lunedì 21 settembre 2015

Cengia Martini

Sul 1° tiro.
Ettore sul 1° tiro.
Sul 3° tiro.
Ettore sul 4° tiro.
Tracciato della via.
Piccolo Lagazuoi
Parete S


Dopo aver percorso la Vonbank, cosa di meglio se non passare dall'altro lato del fronte, dove combattevano gli alpini del maggiore Martini? E cosa meglio della postazione che più di tutte minacciava la Vonbank, esposta al tiro degli italiani riparati sulla Cengia Martini? Qui gli alpini resistettero all'esplosione di ben quattro mine, abbandonando la posizione solo dopo Caporetto. E oggi, uscire dalla via dopo una piacevole arrampicata e ritrovarsi proiettati indietro di un secolo regala una sensazione insolita.
Accesso: dal parcheggio della funivia si risale il sentiero che corre lungo la pista da sci, prendendo a sinistra all'indicazione "palestra di roccia". Si giunge così alla piccola falesia, si punta all'evidente fessura e ci si sposta a destra di un avancorpo dove parte la via in corrispondenza di un vago diedrino. Mezz'ora circa.
Relazione: via breve ma piuttosto interessante che sale la parte destra del Piccolo Lagazuoi sbucando sul percorso della Cengia Martini. Roccia ottima, forse un po' liscia nel primo tiro rispetto alle sue consorelle della parete. Difficoltà contenute, ma chiodatura essenziale: portare friend per integrare. Contare un paio d'ore circa.
1° tiro: salire i primi metri fino ad un terrazzo con piccolo tetto, indi decidere cosa fare: la via originale si sposta verso destra e risale rocce facili, ma ora vi si trova un fix di una via moderna; per congruità conviene invece proseguire dritti nel diedrino, poi su per placca verso sinistra fino ad infilarsi nel camino che si risale sino alla sosta sulla destra. 30 m, IV-, IV+ (forse passo di V-), IV; tre chiodi, un cordone in clessidra. Sosta su due cordoni in grossa clessidra.
2° tiro: ignorare un cordone che si nota in alto a sinistra della sosta e salire dritti seguendo una lama, indi proseguire a piacere lungo la placca: la via dovrebbe spostarsi a destra, ma un chiodo porta invece a salire tenendosi lievemente verso sinistra avvicinandosi al canale, per poi uscire verso destra in vista della sosta su un terrazzo. 30 m, IV; tre chiodi. Sosta su cordone in clessidra e chiodo.
3° tiro: salire a prendere un canalino che si risale verso destra per poi spostarsi a sinistra su bella placca fin sotto ad un tratto verticale; qui ancora a sinistra in un canale-camino che si risale verso destra giungendo alla sosta. 35 m, IV; un cordone in clessidra. Sosta su cordone in clessidra e chiodo.
4° tiro: a destra della sosta a risalire una placca fin sotto la parete verticale. La via ora va a sinistra, verso un evidente chiodo con lungo cordone, per poi salire una fessura (nota: non è la fessura obliqua strapiombante appena sopra il chiodo, ma quella alla sua sinistra). Io mi sono invece spostato a destra, salendo una specie di diedro di roccia giallastra (più solida di quanto non sembri; tratto non chiodato, ma proteggibile) per spostarmi poi a sinistra verso la sosta una volta uscito sulla cengia. 35 m, IV, forse un passo di IV+; un chiodo. Sosta su tre fix.
5° tiro: proseguire lungo la cengia fino ad una zona di rocce rotte che si risalgono per uscire sugli sfasciumi terminali che conducono ad una galleria della Cengia Martini dove termina la via. 60 m, un chiodo. Sosta sui cavi metallici della Cengia.
Discesa: seguire la Cengia Martini verso destra fino a ritornare a passo Falzarego; mezz'oretta circa.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

giovedì 17 settembre 2015

Vonbank

Sul 1° tiro.
Ettore sul 4° tiro.
Sul 5° tiro.
Ettore sul 7° tiro.
Sull'8° tiro.
Tracciato della via (rosso), in azzurro la via Orizzonti di gloria,
in verde Alice.
Piccolo Lagazuoi
Parete S


