mercoledì 28 dicembre 2022

Treni 2218 e 2275 (Bergamo-Milano Lambrate): ritardi novembre-dicembre 2022 e riassunto annuale

Fig. 1: distribuzioni cumulative dei ritardi per il treno 2218 delle 8:02
nei bimestri novembre-dicembre dal 2015 al 2022.
Fig. 2: andamento mensile dei ritardi per il treno 2218 (8:02).
Fig. 3: come in Fig. 1, ma per il treno 2275 delle 17:41.
Fig. 4: come in Fig. 2, ma per il treno 2275 delle 17:41.
Sarebbero tante le cose da dire in questo finale di anno, ma mi limito a segnalarvi l'ultima fotografia della situazione che trovate in questo articolo de L'Espresso, dove Trenord è definita incubo dei pendolari della Lombardia. Aggiungo solo che, a fronte delle prossime elezioni regionali, Moratti si è accorta che Trenord non funziona (ma negli anni precedenti dov'era?), mentre Fontana se ne sta zitto e conta come sempre sull'inesistente memoria dei pendolari. Di un modico interesse è anche questo riassunto di un'intervista a Piuri; ovviamente il DG si guarda bene dal sottolineare le inefficienze della società che gli paga lo stipendio, le eventuali domande del giornalista non sono pervenute, si insiste con le (sacrosante) carenze dell'infrastruttura (Rfi ha la sua parte di colpa, e non è poca), si ripete la storia del miglioramento (quale??) del servizio negli ultimi anni, e si finisce con una notizia interessante, per quanto ovvia: per ridurre i tempi di percorrenza bisognerebbe fare meno fermate! Siamo tutti d'accordo con Piuri; speriamo solo che non sia l'ennesima fesseria e che finalmente si buttino nel cestino le inutili fermate di Treviglio ovest e Pioltello. Vorrei solo aggiungere un timido commento: va benissimo ridurre i tempi di percorrenza, ma tutti i pendolari sarebbero già contentissimi se si riuscissero a rispettare quelli attuali! Altrimenti va a finire come al solito: cambia l'orario nominale, ma i tempi reali di percorrenza aumentano anziché diminuire.

Bimestre novembre-dicembre 2022:
Per mettere la situazione in prospettiva, iniziamo dall'ultimo bimestre, treno 2218: puntualità a zero (ZERO!) che sale al 23% entro 5'. Massimo ritardo pari a ben 42 minuti per guasto alla linea, al treno o a non si sa cosa. La Fig. 1 è impietosa: la distribuzione (grigia) del 2022 è tra le peggiori degli ultimi otto anni, con l'unico dato positivo del lievissimo miglioramento rispetto al 2021. Se andiamo a vedere la serie storica (Fig. 2) vediamo ormai consolidato il dato emerso nel 2021, con media e mediana costantemente al di sopra dei 5' di ritardo (fascia verde).
Come da consuetudine, molto peggio riesce a fare il 2275, che tocca un altro record negativo: peggior risultato degli ultimi otto anni (Fig. 3)! Puntualità al 3% e al 23% entro 5'; massimo ritardo pari a 49 minuti, anche qui per i soliti motivi legati a guasti alla linea o al treno. Da notare che in ben 5 occasioni il ritardo ha superato la mezz'ora; è evidente che il problema non è quello del numero di fermate!
La serie storica (Fig. 4) di questo maledetto treno continua ad evidenziare l'andamento frenetico del dato al 90%, quasi a suggerire che il ritardo è completamente casuale e può succedere qualunque cosa. Purtroppo, tutte le curve si impennano nella seconda metà del 2022, il che è un pessimo segnale per un treno già indecente di suo.

Fig. 5: Come Fig. 1, ma per tutti gli 11 mesi (no agosto), su
scala lognormale.
Fig. 6: Come Fig. 5, ma per il treno 2275.
Fig. 7: Ore di ritardo annue.
Riepilogo annuale:
E come tutti i fine-anno, eccoci alla sintesi annuale. Come inaugurato l'anno scorso, riporto i dati per gli 11 mesi (con l'esclusione di agosto) su scala lognormale traslata, in Fig. 5 per il treno 2218. A parte sottolineare ancora l'ottimo accordo dei dati con questo modello, e notare che la pendenza delle curve non sembra cambiare tantissimo da un anno all'altro (ci dedicherò un po' di tempo prima o poi), le consolazioni finiscono qui: fuori dall'ambito statistico, i dati annuali confermano un 2022 pessimo, superato solo dal 2018 che - come detto già cento volte - risentiva dell'incidente di Pioltello. Puntualità su scala annuale al 4%, e al 41% entro 5'. Massimo ritardo di ben 93 minuti (il 30/6); nuovo record!
Il dato del 2275 (Fig. 6) non sembra tornare benissimo, ma la parte sinistra potrebbe essere solo un artefatto della traslazione, che comunque non influenza la coda ad alti ritardi, che è la parte più importante. Anche qui, siamo messi male, con la sola eccezione del 2018. Puntualità al 14% e al 48% entro 5'; massimo ritardo di "soli" 76 minuti, il 14/7.
Il desolante risultato di tutto ciò è in Fig. 7. Un anno fa, dopo aver raggiunto le 50 ore di ritardo, scrivevo con ironia che si poteva puntare alle 60 ore. Bene, sono stato accontentato! Anzi, siamo arrivati ormai a 70! 20 ore in più dell'anno scorso, quasi una giornata intera di ritardo in più, e quasi 40 ore in più rispetto al 2016! Si vede anche che il peggioramento ha riguardato principalmente il treno 2275.
Se a questo punto a qualcuno potrebbe venire spontaneo coprire di insulti Trenord, Rfi e compagnia bella, e dubitare che sappiano fare il loro mestiere, si deve dire che purtroppo ciò non risolve il problema. Chiudo quindi con due domande: cosa è successo negli ultimi due anni che ha portato a 30 ore di ritardo in più? E inoltre, al di là dei proclami strombazzati di qua e di là, a Trenord e Rfi sono almeno coscienti del problema? Hanno una mezza idea di come affrontarlo o tirano a campare contando sui rinnovi automatici dei contratti?
Auguri a tutti noi per il 2023!


