sabato 22 dicembre 2018

Camòs

di Lorenzo Tassi
Versante Sud, Milano, 2017

Prima si arrampicava sulle grandi pareti, poi sulle falesie, poi sui boulder, cioè sui massi... e adesso in cantina. Mi sembra una discesa, non una salita!
(Dalla prima parte dell'intervista, a 3:19)
Dopo la lettura del libro su Gullich, rieccomi alle prese con una biografia legata al mondo dell'arrampicata; una biografia che aspettavo da anni, da quando sentii raccontare di Camòs, delle sue capacità, dei suoi eccessi e del prematuro epilogo della sua esistenza, da quando trovai il suo nome associato ad una via nelle Dolomiti di Fanis e poco dopo visitai Cornalba, senza alzarmi molto sulle pareti. Ma andiamo con ordine: Bruno Tassi detto Camòs è stato quasi una leggenda nel mondo dell'arrampicata, noto ben al di fuori dei confini bergamaschi. Negli anni in cui si faceva strada l'arrampicata sportiva, scopre Cornalba (ma non solo quella!) e la trasforma in una delle falesie più famose d'Italia, chiodando e liberando tiri ormai storici come Apache (8a), Peter Pan (8a+), FBL (8a+), Jedi (8b). Accanto a ciò vanno però elencate almeno la prima salita italiana di Zodiac e la prima salita alla parete NO del Baruntse nord (7057 m), a testimonianza della sua polivalenza. Camòs diventa il riferimento per l'arrampicata in terra bergamasca, spostando il limite del possibile e coagulando attorno a sé una generazione di alpinisti-arrampicatori che ne seguiranno le tracce. Scompare in un incidente d'auto (come Gullich) il 24 dicembre 2007. Tra i due grandi arrampicatori si possono trovare altre analogie: anche Camòs si rende conto dell’utilità delle falesie per l’allenamento, pur conservando un carattere "alpinistico", per cui la falesia è vista sostanzialmente come allenamento per le grandi pareti. Anche Camòs si dedicherà all’allenamento, attraverso la collaborazione con una ditta per il progetto di prese artificiali. A differenza di Gullich, tuttavia, Camòs si dedica principalmente a dotare il “suo” territorio di falesie che possano fornire la preparazione necessaria.
Il libro vuole raccontare l'uomo più che lo scalatore, e sceglie di farlo attraverso le testimonianze degli amici e un'ampia (forse troppo) raccolta dei suoi scritti, il tutto racchiuso tra la bella introduzione di Simone Moro e un sentito ricordo di Mauro Corona. Da un lato, questa impostazione permette una visione "poliedrica" del personaggio Camòs, che spazia dal suo ruolo trainante nell'arrampicata al carattere a volte difficile, da alcune avventure al limite del grottesco che strappano sonore risate ai suoi molteplici interessi "culturali" in senso lato. Tuttavia, l'approccio corale presenta anche dei limiti, frammentando la narrazione e facendo spesso sentire la mancanza di un vero filo conduttore che eviti ripetizioni e divagazioni. Anche la scelta di "non celebrar[]e il campione di arrampicata" poiché "questo probabilmente verrà fatto nei prossimi anni" mi appare un'occasione persa (sperando davvero che non sia una pia illusione): personalmente, avrei preferito un libro che ripercorresse la sua attività in montagna e in falesia in maniera organica, ovviamente legandola alla vita quotidiana, di cui costituiva gran parte.
Se ho girato l'ultima pagina con un po' di delusione, ciò nulla toglie al gran merito di questo libro, ovvero l'aver riacceso l'interesse sul personaggio Camòs. Al riguardo, segnalo lo scritto di Emilio Previtali in occasione della presentazione del libro e una bella intervista in cui Bruno Tassi Camòs racconta la sua filosofia.


mercoledì 28 novembre 2018

Osteria La miniera

L'interno del locale.
Tagliatelle ai funghi.
Luccio con polenta.
Via Chiesa 9
Gardola, fraz. di Tignale (BS)


Anche questa volta, complice il tempo incerto, il fine-settimana in valle del Sarca si trasforma in un pot-purri di arrampicate, ricognizioni alla ricerca di antichi libri di alpinismo, piacevoli incontri e... qualche piccola gozzoviglia nella zona del lago di Garda. Dopo aver visitato Campione cogli occhi quasi costantemente volti verso l'alto, a sognare le linee delle vie di Stenghel sulla parete del salto delle streghe per non vedere lo scempio di un antico borgo operaio sfregiato dal "progresso" più meschino, ci consoliamo salendo alla bella frazione di Gardola, con meta l'osteria La miniera. Non mangiamo dalla mattina, abbiamo scalato e una fame atavica: "Scusi, a che ora apre la cucina?" "Alle sei e mezzo..." "Prefetto! Ci vediamo tra mezz'ora; grazie."
Ambiente rustico, veranda sulla destra, un'altra sala a sinistra ed il bancone in fondo, in buona compagnia di una nutrita serie di bottiglie. La cucina è quella gardesana, un po' rivisitata. Iniziamo con delle tagliatelle ai funghi che arrivano in porzione decisamente interessante. Buone, anche se forse mancavano un pochino di sapore. Per continuare, resto su un piatto provato recentemente a Mantova, ovvero il luccio con polenta, assai delicato e gustoso.
Per terminare la cena, un parfait al cioccolato con composta di frutti di bosco, che io avrei preparato con cioccolato extra-fondente ma che non pecca di gusto!
Carta dei vini interessante e ben fornita. Accompagniamo la cena un Valtenesi DOC che solo presenta a mio parere un po' di eccesso di legno.
Felicemente satolli e corroborati nel fisico e nello spirito, riprendiamo la via del ritorno a casa. Fino alla prossima visita...