In fuga dal maltempo che promette di rovinare il fine-settimana, torno ad assaporare la cucina del rif. Dibona e mi ritrovo ad accompagnare Ettore nel suo "battesimo" dolomitico. All'uopo, cerchiamo una via tranquilla, esposta a S e non troppo lunga, che ci permetta di goderci la salita senza troppi pensieri; scartate quelle già percorse, la scelta obbligata è la Vonbank, dal nome della postazione austriaca situata all'attacco della via, perno della difesa del passo di Valparola insieme alle posizioni del Sass della Stria e base per una galleria che sarebbe dovuta servire per attaccare la cengia Martini occupata dagli italiani. Scelta indovinata, anche perché alla fine avanza un sacco di tempo per una seconda via nei paraggi...
Accesso: da passo Falzarego, al parcheggio della funivia del Lagazuoi, si segue il sentiero che risale la pista da sci per prendere poco dopo a sinistra il sentiero dei Kaiserjaeger (indicazione). Lo si segue fino ad un grosso masso in corrispondenza dell'evidente ghiaione erboso di foggia triangolare che marca la base della via, alla sinistra della parete, ben visibile dal parcheggio. Qui si lascia il sentiero per salire alla parete, dove si trova la trincea e due gallerie (visitabili) della postazione austriaca Vonbank. La via parte tra le due gallerie, in corrispondenza di un piccolo slargo (chiodo con cordino visibile). Mezz'oretta circa.
Relazione: via piacevole che risale la parete del Lagazuoi con un percorso non del tutto lineare nella parte alta, figlio del voler limitare le difficoltà su gradi assai abbordabili. Roccia ottima con qualche tratto sulle cenge dove fare attenzione, chiodatura non proprio abbondante: portare friend piccoli e medi per integrare. Calcolare tre orette circa, senza fretta.
1° tiro: salire in corrispondenza del chiodo e piegare verso sinistra a prendere un diedro che si segue fino ad uscire su un terrazzino; poco più a sinistra si trova la sosta. 30m, IV+, III; tre chiodi (uno con cordino). Sosta su cordone in clessidre.
2° tiro: salire aggirando a sinistra la parete giallastra sovrastante per poi rientrare verso destra fino ad un terrazzo di sosta nei pressi di un pilastro. 20m, IV-, IV; un cordone in clessidra. Sosta su due chiodi con cordone e maglia-rapida.
3° tiro: salire dritti sopra la sosta seguendo una specie di fessura, superare un breve saltino e raggiungere la sosta posta immediatamente sopra. 25m, IV+, IV; un chiodo. Sosta su due chiodi e clessidra con cordoni.
4° tiro: rimontare il pilastrino posto a sinistra della sosta e proseguire sempre verso sinistra a superare un canale; alzarsi per rocce più facili puntando alla base dell'evidente sperone giallastro ove si trova la sosta. 30m, IV, III. Sosta su chiodo e clessidra con cordone.
5° tiro: alzarsi qualche metro sopra la sosta, non seguire la fessura giallastra ma traversare a destra fin quasi alla fine della placca nerastra sovrastante, dove questa diviene più facilmente accessibile. Salirla spostandosi lievemente verso sinistra per seguire una rampa ancora a sinistra che porta al termine dello sperone giallastro. 30m, IV-, I, IV, II; una clessidra con cordone. Sosta da allestire su spuntone e chiodo alla sua sinistra. Un friend incastrato nella fessura giallastra suggerisce che sia possibile percorrere un'interessante variante a questo tiro.
6° tiro: a destra della sosta fino ad un pilastrino staccato dall'aria un po' preoccupante. Lo si supera sulla sua destra e si sale fino alla cengia che si segue verso sinistra. Si supera un primo cordone in clessidra con chiodo (possibile sosta un po' scomoda) e si prosegue fino ad un secondo cordone dove si sosta. 30m, IV; un chiodo, due cordoni in clessidra. Sosta su cordone in clessidra.
7° tiro: proseguire a sinistra lungo la cengia fino ad incontrare una fessura obliqua che si segue verso destra, superando un tratto più verticale per giungere su una nuova cengia. Da qui traversare verso destra per facile rampa fino ad uno spuntone. 30m, IV-, V (un passo), III; un chiodo, tre cordoni in clessidra. Sosta da attrezzare su spuntone.
8° tiro: salire la placca nerastra a destra della sosta fino ad una cengia detritica. Superare il saltino e traversare verso sinistra fino ad uscire dalla parete. 25m, V-, III+. Sosta da attrezzare su spuntone con allegra vista su croce di caduto di guerra e resti di scatolette, legname e materiale vario.
9° tiro: salire per facili rocce fino ad una terrazza in corrispondenza di una vecchia postazione dove si sosta. 25m, III. Tiro evitabile.
Discesa: si raggiunge il sentiero dei Kaiserjaeger che passa nelle vicinanze e lo si segue in discesa fino al punto di partenza.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