Nota: i dati sono raccolti personalmente o da app Trenord. Per correttezza, bisogna specificare che i ritardi sopportati dai pendolari su questi due treni non sono indicativi dei ritardi complessivi, che sta ad altri raccogliere e rendere pubblici. Idem per i rimpalli di responsabilità tra Trenord, Rfi, e quant'altri. Qui si cita spesso Trenord in quanto è ad essa che i poveri pendolari versano biglietti ed abbonamenti, e ai quali dovrebbe rispondere del servizio.

sabato 10 dicembre 2022

Cirò DOC rosso classico superiore 2019 Vigneti Vumbaca

Cirò è sicuramente la DOC più famosa della Calabria, e una delle più note a livello nazionale. Del resto, il suolo che si affaccia sullo Ionio e le colline retrostanti creano condizioni ideali per la vite, com'è noto sin dall'antichità greca. Agli antichi splendori segue una lunga decadenza, ed il Cirò accomuna il suo destino a tanti vini del sud, finendo relegato a vino da taglio, fino alla rinascita degli ultimi decenni: la DOC, prima della Calabria, è del 1969; da allora un numero sempre maggiore di produttori ha saputo sfruttare le potenzialità del territorio, producendo vini di qualità.
Una recente scoperta è la cantina Vigneti Vumbaca, che inizia la produzione nel 2019 convertendo la precedente azienda ad una conduzione biologica e che si concentra sui vitigni autoctoni come gaglioppo e magliocco, ma senza dimenticare vitigni forse meno noti come greco bianco e pecorello.
Il Cirò rosso nasce da uve gaglioppo in purezza, da viti di ben 45 anni di età, come recita la ricca etichetta. L'informazione non è secondaria: parliamo di viti vecchie, visto che l'età media dovrebbe essere intorno ai 25 anni. Gli esperti mi lapideranno, ma diciamo che in generale la vite vecchia fa... buon vino, perché produce meno grappoli, ma più ricchi. L'affinamento di 13 mesi in acciaio fa il resto.
Per me, che dimentico più che volentieri le bottiglie in cantina e le ripesco dopo più o meno congruo invecchiamento, un Cirò di tre anni è... ancora nella culla! Ed infatti, il colore è un bel rubino lucente, quasi trasparente. All'olfatto il vino si presenta con frutti rossi, ciliegie, note speziate e sentori vegetali; piuttosto ricco e complesso. All'assaggio si alzano subito i tannini a suggerirmi che qualche anno in più passato in bottiglia avrebbe regalato delle sorprese interessanti. Ma anche così il bicchiere si rivela di buona struttura e persistenza, che va a chiudere ancora su delle note fruttate.

Un vino decisamente interessante, da riprovare assolutamente dopo un invecchiamento maggiore.

Gradazione: 13,5°
Prezzo: 12€

venerdì 9 dicembre 2022

Osteria de Borg

Il 1° piano.
Patacotc con goletta, patate e zucca.
Castrato alla brace.
Gratinati misti al forno.
Zuppa inglese.
Rimini
via Forzieri 12

Rimini non è solo le spiagge dell'Adriatico, che frequentavo più o meno mezzo secolo fa con allegra spensieratezza; la città, antica sede signorile, possiede numerosi tesori e merita assolutamente una visita, ovviamente lontano dal periodo estivo. E se, alla fine o durante la visita, venite colti da un certo appetito, dove andare? Tenetevi lontani dal lungomare e dirigetevi verso il Borgo San Giuliano, appena oltre il ponte di Tiberio. Il quartiere è molto interessante da visitare, pur con qualche inevitabile cedimento turistico, e vi potete trovare almeno un buon paio di indirizzi: se da Nud e crud si possono mangiare piadine e cassoni (con anche qualche piatto), a pochi passi vi aspetta l'Osteria del Borgo con la sua cucina romagnola.
Assai piacevole il locale, con vivaci tovaglioli colorati appesi e vecchi manifesti pubblicitari alle pareti. Tavoli semplici, apparecchiati con garbo, ma con il solito fastidioso dettaglio del bicchiere colorato per l'acqua. Ma noi siamo venuti per ben altro! La cucina è di terra, legata alla tradizione e con l'utilizzo di prodotti del territorio.
La lista è piuttosto ampia, con circa una decina di proposte per piatto. Saltiamo, un po' a malincuore, gli antipasti e passiamo subito ai primi piatti: ovviamente tagliatelle, passatelli e cappelletti, ma quello che cattura la nostra attenzione è il piatto di patacotc con goletta di Mora romagnola, patate e zucca. I patacotc sono una pasta tipica del dopoguerra, quella che si mangiava nelle feste, poi caduta nel dimenticatoio e recuperata in tempi recenti. Il condimento classico è la goletta (ovvero il guanciale) di Mora romagnola, una razza suina autoctona, accompagnato da prodotti stagionali. Non lasciatevelo sfuggire: è come mangiare la tradizione, e poco importa se non ha l'esuberanza di un piatto di tagliatelle!
I secondi piatti sono il regno di salsicce, brasati e costate, ma non posso non dirigermi verso il piatto più insolito, ovvero il castrato alla brace. Sapore ruvido, forte, piuttosto particolare... vabbè, però due pezzettini in più nel piatto ci potevano stare! Per non esagerare (!) con la carne, abbiamo anche assaggiato un piatto di gratinati misti al forno, un'alternativa vegetariana in questo fortino di carnivori.
La cantina ruota intorno alle proposte romagnole, con un'interessante selezione. Degno di nota anche il fatto che vi sia una piccola proposta di mezze bottiglie, su cui mi oriento essendo l'unico beone del tavolo. Scelgo un Sangiovese superiore Scabi 2019 dell'azienda agricola S. Valentino; un vino biologico vinificato in acciaio con bei sentori di frutti rossi e note speziate; unico piccolo neo i 14° che si fanno sentire.
E giungiamo così al dessert. Anche qui, la scelta non può che cadere sulla zuppa inglese, un classico della cucina emiliana. Non sazi, completiamo la cena con una porzione di etruschi, biscotti tipici romagnoli che ricordano i cantucci.

