domenica 10 novembre 2024

Locanda dei buoni e cattivi

Lo spazio esterno.
Tagliatelle rosse con ragù di pollo.
Ghisadu di manzo.
Tortino al cioccolato.
Via Vittorio Veneto 96
Cagliari


La Cooperativa dei buoni e cattivi è una cooperativa sociale che aiuta i giovani con diverse fragilità a ritrovare una strada attraverso il lavoro nella locanda o nel ristorante, a cui si uniscono un circolo e un punto ristoro. Il ristorante ha uno spazio interno e un dehor, dove ci sediamo. La cucina utilizza prodotti locali e si ispira ai piatti della tradizione sarda, con pane e pasta fatti in casa. Menù abbastanza semplice, con quattro antipasti e primi, e qualche scelta in più per i secondi.

I primi includono una vellutata di pomodori (opzione per vegetariani) e tre scelte di pasta, tra cui scelgo senza esitazione le tagliatelle rosse di pasta con ragù di pollo sfumato al Vermentino e profumato al limone; nome lunghissimo, ma piatto assolutamente meritevole, con il sapore un po' rustico delle tagliatelle che si sposa benissimo con la leggerezza del pollo e il sentore di limone.

Tra i secondo figurano un paio di scelte di mare (fritto e zuppa), una vegetariana, e tre di carne (arrosto di maiale, polpette di pecora e hamburger). Purtroppo le polpette su cui punto sono finite, ed al loro posto vi è un ghisadu di manzo in rosso con patate arrosto su letto di pane carasau, che assaggio con curiosità: il ghisadu (ovvero cotto in umido) è uno spezzatino tipico della Sardegna, giunto qui dalla Spagna. La carne è tenerissima, ed anche questo piatto sparisce in un batter d'occhio; unico neo - ma più che neo è una caratteristica di questo tipo di cotture - è il sapore molto intenso del sugo che va a coprire un po' quello della carne. Parere assai positivo del "local" Francesco anche sull'arrosto di maiale.

Meno entusiasmante, ma è quasi una costante per me, la lista dei dolci: millefoglie, crema al mascarpone, biancomangiare (che forse sarebbe stata la scelta più consona), e l'onnipresente tortino al cioccolato, che scelgo senza troppa convinzione. Onesto, ma niente di particolare.

La lista dei vini non è particolarmente ampia, ma giustamente focalizzata su produttori sardi; purtroppo però, la scelta è penalizzata dalla mancanza di una persona competente che sappia fornire qualche indicazione sui produttori meno noti e sulle etichette in lista (questa scarsa considerazione per il vino si ritrova ormai di frequente nei ristoranti, da nord a sud). Visti i secondi di carne, vado a pescare un Cannonau biologico Scillaras della cantina Antigori; una scelta più che soddisfacente. Interessante la scelta di amari di produzione regionale, che stavolta non abbiamo assaggiato: un motivo per ritornare!

Il conto: 100 € per:
1 antipasto
2 primi
2 secondi
2 dessert
1 caffè
1 bottiglia di acqua
1 bottiglia di vino (22 € circa)

martedì 24 settembre 2024

Cirò DOC classico superiore 2017 Cataldo Calabretta

Non ci sono molte informazioni su questa cantina: il sito è ad oggi vuoto, e le poche righe che si trovano qua e là raccontano una storia di quattro generazioni e di una recente conversione al regime biologico, con la coltivazione della vite con la tecnica dell'alberello (più laboriosa, ma con risultati migliori) ed il recupero di vasche in cemento per l'affinamento di vini ottenuti limitando l'uso di anidride solforosa e senza uso di lieviti. Poco... ma molto, si potrebbe dire!

La cantina produce un Ansonica e un passito, oltre ovviamente ai Cirò, nelle declinazioni di rosso, bianco e rosato. Questo Cirò rosso superiore nasce da uve Gaglioppo al 100% e proviene da vecchie viti di oltre 40 anni. Il vino dovrebbe affinare per 10 mesi nelle suddette vasche, ma in giro si trovano anche informazioni diverse sulla durata della permanenza. Il colore è ormai granato, a testimonianza dei sette anni trascorsi in bottiglia, ed il vino si presenta chiuso, poco convinto di uscire dal vetro in cui riposava. Bisogna quindi coccolarlo un poco, e aspettare che si decida: pian piano emergono i frutti rossi e un po' di liquirizia e violetta. All'assaggio si percepisce una struttura ancora ben solida, con tannini morbidi e una buona persistenza.
Da riprovare assolutamente un po' più giovane!


Gradazione: 13,5°
Prezzo: 12 €

martedì 10 settembre 2024

Asti-Aiolfi (con variante Pellicioli-Bergamelli)

La relazione originale (LS 18, 1944).
La variante (Annuario CAI BG 1954, p. 72)
Sul 1° tiro.
Bruno sul 2° tiro.
Tracciato della via.
Presolana orientale
Parete S

io me li immagino Randolfo Asti e Carlo Aiolfi in cima al Visolo nell'estate del 1944, con l'Italia spaccata in due ed il nord ancora sotto il governo-fantoccio della Repubblica di Salò. Non so se la salita sia un modo per riappropriarsi della libertà o un semplice momento di svago, ma sono lì. E, guardando la Presolana orientale, non possono non notare l'evidente direttrice di salita ed il pilastro staccato. Da qui, infatti, la linea è evidente ed invitante, molto più di quanto non appaia dal basso. Il 15 agosto salgono la via, e la relazione è pubblicata su Lo Scarpone n. 18 del 16 ottobre 1944 (e riportata nell'Annuario 1944 del CAI BG), con schizzo dell'itinerario invero alquanto approssimativo.
Passano dieci anni e anche Leone Pellicioli guarda la Presolana orientale. Nel 1954 vi apre la Pellicioli-Spiranelli e decide che la linea diretta della Asti-Aiolfi che si vede dal Visolo deve essere percorsa per intero, raddrizzando quella deviazione a sinistra dei primi salitori. Detto fatto!