mercoledì 21 novembre 2018

Via del gufetto

Teo alla partenza del 1° tiro.
Sul 2° tiro.
Teo sul 3° tiro.
Sul 5° tiro.
Teo sul 6° tiro.
Teo sull'8° tiro.
Sul 10° tiro.
Tracciato della via.
Parete dell'Ir - Valle del Sarca
Parete S


Accesso: da Arco si prende la strada che porta verso Nago, raggiungendo in breve la frazione Bolognano. Si prende a sinistra seguendo l'indicazione Monte Velo e si segue la strada (SP48) per quattro chilometri (occhio al segnale di progressiva chilometrica 4,1). Poco dopo, al primo tornante, si parcheggia (lapide all'interno del tornante e sterrato bloccato da sbarra sulla sinistra), si segue lo sterrato e si prende il primo (ometto) o - meglio - il secondo sentiero sulla sinistra (i due si riuniscono poco dopo). Si giunge in breve in corrispondenza delle vie della parte superiore della parete dell'Ir, si prende una traccia in discesa (ometti) che poi piega verso destra e porta all'attacco della via (scritta).
Relazione: divertente via di carattere sportivo con incursioni in territorio alpinistico: passi impegnativi sempre ottimamente protetti a fix, tratti facili protetti con cordoni in clessidra, qualche chiodo o da integrare (come nel quinto tiro; utile qualche friend fino al 2BD). La parte alta è un poco più impegnativa, anche per via della roccia che non appare sempre solida. Come al solito in questi casi, a costo di creare confusione, limito i gradi UIAA ai tratti con protezioni tradizionali e uso la scala francese laddove si è protetti da rassicuranti fix.
1° tiro: salire il diedro, prima verticale e poi inclinato a destra, fino ad una pianta e attraversare verso sinistra fino alla sosta. 20 m; V+, IV+, 5b (passo); due fix, tre cordini in clessidra. Sosta su fix con anello e chiodo.
2° tiro: salire il bel diedro, spostarsi a destra in placca e proseguire dritti fino alla sosta. 20 m; V, 5b (passo), V; un fix, quattro cordini in clessidra. Sosta su fix con anello.
3° tiro: rimontare la paretina a destra della sosta e proseguire in obliquo verso destra; spostarsi a sinistra su placca appoggiata fino ad un pilastro che si rimonta fino alla terrazza di sosta. 30 m; V+, V-, II, VI-, V; due chiodi; sei cordini in clessidra. Sosta su cordone su albero.
4° tiro: traversare a destra fino alla sosta. 20 m, I. Sosta su fix con anello.
5° tiro: salire lungo il diedro fino ad una lama, rimontarla e spostarsi a destra, per poi salire dritti alla sosta sotto un tetto. 40 m; V-, IV, 4c; un fix, un cordone su masso incastrato. Sosta su fix con anello e chiodo.
6° tiro: salire in obliquo verso destra, seguendo il filo del tetto fino a quando questo muore, ed uscire alla sommità della parete. 35 m; 5b, V, IV; tre fix, due chiodi (uno con cordino), un cordino in clessidra.
Qui finisce la parte bassa della via. Per raggiungere la parte alta con gli ultimi quattro tiri si segue il sentiero verso destra (rispetto alla direzione di scalata), in lieve discesa. Si giunge in breve in vista della parete, che si punta lasciando a sinistra delle corde fisse. Si trova un sentiero con corda fissa che prosegue verso destra, sotto la parete. Lo si segue, sbucando all'attacco della via. Sosta su un fix con anello.
7° tiro: alzarsi lungo il diedro ed uscire sulla sinistra sotto una fascia di strapiombi. 25 m; 5b, V, 5a; due fix, due chiodi. Sosta su fix con anello e clessidra.
8° tiro: salire la rampa verso destra fino alla sosta. 15 m; IV+, III; un chiodo, due cordoni in clessidra. Sosta su tre cordoni in clessidra.
9° tiro: salire lungo la spaccatura (le prese sono più solide di quanto appaiono, ma verificate!), traversare a sinistra e abbassarsi in corrispondenza del fix con lungo cordone (attenzione a non andare troppo a sinistra!) per continuare il traverso fino alla sosta. 25 m; V, 5c/6a; tre fix, due chiodi, un cordone in clessidra. Sosta su fix con anello e clessidra.
10° tiro: salire lungo la fessura obliqua fino al termine della via. 25 m, VI-; tre chiodi, cinque cordoni in clessidra. Sosta su cordone su pianta.
Discesa: seguire il sentiero dapprima in leggera salita che riporta alla base della parte alta ed al sentiero di andata.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