Il conto: 88 € per:
2 primi
1 secondo
1 contorno
3 dessert (ebbene sì)
mezza bottiglia di vino (12 €)
1 bottiglia di acqua
2 caffè

sabato 3 dicembre 2022

Riesling + Bonatti

Sul 1° tiro di Riesling.
Luca sul 1° tiro della Bonatti.
Federico sul 2° tiro della Bonatti.
E qui sul 3°.
Tracciato della via (verde). In rosso la via Malizia.
Bastionata del Resegone
Parete S


Riguardo la lista delle salite per controllare quando fossi già passato sulla Bonatti e leggo: 2011. Mi sento mancare... già undici anni, e per di più, senza alcuna fotografia; solo qualche vago ricordo. Tempo di tornare, quindi, in questo anno di pochissime vie, e di lasciare spazio ai "giovani"; anche perché la parete merita certamente più di una visita. Invero, i progetti originali erano più bellicosi, ma ci sarà tempo per realizzarli...
Accesso: sono possibili due itinerari, che partono dal piazzale della funivia dei piani d'Erna o da Erve. Arrivando dal capoluogo orobico, abbiamo optato per il secondo, che regala una salita decisamente più bella ed appagante del primo. Si raggiunge quindi il paesino di Erve (lungo la carrozzabile si ammira lo Spedone e si apprezza l'impresa di Ruchin) e si prosegue fino al termine della strada, dove c'è una piccola rotonda e si può parcheggiare nei dintorni (a pagamento nel periodo estivo). Si attraversa il fiume e si segue il sentiero n. 11, superando un agriturismo ed una baita (fontana). Poco dopo c'è un bivio: conviene prendere il sentiero di sinistra (Prà di Ratt), più ripido ma più rapido (scusate il calembour), che sale velocemente (decisamente sconsigliato in caso di pioggia) fino ad una cresta, per proseguire più dolcemente con bella vista e ricongiungersi con l'altro ramo. Da qui in breve alla Capanna alpinisti monzesi, da cui si ammira la parete di interesse.
Dalla Capanna si seguono le indicazioni per il Passo del Fo', da dove si prende una traccia verso destra che porta in poco tempo alla parete. Recentemente sono stati aggiunti dei dischetti rossi con i nomi delle vie, e l'identificazione è ora ovvia. Appena a sinistra di un avancorpo, appena a destra di Nuovi orizzonti, parte la via Riesling, che in due tiri conduce all'attacco della Bonatti . In tutto poco meno di un paio d'ore.
Relazione (Riesling): via piacevole, ma assai breve (due tiri), che serve in pratica per raggiungere la cengia, con un passo di difficoltà un po' più alta della vicina Nuovi orizzonti. Chiodatura ottima a fix; inutili le protezioni veloci.
1° tiro: salire lo zoccolo e proseguire in verticale su roccia nerastra. 25 m, 5c, sei fix. Sosta arrugginita su due fix con catena ed anello di calata.
2° tiro: salire fino ad un passo non banale a superare una placchetta e continuare uscendo sulla destra. 20 m, 6a+ (passo), otto fix. Sosta su due fix con catena ed anello di calata. Se proseguite per la Bonatti, valutate di spostarvi direttamente alla sosta più a destra, allungando la protezione d'angolo.
Relazione (Bonatti): la via più frequentata della parete, che segue i punti deboli zigzagando qua e là. Negli anni la via è stata richiodata, aggiungendo qualche fix, ed oggi il primo tiro è sostanzialmente una via sportiva, mentre gli altri due mantengono una connotazione classica, con chiodatura abbondante. Per questo motivo, le protezioni veloci sono sostanzialmente superflue. Tutte le soste sono su due fix con catena ed anello di calata.
1° tiro: se non vi si è già, raggiungere la sosta appena a destra di quella di Riesling e salire in verticale per spostarsi subito a destra e continuare. Portarsi poi un poco a sinistra per proseguire dritti per una fessura fino ad una cengia (sosta possibile), dalla quale ci si sposta a sinistra fino alla sosta, dove la parete è meno compatta. 40 m, 5b; sei fix, otto chiodi.
2° tiro: salire in verticale e portarsi poi verso sinistra a prendere un diedrino che si risale fino alla sosta. 15 m; V+; sei chiodi, un fix.
3° tiro: salire dritti fino ad un accenno di cengia dove si traversa a destra (un tratto può restare bagnato dopo piogge) per poi salire e piegare verso sinistra su rocce più facili. Non fermarsi ad una vecchia sosta in alto, in un canale, ma portarsi a sinistra ad una sosta attrezzata. 35 m, V+, IV+, III; sette chiodi, due fix.
Discesa: in corda doppia lungo la via (o la vicina Nuovi orizzonti), con due calate. Si può scendere direttamente alla cengia dove inizia la Bonatti con una calata da 60 m, e da lì a terra, oppure fermarsi alla sosta precedente e scendere poi a terra con una calata di circa 60 m. Ovviamente, se non avete mezze corde da 60 m vi serviranno tre calate.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

lunedì 7 novembre 2022

Treni 2218 e 2275 (Bergamo-Milano Lambrate): ritardi settembre-ottobre 2022

Fig. 1: distribuzioni cumulative dei ritardi per il treno 2218 delle 8:02
nei bimestri settembre-ottobre dal 2015 al 2022.
Fig. 2: andamento mensile dei ritardi per il treno 2218 (8:02).
Fig. 3: come in Fig. 1, ma per il treno 2275 delle 17:41.
Fig. 4: come in Fig. 2, ma per il treno 2275 delle 17:41.
La nefandezza... pardon, notizia del bimestre è l'ennesimo rinnovo senza gara che questa sciagurata Regione vuole affidare a Trenord (che in parte controlla tramite FNM). Qui uno dei tanti commenti schifati che rende l'idea della situazione. C'è poi un'altra notizia: un convoglio di Trenord è partito in anticipo! La cosa ha già di per sé dell'incredibile; peccato solo che abbia lasciato a terra i viaggiatori, come si legge qui!

Se prima di procedere al rinnovo-farsa si volessero guardare alcuni numeri reali, tanto per avere un'idea dell'altissima qualità del servizio, si può considerare l'ultimo bimestre. Iniziamo dal 2218: puntualità al 2% (due!), e al 42% entro 5'. Massimo ritardo accumulato pari a 31', un record nel bimestre, mai toccato da quando raccolgo i dati! Se lo confrontiamo con gli analoghi periodi degli scorsi anni vediamo solo un lieve miglioramento rispetto al 2021; il resto è da dimenticare.

L'andamento mensile dei ritardi resta sui valori tipici di questo 2022, ovvero su valori penosi, anche peggiorati rispetto agli anni precedenti: ormai entro i 5' di ritardo non c'è più alcuna delle tre curve in esame.