Accesso: dalla Val Seriana verso il passo della Presolana; parcheggiare sulla destra in un largo spiazzo poco prima di raggiungerlo, appena prima di una chiesetta (cartello "Cantoniera della Presolana"), seguire la strada che si stacca di fronte fino al secondo tornante e lasciarla per proseguire lungo il sentiero, raggiungendo la baita Cassinelli o rif. Carlo Medici (indicazioni). In alternativa, parcheggiare qualche centinaio di metri prima sulla destra, nei pressi dell'Hotel Spampatti, e seguire la strada di fronte e subito il sentiero a destra (indicazioni per baita Cassinelli), che sale nel bosco e si congiunge con il precedente. Superare la malga Cassinelli e risalire il ghiaione (segnavia 315 per il bivacco Città di Clusone e Grotta dei Pagani), fino a giungere all'altezza della parete dello Spigolo Longo. Qui salire per una delle tracce sulla destra, raggiungendo l'attacco di Echi verticali. Proseguire in salita, superando l'attacco di Spigolando e il cordino di Emmentalstrasse, e continuare fino ad un tratto attrezzato che supera il canale Bendotti. Poco dopo si giunge davanti alla parete della Presolana orientale, dove sale la Pellicioli-Spiranelli. Si continua ancora risalendo una paretina (corda fissa) fino a giungere in vista dell'ultimo tratto di parete, dove sono evidenti due grosse nicchie. Quando il sentiero si allontana dalla parete, lasciarlo e traversare a sinistra (vaga traccia) puntando alla loro verticale. Si vedono ora altre due nicchie nerastre alla base: la via attacca tra le due (chiodo visibile).

Relazione: via con percorso molto logico e difficoltà contenute su roccia quasi sempre buona (tranne nel canalino del terzo tiro dove bisogna fare un po' d'attenzione). Il vero limite di questa via è il suo sviluppo, che di fatto è di un centinaio di metri circa e che difficilmente giustifica l'avvicinamento, a meno di non salire anche Ultimo sole o qualche linea che consenta un veloce rientro tramite calata. La chiodatura è buona, ma qualche friend è utile per integrare qua e là.
1° tiro: salire e spostarsi a sinistra, poi dritti fino ai due chiodi ravvicinati e ancora a sinistra ad una lama che si risale. Un ultimo traverso a sinistra porta ad un diedro che si attraversa per salire alla sosta. 30 m; IV, V+, V; quattro chiodi (uno con maglia-rapida), un cordone in clessidra. Sosta su tre fix con cordoni e maglia-rapida. Poco oltre c'è la sosta originale.
2° tiro: raggiungere la sosta originale e salire portandosi verso l'evidente fessura alla sua destra, che si segue fino ad un terrazzo dove si sosta. 25 m; V+, IV+; un chiodo. Sosta su cordone in clessidra. La via originale prosegue a sinistra.
3° tiro (variante Pellicioli-Bombardieri): salire dritti per bel muretto lavorato e lama, entrando in un vago diedro-fessura con roccia ed erba che si segue fino al termine, dove si cerca uno spuntone minimamente stabile per la sosta. 25 m; IV+, V+, IV+; un chiodo, un cordone in clessidra. Sosta da allestire su spuntone.
4° tiro: salire le facili rocce fino al terrazzo di sosta. 25 m, II. Sosta (della via Ultimo sole) su due fix con cordone e maglia-rapida, e fix singolo.

Discesa: dovrebbe essere possibile scendere in corda doppia lungo Ultimo sole, ma non abbiamo provato. In alternativa, proseguire per facili rocce fino a poco sotto la vetta, dove si può traversare a destra fino a congiungersi con il sentiero di discesa (bolli rossi) che si segue fino alla bocchetta del Visolo (passi di II). Da qui si può scendere a destra, ritornando sul sentiero percorso in salita, oppure salire al Visolo e scendere dall'altro versante, giungendo direttamente nei pressi della baita Cassinelli.


Avvertenza: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

sabato 7 settembre 2024

King line

Edo sul 1° tiro.
Sul 6° tiro.
Tracciato della via (rosso). In azzurro la via Solo per Bruna.
Rocca Castello
Parete E

Accesso: si risale la val Maira fino a Chiappera (fraz. di Acceglio), si superano le case e si prosegue fino al bivio successivo dove si sale verso destra. La strada sale per circa 4,5 km con tratti asfaltati e sterrati, ma ben percorribili, fino ad un parcheggio (Grange Collet; cartello di divieto di accesso). Qui si prende il sentiero che mena al Colle Greguri (poco dopo la partenza, tenere la destra e passare il torrente su un ponte; non puntare alle baite), con bella vista sulle pareti ovest di Rocca e Torre Castello. Dal Colle, ove si può visitare un bunker della seconda guerra mondiale, a ricordare l'idiozia di chi voleva alcune migliaia di morti per sedersi al tavolo del vincitore, si scende lungo il sentiero fino al quarto tornate. Da qui si segue una traccia che porta all'attacco, a sinistra di un tetto obliquo (via Rinaudo). Fix visibili e targhetta con nome.

Relazione: bella via diretta che sale la parete E della Rocca per muretti articolati e un diedro centrale. La chiodatura è buona a fix, solo un poco distanziata qua e là, ma la via è percorribile in tutta tranquillità, senza utilizzo di friend, anche perché le difficoltà indicate sono quasi sempre limitate a pochi passi per tiro; tuttavia - come al solito - portatene un paio se non siete a vostro agio. La roccia è ottima ed il percorso sempre ovvio. Tutte le soste sono attrezzate con due fix, catena ed anello di calata.
1° tiro: salire dritti fino ad un terrazzino (secondo fix un po' alto), spostarsi a sinistra e continuare per lame fino alla sosta. 30 m, 5c, sette fix.
2° tiro: salire il diedrino sopra la sosta, uscire a sinistra in placca e continuare per placche intervallate da terrazzini fino alla sosta. 35 m, 5b, sei fix.
3° tiro: salire la placca e la fessura verticale, uscendo su un terrazzino grazie ad una lama. Risalire un pilastro staccato, portarsi sulla parete e raggiungere la sosta sulla sinistra. 30 m, 5b, sei fix.
4° tiro: salire dritti per placca fino ad un vago diedrino, poi per diedro più facile fino alla sosta. 30 m, 5c, sette fix.
5° tiro: salire per i diedri a sinistra dello spigolo fino ad un terrazzo, dove si continua per diedro fino alla sosta. 40 m, 5a, sei fix.
6° tiro: uscire dal diedro e raggiungere la parete sulla sinistra. Salire la bella placca e sostare sullo spigolo a sinistra. 30 m, 5b, sei fix.
7° tiro: salire brevemente lungo lo spigolo, portarsi a destra e salire per placca fino ad una lama che consente di raggiungere la sosta finale. 25 m, 6a (un passo), sei fix.

Discesa: in corda doppia lungo la via:
1a calata: 50 m, fino alla sosta del 5° tiro.
2a calata: 35 m, fino alla sosta del 4° tiro (oppure 55 m fino a quella del 3°).
3a calata: 55 m, fino alla sosta del 2° tiro (o del 1° tiro se partite dalla S3).
4a calata: 55 m, fino a terra (o 30 m se partite da S1).