lunedì 12 novembre 2018

Plaisir + Caino e Abele

Sul 1° tiro di Plaisir.
Teo all'uscita del 1° tiro.
Sul 3° tiro di Plaisir.
Tracciato della via Plaisir.
Sul 1° tiro di Caino e Abele.
Teo sul 2° tiro.
Sul 3° tiro.
Teo sul 4° tiro.
Tracciato della via Caino e Abele.
Val di Ledro - Parete del Ponale
Parete SE


Due vie brevi e semplici per le giornate di tempo incerto, prima di infilarsi in un noto studio bibliografico della vicina Trento a setacciare le vecchie riviste di montagna. Pratica e teoria dell'arrampicata; cosa volete di più?
Accesso: da Riva del Garda si prende la strada per la Val di Ledro, che sale ad imboccare una lunga galleria. Alla sua uscita si nota sulla sinistra la vecchia strada del Ponale, che si deve imboccare (non fate inversione di marcia, ma proseguite e parcheggiate oltre, in corrispondenza di un incrocio, tornando indietro a piedi). Si passa sotto una vecchia galleria e si superano due sbarre, lasciando sulla sinistra il sentiero di accesso alla falesia. Un centinaio di metri oltre la vecchia sbarra si prende un sentiero sulla sinistra, in corrispondenza di una vecchia rete paramassi. La prima via che si incontra è Caino e Abele; poco dopo (non salite a sinistra; è il sentiero di discesa) si trova l'attacco di Plaisir. Se le percorrete entrambe, conviene iniziare da questa.
Relazione (Plaisir): via breve con un bel terzo tiro ed un paio di passaggi interessanti. Le difficoltà sono limitate a singoli passi. Protezioni ottime; portare solo rinvii.
1° tiro: salire per rocce lavorate, spostarsi a sinistra e superare una placchetta, raggiungendo la sosta. 30m; 5b; tre fix, due cordini in clessidra. Sosta su albero con cordone e maglia-rapida.
2° tiro: percorrere la cengia fino alla parete, salire la bella placca e raggiungere la sosta. 20m; 5c; un fix, un cordone in clessidra. Sosta su due fix.
3° tiro: salire la fessura e spostarsi verso sinistra; non puntare all'invitante fessura ma spostarsi ancora a sinistra e salire la placchetta e raggiungere la sosta. 25m; 6a; due fix, tre cordoni. Sosta su albero con cordone.
Discesa: seguire una traccia fino ad incontrare un sentiero che si segue verso sinistra ed in breve riporta sul sentiero iniziale appena prima dell'attacco. Da qui a sinistra si è subito all'attacco di Caino e Abele.
Relazione (Caino e Abele): via piacevole con due bei tiri (primo e quarto) ed un divertente diedro facile ma esposto (ed iperchiodato) nel terzo tiro. Chiodatura sempre ottima; portare solo rinvii.
1° tiro: salire la placchetta ed il successivo muretto, uscire e spostarsi a destra a salire un secondo muretto per proseguire poi lungo una placca fessurata fino alla sosta. 30m; 6a+; dieci fix, uno spit. Sosta su due fix con catena.
2° tiro: salire verso sinistra, superare un muretto e proseguire per facili placche fino ad una parete nerastra. Spostarsi a sinistra verso la sosta. 35m; 4c; quattro fix, un chiodo. Sosta su due fix con catena.
3° tiro: salire il diedro appoggiato, facile ma esposto, e attraversare verso destra fino alla sosta. 15;, 4a, dieci fix. Sosta su due fix con catena.
4° tiro: salire per rocce un po' rotte, superare una breve placchetta verticale e spostarsi verso sinistra a salire una seconda placca che conduce a rocce più facili ed alla sosta, su un vecchio terrazzo di osservazione. 30m; 6a; otto fix, un chiodo. Sosta su due fix con catena.
5° tiro: si sale verso sinistra fino ad una facile placca e al termine della via. 25m, sei fix. Sosta da attrezzare su albero.
Discesa: si procede per facili roccette fino ad incontrare il sentiero che conduce alla falesia. Lo si segue verso sinistra, perdendo quota ai vari bivi, tornando sulla strada del Ponale nei pressi delle sbarre.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

sabato 10 novembre 2018

Bergamo-Milano Lambrate: ritardi settembre-ottobre 2018 (2608/10809)

