lunedì 20 settembre 2021

Vallée d'Aoste DOC Enfer d'Arvier (etichetta verde) 2013 Coopérative de l'Enfer

Visto che siamo nel settecentesimo anniversario della morte di Dante, è fin troppo facile iniziare queste righe dall'Inferno. Quello della Commedia, si sa, è posto sotto Gerusalemme e arriva al centro della Terra (con buona pace dei terrapiattisti di oggi). Ma sopra, sulla Terra, ce ne sono altri. Non parlo dei tanti creati dall'uomo, ma più semplicemente di quelle località, tipicamente di montagna, così chiamate per le loro temperature estive. Il primo nome che viene in mente è ovviamente quello dei vitigni del Valtellina superiore Inferno, ma esiste anche una Vigna dell'Inferno in Toscana e una Valle dell'Inferno a Termeno. E poi c'è la Val d'Aosta, la zona di Arvier, ed il suo vino.
Ma attenzione all'etichetta! Meglio, al suo colore. Eh sì, perché la piccola Cooperativa de l'Enfer, nata nel 1978 e che raccoglie circa un centinaio di soci con una produzione di non più di 35000 bottiglie per anno, convertita al biologico più o meno da una decina di anni, produce due Enfer d'Arvier "base", che si differenziano per il colore dell'etichetta: marrone e verde. Mentre il primo segue la vinificazione classica, l'etichetta verde non utilizza lieviti selezionati né aggiunta di anidride solforosa, ed è affinato solamente in acciaio.
Il vino è un assemblaggio di Petit Rouge (95%), forse il vitigno più coltivato della Vallée, caratterizzato da un buon tenore alcolico ma poca acidità, che è compensata da un 5% di Fumin. Il colore è rubino con dei riflessi granati che segnano i suoi otto anni.
Un po' chiuso all'inizio, si apre su note di frutti rossi e aromi vegetali, senza farsi mancare le note speziate, i famigerati aromi terziari.
All'assaggio il vino si dimostra in buona forma, ancora fresco e piacevole da bere, con una buona struttura e tannini assai morbidi. In evidenza ancora la frutta matura e un finale un poco amarognolo tipico del Petit Rouge che invoglia a riempire di nuovo il bicchiere.
Dopo tutto ciò, che fretta c'è di passare agli assaggi delle altrettanto numerose vigne del Paradiso??

Gradazione: 12,5°
Prezzo: 18 €

domenica 19 settembre 2021

Osteria Da Alvise

Il locale
Affettati misti
Cjarsons alle erbe
Controfiletto di capriolo con polenta
Via 1° maggio 5
Sutrio (UD)