Avvertenza: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

venerdì 23 agosto 2024

Lupetti

Stefano sul 1° tiro.
Sul 2° tiro.
Stefano sul 7° tiro.
Sulla cresta finale.
Tracciato della via (azzurro), Il rosso la via
Carlo Rossano superiore.
Corno Stella (gruppo dell'Argentera)
Parete SO

Accesso: da Cuneo a Borgo san Dalmazzo e poi per la valle Gesso, superando la mitica falesia di Andonno e proseguendo fino al Gias delle Mosche, dove si parcheggia. Da qui in poco meno di due ore si raggiunge il rif. Bozano, ottima base per le arrampicate nella zona, con vista sulla parete NO del Corno Stella. Da dietro il rifugio si segue l'incredibile "strada" lastricata realizzata nel 2016 che passa dalla base dello Zoccolo del Corno Stella e diviene poi sentiero che risale il ghiaione a destra. La traccia raggiunge la parete del Corno in corrispondenza di un camino-fessura a sinistra, con corda fissa (un po' malandata) visibile. Si sale quindi verso sinistra (III) fino ad una traccia, che si segue fin quasi alla fine. Giunti sotto un tetto rossastro che sale verso sinistra, si raggiunge la base della parete dove parta la via (targhetta metallica e fix visibile; 45' circa dal rif. Bozano).

Relazione: via molto bella su roccia ottima, con chiodatura distanziata. I tiri-chiave sono il terzo ed il quinto, mentre il passo di 6a+ del quarto tiro sfoggia protezioni in stile-falesia e si supera agevolmente. Friend poco utili, ma forse qualcosa si riesce ad usare nel terzo tiro. Tutte le soste sono su due fix con anelli di calata.
1° tiro: salire la placca e portarsi a destra del tetto, superarlo verso sinistra e salire per diedro alla sosta. 50 m, 6a, otto fix.
2° tiro: salire per placche e piegare verso destra quando queste divengono più verticali, superando un muretto prima della sosta. 40 m, 5b, cinque fix.
3° tiro: salire il muretto sopra la sosta e proseguire per uno spigolo fino alla sosta. 40 m, 6a, otto fix.
4° tiro: salire a destra fino alla vena di quarzo, superare il breve strapiombo e proseguire su rocce facili, prima a sinistra e poi dritto, fino ad una placchetta prima della sosta. 30 m, 6a+ (passo), cinque fix.
5° tiro: salire a superare un muretto ed un diedro, continuando per placche fino alla sosta. 40 m, 6a, otto fix
6° tiro: passo delicato in partenza, poi proseguire per facili placche tenendo un po' la destra fino alla sosta su cengia. 40 m, 6a (passo iniziale, poi più facile), cinque fix.
7° tiro: salire e portarsi a destra, superare un muretto e proseguire su cengia fino alla sommità. 40 m, 5c, quattro fix.

Discesa: scendere a sinistra (rispetto alla salita) per traccia con ometti fino alla base dell'evidente placca che emerge tra gli sfasciumi. A quest'altezza, identificare un ometto e una corda fissa che in breve deposita alla sosta di calata lungo Esprit libre:
1a calata: 45 m, saltando una sosta.
2a calata: 40 m, saltando una sosta.
3a calata: 45 m, saltando una sosta.
4a calata: 50 m, fno alla sosta di partenza della Carlo Rossano. Da qui si può scendere lungo il canale, ma è più comodo fare un'altra calata.
5a calata: 60 m, fino al sentiero nella parte bassa delle cengia mediana. Da qui, seguire il sentiero fino ad una sosta.
6a calata: 50 m, fino alla base (o due calate da 25 m).


Avvertenza: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

giovedì 22 agosto 2024

Regalami un sorriso + Carlo Rossano sup. (con uscita su Visconte dimezzato)

Sul 1° tiro.
Sul 3° tiro.
Stefano sul 4° tiro.
Stefano sul 6° tiro.
Stefano sul 10° tiro.
Sull'11° tiro.
Stefano sul 12° tiro.
Sul 13° tiro.
Tracciato di Regalami un sorriso.
Tracciato della Carlo Rossano superiore (rosso).
In azzurro la via Lupetti.
Corno Stella (gruppo dell'Argentera)
Parete SO

Accesso: da Cuneo a Borgo san Dalmazzo e poi per la valle Gesso, superando la mitica falesia di Andonno e proseguendo fino al Gias delle Mosche, dove si parcheggia. Da qui in poco meno di due ore si raggiunge il rif. Bozano, ottima base per le arrampicate nella zona, con vista sulla parete NO del Corno Stella. Da dietro il rifugio si segue l'incredibile "strada" lastricata realizzata nel 2016 che porta alla base dello Zoccolo del Corno Stella (la metà bassa della parete). La via Regalami un sorriso parte appena a sinistra del punto più basso dello Zoccolo, oltre l'evidente diedro (fix visibili; 15' circa dal rif. Bozano).

Relazione: interessante combinazione di vie nata su consiglio di Marco, il rifugista del Bozano, che ci suggerisce di sostituire la Carlo Rossano inferiore con Regalami un sorriso, connettendosi direttamente a metà del primo tiro della parte alta (vedi poi). Linea molto bella con chiodatura buona, ma con passi obbligati. Friend sostanzialmente inutili. Nota: alcuni chiodi posti in prossimità dei nuovi fix non sono indicati.

Regalami un sorriso:
1° tiro: salire la placca fino alla sosta. 25 m, 6a, nove fix. Sosta su due fix con catena e fix singolo.
2° tiro: salire a superare un breve strapiombo appena a destra della sosta e continuare per rocce via via più facili fino alla sosta. 35 m, 5a, sei fix. Sosta su due fix con catena ed anello.
3° tiro: salire verso sinistra, tra un diedro sulla destra e una striscia di erba sulla sinistra, uscire dal diedro a destra quando questo si chiude e proseguire fino alla sosta. 35 m, 4c; sei fix, un chiodo. Sosta su due fix con catena ed anello.
4° tiro: traversare a sinistra e salire lungo la placca. 25 m, 6a (passo); quattro fix, un chiodo. Sosta su due fix con catena.
5° tiro: continuare lungo la placca fino alla sommità del pilastro dove si sosta. 25 m, 6a (passo), sei fix. Sosta su due fix con catena ed anello. Da qui in poi i tiri sono quelli della via Giacougià.
6° tiro: portarsi sulla placca di fronte, salirla puntando a destra del tetto rossastro, superarlo piegando a sinistra e continuare più facilmente fino alla sosta. 35 m, 5a, sette fix. Sosta su due fix con catena ed anello.
7° tiro: proseguire lungo la facile placca. 40 m, 4c, sette fix. Sosta su due fix con catena ed anello.
8° tiro: salire verso destra fino alla sosta (della via Pilastro di Oscar. 20 m, III+.
9° tiro: continuare facilmente, sempre tenendo lievemente a destra, fino al margine della cengia mediana, dove si trova la sosta di calata nel canale. 60 m, III+, quattro fix. Sosta su due fix con catena ed anello. Da qui ci si può calare nel canale se non si desidera continuare l'ascensione (vedi Discesa).