Distribuzioni cumulative dei ritardi per il treno 2608 (8:02) nei
bimestri settembre-ottobre dal 2015 al 2018.
Come sopra, ma per il treno 10809 (17:43).
Ritardi mensili per il treno 2608 (8:02).
Come sopra, ma per il 10809 (17:43).
Vabbè, ormai siamo allo sbando totale, oltre ogni limite di decenza e di sopportabilità. Non c'è più nemmeno la forza di scrivere, di registrare, tanto è lo sfacelo a cui si assiste. Cominciamo dalla mattina: la puntualità del 2608 è ridotta ad un misero 10% nel bimestre (ma è pari a ZERO nel mese di ottobre), mentre entro i 5' di ritardo arriva solo il 29% dei treni. Distribuzione statistica completamente sbracata (guardate la curva viola rispetto alle altre): marasma, caos, assenza di ogni logistica e coordinamento. Il confronto con gli anni precedenti ci fa rimpiangere amaramente quelle situazioni, che certo erano lontane dall'essere ottimali.
Treno del rientro pomeridiano: puntualità al 15%, treni che giungono a destinazione entro 5' di ritardo pari al 71%. Il problema però è il restante 30% circa, che sconta regolarmente almeno mezz'ora di ritardo (ma siamo riusciti ad arrivare anche ad un'ora di ritardo), spesso per cancellazione del treno! Mi pare del tutto inutile sottolineare come in nessun'altra parte del mondo a me noto ci sia una società che gestisce il trasporto passeggeri sopprimendo poco meno di un treno ogni tre! Anche in questo caso il confronto con gli anni scorsi è impietoso.
Come sempre, le ultime due figure riportano sinteticamente lo "storico" dei patimenti dei pendolari, dove si vede la brusca impennata dei ritardi nel mese di ottobre. La fascia gialla è quella entro cui dovrebbero stare tutte e tre le curve, evento che si è verificato sei volte negli ultimi quasi-quattro anni per il 2608 e ben tre volte per il 10809. Altro che rimborsi!

Nota: i dati sono raccolti personalmente o da app Trenord. Per correttezza, bisogna specificare che i ritardi sopportati dai pendolari su questi due treni non sono indicativi dei ritardi complessivi, che sta ad altri raccogliere e rendere pubblici. Idem per i rimpalli di responsabilità tra Trenord, Rfi, e quant'altri. Qui si cita Trenord in quanto è ad essa che i poveri pendolari versano biglietti ed abbonamenti, e ai quali dovrebbe rispondere del servizio.

mercoledì 7 novembre 2018

Osteria Ai ranari




Luccio con polenta e peperoni.
via Trieste 11
Mantova


È uno di quei fine-settimana in cui diluvia su quasi tutto il nord Italia, ma la nostra meta, Mantova, ci ricompensa della fiducia e del lungo tempo passato a vaticinare le previsioni meteorologiche regalandoci un soggiorno quasi asciutto.
E dopo giornate passate tra Mantegna e Giulio Romano, dove recarsi per ritemprare le forze? Se trovate posto (i coperti sono pochini; decisamente meglio prenotare, soprattutto nel fine-settimana) potete gustare la cucina dei ranari, vicino all'insenatura del porto fluviale. Si mangia in una sala accogliente, con tavoli in legno e tovaglie di carta. Menù limitato (come dico sempre: non è un demerito) che ruota attorno ai piatti tradizionali mantovani: noi iniziamo - si potrebbe fare altrimenti? - con i classici tortelli di zucca (e amaretto) e degli ottimi bigoli con guanciale, pecorino e aceto balsamico, che soddisfano sia il gusto che la vista!
La scelta del secondo piatto è invece univoca: luccio in salsa mantovana con polenta, dove peperoni, capperi e cipollotti accompagnano ottimamente il pesce. Unico neo, la polenta un po' troppo liquida, ma forse si tratta di una mia fissazione da buon bergamasco!
Siamo quindi giunti al dessert: assaggiamo una mousse di liquirizia con crema alla menta ed un sugolo d'uva (una specie di budino fatto di mosto d'uva e farina; molto particolare).
La cantina ha una buona selezione di vini locali; noi accompagniamo la cena con un onesto bianco mandorlo della casa.

Però... però... tanto per non smentire la fama di onesto rompiscatole, non posso concludere questo post senza un paio di appunti all'ottima cena: il dessert è servito in piatti triangolari (!) che definire orrendi è poco, di gran lunga peggiori dei grossi bicchieri rossi usati per l'acqua che pure c'entrano poco con l'arredo del locale. Altro neo, ma anche qui mi accorgo di essere diventato quasi incontentabile, il caffè: troppo amaro e spigoloso per i miei gusti. Sono comunque peccati veniali, che non ci terranno lontano dal locale alla prossima visita mantovana.