Anche quest'anno non è mancata una capatina in Carnia, sia per prendere bastonate sulle falesie della zona, con gradazione a volte assai severa, sia per dedicarsi ai piaceri della tavola dopo una giornata ad arrampicare. La scelta è caduta sull'osteria Da Alvise, lungo la strada che da Tolmezzo porta verso il passo di Monte Croce Carnico. Osteria, ma non solo: ristorante e qualche camera completano il locale.
L'interno è arredato in stile moderno e piacevole, i coperti non sono molti e la saletta dove ci accomodiamo è assai discreta. Bello il servizio da tavola. Il menù si compone di circa cinque antipasti e altrettanti primi e secondi, ispirato alla cucina della Carnia con qualche divagazione (ad es., una costata di carne dell'Uruguay).
Tra gli antipasti vince a man bassa il tagliere di affettati misti, con un prosciutto veramente superlativo (e anche una quantità più che discreta!).
I primi ruotano intorno ai ravioli alle erbe, sia nella declinazione dello sclopit, sia in quella altrettanto interessante dei cjarsons, il piatto caratteristico ed immancabile della zona, ovvero dei ravioli con ripieno variabile da un posto all'altro, da una casa all'altra. Da Alvise sono presentati con ripieno di erbe (menta, melissa, prezzemolo), senza che manchino uvetta, cannella e mela. Qui trovate la ricetta originale (invitatemi se li preparate)! A differenza dell'antipasto, qualche raviolino in più nel piatto non avrebbe guastato, ma il sapore è molto delicato; un piatto da non perdere.
Tra i secondi c'è l'immancabile frico, ma anche qui la scelta è obbligata: controfiletto di capriolo con polenta e marmellata di mirtilli, con il sapore agrodolce e l'acidità dei mirtilli che si sposano perfettamente con la carne (ricordo ancora la prima volta che assaggiai questo abbinamento, qualche secolo fa in Germania...). Che dire? Carne tenerissima e saporita, ottimo piatto.
Purtroppo, la lista dei dolci non mi è sembrata all'altezza del resto della cena, e ne abbiamo fatto a meno.
La cantina è piuttosto interessante, ed ovviamente focalizzata sulla zona. Però... però... io non mi capaciterò mai dell'enorme differenza che trovo nei ristoranti tra la cura per il cibo e quella per il vino: identifico un paio di Refosco di produttori a me ignoti e chiedo di portarmene uno che NON faccia passaggio in barrique. L'oste torna con un Refosco di Valchiarò. Assaggio, sento inconfondibilmente il legno e chiedo: "Ma è sicuro che non faccia legno?" Risposta: "Sì, lo fa, ma meno di quell'altro!". Ci sarebbe da ridere se non fosse la seconda volta (entrambe in Carnia, ahimè) in cui l'oste non si preoccupa delle richieste del cliente, ma gli porta quello che gli pare, contando forse sul fatto che l'avventore non ne capisca niente. Il cibo è ottimo, ma da questo lato c'è parecchio da migliorare!

Il conto: 91 € per
2 antipasti
1 primo
2 secondi
1 caffè
1 bottiglia di acqua
1 bottiglia di vino (18 €)

mercoledì 15 settembre 2021

Re Artù

Anna sul 1° tiro.
Alberto sul 5° tiro.
Sull'8° tiro.
Tracciato della via (verde). Il rosso la Hoi-Nau.
Punta Lastoi - Lastoi di Formin
Parete S

Accesso: dal passo Giau (o dal tornante appena prima di esso, salendo da Cortina) si segue il segnavia 436, superando un paio di forcellette per poi immettersi in un vallone e salire fino a forcella Giau, sovrastata dalla Punta Lastoi. Da qui seguire la traccia che sale verso sinistra, prima per prati e rocce e poi attraverso il ghiaione. Il sentiero si avvicina alla parete e supera lo spigolo dove attacca la Hoi-Nau. La via attacca poco più a destra (fix visibile, un po' alto), prima di una striscia nerastra oltre la quale c'è una targhetta "LMD" che segna l'attacco di Love my dogs.
Relazione: via molto bella che sale la parete S di Punta Lastoi per placche, diedri e qualche breve strapiombo, sempre su ottima roccia (con qualche punto in cui fare attenzione). La via è ben protetta a fix, ravvicinati nei passi più impegnativi e un po' più distanti nel resto. Eventualmente aggiungete all'armamentario un paio di friend, seppur non strettamente necessari. Soste su due fix con cordone ed anello tranne l'ultima.
1° tiro: salire in direzione del fix, superare un tettino e continuare a sinistra per fessura fino alla sosta. 35 m, 6a (passo), cinque fix.
2° tiro: salire dritto poi tenere lievemente a sinistra per placca verticale. 30 m, 6a, nove fix.
3° tiro: salire un po' verso sinistra fino ad una cengia, dove ci si sposta a destra alla sosta. 30 m, 5a; cinque fix, un chiodo.
4° tiro: superare un muretto e portarsi verso sinistra per rocce rotte fino ad una cengia. La sosta è sulla destra. 25 m, 5b; tre fix, un chiodo.
5° tiro: salire per il diedro e spostarsi a destra su un ballatoio. Superare un breve strapiombo e raggiungere la sosta. 25 m, 6a; quattro fix, un chiodo con cordino, un cordino in clessidra.
6° tiro: salire il muro a destra della sosta e proseguire per placca verso sinistra. 45 m, 6b (passo non obbligato); dodici fix, un cordino in clessidra.
7° tiro: salire un muretto e continuare, seguendo poi la fessura gialla più a destra delle due fino all'uscita in cengia. 15 m, 6a; sei fix, un chiodo.
8° tiro: salire a destra della sosta e rientrare a sinistra; continuare lungo lo spigolo e spostarsi poi alla fessura di destra, che si sale fino alla sosta. 30 m, 6a+ (uno/due passi iniziali), dieci fix.
9° tiro: salire a sinistra di un pilastro posto vicino alla sosta e continuare dritti per una specie di canale fino alla sosta. 35 m, 5b.
10° tiro: superare un muretto in partenza e proseguire dritti lungo la direttrice di una riga nera fino al pianoro sommitale. 40 m, 5b. Sosta su fix (raccomandata). In alternativa continuare ancora per poco e allestire una sosta su spuntone.
Discesa: dalla sommità si scende lungo l'altopiano dei Lastoi, tenendosi un poco sulla destra e seguendo alcuni ometti. Si giunge così ad un profondo canale, dove si scende per pochi metri ad una sosta per calata. Si eseguono quindi due calate da circa 50 m l'una (se avete una corda singola le calate sono tre e bisogna poi scendere una breve paretina), tenendo la sinistra in fondo (viso a valle). Alla fine delle corde doppie si scende fino alla base della parete e da qui in breve al punto di attacco, ed a ritroso lungo il sentiero di andata.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