Carlo Rossano (superiore):
Se si vuole percorrere interamente la via, bisogna spostarsi verso destra, scendendo brevemente fino ad un terrazzino dove si trova la targhetta di Opinioni di un clown. Questa sale in verticale, mentre la nostra va in obliquo a sinistra. Su consiglio del rifugista, noi siamo invece saliti brevemente per poi attraversare a destra, raccordandoci con la seconda parte del tiro. NON consiglio questa soluzione: il traverso (che doveva essere di III+) è decisamente più impegnativo, e del tutto sprotetto. Forse abbiamo attraversato nel punto sbagliato, quindi valutate bene...
10° tiro: salire per rocce rotte fino a portarsi a sinistra della placca su cui corre la via, traversare a destra (sprotetto) e proseguire in verticale fino alla sosta. 50 m, 6a, cinque-sei fix (a seconda del traverso). In alternativa, scendere fino alla sosta iniziale e salire verso sinistra.
11° tiro: salire a sinistra della sosta e continuare lungo lo sperone e per un muretto fino ad una cengia dove si sosta. 30 m, 5c, dieci fix.
12° tiro: salire lungo la placca, superare una lama ed il successivo muretto e continuare più facilmente su un secondo muretto e poi verso destra alla sosta. 35 m, 6a, dieci fix.
13° tiro: salire lungo il muro verticale sopra la sosta, spostarsi verso destra e salire un muretto (passo un po' sbilanciante), per salire alla sosta a destra lungo la vena di quarzo. 20 m, 6a+ (passo), otto fix. Da qui si può uscire lungo la via originale, sulla destra, che raggiunge la cima con un tiro di 6a di 50 m, oppure seguire la più impegnativa variante.

Visconte dimezzato:
14° tiro: salire e portarsi verso sinistra, superando una placca delicata. 20 m, 6a+, otto fix.
15° tiro: superare la breve placchetta, rimontare un tettino (fix un po' alto), e continuare per rocce facili piegando verso destra fino ad incrociare la sosta dell'uscita originale. Se le corde non fanno troppo attrito, proseguire ancora qualche metro sulla destra fino ad incrociare la sosta di calata. 50 m, 6b, dieci fix.

Discesa: in corda doppia lungo Esprit libre e sentiero:
1a calata: 45 m, saltando una sosta.
2a calata: 40 m, saltando una sosta.
3a calata: 45 m, saltando una sosta.
4a calata: 50 m, fino alla sosta di partenza della Carlo Rossano. Da qui si può scendere lungo il canale, ma è più comodo fare un'altra calata.
5a calata: 60 m, fino al sentiero nella parte bassa della cengia mediana. Seguire il sentiero fino ad una sosta.
6a calata: 50 m, fino alla base (o due calate da 25 m).


Avvertenza: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

Jeannot (con uscita sullo Sperone Gioele e variante)

Stefano sul 3° tiro.
Sul 4° tiro.
L'ottavo tiro.
Tracciato della via.
Punta bifida - Catena delle guide (gruppo dell'Argentera)
Parete SO

Accesso: da Cuneo a Borgo san Dalmazzo e poi per la valle Gesso, superando la mitica falesia di Andonno e proseguendo fino al Gias delle Mosche, dove si parcheggia. Da qui in poco meno di due ore si raggiunge il rif. Bozano, ottima base per le arrampicate nella zona. A sinistra della parete del Corno Stella si snoda la Catena delle guide, al centro della quale è evidente un tozzo torrione con una fessura diagonale (punta Plent), riconoscibile per l'aguzzo sigaro alla sua sinistra. La Punta bifida è a destra della Plent, e la via attacca appena a sinistra del canale che divide le due, in comune con Comet C4 (scritta alla base; 15' circa dal rif. Bozano).

Relazione: via in stile plaisir, ottima per impiegare una mezza giornata con tempo incerto, che sale per placche a destra del canale di partenza. Roccia e chiodatura sono ottime (la valutazione S2 della guida 2023 di Versante Sud è in realtà S1) ed il percorso è sempre ovvio, tranne che al termine del quarto tiro, dove bisogna fermarsi alla prima sosta che si incontra, sulla sinistra, anziché salire a quella dello Sperone Gioele pochi metri sopra, come abbiamo fatto noi per errore. Se percorrete questa combinazione, è utile un friend medio se si vuole passare dalla cima ovest, dove esce lo Sperone e da cui ci si può calare, a quella est, dove esce la via originale.
1° tiro: salire i risalti piegando verso destra fino alla sosta. 30 m, 5b, sette fix. Sosta su due fix con anelli.
2° tiro: spostarsi a destra (viso a monte), attraversare il canale e traversare ancora a destra (ignorare il fix di Comet C4) fino alla sosta. 40 m, 4c, cinque fix. Sosta su due fix con anelli. E' possibile anche attraversare direttamente il facile canale.
3° tiro: salire la bella placca sopra la sosta. 30 m, 6a+ (un passo), undici fix. Sosta su due fix.
4° tiro: superare il risalto appena sopra la sosta e continuare per placca più facile fino alla sosta sulla sinistra. Noi siamo saliti per errore ad una sosta appena più in alto a destra, che appartiene allo Sperone Gioele. 30 m, 6a, undici fix. Sosta su due fix con catena ed anello. La vera sosta è la prima, da dove la via originale prosegue verso sinistra, attraversando il canale e salendo alla nostra 8a sosta con tre tiri di 5b.
5° tiro: superare il muretto iniziale e continuare per placche fino alla sosta. 25 m, 4c, otto fix. Sosta su due fix con anello.
6° tiro: salire a sinistra della sosta e proseguire per placca sulla destra, vicino ad un diedro. 30 m, 4c, otto fix. Sosta su due fix. è possibile anche proseguire a sinistra sullo Sperone originale (5b).
7° tiro: salire il breve diedro (più facile sulla destra) e proseguire per facile placca, portandosi poi verso sinistra fino ad una terrazza dove si sosta. 40 m, 5c, undici fix. Sosta su due fix con anello. Da qui ci si può calare senza attraversare a sinistra (facile, ma sprotetto).
8° tiro: traversare a sinistra in leggera discesa, risalire il canale e il muretto di fronte (o il diedro rotto sulla destra) e sostare sulla cengia. 40 m, IV-. Sosta su due fix con anello.
9° tiro: portarsi sotto la cima est della Punta e salire per lame e placchetta fino alla sommità. 20 m, 5a, sei fix.

