vi aspetta l'Osteria del Borgo con la sua cucina romagnola.
Assai piacevole il locale, con vivaci tovaglioli colorati appesi e vecchi manifesti pubblicitari alle pareti. Tavoli semplici, apparecchiati con garbo, ma con il solito fastidioso dettaglio del bicchiere colorato per l'acqua. Ma noi siamo venuti per ben altro! La cucina è di terra, legata alla tradizione e con l'utilizzo di prodotti del territorio.
La lista è piuttosto ampia, con circa una decina di proposte per piatto. Saltiamo, un po' a malincuore, gli antipasti e passiamo subito ai primi piatti: ovviamente tagliatelle, passatelli e cappelletti, ma quello che cattura la nostra attenzione è il piatto di patacotc con goletta di Mora romagnola, patate e zucca. I patacotc sono una pasta tipica del dopoguerra, quella che si mangiava nelle feste, poi caduta nel dimenticatoio e recuperata in tempi recenti. Il condimento classico è la goletta (ovvero il guanciale) di Mora romagnola, una razza suina autoctona, accompagnato da prodotti stagionali. Non lasciatevelo sfuggire: è come mangiare la tradizione, e poco importa se non ha l'esuberanza di un piatto di tagliatelle!
I secondi piatti sono il regno di salsicce, brasati e costate, ma non posso non dirigermi verso il piatto più insolito, ovvero il castrato alla brace. Sapore ruvido, forte, piuttosto particolare... vabbè, però due pezzettini in più nel piatto ci potevano stare! Per non esagerare (!) con la carne, abbiamo anche assaggiato un piatto di gratinati misti al forno, un'alternativa vegetariana in questo fortino di carnivori.
La cantina ruota intorno alle proposte romagnole, con un'interessante selezione. Degno di nota anche il fatto che vi sia una piccola proposta di mezze bottiglie, su cui mi oriento essendo l'unico beone del tavolo. Scelgo un Sangiovese superiore Scabi 2019 dell'azienda agricola S. Valentino; un vino biologico vinificato in acciaio con bei sentori di frutti rossi e note speziate; unico piccolo neo i 14° che si fanno sentire.
E giungiamo così al dessert. Anche qui, la scelta non può che cadere sulla zuppa inglese, un classico della cucina emiliana. Non sazi, completiamo la cena con una porzione di etruschi, biscotti tipici romagnoli che ricordano i cantucci.

Il conto: 88 € per:
2 primi
1 secondo
1 contorno
3 dessert (ebbene sì)
mezza bottiglia di vino (12 €)
1 bottiglia di acqua
2 caffè

sabato 3 dicembre 2022

Riesling + Bonatti

Sul 1° tiro di Riesling.
Luca sul 1° tiro della Bonatti.
Federico sul 2° tiro della Bonatti.
E qui sul 3°.
Tracciato della via (verde). In rosso la via Malizia.
Bastionata del Resegone
Parete S


Riguardo la lista delle salite per controllare quando fossi già passato sulla Bonatti e leggo: 2011. Mi sento mancare... già undici anni, e per di più, senza alcuna fotografia; solo qualche vago ricordo. Tempo di tornare, quindi, in questo anno di pochissime vie, e di lasciare spazio ai "giovani"; anche perché la parete merita certamente più di una visita. Invero, i progetti originali erano più bellicosi, ma ci sarà tempo per realizzarli...
Accesso: sono possibili due itinerari, che partono dal piazzale della funivia dei piani d'Erna o da Erve. Arrivando dal capoluogo orobico, abbiamo optato per il secondo, che regala una salita decisamente più bella ed appagante del primo. Si raggiunge quindi il paesino di Erve (lungo la carrozzabile si ammira lo Spedone e si apprezza l'impresa di Ruchin) e si prosegue fino al termine della strada, dove c'è una piccola rotonda e si può parcheggiare nei dintorni (a pagamento nel periodo estivo). Si attraversa il fiume e si segue il sentiero n. 11, superando un agriturismo ed una baita (fontana). Poco dopo c'è un bivio: conviene prendere il sentiero di sinistra (Prà di Ratt), più ripido ma più rapido (scusate il calembour), che sale velocemente (decisamente sconsigliato in caso di pioggia) fino ad una cresta, per proseguire più dolcemente con bella vista e ricongiungersi con l'altro ramo. Da qui in breve alla Capanna alpinisti monzesi, da cui si ammira la parete di interesse.
Dalla Capanna si seguono le indicazioni per il Passo del Fo', da dove si prende una traccia verso destra che porta in poco tempo alla parete. Recentemente sono stati aggiunti dei dischetti rossi con i nomi delle vie, e l'identificazione è ora ovvia. Appena a sinistra di un avancorpo, appena a destra di Nuovi orizzonti, parte la via Riesling, che in due tiri conduce all'attacco della Bonatti . In tutto poco meno di un paio d'ore.
Relazione (Riesling): via piacevole, ma assai breve (due tiri), che serve in pratica per raggiungere la cengia, con un passo di difficoltà un po' più alta della vicina Nuovi orizzonti. Chiodatura ottima a fix; inutili le protezioni veloci.
1° tiro: salire lo zoccolo e proseguire in verticale su roccia nerastra. 25 m, 5c, sei fix. Sosta arrugginita su due fix con catena ed anello di calata.
2° tiro: salire fino ad un passo non banale a superare una placchetta e continuare uscendo sulla destra. 20 m, 6a+ (passo), otto fix. Sosta su due fix con catena ed anello di calata. Se proseguite per la Bonatti, valutate di spostarvi direttamente alla sosta più a destra, allungando la protezione d'angolo.
Relazione (Bonatti): la via più frequentata della parete, che segue i punti deboli zigzagando qua e là. Negli anni la via è stata richiodata, aggiungendo qualche fix, ed oggi il primo tiro è sostanzialmente una via sportiva, mentre gli altri due mantengono una connotazione classica, con chiodatura abbondante. Per questo motivo, le protezioni veloci sono sostanzialmente superflue. Tutte le soste sono su due fix con catena ed anello di calata.
1° tiro: se non vi si è già, raggiungere la sosta appena a destra di quella di Riesling e salire in verticale per spostarsi subito a destra e continuare. Portarsi poi un poco a sinistra per proseguire dritti per una fessura fino ad una cengia (sosta possibile), dalla quale ci si sposta a sinistra fino alla sosta, dove la parete è meno compatta. 40 m, 5b; sei fix, otto chiodi.
2° tiro: salire in verticale e portarsi poi verso sinistra a prendere un diedrino che si risale fino alla sosta. 15 m; V+; sei chiodi, un fix.
3° tiro: salire dritti fino ad un accenno di cengia dove si traversa a destra (un tratto può restare bagnato dopo piogge) per poi salire e piegare verso sinistra su rocce più facili. Non fermarsi ad una vecchia sosta in alto, in un canale, ma portarsi a sinistra ad una sosta attrezzata. 35 m, V+, IV+, III; sette chiodi, due fix.
Discesa: in corda doppia lungo la via (o la vicina Nuovi orizzonti), con due calate. Si può scendere direttamente alla cengia dove inizia la Bonatti con una calata da 60 m, e da lì a terra, oppure fermarsi alla sosta precedente e scendere poi a terra con una calata di circa 60 m. Ovviamente, se non avete mezze corde da 60 m vi serviranno tre calate.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.