mercoledì 8 settembre 2021

Ghedina

La targa di confine
Relazione originale [1]
Sul 3° tiro
Tracciato della via
Torre Luisa - Nuvolau
Parete SE

Accesso: da passo Giau prendere il sentiero verso il Nuvolau e lasciarlo subito, seguendo a destra il segnavia 443. Ad un secondo bivio, abbandonare il sentiero 443 (che porta alla Cinque Torri) e seguire la traccia in salita verso sinistra, che in breve conduce in vista della Torre Luisa. Al terzo tornante si lascia il sentiero e si traversa per prati fino alla parete, dove si nota una bellissima targa di confine con gli stemmi del leone di S. Marco e dei conti del Tirolo. La via attacca un poco a sinistra della targa, appena prima di una fessura grigia.
Relazione: bella via, purtroppo corta,  che risale la parete E della torre con arrampicata divertente su ottima roccia. I passi di V+ sono protetti, ma la prima parte del primo tiro richiede un minimo di capacità di movimento sul V. Portare friend piccoli e medi. La relazione originale [1] è molto sintetica, ma pare salire un percorso lievemente diverso da quello odierno.
1° tiro: salire lungo la fessura (o anche alla sua sinistra) fino ad un ripiano oltre cui si continua per un diedro giallastro poco marcato per uscire poi in orizzontale a destra e portarsi alla sosta in corrispondenza dell'evidente sella. 35 m, V (passo V+); due chiodi, due cordoni in clessidra (uno marcio). Sosta su un chiodo e due cordini in clessidre con maglia-rapida.
2° tiro: non puntare alla cengia giallastra ben visibile dalla sosta, ma salire le rocce grigie per poi spostarsi a sinistra, superare un muretto e proseguire per rocce più facili fino ad uno spuntone oltre cui si trova un pino mugo e la sosta. 25 m; IV, V (passo), IV, III; tre chiodi. Sosta su un chiodo e due clessidre con cordino e maglia-rapida. Altro chiodo poco sopra sulla sinistra.
3° tiro: salire appena a destra della sosta, rientrare a sinistra per proseguire lungo la fessura, superare un tratto più verticale e continuare verso destra sotto rocce giallastre. 30 m; IV, V+ (passo), IV; quattro chiodi. Sosta su un cordone in clessidra (vecchio cordone marcio poco sotto).
4° tiro: spostarsi a destra, doppiare lo spigolo e salire senza percorso obbligato. 25 m, IV. Sosta su cordone su spuntone con maglia-rapida.
Discesa: per roccette dal lato opposto a quello di salita fino al sentiero di andata che si segue verso sinistra.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