Discesa: in corda doppia lungo la via (quella giusta!):
1a calata: 20 m, fino alla sosta del 8° tiro. 2a calata: 45 m, fino alla sosta del 6° tiro della Jeannot.
3a calata: 50 m, attraversando il canale e fino alla sosta del 4° tiro della Jeannot.
4a calata: 55 m, fino alla sosta del 2° tiro.
5a calata: 30 m, fino alla base.


Avvertenza: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

giovedì 15 agosto 2024

Treni 2218 e 2275 (Bergamo-Milano Lambrate): ritardi maggio-luglio 2024

Fig. 1: distribuzioni cumulative dei ritardi (scala lognormale) per il treno
2218 delle 8:02 nei trimestri maggio-luglio dal 2015 al 2024.
Fig. 2: Ritardi nel bimestre in esame per il treno 2218 (8:02).
Fig. 3: come in Fig. 1, ma per il treno 2275 delle 17:41.
Fig. 4: come in Fig. 2, ma per il treno 2275 delle 17:41.
La segnalazione del trimestre è questo articolo de Il Giorno che, guarda caso, conferma tutti i dubbi relativi alle nuove modalità di rimborso che si sono inventati a Trenord. Altresì simpatica (si fa per dire...) è la risposta dell'assessore regionale ai trasporti alle critiche sull'efficienza (si fa per dire...) di Trenord, laddove rimarca che "il 95% dei convogli di Trenord arriva entro i 15 minuti di ritardo". Ignoriamo le capacità aritmetiche dell'assessore, ma qualche dubbio è lecito se ricordiamo che su un tempo medio di percorrenza intorno all'oretta si tratta del 25%; dato del tutto inaccettabile e di cui non ci si può davvero compiacere!

La situazione dei ritardi nel trimestre non regala particolari soddisfazioni: i dati per il 2218 (Fig. 1) mostrano una puntualità al 7.5%, che sale al 47% entro 5' di ritardo, con massimo ritardo di ben 58' il 15 luglio (treno cancellato e ritardo di quello successivo delle 8:40) . Da notare che con il nuovo, ridicolo, criterio dei 15' di ritardo, la puntualità è al 91%, quindi tutto bene: zitti e ringraziate! Consoliamoci notando il lieve miglioramento rispetto al 2023 per quanto riguarda la coda con i ritardi peggiori.
La Fig. 2 mostra lo "storico" dei ritardi nel trimestre. Interessante notare come la mediana (curva al 50%) sia stabile da quattro anni a 5' di ritardo, mentre nella restante metà dei casi succede di tutto! Vedete inoltre la curva blu scendere sotto i 15', forse per effetto delle nuove, assurde (l'aggettivo corretto sarebbe un altro, ma temo sarebbe passibile di querela) regole sul rimborso.

La Fig. 3 mostra gli analoghi dati per il 2275: puntualità al 21% (!!) e al 58% entro 5'... poi, il disastro: massimo ritardo di 43' il 31 luglio con treno cancellato, e altre tre volte in cui il treno è stato fermato a Verdello, con arrivo a Bergamo con il successivo 2237. In questo caso poi, nemmeno il tarocco di fissare la soglia di ritardo a 15' funziona: la puntualità è un misero 81%! Dalla figura vediamo comunque un miglioramento rispetto all'anno scorso, con la curva che si sposta un pochino a sinistra.
Questi dati sono riportati nella Fig. 4, dove si nota chiaramente la (piccola) riduzione dei ritardi rispetto agli ultimi due anni, ritardi che restano comunque più alti rispetto agli anni precedenti e con coda al 90% che rimane su valori inaccettabili.

Veniamo al capitolo giustificazioni: su 23 notifiche, 10 sono riconducibili a Trenord (problemi ai treni), 8 ad altre imprese (guasti alla linea, ritardi di treni non-Trenord), 3 alle "esigenze del regolatore" (ovvero problemi di gestione del traffico, quindi possibile responsabilità di altri convogli di Trenord) e 2 al sempreverde quanto insignificante "traffico intenso".


Nota: i dati sono raccolti personalmente o da app Trenord. Per correttezza, bisogna specificare che i ritardi sopportati dai pendolari su questi due treni non sono indicativi dei ritardi complessivi, che sta ad altri raccogliere e rendere pubblici. Idem per i rimpalli di responsabilità tra Trenord, Rfi, e quant'altri. Qui si cita Trenord in quanto è ad essa che i poveri pendolari versano biglietti ed abbonamenti, e ai quali dovrebbe rispondere del servizio.

venerdì 2 agosto 2024

Due Montepulciano d'Abruzzo di Pasetti

Non me ne vogliano gli appassionati della costa dei trabocchi, delle spiagge di Vasto e di altre località, ma per me la magia dell'Abruzzo è nel suo entroterra verdissimo e a tratti quasi selvaggio, negli innumerevoli paesi da scoprire, con le loro genti ed i loro prodotti. E così, al termine di una vacanza ormai risalente ad un paio d'anni fa, non mancai di acquistare qualche bottiglia prima del viaggio di ritorno. E non molto tempo fa, appena prima che l'ondata di caldo insopportabile si spargesse su tutto il nord Italia, mi sono letteralmente gustato un paio di bottiglie di Montepulciano di Pasetti, una famiglia con tradizione secolare e con vigneti tra le provincie di Pescara e L'Aquila, che punta essenzialmente sul Montepulciano d'Abruzzo, senza disdegnare Trebbiano e Passerina per i bianchi.

Tra i rossi, mettiamo da parte l'estremizzazione (come dice il sito) di Harimann nonché il Testarossa, e puntiamo senza esitazioni sulla linea base, annata 2019: i vitigni sono nella zona di Pescosansonesco (PE) ed il vino affina per 18 mesi in acciaio, 8 mesi in botte e 6 mesi in bottiglia. Bellissimo colore intenso che si apre su decisi profumi di frutti rossi e neri e qualche ricordo speziato. Al sorso è pieno, piacevolissimo da bere nonostante la gradazione non trascurabile, con tannini morbidi e una buona persistenza. Veramente una bottiglia da raccomandare, anche per il prezzo!

Se la versione in rosso della linea Testarossa non incontra troppo i miei gusti, la stessa cosa non si può dire per il rosato Terre aquilane Ipg, comunque ottenuto da uve Montepulciano raccolte nel territorio di Capestrano (AQ), affinate in acciaio e in bottiglia. Il colore è un bel rosa cerasuolo luminoso che prepara a distinti profumi di ciliegia, fragola e ribes. Molto fresco e piacevole all'assaggio, con un piccolo tocco floreale e minerale; l'ennesima dimostrazione del valore del Montepulciano vinificato a rosato!