La situazione non è migliore per il treno di rientro; anzi: non possiamo nemmeno dire che c'è stato un miglioramento rispetto al 2021. Qui è sempre peggio: puntualità al 16% e al 58% entro 5' di ritardo; ritardo massimo di ben 34'; non male, ma lontano dal record di sempre di ben 98' nel 2016! Si pensi però che nella settimana dal 12 al 16 settembre il treno è arrivato tra i 20 ed i 30 minuti di ritardo ben quattro giorni su cinque.

Lo "storico" dei ritardi evidenzia qui un andazzo preoccupante. Si guardi la linea azzurra (ritardo medio) nell'ultimo anno e mezzo: al netto delle fluttuazioni, è chiaro che il trend è crescente, ovvero che i ritardi di questo convoglio appaiono fuori controllo. E, visto che la mediana resta più o meno stabile, il problema sono i treni che accumulano "molto" ritardo. Come a dire: su dieci treni, cinque o sei arrivano sempre con lo stesso ritardo, ma i quattro peggiori fanno sempre più schifo! E questo lo vedete nella figura precedente, confrontando le distribuzioni del 2021 e 2022: le curve sono a spanne uguali fino a circa il 70%, poi quella del 2022 si sposta su ritardi più alti. Traduco: quando le cose vanno più o meno bene, non c'è problema; appena si verifica un inconveniente, buonanotte; non si è più in grado di rimediare.

Nota: i dati sono raccolti personalmente o da app Trenord. Per correttezza, bisogna specificare che i ritardi sopportati dai pendolari su questi due treni non sono indicativi dei ritardi complessivi, che sta ad altri raccogliere e rendere pubblici. Idem per i rimpalli di responsabilità tra Trenord, Rfi, e quant'altri. Qui si cita Trenord in quanto è ad essa che i poveri pendolari versano biglietti ed abbonamenti, e ai quali dovrebbe rispondere del servizio.

sabato 17 settembre 2022

Panzeri (o Nino Castelli)

Sul 2° tiro.
Anna sul 3° tiro.
Callisto sul 4° tiro, secoli fa...
La relazione sulla guida di Saglio del 1937.
Torrione Magnaghi Meridionale - Grignetta
Parete O


Nino Castelli, chi era costui? Secondo la guida delle Grigne di Saglio (p. 198) egli fu "campione di sci gloriosamente caduto nella grande guerra", sì da meritarsi la dedica della via dagli apritori. In realtà, come si legge su wikipedia, fu anche un rematore della Canottieri Lecco (come non pensare ad Erminio Dones, con cui infatti partecipò alle olimpiadi di Anversa del 1920?), nato tra il 1897 e il 1899 (i link riportano date diverse) e morto nel 1925 (un ricordo si può leggere sulla RM della SEL 1925, 6, p. 10 e su molti altri numeri successivi).  Anche se la morte fu conseguenza di quanto sofferto in guerra, resta la curiosità su chi abbia raccontato a Saglio della morte durante il conflitto, accorciando al povero Nino la vita di almeno sette anni. L'anno dopo la morte la SEL gli dedicava un rifugio ai piani di Artavaggio, oggi rifugio Sassi-Castelli. 
Accesso: da quando la strada che portava al rif. Porta è chiusa al traffico si parcheggia sul piazzale dei Piani Resinelli e si prende la via Carlo Mauri sulla destra (all'inizio del piazzale per chi sale da Ballabio) per svoltare subito dopo a sinistra. La strada sale ripida e termina in corrispondenza di un piccolo spiazzo. Da qui seguire la traccia che si stacca dalla sinistra della strada e che si unisce poi col sentiero n.7 della cresta Cermenati, che si sale fino a prendere a destra il sentiero n.3 per i Torrioni Magnaghi (indicazioni). Giunti al canalone Porta, al cospetto del gruppo, lo si risale (sentiero n.2), si oltrepassa la fiumana di gente in coda per salire il canalino Albertini e ci si porta alla spaccatura tra il Sigaro Dones ed il 1° Magnaghi. Poco più a sinistra c'è una lapide; appena prima attacca la via (primo fittone evidente; sopra a sinistra c'è un fix della via Anna); un'oretta circa dall'auto.
Relazione: bella via che sale la parete O del primo Magnaghi, con un 2° tiro impegnativo ma chiodatissimo (già Cima nel 1971 scrive  a p. 76: tutti i chiodi necessari sono in parete; forse ce n'è qualcuno d'avanzo, anche se la sua gradazione è un po' sospetta); chiodatura più lunga nei tiri facili, ma alcune clessidre vengono in aiuto. Friend non strettamente necessari, ma se volete andare sul sicuro, male non vi faranno. Roccia ottima, purtroppo unta nel 2° e 3° tiro.
1° tiro: salire al primo fittone, resistere alla tentazione di andare verso il fix e spostarsi invece a destra a prendere una fessura un poco erbosa, che poi si apre ad un accenno di diedro più verticale che conduce in sosta. 30 m; IV, VI; tre fittoni, quattro chiodi. Sosta su due fittoni (vecchi chiodi rimasti in loco). A sinistra c'è la sosta a fix della via Anna.
2° tiro: superare il breve muretto iniziale (unto), proseguire fino ad una nicchia e spostarsi a sinistra per salire alla sosta. 20 m, 6c; tre fix, tre chiodi (uno con cordino). Sosta su due fittoni.
3° tiro: salire e spostarsi a destra puntando alla fessura-camino. Salirla (passo iniziale un po' unto) ed uscire su un terrazzo, da cui si prosegue per un diedro appoggiato fino ad uscire alla sosta sulla destra. 35 m, 6b; IV, III; quattro fix, un cordone marcio in clessidra. Sosta su due fittoni.
4° tiro: salire dritti per una vaga fessura, portarsi a destra a superare un tratto più verticale e raggiungere la sosta. 25 m; V, IV; due fix, due chiodi. Sosta su due fittoni.
5° tiro: salire verso destra in direzione del fittone e proseguire fino alla sosta sulla destra, ben visibile. 25 m, III+, un fittone. Sosta su due fittoni con catena ed anello di calata. Volendo si può evitare la sosta e continuare per la linea di fix adiacente fino alla vetta del torrione, con un passo di 5c, sostando su spuntone (o seguendo la cresta sulla sinistra fino ad una sosta, ma fate attenzione all'attrito).
Discesa: in corda doppia dalla sosta di arrivo. Se volete raggiungere la cima del torrione, proseguite per cresta (facile, ma esposto) e portatevi sul lato ovest. Superare un masso in corrispondenza di una vecchia croce abbattuta e raggiungere la sosta di Nastassia Kinski. Da lì una calata di 60 m (eventualmente spezzate in due) riporta nel canalone.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

venerdì 16 settembre 2022

Diedro obliquo + via del Miro

Callisto sul 5° tiro del Diedro (AD MMIX).
Sul 6° tiro.
La passerella per lo Zucco Teral
La (non) passerella oggi...
Sul 3° tiro del Miro.
Il Diedro obliquo (parte alta)
Dito Dones e Zucco Teral - Grigne
Pareti SE