[1] A. Berti, Dolomiti orientali Vol. 1 (p. 122), CAI-TCI, 1971

lunedì 6 settembre 2021

Osteria del vicolo

Il locale
Antipasto del Pollino
Foglie di rose
Tagliolini al tartufo nero su fonduta di caciocavallo
Filetto di maialino Nero alla liquirizia e cipolle di Tropea
Bocconotto
Vico I° San Francesco 5
Mormanno (CS)


Qui è comodo arrivarci se state percorrendo l'autostrada SA-RC e vi imbattete nell'uscita omonima. Se invece venite, come noi, dalle meraviglie dell'Arcomagno, preparatevi ad un'ora buona di viaggio su strade che potrebbe non essere particolarmente salutare percorrere dopo le libagioni di una cena.
Ma ne vale la pena! Soprattutto d'estate, anche per sfuggire al clima torrido e all'affollamento della striscia costiera, per allontanarsi dalle centinaia di locali coi loro menù turistici, per scoprire una Calabria diversa, di montagna, con i suoi siti archeologici così lontani dall'oleografia delle spiagge trafitte da schiere di ombrelloni. E anche per mangiare bene!
Il locale è nascosto in fondo ad un vicoletto dietro la piazza principale. Pareti e tovaglie in rosso porpora (o simile tonalità), sedie impagliate, aspetto da osteria moderna, con i soliti quadri di dubbio gusto alle pareti. Meglio guardare al menù allora, che propone rigorosamente piatti tipici della zona, con materie prime locali. La scelta è piuttosto varia, più di quel che mi sarei aspettato, con una decina circa di primi e altrettanti secondi, questi ultimi di sola carne a parte un paio di proposte di baccalà.
Noi abbiamo iniziato dividendo un antipasto del Pollino, che propone assaggi di salumi (salame piccante, prosciutto, capocollo) e formaggi locali, con l'aggiunta delle ottime lenticchie di Mormanno.
Sui primi piatti il tavolo si divide tra le Foglie di rosa, ovvero degli straccetti di pasta con salsa di pomodoro, noci (e ricotta?) ed i Tagliolini al tartufo nero su fonduta di caciocavallo, forse una scelta migliore: la pasta è ottima, ma il sugo delle Foglie, pur buono, mi ha lasciato l'impressione di scivolare sulla pasta senza insaporirla del tutto.
Per il secondo, la scelta cade sul Filetto di maialino Nero di Calabria, una razza autoctona e con una carne di qualità migliore e più magra rispetto ai suoi "fratelli", salvato dall'estinzione e recuperato, qui proposto nelle due declinazioni con liquirizia e cipolla rossa di Tropea e con porcini e noci. La carne è ottima e l'accostamento con la liquirizia davvero indovinato.
Tra i dolci, non esaltanti quanto il resto della cena, c'è il classico Bocconotto e qualche torta.
Molto interessante la cantina, focalizzata sui vini calabresi. In omaggio alla provincia che ci ospita, tralascio i Cirò e mi oriento sui vini a base magliocco. Dopo la canonica chiacchierata con l'ostessa, la scelta cade sul Magliocco Rinni di Cantine Viola, vino interessante che accompagna bene soprattutto i secondi, mentre è un po' troppo intenso per i primi (ma non si può pretendere).

E dopo tutto questo, provate ad immaginare l'entusiasmo con cui si risale in auto per un'altra ora di strade improbabili...

Il conto: 71€ per
2 primi
2 secondi
2 dessert
1 bottiglia di vino (18€)
2 bottiglie di acqua