Montepulciano rosso:
Gradazione: 14,5°
Prezzo: 9 €

Testarossa rosato:
Gradazione: 13,5°
Prezzo: 11 €

domenica 21 luglio 2024

Seppellite il mio cuore a Wounded Knee

Sul 1° tiro.
Teo sul 2° tiro.
Sul 3° tiro.
Sul 6° tiro.
Teo sul 7° tiro.
Tracciato della via.
Parete orientale del Pisciadù (Gruppo di Sella)
Parete NE

Accesso: dal parcheggio per la ferrata Tridentina, attualmente chiuso per lavori dopo la frana di luglio 2023, si sale a prendere uno sterrato verso sinistra, che si lascia poco dopo per salire lungo il segnavia 666 verso il rif. Pisciadù. All'imbocco della morena della Val Setus si prende a sinistra il segnavia 29A (indicazioni per la ferrata), per continuare poi lungo il segnavia 29 ad un bivio (il 29A porta all'attacco della ferrata), costeggiando tutta la parete del Pisciadù fin quasi alla Val de Mesdì. Ad un bivio successivo si segue il segnavia 29B fino ad un evidente canale, che si risale fino alla parete. Qui risalire verso destra (neve a inizio stagione - si trova un fix con cordone per facilitare il passaggio sulle rocce bagnate) fino alla sosta di partenza (due fix).

Relazione: bella via che regala soddisfazione per l'arrampicata di movimento su roccia buona (assai migliore di come sembri a volte), con solo qualche punto in cui fare attenzione. Le protezioni a fix sono vicine sui tratti di 5c/6a, e in generale nei passi più impegnativi, ma più distanziate sui tiri di difficoltà inferiore (seppur sempre piazzate in maniera logicamente ineccepibile): è comunque necessario sapersi muovere con un minimo di sicurezza, visto anche lo sviluppo non trascurabile della via. Utile un cordino per rinviare una clessidra sul secondo tiro, dove c'è una piastrina senza fix. Friend non necessari, ma volendo si riescono ad utilizzare qua e là (valutate voi). Le soste fino alla quinta sono tutte attrezzate con due fix, cordone e maglia-rapida, mentre la sesta e la settima non hanno il maglia-rapida.
1° tiro: dritto sopra la sosta fino alla sosta. 40 m, 5a; tre fix (due con cordino), due chiodi con cordino, due cordoni in clessidra.
2° tiro: aggirare un pilastrino sulla destra, salire e traversare a destra lungo una colata nera per raggiungere la sosta. 50 m, 5a, sei fix.
3° tiro: salire per placca, spostarsi a destra e superare un muretto, uscendo alla sosta a sinistra. 45 m, 6a, nove fix.
4° tiro: continuare lungo la parete, piegando poi verso destra fino alla sosta. 45 m, 4b; cinque fix, un chiodo.
5° tiro: tiro un po' zigzagante: si parte a destra della sosta, ci si sposta a sinistra e si sale, poi ancora uno spostamento a destra e rientro, per salire alla sosta. 45 m, 5b, otto fix.
6° tiro: si parte a sinistra della sosta, si continua dritto e si attraversa (passo delicato) alla sosta in una nicchia. 33 m, 6a (per me anche un passo di 6a+); otto fix, un cordino in clessidra.
7° tiro: salire per placca e poi per diedro, spostarsi a sinistra e salire alla sosta. 45 m, 5c, dieci fix.
8° tiro: salire per il facile camino fino alla sosta. 30 m, 4a; un fix, un cordino in clessidra. Sosta su fix e cordone in clessidra.
9° tiro: percorrere il breve tratto finale del camino, salire lungo la placca a destra fino ad una terrazza (cordino su spuntone); proseguire ancora per rocce facili fino ad uno spuntone dove si trova la sosta. 55 m, 4a, due fix. Sosta 
10° tiro: traversare a destra e continuare per facili rocce fino alla sosta. 50 m, III+. Sosta su due fix.

Discesa: proseguire brevemente e salire verso sinistra, tagliando poi per prati fino ad incrociare il sentiero che sale dalla Val de Mesdì al rif. Pisciadù. Seguirlo verso sinistra (discesa) fino circa all'altezza dell'attacco della via. Qui portarsi verso sinistra a riprendere il segnavia 29B per ripercorrere il tragitto seguito all'andata. Prima dell'ultima salita che riporta sul 666 si può deviare a destra e scendere lungo il primo tratto della ferrata. Contare un'ora e mezza circa. In alternativa (non verificata) dall'uscita della via si piega a destra e si risale verso il rif. Pisciadù per discendere dalla Val Setus.