La domenica ci siamo invece concessi uno spuntino a mezzogiorno all'osteria del mangione, pochi tavoli annessi alla casa del pane. Ottimo l'assortimento di paste ripiene (ma anche di dolci, tra cui un'ottima torta di zucca); vale la pena di fermarsi, anche se i prezzi non sono proprio da "osteria".

venerdì 2 novembre 2018

Un sorriso per Marilena

Sul 2° tiro.
Luca alla terza sosta.
Sul 4° tiro.
Luca sul 5° tiro.
Tracciato della via (parte bassa)
Tracciato della via (parte alta).
Presolana occidentale
Parete S


Accesso: dalla Val Seriana verso il passo della Presolana; parcheggiare sulla sinistra poco prima di raggiungerlo, in corrispondenza di una chiesetta (cartello "Cantoniera della Presolana"), seguire la strada che si stacca in salita fino al secondo tornante e lasciarla per proseguire lungo il sentiero, raggiungendo la baita Cassinelli. In alternativa parcheggiare qualche centinaio di metri prima sulla destra, nei pressi dell'Hotel Spampatti, e seguire la strada di fronte e subito il sentiero a destra (indicazioni per baita Cassinelli), che sale nel bosco e si congiunge con il precedente. Dalla malga Cassinelli si risale il ghiaione (segnavia 315 per il bivacco Città di Clusone e Grotta dei Pagani), oltrepassando il bivacco, la cappella Savina e un breve tratto tra roccette. Il sentiero diviene poi pianeggiante: identificare una traccia che sale a destra in direzione dell'evidente Torrione Scandella, seguirla fin sotto la parete e continuare a salire contornando il torrione sulla sinistra, giungendo al culmine del ghiaione. La via originale sale nell'evidente canale a destra di un piccolo avancorpo; noi ovviamente abbiamo attaccato alla sua sinistra!
Relazione: via aperta trent'anni fa in una zona della parete sud della Presolana che era rimasta relativamente "al sicuro" (a parte un paio di incursioni di Scandella e Pegurri) e che cominciava ad essere esplorata in quegli anni (Siddharta e la successiva Ciccio...). La via sale la parete terminale del ghiaione ed è divisa in due da un largo canale. Molto bella la seconda parte, un po' più discontinua la prima (ma forse è colpa delle nostre varianti). La stessa differenza vale per la qualità della roccia, anche se è sempre consigliato fare bene attenzione ad alcuni pilastrini instabili. Chiodatura non certo generosa, ma tutto sommato onesta (almeno nei tratti più impegnativi); purtroppo però chiodi e spit sono vetusti e non sempre affidabili... il valente socio di cordata ha ribattuto un chiodo dopo averlo estratto con due dita, rattoppando anche l'ultima sosta: portate martello e chiodi oltre a friend fino al 2BD.
1° tiro: salire nel canalino tra l'avancorpo e la parete e, poco prima di giungere al suo termine, attaccare la parete di sinistra. Tenere poi lievemente a destra in direzione dell'evidente nicchia orizzontale e sostare comodamente alla sua sinistra. 40m; II, IV, I. Sosta su spit, chiodo e vecchio cordino. La via originale sale nel canale a destra dell'avancorpo per poi piegare a sinistra e salire alla nicchia.
2° tiro: salire sopra la sosta (io mi sono spostato a sinistra per poi rientrare, ma non sono certo sia la scelta migliore) e superare un muretto, poi spostarsi a destra su una cengia (spit su placca ben visibile). Salire la bellissima (e facile) placca, uscire su rocce facili ma decisamente friabili e continuare. Ad un secondo spit, piegare verso destra e raggiungere il bordo della parete dove si allestisce la sosta. 50-55m; V+, IV, III; due chiodi, due spit. Sosta su spuntone (se le corde fanno troppo attrito, può essere conveniente fermarsi sullo spit). Inoltre, invece di spostarsi a destra verso lo spit in placca, è possibile salire ad uno strapiombino (chiodo visibile) e proseguire lievemente più a sinistra del nostro tracciato.
3° tiro: scendere nel canale e raggiungere la parete di fronte, spostandosi verso destra fino a trovare un vecchio chiodo, circa all'altezza del bordo destro del tetto nero. 20m, II, I. Sosta su un chiodo.
4° tiro: salire in obliquo verso destra, rimontare una bella lama e spostarsi ancora a destra (passo delicato) per salire verso lo spigolo e da qui alla sosta. 35m; IV+, V, IV; un chiodo con cordino. Sosta su spit, chiodo e vecchio cordino.
5° tiro: salire dritti a prendere una fessura che porta su un terrazzo. Da qui lievemente a sinistra a rimontare una pancetta per proseguire poi su bella placca a buchi uscendo su facili rocce. La sosta si trova sulla destra. 35m; V+, VI-, V; un chiodo, uno spit, un chiodo a pressione. Sosta su uno spit e due chiodi con cordoni e maglia-rapida.
Discesa: con due calate a corda doppia. La prima calata (60m) deposita nel largo canale. Lo si discende fino ad un terrazzo sotto il torrione Scandella dove sulla sinistra si trova la sosta di calata (tre chiodi, cordini e moschettone). Una discesa di 40m circa porta al punto di attacco.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