Dito Dones e Zucco Teral sono lì, appiccicati l'un l'altro. Eppure, sono così lontani: abbordabile e frequentato il primo, ostico e solitario il secondo. E così, a ripercorrere queste due vie oggi, dopo ben più di un decennio, viene naturale riflettere sui due estremi in cui versano diverse zone di arrampicata, afflitte da troppa o da nulla frequentazione. Gli svantaggi del primo caso sono ovvi e sono una nenia costante anche e soprattutto in falesia: le vie diventano unte e lisce come i pavimenti delle chiese calpestati da generazioni di fedeli, anche se il diverso tenore delle conseguenti invocazioni alle potenze celesti non consente di spingere oltre l'analogia. Ma anche l'estremo opposto ha i suoi svantaggi: attrezzatura abbandonata e da verificare, vegetazione lussureggiante da paese tropicale. Che sia proprio vero che in medio stat virtus?
Nota: anni fa, dopo la frana (2007?) c'erano evidenti cartelli sul sentiero con divieto di accesso, arrampicata e quant'altro. Quei cartelli sono spariti, e ne è rimasto uno assai arrugginito nel vicolo, all'inizio del sentiero. Difficile stabilire quale sia la situazione oggi; valutate voi!
Accesso (Diedro obliquo): si raggiunge Ballabio e si prende per i Piani Resinelli. La strada sale più o meno dritta (tenere la sinistra al primo bivio) e costeggia un torrente fino ad un piccolo slargo con parcheggio sulla sinistra, in corrispondenza di una marcata curva a sinistra. Si parcheggia (se non v'è posto, tornare indietro per 400 m circa fino ad un altro parcheggio) e si prende il "Viottolo ai Lavaggioli", di fronte al parcheggio. Il vicolo diviene sentiero e sale fino a delle baite. Si continua per sentiero (appena a destra dello sterrato), che piega verso destra e si dirige verso il Dito Dones. L'attacco è posto in corrispondenza di un grosso ometto lungo il sentiero (scritta Via Lunga e fittone visibile).
Relazione (Diedro obliquo): la via sale un bel diedro sulla parete SE del Dito, a partire dalla 1a cengia, che si raggiunge solitamente percorrendo i primi tiri della Via Lunga. La logicità dell'itinerario, il facile accesso e l'ottima chiodatura han fatto sì che questo percorso (come la vicina Via Lunga) sia stato preso d'assalto da centinaia di cordate: oggi dei tratti sul 5° e 7° tiro sono untissimi e rovinano del tutto il piacere della scalata. Sostanzialmente inutili i friend, ma se volete infilarne uno lungo il 6° tiro, portatelo.
1° tiro (Via Lunga): salire la placca e aggirare il tetto verso destra (alcuni appoggi un po' unti sono l'antipasto di quello che vi aspetta dopo). Continuare ed uscire lungo un muretto sulla sinistra. Ancora a sinistra si trova la sosta. 25 m, 4c, cinque fix/fittoni. Sosta su due fix e catena.
2° tiro (Via Lunga): superare un paio di risalti (fix inutile a sinistra della sosta) fino alla cengia (sosta inutile), dove si segue una traccia che porta alla base della parete. 30 m, 2c; due fix, una sosta intermedia. Sosta su un fittone o da allestire su albero. A destra parte la Via del vento.
3° tiro (Via Lunga): salire il diedro e tenere la destra fino ad un terrazzo dove si vedono i fix della Via del vento che salgono per un muro giallastro. Qui tenere la sinistra e salire in verticale fino alla seconda cengia, proseguendo fino ai cavi metallici sulla parete. 45 m, 5a, sei fix/fittoni. Sosta su cavo metallico.
4° tiro: seguire i cavi metallici verso sinistra fino al loro termine. 50 m, II. Il Diedro obliquo inizia nel diedro (ça va sans dire) a sinistra. Sosta su cavo metallico oppure da allestire su albero.
5° tiro: salire il diedro fino alla sosta sulla sinistra. I primi metri sono orrendamente unti, ma i fittoni sono assai ravvicinati. 25 m, 5c, dieci fix/fittoni.
6° tiro: proseguire lungo il diedro sino al suo termine. Uscire sulla terza cengia e raggiungere i cavi metallici dove si sosta sulla sinistra, oppure proseguire ancora a sinistra sino alla base di un evidente diedro - ebbene sì - obliquo (fittoni visibili) e sostare su albero. 30 m, 5c, nove fittoni.
7° tiro: questo tiro ed il prossimo si possono saltare se volete concatenare le due vie, ma conviene salirli per "completezza". Salire in obliquo verso sinistra fino a giungere sotto un gradino con appoggi untissimi. Superarlo in qualche modo e proseguire fino alla sosta sulla sinistra. 25 m, 6a+ (quando non era unto), sei spit/fittoni.
8° tiro: spostarsi appena a sinistra della sosta e salire brevemente, portandosi poi sulla destra e di nuovo a sinistra per uscire in cima. Sostare poco prima della croce. 20 m, 5a, cinque fix. Sosta su due fix, catena ed anello di calata.
Accesso (Via del Miro): dalla sosta ci si cala in corda doppia fino alla terza cengia, in corrispondenza di una forcella. Guardando verso lo Zucco Teral si segue ora una traccia verso destra fino ad incontrare un cavo metallico e una catena che risalgono una paretina. Qui si giunge anche direttamente proseguendo lungo il sentiero di accesso alla via precedente. Salire, facendo attenzione (il cavo metallico è sfilacciato, forse per effetto della vecchia frana, e vedete di non infilarvelo in un occhio!) fino ad una cengia, dove si seguono i cavi verso sinistra. Una volta bisognava passare per un ponticello di legno dall'aspetto tremulo; di esso ora restano un paio di tronconi ed è necessario traversare usando i cavi (assicuratevi!). Si giunge così su una cengia sotto la parete dello Zucco. La prima sosta che si incontra (due fittoni) marca l'inizio della via.
Relazione (Via del Miro): via interessante che risale la bella parete dello Zucco con difficoltà contenute. La roccia è ottima, ma lo stato di totale abbandono della parete ha fatto sì che alcuni tratti siano da contendere alla vegetazione. Chiodatura buona tranne un tratto del primo tiro (illogicamente) un po' più lungo del resto della via. Friend sostanzialmente inutili per le poche possibilità di utilizzo.
1° tiro: salire a destra della sosta e portarsi verso sinistra fino ad incrociare i fix della via Strateral. Da qui salire dritti e traversare a destra raggiungendo la sosta. 25 m, 6a; tre fittoni, tre fix, un chiodo. Sosta su due fix e cordone.
2° tiro: spostarsi a destra oltre una lama (rovi!) e continuare fin sotto ad un diedro che si sale fino alla sosta. 25 m, 5c; sei fittoni, un chiodo. Sosta su due fittoni con cordone ed anello di calata. 
3° tiro: salire dritti (primi passi un po' ostici) e traversare sotto il tetto, uscendo a sinistra per salire fino alla sosta. 25 m, 6a; sei fix/fittoni, due chiodi.  Sosta su due fix con cordone ed anello di calata.
4° tiro: salire verso sinistra, superare un muretto e continuare per rocce sempre più infestate dall'erba fino alla terrazza di sosta. 25 m, 6a/6a+ (un passo); sei fittoni, un chiodo. Sosta su due fix e cordone.
5° tiro: superare il breve diedro e salire verso sinistra fino alla sosta. 15 m, 5c (un passo), un fittone. Sosta su due fix con catena ed anello di calata.
Discesa: in corda doppia lungo Strateral, con due calate (se avete due mezze corde):
1a calata: 45 m, in verticale. La sosta è appena sulla sinistra (faccia a monte).
2a calata: 45 m, fino alla cengia.
Da qui si ripercorre il tratto di cavi metallici e si segue poi il sentiero a ritroso.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