Avvertenza: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

giovedì 4 luglio 2024

Normance

di Louis-Ferdinand Céline
Einaudi, Torino, 1988
Traduzione di Giuseppe Guglielmi

e le bombe tombolano ancora a grappoli! risprizzano verde! blu! geyser attraverso le nuvole!... ah è del terribile fantastico! fantasmagorie così spinte di colore che anche no artista come io sono mi dico: accidenti madonna! è un abbagliamento che non ha prezzo! frangenti di bellezze così scrollano l'universo! altre generazioni vedranno forse qualcosa di più e di meglio... ancora?... ancora?
Di Céline tutti conoscono il capolavoro, il Viaggio al termine della notte del 1932, romanzo d'esordio anticipato dalla tesi di laurea sul dottor Semmelweiss che già prefigurava le doti narrative dell'autore. Poi il suo stupido delirio antisemita e filonazista (con tutti i distinguo del caso, che racchiudo in questo intervento) ne ha oscurato la produzione post-bellica che, pur non essendo comparabile con i primi due romanzi (e come potrebbe?), diviene quasi una ricerca di stile, che dilata la trama vera e propria nel racconto affannoso e concitato delle esperienze di guerra ed esilio. Normance è scritto nel 1954 come seguito di Pantomima per un'altra volta (il titolo originale è Pantomima per un'altra volta II: Normance), ed è il racconto in prima persona - in presa diretta si potrebbe dire - del bombardamento di Parigi della notte tra il 20 ed il 21 aprile 1944 da parte degli Alleati (nel risguardo del volume si dice erroneamente agosto '44, data della liberazione di Parigi). Céline abita al 6° piano in Rue Girardon 4, a Montmartre, e da lì descrive con la sua prosa ossessiva la distruzione della città (p. 101):
l'edificio anche di fronte il «16» si china... china col suo balcone... il balcone del «4°» spenzola... ad amaca... a vetrina! e che cos'è che ci si becca ancora come risucchi, noi! di ste cariche d'aerei a scappa-e-fuggi!... [...] questo però è meglio che la lingua, la gigantesca slinguata di fuoco del cielo!... le bombe, si sa, la lingua no!... ma i risucchi d'aria forse poi... sono i peggio! [...] che ci sbattono nel corridoio, scontrano come arieti!... brram! frammezzo intanto pieno di scheggiaglia, pieno di ardesie!... pioggia di mattoni!... che tu, carne al muro rispiaccicata, urli di dolore!
La "trama" è veramente l'ultima cosa a cui prestare attenzione, ma tentiamo: per effetto del bombardamento l'ascensore precipita al piano-terra scavando una voragine, le scale vanno a pezzi, i mobili si spostano e finiscono di sotto, e Ferdinand e la moglie Lilì si decidono a scendere, ritrovandosi con il resto del condominio nella loggia della portineria, tra un'orda di inquilini ammucchiati sotto una tavola. Tra essi ci sono i Normance (André e Delphine), lui un mastodonte di 160 kg, distributore di carta assai ricercata dall'autore, che brama di finire (p. 64) tre capolavori, lirici, ironici, là su di sopra!... «Leggende e pensieri», il «Re Krogold»... «Casse-pipe»... «Guignol's»... in secca!... più carta!
Non azzardandosi a raggiungere il metrò (sia per le bombe, sia perché Céline teme il linciaggio come collaborazionista), la comitiva resta intrappolata ed i comportamenti degenerano. Delphine sviene e prima Raymond e poi Normance, nella frenesia di sollecitare un impossibile intervento di Céline (che, ricordiamo, era dottore), lo "incoraggiano" ripetutamente a modo loro (p. 133):
e là subito: prang! mi attacca a pugni nella schiena!... Mi volto!... due pugni nella pancia! lui sa, come mi si incentiva!... mi strangolava prima, adesso mi sfonda! mi urla in questo mezzo...
— Dottore! Dottore!
La ricerca di un cordiale da somministrare alla malata si indirizza verso l'appartamento di un'inquilina assente da tempo. Per sfondare la porta la folla utilizza lo stordito Normance come ariete (non senza incitare il dottore a spingerlo, viziosi cagoni marpioni brutta razza! se ci spacca la testa al grosso chi è che è poi l'assassino?, p. 144), lasciandolo poi con la testa mezza fracassata per saccheggiare il ben fornito appartamento. Qui la cronaca continua con tutti i dettagli, perché (p. 70) faccio mica l'artista, il pressapochista! «io ero lì, la tal cosa mi capitò» ecco la mia legge!, fino al termine del bombardamento, quando la gente riemerge dal metrò ed inizia a litigare. Così il loro comportamento, ammantato finora di un minimo rispetto o ambiguità (perché c'è niente nel fondo delle crape solo che il contraccolpo delle grandi notizie, p. 108), si tramuta in odio verso il traditore (p. 195):
uno che era l'amico assoluto, tutto cuore, si caccia nell'odio!... lo ritrovi terribile nemico, ti diffama, denunzia, baldracca!... ti mangerebbe vivo! [...] dal momento che gli inquilini, tranquillo! mi detestavano!... Erano forse i più terribili, gli inquilini!... che mi vedono, mi massacrano! [...] Oh, sento le loro parole... gracchiano là sotto!... e di me!... e mica in modo piacevole! sto fiele! io li interesso... dicono solo che del male...
Ferdinand è salvato dal robusto amico Octave che, fatto buttare nel buco dell'ascensore il corpo dell'ormai dissanguato Normance (che prima di morire ha comunque trovato modo di rifilare altre legnate a Ferdinand), riporta Céline in spalla fino al suo appartamento, sbagliando però piano. Attraverso un foro nella parete, ai tre (c'è anche Lilì) si para davanti una scena paradossale: l'appartamento adiacente è intatto nonostante i bombardamenti e vi si trova Norbert, un attore ormai demodé, con una tavola apparecchiata in attesa di ospiti. Norbert, impazzito forse per via del bombardamento, sta aspettando il Papa, Churchill e Roosevelt a cena, e fa da contrasto alla lucida follia di Céline, a cui infatti ricorda che (p. 231)
Ma amici voi siete pazzi! [...]
Non è successo niente!... confondete tutto! ecco! confondete tutto!...
non è successo niente! sta per succedere! sì! certo! sta! sta per succedere!
Una simile simmetria si instaura tra gli insulti di Céline a Jules e gli "inviti" a saltare dal mulino su cui è prigioniero e gli stessi insulti ed inviti che gli inquilini rivolgono al dottore affinché salti il precipizio scavato dall'ascensore per soccorrere Delphine (p. 161). I tre ridiscendono in strada e si avviano verso il metrò insieme alla bidella faccia di frittata, che ha raccolto le carte di Céline che infine si sparpagliano (p. 269): l'aria era intasata di carte, ecco!... a vortici! carte mie! e altre! che si vedeva più il marciapiede di fronte!