giovedì 1 novembre 2018

Cannonau di Sardegna DOC Nepente di Oliena 2015 Cantina sociale di Oliena

"Visto che oggi piove, che ne dici se andiamo a visitare la Cantina di Oliena?" La proposta è approvata all'istante; si va. Le piogge che affliggono la nostra vacanza in Sardegna, tenendoci spesso lontani dalle pareti di arrampicata, si devono almeno arrendere alle nostre esplorazioni enologiche. La solita strada ricolma di curve e di saliscendi ci porta in un'oretta alla sede della Cantina sociale, dove inizia una piacevole degustazione.
Lascio perdere il Corrasi, che non incontra i miei gusti, e mi porto a casa l'Irilai e, ovviamente, il vino "base" della Cantina, ovvero quello che più la rappresenta. Il retro dell'etichetta ricorda la visita in Sardegna di D'Annunzio, vicenda fin troppo nota su cui in rete troverete ampie delucidazioni (ma non la scansione dell'articolo originale del Corriere, che sarebbe invece la cosa migliore); parliamo invece del vino: uve Cannonau al 100%, maturazione in vasche di cemento ed acciaio. Il bicchiere si colora di un bel rosso brillante con solo qualche riflesso violaceo e lascia salire piacevoli sentori di frutti rossi.
Il tenore alcolico (siamo a 14.5°, a testimonianza che il sole in Sardegna c'è eccome, anche se noi lo abbiamo visto ben poco) si fa ben sentire all'assaggio, ma non nuoce alla bevibilità; il vino è morbido e rotondo, senza screziature. Ancora i frutti rossi in evidenza, ricordi speziati nel finale, cannella, cioccolato,...

Decisamente un vino con un nome perfettamente azzeccato (nepente = nessuna tristezza)!

mercoledì 24 ottobre 2018

Marinaio di foresta

Fabio sul 1° tiro.
Partenza del 5° tiro.
Fabio sull'ultimo tiro.
Inizio della via e tratto del percorso
di discesa.
Pedra Longa, Supramonte
Parete NO

Marinaio di foresta
Senza sonno e senza canzoni
Senza una conchiglia da portare
O una rete di illusioni

Franziska, F. De André (1981)
Accesso: dalla SS125 nel tratto che collega S. Maria Navarrese a Baunei, poco prima di giungere in questo centro (per la precisione al km153) si prende la deviazione per la Pedra Longa (c'è un indicazione per l'omonimo ristorante) e si segue la strada in discesa (da non mancare una visita alla bella falesia del villaggio gallico), parcheggiando nello slargo ove è il ristorante. Da qui si scende verso il mare per una gradinata, ci si porta a destra alla base della parete e la si costeggia facilmente fino ad una terrazza con anello cementato. Poco prima parte signorina fantasia.
Relazione: via molto bella che risale la parete NW della Pedra Longa con difficoltà assai abbordabili (i gradi indicati sono un po' generosi...) e chiodatura ottima (portare solo rinvii ed il necessario per collegare i fix di sosta). Roccia ottima e molto tagliente, a parte qualche tratto delicato sul primo tiro. Arrampicata sul mare in ambiente molto spettacolare; assolutamente da non perdere! Contate circa due ore e mezza.
1° tiro: salire sul filo dello spigolo e spostarsi poi a sinistra verso la sosta. 20m, 5c, nove fix. Sosta su due fix con catena ed anello.
2° tiro: salire la parete appena a sinistra della sosta e traversare poi in orizzontale a sinistra. 20m, 5b, sette fix. Sosta su due fix.
3° tiro: inizio verticale, poi spostamento verso sinistra e nuovo tratto verticale. 30m, 6a (passo iniziale), nove fix. Sosta su due fix. Attenzione al masso su cui poggiate i piedi; non ha né l'aspetto né le dimensioni particolarmente rassicuranti.
4° tiro: traversare a sinistra su cengia e salire poi alla sosta. 30m, 5a; quattro fix, quattro cordoni in clessidra, un cordone su pianta. Sosta su due fix con cordino.
5° tiro: salire la parete bianca a sinistra della sosta, continuare spostandosi verso sinistra e salire alla sosta. 20m, 6a+ (generoso), otto fix. Sosta su due fix.
6° tiro: salire dritti sopra la sosta e uscire su un terrazzo 15m, 6a, quattro fix. Sosta su due fix.
7° tiro: spostarsi a sinistra e salire un breve diedro-camino che porta alla sosta. 15m, 5c, quattro fix. Sosta su un fittone e cordone su albero.
Discesa: seguire il sentiero verso destra che scende superando una sosta (possibile calata a corda doppia) e giunge (qualche tratto esposto) in una zona con alberi, nei pressi dell'uscita di signorina fantasia. Qui spostarsi in orizzontale verso sinistra (scendere ancora sarebbe problematico), salire un gradino e continuare brevemente fin dove è possibile scendere per facili rocce a riprendere il sentiero, che in breve porta alla base.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