lunedì 22 agosto 2022

Treni 2218 e 2275 (Bergamo-Milano Lambrate): ritardi maggio-luglio 2022

Fig. 1: distribuzioni cumulative dei ritardi per il treno 2218 delle 8:02
nei trimestri maggio-luglio dal 2015 al 2022.
Fig. 2: andamento mensile dei ritardi per il treno 2218 (8:02).
Fig. 3: come in Fig. 1, ma per il treno 2275 delle 17:41.
Fig. 4: come in Fig. 2, ma per il treno 2275 delle 17:41.
La notizia del passato trimestre è che... fa caldo! E quale motivo migliore per ritardi, cancellazioni e altre amenità? Qualcuno dirà: "Ma questi eventi accadono anche d'inverno!". Vabbè, ma allora fa freddo (anche se sempre meno); e poi per allora ci si inventerà qualche altro motivo. Ma intanto, ecco uno dei tanti link alle sempre più pirotecniche scuse di questa società da smantellare prima possibile.

Veniamo ai numeri: nel periodo in esame il 2218 conferma il dato del bimestre precedente e colleziona la peggiore prestazione degli ultimi otto anni (vedi Fig. 1)! Puntualità al 5% (al 53% dopo 5'), massimo ritardo di ben 93 (novantatré!!) minuti, capaci di superare persino il mitico record fantozziano di applausi.

L'andamento storico dei ritardi (Fig. 2) conferma il peggioramento iniziato da metà 2021 (non che prima le cose andassero bene, sia chiaro), evidenziando che ormai tutte le curve sono stabilmente sopra la fascia dei 5' anziché sotto (forse a Trenord hanno fatto confusione).

Se l'andata a MI è una pena, il ritorno è peggio: anche il 2275 (Fig. 3) riesce ad esprimersi al suo peggio, con puntualità al 21% (al 54% entro 5') e massimo ritardo di "solo" 76 (settantasei!) minuti. Da notare che non è solo la "coda" che peggiora, ma anche il comportamento, diciamo così, "intrinseco" della prima parte della distribuzione, il che non è un bel segnale!

L'andamento storico conferma il pessimo trimestre: a giugno e luglio tutti gli indicatori sono saliti sopra i 5'; un fatto che non si era praticamente mai verificato negli anni passati, ma che sta diventando più frequente dalla fine del 2021. Sempre meglio!!

Nota: i dati sono raccolti personalmente o da app Trenord. Per correttezza, bisogna specificare che i ritardi sopportati dai pendolari su questi due treni non sono indicativi dei ritardi complessivi, che sta ad altri raccogliere e rendere pubblici. Idem per i rimpalli di responsabilità tra Trenord, Rfi, e quant'altri. Qui si cita Trenord in quanto è ad essa che i poveri pendolari versano biglietti ed abbonamenti, e ai quali dovrebbe rispondere del servizio.

giovedì 28 luglio 2022

Molteni-Camporini

Accesso.
Edo sul 2° tiro.
Daniela sul 3° tiro.
Daniela sul 6° tiro. In azzurro la "variante".
Alberto sul 9° tiro.
tracciato di salita (rosso) e di discesa (verde)
con le soste di calata.
La relazione della guida TCI del 1936.
Pizzo Badile
Parete SE