La trama pressoché inconsistente e la dedica del libro a Plinio il Vecchio rivelano l'intento cronachistico, dove però il resoconto ossessivo degli eventi è la filigrana attraverso cui si osservano amaramente gli uomini e il loro comportamento. Impossibile seguire il flusso ininterrotto e vorticoso di insulti, bestemmie, ricordi della prima guerra mondiale, rancori personali (con Jules, ma invero con tutti per via della prigionia, pp. 178-179), odio per aria come sotto terra (p. 95), invettive proto-salvin-meloniane (p. 102) o contro tutti coloro che parlano senza sapere (p. 104; anche qui si può cogliere un riferimento alla propria storia personale):
Più che sicuro le persone del metrò hanno visto niente! [...] ma loro andranno ste persone a tutta faccia tosta a confutare! pretendere!... che niente di niente ha scossato!... schizzato! alzato polvere! che il firmamento era sereno, che, ho tutto, io, immaginato!
Oltre che contro coloro che preferiscono così che saperne di più!... l'avarizia di sé che hanno... ciò che sanno gli basta (p. 122) è da segnalare la gustosissima polemica (anche questa interessata) contro i libri presi in prestito, troppo lunga per essere riportata per intero (pp. 128-129):
Accetto le vostre critiche, i vostri insulti, ma alla precisa condizione che siate mica di quella gente che prende a prestito, scroccano, sparpagliano i libri! peste della specie! se l'avete sgraffignato col «prestamelo-che-poi-te-lo-rendo» sarebbe meglio che stiate zitti... [...] si può affermare tranquillamente, che un libro ecco si compra più, si ruba... c'è persino una sorta di «punto d'onore» a più mai comprare un libro. Non uno su venti che ti ha letto ti ha pagato! non è triste? andate a chiedere capitolo prosciutto se una fetta può fare venti persone? se una poltrona al cinema tiene quaranta chiappe? [...] vi rifilo sta digressione per niente! pura filosofia!... ve la regalo! Musa sprecona porcona, basta!
Sarebbe anche da riportare, ma la cito solamente, la sua prosecuzione ideale, sullo scrittore che vuole vendere ricordi in un mondo ormai irrimediabilmente materiale (pp. 178-179), ma chiudo questa lettura ricordando un altro tratto caratteristico di Céline, ovvero l'autocommiserazione e il vittimismo che spuntano periodicamente tra le pagine: così, come Plinio paga con la vita il suo interesse per lo studio dei fenomeni naturali, anch'io ho pagato un poco (p. 254) perché ci ho solo che l'ostilità del mondo e la catastrofe (p. 83), e (p. 237):
c'è da rendermi una vera giustizia, bisogna dirlo di passata, sono ben stato a fare il cazzone in tanti di quei posti i più malsani... per orgoglio e amor proprio e grottesca stronzeria, pura e semplice... la prova, come sono ridotto!...
La scrittura è un miscuglio di perle nascoste e merda, di intuizioni geniali e pagine noiose, un tira-e-molla continuo che avvince e (soprattutto) sfinisce, apparentemente improvvisata ma in realtà assai ricercata, e che è - scaramanticamente - destinata all'insuccesso (p. 73):
mi rileggo a sto punto, sono niente orgoglioso... ho paura che la gente si incazzi così nero! [...] e che tutto vada a finire!... oh! là! così male! [...] discredito totale! raca! scarto! sulle bancarelle, cento soldi nickel [...] Ah, il portentoso furfante! si va a insegnarci il pro del contro!... le tempeste cosmomedianiche! le bombe a pioggia, il mulino che gira, il Jules che non brucia! Ah, tromba, no tromba! disonesto strambo, imbroglione calunniatore scroccone!...
Mi aspetto il peggio!

lunedì 1 luglio 2024

Virna e Cinzia

Ramon sul 1° tiro.
Teo sul 2° tiro.
Ramon sul 6° tiro.
Tracciato della via (azzurro); in rosso la Via dei cugini.
Pizzo Arera
Parete NO

Accesso: si sale a Zambla e si prende la via Plassa (indicazione Arera), continuando fino ad un ecomostro residenziale ove si può parcheggiare gratuitamente. Lì si trova anche l'emettitrice per il biglietto d'ingresso alla strada asfaltata sulla destra che in 3 km circa conduce ad uno spiazzo dove si parcheggia (4 € giornalieri in monetine o carte). Prendere il sentiero alla sinistra del parcheggio o continuare sulla strada che in poco più di mezz'oretta porta al rifugio Capanna 2000. Guardando la parete, si nota il sentiero 244 che la costeggia verso sinistra. Salire quindi per il sentiero che mena alla vetta dell'Arera (con bella vista su rudere di pilastro di seggiovia, altra dimostrazione di scempio delle nostre montagne e di insipienza politica) e prendere poco dopo a sinistra detto sentiero, che si segue fino alla vista della parete NO dell'Arera. Si scende leggermente, si supera il primo tratto di parete, strapiombante e repulsiva, e si giunge in vista della parete NO vera e propria. Al centro sale la Via dei cugini, a destra si nota un evidente pilastro: raggiungerne la base e identificare la targhetta che indica la partenza.

Relazione: bella via che risale la parete dell'Arera per placche e un breve diedro, aperta nel 1994 con spit e chiodi e riattrezzata nel 2021 a fix. Fatte salve le vie più recenti che non conosco, dovrebbe essere quella più facile dopo i Cugini, con un grado obbligato intorno al 6a+. La chiodatura è buona, ma non troppo ravvicinata; eventualmente possono essere utili un paio di friend. Tutte le soste sono su fix con anello e secondo fix (che sembra quasi artigianale). Roccia ottima. Nota: nel seguito non indico i numerosi chiodi che sono stati "doppiati" dai fix, ma lascio quelli isolati.
1° tiro: si parte con un passo delicato lungo una fessura (possibile friend #1BD), per proseguire su placca e superare un breve muretto, portandosi poi a sinistra e salendo alla sosta. 20 m, 6a+; quattro fix.
2° tiro: si traversa a sinistra per placca e si sale lungo un esposto spigolo fino alla sosta. 15 m, 6b, sei fix.
3° tiro: salire appena a destra della sosta e superare un breve strapiombo, per spostarsi a sinistra e salire alla sosta. 15 m, 6b (passo), quattro fix.
4° tiro: salire lungo la direttrice di uno spigolino fino alla sosta. 30 m, III+, tre fix.
5° tiro: spostarsi a sinistra, doppiare uno spigolino e salire fino ad una cengia, che si segue verso sinistra fino alla sosta. 33 m, III+, due fix con cordino.
6° tiro: salire dritto in placca fino alla sosta. 30 m, 6a; tre chiodi, tre fix.
7° tiro: salire il primo tratto in placca fino ad una zona con delle rigole che si risalgono sfruttando una fessura, raggiungendo la cengia di sosta. 30 m, 5c; un chiodo, cinque fix. Tiro molto bello.
8° tiro: spostarsi a sinistra della sosta e salire un diedrino, per proseguire poi verso sinistra. Un passo delicato in placca porta alla sosta. 40 m, 6a (passo); un chiodo, sette fix.
9° tiro: salire la placca stupenda e non banale fino alla sosta. 40 m, 6b/+; tredici-quattordici fix.

Discesa: in corda doppia dalla via con sei calate:
1a calata: 35 m, in verticale fino alla sosta del 8° tiro. Attenzione: questa sosta è purtroppo sistemata male, perché l'anello è nel fix in alto, ed il secondo fix è in basso sulla verticale (anziché il contrario), col risultato che le corde non scorrono. Noi abbiamo lasciato un moschettone a ghiera nel fix; verificate che ci sia ancora!
2a calata: 40 m, verso destra (viso a monte) fino alla sosta del 7° tiro. Utili un paio di rinvii per mantenere la direzione.
3a calata: 55 m, in verticale fino alla sosta del 5° tiro.
4a calata: 25 m, verso destra (viso a monte) fino alla sosta del 4° tiro. Usare una corda singola per facilitare il recupero. Utili un paio di rinvii.
5a calata: 30 m, fino alla sosta del 3° tiro. Usare una corda singola.
6a calata: 45-50 m, fino a terra.
In alternativa (ma non abbiamo verificato) ci si può spostare a sinistra (viso a monte) fino all'uscita della via dei cugini e scendere in doppia o lungo il canale.


Avvertenza: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.