sabato 6 ottobre 2018

Easy gymnopedie

Fabio sul 1° tiro...
e qui sul 3° tiro.
In vetta.
Aguglia di Goloritzè
Parete NO


Avete presente le classiche "giornate no"? Intendo quelle veramente "no", quelle in cui non indovinate un movimento, quelle in cui non vi sentite a vostro agio nemmeno 50cm sopra uno spit. La cosa migliore in queste giornate sarebbe fare altro, ovvero - se siete all'Aguglia - starsene al mare, ma cosa fate se il vostro socio vuole - giustamente - salire in vetta come inizialmente programmato? E così la scalata dell'Aguglia, che tanto avevo aspettato, si trasforma in una penosa salita, senza soddisfazione; l'arrivo in vetta è una liberazione!
Accesso: da Baunei salire all'altopiano del Golgo percorrendo la strada per 8-9 km, fino all'evidente indicazione per il sentiero per Cala Goloritzè: qui si prende uno sterrato a destra e si prosegue fino ad un ampio parcheggio. Si segue quindi il sentiero (ingresso a pagamento: 6€) che in poco meno di un'oretta conduce alla base dell'Aguglia, praticamente in corrispondenza dell'attacco della via (fix visibili). A destra c'è una fascia giallastra, a sinistra si notano i chiodi di Sinfonia dei mulini a vento.
Relazione: la via più semplice per salire sull'Aguglia è ovviamente la più frequentata, e gli effetti si vedono: i primi due tiri sono decisamente unti, poi la situazione migliora. Chiodatura buona a fix e un paio di chiodi; portare solo rinvii. La via non è particolarmente degna di nota, ma vale la pena salire per il panorama.
1° tiro: salire per una fessura bella unta e proseguire verso destra per rocce più facili fino alla sosta. 25m, 6a, cinque fix. Sosta su due fix con catena ed anello.
2° tiro: portarsi sul pilastrino a destra della sosta, superare uno strapiombo e proseguire per placche verso destra e un risalto. 25m, 6b+, otto fix. Sosta su due fix con catena.
3° tiro: salire sopra la sosta (attenzione alle rocce a sinistra) e spostarsi a seguire una fessura obliqua verso destra. Doppiato lo spigolo, un breve muretto porta alla sosta. 20m, 6b; sei fix, un chiodo. Sosta su due fix con catena e maglia-rapida.
4° tiro: salire (più facile la partenza a destra della sosta) per facili placche fino ad un breve diedro che porta verso sinistra. Si prosegue poi verso destra fino alla sosta. 35m, 6a; cinque fix, un chiodo. Sosta su due fix con catena e maglia-rapida.
5° tiro: si sale dritti e poi a sinistra su facili rocce, si rimonta una placca e si continua fino alla sosta. 35m, 5c, sei fix. Sosta su due fix con catena ed anello. Sulla vetta è presente un'altra sosta.
Discesa: in corda doppia dalla sosta di arrivo della via, con quattro calate (30m, 20m, 30m, 30m) che riportano al punto di attacco.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

domenica 23 settembre 2018

Melissa slimoncella

Gianni in uscita dal 1° tiro.
Ancora lui sulla fessura del 3° tiro.
E qui sull'ultimo tiro.
Parete di Sanico (Monte Pizzocolo)
Parete SE