Accesso: la partenza canonica è dal rifugio Gianetti (ma non mancano le cordate che fanno tutto in giornata), ove si giunge risalendo la Valtellina e la Val Masino fino a Bagni di Masino e parcheggiando al termine della strada (5€ al giorno); da qui si prosegue seguendo le indicazioni (circa 2,5 h di marcia).
Dal rifugio, guardate la cresta che scende dal Badile, presso cui corre la via normale di salita. La via sale sulla parete a destra della cresta, alla cui base c'è un avancorpo roccioso: lo si può aggirare da sinistra o da destra. Nel primo caso, si sale subito dietro il rifugio, seguendo la traccia (e la fila di persone) che salgono verso l'attacco della via normale di salita. Raggiuntolo, si prosegue verso destra. In alternativa, dal Gianetti si segue brevemente per il rif. Allievi e si sale poi a sinistra, nel largo canale a sinistra della Punta Enrichetta (singolare struttura con lisce placche, di forma conica se vista dal rifugio), congiungendosi con il percorso precedente.
Giunti sotto la parete SE, si identificano delle strisce nere verticali (visibili anche dal rifugio) e, alla loro destra, delle righe nere orizzontali. La via attacca appena a destra, in corrispondenza di un diedro appoggiato. Circa un'oretta dal rifugio.
Relazione: una classicissima del Badile, che risale la parte da destra a sinistra con ottima intuizione. Come dice Gaddi in Nel regno del granito (p. 207), la via "mostra come l'occhio alpinistico degli anni '30 poteva permettersi di superare le grandi pareti alpine con il classico spirito ardito d'altri tempi". Mai difficile (il famoso traverso è protetto da corda fissa), ma poco chiodata, richiede un minimo di capacità di orientamento nei tiri centrali (4°-6°) sulle placche, dove comunque sono possibili infinite varianti e dove probabilmente si trovano altrettante soste sparse qua e là. Portare friend piccoli e medi. Attenzione alla ressa di cordate nei giorni festivi, con imbecilli che sorpassano in ogni dove; evitate se possibile!
1° tiro: salire il diedro gradinato sulla destra e continuare verso sinistra sino alla sosta. 50 m, III, un chiodo. Sosta su due chiodi con cordino e maglia-rapida.
2° tiro: seguire un diedro molto abbattuto sulla sinistra, che piega ad arco. Salire su un gradino e continuare a sinistra fino alla sosta. 60 m; III, IV; tre chiodi. Sosta su due fix e cordone.
3° tiro: salire i due corti diedri e proseguire verso sinistra per rocce più facili. 30 m, V, III; due chiodi. Sosta su fix e chiodo con cordone.
4° tiro: risalire una cengia erbosa a sinistra della sosta. Alla fine dell'erba si continua a obliquare a sinistra su rocce facili sino a raggiungere un'altra cengia dove si sosta in prossimità di un masso fessurato. 30 m, III. Sosta su cordone con anello su masso fessurato e chiodo.
5° tiro: salire dritti partendo leggermente a destra della sosta, superare qualche metro verticale con passi più delicati e spostarsi verso sinistra su rocce più facili e appoggiate, con alcune fessure che vanno da sinistra a destra. Da qui salire più o meno dritti fino alla sosta. 40 m, III, un chiodo. Sosta su fix e chiodo con cordone.
6° tiro: portarsi a sinistra verso un diedro fessurato. Prima di raggiungerlo, salire la placchetta a destra e raggiungere la cengia dove si sosta. È possibile anche raggiungere la parete (un chiodo) e indi salire, ma si deve poi tornare indietro sulla cengia per raggiungere la sosta (se fate questa scelta, allestite una sosta in una nicchia). 35 m, IV, III, I. Sosta su fix e chiodo con cordone.
7° tiro: seguire la rampa che si alza in un diedro, e proseguire fino alla sosta alla base di un diedro. 30 m, IV+, 1 chiodo. Sosta su due fix e maglia-rapida arrugginito.
8° tiro: salire per il diedro e continuare fino alla sosta. 40 m; V, IV; due chiodi. Sosta su fix e due chiodi.
9° tiro: traversare a sinistra seguendo una corda fissa nuova di zecca, rimontare un muretto fino ad una placca inclinata e superare la paretina fessurata (o il diedro sulla destra) ed il successivo muretto. 40 m, VI+ (o A0 su corda fissa), V+, IV+; una corda fissa, un chiodo, una sosta intermedia su due chiodi. Sosta su due fix.
10° tiro: salire la placca sfruttando inizialmente un diedro fessurato; raggiunto un intaglio proseguire con facile e divertente arrampicata lungo lo spigolo sino alla sosta. 50 m, III, IV, 2 chiodi. Sosta su due fix.
11° tiro: continuare lungo il filo dello spigolo. Raggiunta la cresta, si aggira a destra (facile, ma esposto) un breve salto verticale e ci si abbassa al terrazzino di sosta. A metà tiro c'è una sosta da utilizzare se le corde fanno troppo attrito. 50 m, IV; un chiodo, una sosta intermedia (fix e chiodo). Sosta su due fix e anello di calata.
12° tiro: si rimonta la cresta e la si segue fino al bivacco Redaelli dove si attrezza una sosta. 25 m; II, III.
Da qui, portatevi sulla sinistra (faccia al bivacco) verso un intaglio, oltre il quale una crestina porta alla piramide di vetta. Qui, non dimenticate un pensiero per il tenero Buddha, vittima dell'intolleranza.
Discesa: dalla piramide, guardate verso il rif. Gianetti. Ci sono due canali che scendono più o meno verso destra e verso sinistra. Scendete lungo il secondo. Poco dopo si trova un anellone di calata, ma è possibile (valutate voi!) scendere a piedi (II), superando un altro anello e giungendo ad un terrazzo con anellone dove si arriva direttamente con la calata. Da qui si può proseguire lungo la normale, ma conviene portarsi ad una sosta (due fix con catena ed anello) appena a sinistra dell'anellone. Da qui, con sei calate tra i 30 e i 40 m si è alla base della parete SO (riferimenti con faccia a monte):
1a calata: lungo il canale fino ad una terrazza con una lastra di traverso: alla destra c'è la sosta;
2a calata: non proseguire nel canale, ma lungo la parete di destra. La sosta è sulle placche;
3a calata: non scendere verso destra lungo il catino, ma in verticale. La sosta è prima delle cenge orizzontali;
4a calata: ancora dritti lungo la parete che diviene verticale;
5a calata: in verticale lungo la parete nerastra;
6a calata: breve discesa fino a terra.
Dalla base delle calate si scende facilmente verso il rif. Gianetti (ometti).