Accesso: raggiungere Toscolano Maderno e salire alla soprastante frazione di Sanico (seguire inizialmente le indicazioni per Maclino). Alla frazione, proseguire dritti (indicazione Parete di Sanico) su strada pianeggiante fino ad intravedere una sbarra che blocca una stradina a destra. Si parcheggia nei pressi, in un piccolo slargo sulla sinistra (se "mancate" la sbarra, non preoccupatevi: poco dopo c'è un bivio e la strada si infila in una proprietà privata, una villa con piscina che farà da sfondo alla vostra salita - fate inversione e tornate al piccolo slargo). Proseguire un poco lungo la strada fino ad un sentiero sulla sinistra (indicazione con aggiunta "solo per alpinisti"). Dopo pochi metri si vede a destra un cancello di legno ed una staccionata che difendono uno spiazzo da aggirare. Proseguite quindi per poche decine di metri lungo il sentiero e scendete (noi abbiamo piazzato un ometto) per traccia verso destra fino al sentiero che proviene dal cancello: l'aggiramento è concluso. Seguite il nuovo sentiero verso sinistra fino a raggiungere la parete, proprio dove parte la via (scritta alla base; appena a destra scritta anglofobica let's danc). Mezz'oretta circa.
Nota: la posizione sulla mappa è solo indicativa perché la strada dopo Sanico non compare su Google Maps.
Relazione: via piuttosto discontinua, che alterna passaggi su ottima roccia a ravanate tra la vegetazione. Difficoltà decisamente abbordabili, anche perché un buon paio di passi valutati VI- sono tranquillamente evitabili (non siamo in falesia) ed appaiono un poco ricercati (resta il passo in traverso del 5° tiro, ben proteggibile da un cordino su pianta). In via, poche ma oculate protezioni con cordini; portare un paio di friend e qualche cordino per i passaggi più delicati. Ambiente decisamente bello, con arrampicata tra aromi di menta ed erbe, ma attenzione al caldo! Contate due ore e mezza più o meno.
1° tiro: salire verso sinistra puntando ad un albero, superarlo e salire uno spuntone. Qui parte una fessura valutata VI-, ma mezzo metro alla sua sinistra ci sono facili gradoni che si possono usare in alternativa. Poi per breve placca ravanosa si giunge in sosta. 40m; IV, V, IV+ (VI-, IV+ se si percorre tutta la fessura); quattro cordini in clessidra, un cordino su spuntone. sosta su cordone in clessidra.
2° tiro: spostarsi a sinistra tra la vegetazione e risalire una breve crestina, continuare su sentiero (!) o su facili rocce fino ad una bella placca che porta alla sosta. 35m; I, III+, V+; tre cordini in clessidra, un cordone su spuntone. Sosta su cordone in due clessidre.
3° tiro: spostarsi a destra fino ad uno spigolino e salire per belle placche, continuando per una fessura fino alla fine. A sinistra si trova l'albero di sosta. 35m; V- (passo all'inizio della placca; più facile a destra), IV+, V; due cordini in clessidra. Sosta scomoda su cordoni su pianta (secondo me la pianta vicina sarebbe stata più comoda, ma amen); altra sosta con cordoni in clessidra poco sotto. Il tiro originale fa un traverso a sinistra a metà della fessura finale (valutato VI-) che a me è parso poco logico.
4° tiro: superare il muretto a sinistra ed andare a prendere una bella lama che si segue fino alla (scomoda) sosta. 20m; V, IV+, V-; un cordone in clessidra. Sosta su spuntone.
5° tiro: attraversare verso destra fino ad un terrazzino e salire per facili (e a volte un po' instabili) rocce verso sinistra sino alla sosta. 35m; VI- (un passo), IV+, IV-; un cordone in clessidra.
6° tiro: salire le belle rocce lavorate fino alla sosta. 35m; III+; un cordino in clessidra, un fix di una via sportiva. Sosta su fix e anello con cordino.
Discesa: con quattro calate in corda doppia: tre da 25m su anello e fix con cordino e l'ultima da 30m su anello e cordino in clessidra (sosta scomoda). Dalla base seguire la traccia che va inizialmente a destra per poi portarsi a sinistra e condurre al punto di attacco.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

giovedì 13 settembre 2018

Ristorante Foresta

Carne salata con fragole e olive taggiasche.
Gnocchi di patate e ortica con ragù di verdure.
Filetto di cervo al ribes rosso.
Cioccolato e gelato al mango.
Strada della Comunità de Fiem, 42
Moena (TN)


E anche stavolta, il weekend dolomitico si dimostra occasione di allargare il perimetro per godere non solo delle montagne, ma anche di altri piaceri locali, quali saune e cucine. Siamo in Val di Fassa, tra Predazzo e Moena, in un hotel che risale all'800, di mole anche troppo grande per i miei gusti. All'interno il ristorante, in una sala non troppo capiente, con quell'arredamento in stile alpino che trabocca di rovere sbiancato da tutte le parti.
Noi però non ci facciamo intimidire e puntiamo dritti sul menù. Cucina di territorio rivisitata, che usa ottimi ingredienti e materie prime. La cena si srotola sull'abbinamento tra carni e frutti di bosco, che nella mia mente è indissolubilmente legato alla cucina di origine germanica. Iniziamo pertanto da una prelibatissima carne salata con fragole e olive taggiasche che ci dividiamo a mo' di antipasto e che immediatamente ci riconcilia col mondo.
Per il primo, cedo alla mia passione (beh, ad una delle tante...) e ordino un risotto ai funghi di gran soddisfazione, mentre Teo "indovina" un gustosissimo e assai delicato piatto di gnocchi di patate e ortica con ragù di verdure.
Siamo al secondo, e la mia scelta non può cadere che su un filetto di cervo al ribes rosso, magrissimo e assolutamente consigliabile. Teo ripiegherà invece su un filetto di tonno al pistacchio, nonostante il mio disappunto per la scelta assai poco "locale". Infine, c'è ancora tempo di stupirci con un veramente ottimo cioccolato con gelato al mango prima di accomiatarci chiacchierando davanti ad una grappa.
Un'ulteriore nota di merito va alla cantina, soprattutto per la completezza sul Trentino Alto-Adige. Durante la cena non ci facciamo mancare nemmeno la solita chiacchierata con l'assai cortese sommelier del locale sui meriti (e demeriti!!) dei vini in barrique.