E adesso, provate a pensare di dover ripetere la via con la relazione che compare nella Guida Monti Masino Bregaglia Disgrazia di Aldo Bonacossa del 1936, scritta un anno dopo l'apertura della via, e meditate su come è cambiato il modo di andare in montagna.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

lunedì 25 luglio 2022

Papillon

Alberto sul 1° tiro.
Ancora lui sul 3° tiro.
Sul 4° tiro.
Punta Ostanetta
Parete NO

Accesso: si raggiunge la frazione Montoso del comune di Bagnolo Piemonte. Da lì sono ben visibili i tre ecomostri che rovinano il crinale e costituiscono la frazione Rucas. Raggiuntili, ci si porta in fondo al piazzale e si prende una sterrata un po' sconnessa che si stacca sulla destra, con indicazione poligono di tiro. Si può parcheggiare appena fuori dal poligono (o anche all'interno se non c'è ressa; i gestori sono molto gentili e hanno sempre pronta una tazza di caffè), oppure proseguire in auto (poco raccomandato a meno che il fondo della vostra auto non sia alto) fino a raggiungere una cava (mezz'oretta a piedi). Da qui si prosegue lungo il sentiero, prendendo a sinistra ad un bivio su massi (indicazione un po' sbiadita pareti roccia) e raggiungendo la parete all'altezza della via Superphenix. Si costeggia la parete verso destra superando la zona della striscia bianca fino all'attacco, a destra della via classica (targhetta con nome). Circa 1h15' dal poligono.
Relazione: bella via che risale la parte bassa della parete per placche. Protezioni ottime a fix, un poco più distanziate nei tratti più facili; inutili friend. Tutte le soste meno la terza (su due fix da collegare) sono attrezzate per la calata. Molto belli il 4° e 5° tiro.
1° tiro: partenza un po' scorbutica che conduce ad un vago diedrino da cui si esce in placca sulla destra, per poi salire alla sosta. 30 m, 6a, otto fix.
2° tiro: salire sul filo dello spigolo, spostarsi a sinistra (più facile) e continuare fino alla sosta. 10 m, 6a+, quattro fix.
3° tiro: salire in placca fino a prendere una fessura superficiale che si segue fino alla sosta. 15 m, 6b, sei fix.
4° tiro: salire un paio di gradoni e raggiungere una sosta. Continuare per una lama e per placche verso destra fino ad uno spigolino, oltre il quale una lama conduce in sosta. 35 m, 5c; otto fix, una sosta intermedia.
5° tiro: salire a destra della sosta per una fessurina, traversare a destra a doppiare uno spigolino e continuare per una lama fino alla sosta. 25 m, 6b, dieci fix (uno con cordino).
6° tiro: aggirare il muretto lungo la fessura sulla sinistra, continuare per balze fino ad una placchetta finale. 25 m, 5b; sei fix. Da qui è possibile traversare a destra in discesa e continuare per la via delle clessidre. Noi abbiamo optato per una birretta prima del lungo rientro a casa.
Discesa: ci si cala in doppia. Se avete due mezze corde, ve la cavate con tre calate:
1a calata: lievemente verso sinistra (faccia a monte) ad andare a prendere la 4a sosta della via;
2a calata: lungo la via fino alla 2a sosta;
3a calata: a terra.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

venerdì 22 luglio 2022

Passaggio a nord-ovest

Alberto sul 2° tiro.
Sul 4° tiro.
Alberto sul 5° tiro.
Sul 7° tiro.
Tracciato della via.
Punta Ostanetta
Parete NO

Accesso: si raggiunge la frazione Montoso del comune di Bagnolo Piemonte. Da lì sono ben visibili i tre ecomostri che rovinano il crinale e costituiscono la frazione Rucas. Raggiuntili, ci si porta in fondo al piazzale e si prende una sterrata un po' sconnessa che si stacca sulla destra, con indicazione poligono di tiro. Si può parcheggiare appena fuori dal poligono (o anche all'interno se non c'è ressa; i gestori sono molto gentili e hanno sempre pronta una tazza di caffè), oppure proseguire in auto (poco raccomandato a meno che il fondo della vostra auto non sia alto) fino a raggiungere una cava (mezz'oretta a piedi). Da qui si prosegue lungo il sentiero, prendendo a sinistra ad un bivio su massi (indicazione un po' sbiadita pareti roccia) e raggiungendo la parete all'altezza della via Superphenix. Poco più a destra si nota una targhetta sopra un terrazzo che segna l'attacco della via. Circa 1h15' dal poligono.
Relazione: via molto bella e piacevole, che risale la parete per fessure, diedri e placche. Protezioni ottime a fix, solo un poco più distanziate nei tratti più facili; inutili friend a meno che non decidiate (fatelo!) di percorrere gli ultimi due tiri della Via della fessura, nel qual caso uno o due friend medi possono essere utili per l'ultimo tiro. Tutte le soste sono su due fix con cordone ed anello di calata.
1° tiro: salire sul terrazzo di partenza e continuare per una placca fessurata, salire per un vago diedro aperto che poi diviene più verticale e porta ad un terrazzo sulla destra con la sosta. 35 m, 5c (passo), otto fix.
2° tiro: spostarsi a destra, risalire lungo una lama e uscire a sinistra in placca, proseguendo fino alla sosta. 40 m, 5b, nove fix.
3° tiro: salire in placca verso sinistra puntando ad una lama ad arco che diviene verticale, seguirla e continuare in placca fino alla sosta. 30 m, 6a (un passo in placca), nove fix.
4° tiro: salire la placca ed il bel diedro fino alla sosta sulla sinistra. 25 m, 6a; nove fix (uno con cordino), un chiodo.
5° tiro: dritti e poi verso destra per placca fino ad una cengia dove ci si raccorda con la Via della fessura, superare uno spigolo e raggiungere la sosta. 35 m, 5b, nove fix. Sosta su fix, fittone, chiodo, cordini e amenità varie. Poco più a destra si nota una sosta con un fix arancione che si utilizzerà in discesa.
6° tiro: salire a destra della sosta fino ad un terrazzo. 15 m, 4b; due spit, un chiodo.
7° tiro: salire per il diedro sopra la sosta, continuare per una strozzatura e poi per salti più facili fino ad una sosta dall'aspetto un po' inquietante su albero secco. Conviene continuare ancora verso destra (eventualmente aggirando la sosta dall'alto) fino ad una sosta a fix ben più rassicurante. 40 m; 4c, IV; tre spit, una sosta su albero con cordini ed anello di calata. Sosta su due fix, catena ed anello di calata.
Discesa: ci si cala in doppia. Se avete due mezze corde, ve la cavate con quattro calate, tutte da 50-55 m (tranne l'ultima):
1a calata: lievemente verso sinistra (faccia a monte) ad andare a prendere la sosta su fix arancione vicino alla 5a sosta della via;
2a calata: lungo la via fino alla 3a sosta;
3a calata: lungo la via fino alla 1a sosta;
4a calata: a terra.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.