mercoledì 16 settembre 2015

Alto Adige DOC Lagrein 2008 Hofstatter

Dopo un'estate spesa felicemente tra arrampicate su calcare e su granito e la scrittura dei post relativi, era tempo di dedicare qualcosa alle care vecchie gozzoviglie enologiche, che invero non sono mancate. Anzi, il soggiorno glasvegiano di quest'anno è stato caratterizzato non tanto dal canonico whisky, ma da una quantità ragguardevole di assai più continentale vino: francese, spagnolo e americano, grazie alla munificenza del mio anfitrione.
Di almeno una di queste bottiglie, la migliore, mi ero ripromesso di scrivere, ma poi ho compreso che ricordavo molto poco e ho preferito lasciar perdere, anche perché l'anonimo anfitrione di cui sopra ha già recensito detta bottiglia nel suo blog, a cui rimando (aggiornamento: il blog ha cessato di esistere; l'amico però c'è ancora!).
Rieccomi quindi in Italia, per la precisione in una delle mie regioni preferite, enologicamente (ma non solo) parlando! Rieccomi ad assaggiare un Lagrein, che insieme a dei fantastici Pinot noir è per me l'espressione più riuscita di questo territorio, almeno per quanto attiene ai vini rossi. E tra i Lagrein non si può tralasciare quello prodotto a Termeno dalla cantina Hofstatter, cantina che si caratterizza tra l'altro per un approccio affine alla biodinamica e per un uso... diciamo così... "ragionevole" delle barriques in alcuni vini. I vigneti stanno tra i 250 e gli 800 m di altezza, conferendo all'azienda quel carattere di vinicoltura di montagna con cui da sempre sono in sintonia.
Il Lagrein base vede 10 mesi in botti di rovere di Slavonia e 6 mesi in bottiglia ed il legno non lascia sentore, che è invece dominato dai frutti rossi e da note speziate, seppur non particolarmente intense. Il colore violaceo scuro, con lievi punte granate per l'invecchiamento, si tramuta in bocca in note minerali accompagnate da una discreta acidità, senza che il vino sia troppo alcolico. Morbido e ben equilibrato, persistenza media, buona bevibilità (nel mio caso il problema si pone raramente, ma insomma...). Un vino che accompagna perfettamente i piatti della meravigliosa cucina altoatesina (e non solo) e che meriterebbe una fortuna e una notorietà migliori di quanto non abbia; ma forse anche in questo sta parte del suo fascino.

mercoledì 9 settembre 2015

Bergamo-Milano Lambrate: ritardi maggio-luglio 2015 (2608/10809)

Ritardi all'arrivo nel trimestre maggio-luglio 2015 per i
treni 2608 e 10809 nel tragitto Bergamo-Milano Lambrate.
Ritardi all'arrivo nel periodo gennaio-luglio 2015 per i
treni 2608 e 10809 nel tragitto Bergamo-Milano Lambrate.
Ritardi (medio e al 90% della cdf) per il treno 2608
Come sopra, ma per il treno 10809.
È tempo di aggiornare i dati relativi alle magnifiche prestazioni del Leviatano ferroviario lombardo per il periodo estivo! Visto che ad agosto mi sono preso le agognate vacanze del caso, i dati si fermano a fine luglio e stavolta parliamo di tre mesi: maggio, giugno e luglio 2015. Risparmio ai malcapitati lettori uno dei due grafici consueti, quello del ritardo alla partenza, e mi concentro sul ben più rilevante ritardo all'arrivo in stazione. Trattenete la compassione per i miseri viaggiatori e, se proprio volete, anche gli improperi all'indirizzo del gestore del servizio, e guardiamo i dati per bene (spiegazioni varie sono nel primo post della serie), iniziando dal treno 2608 delle 8:02: rispetto agli analoghi periodi precedenti (qui e qui), il caldo pare aver avuto due effetti contrastanti: da un lato, la maggioranza dei treni ha diminuito il ritardo, e la percentuale di treni che arrivano entro 5' si è portata all'83% circa contro circa il 70% del bimestre precedente. Dall'altra, però, la "coda" della distribuzione, ovvero i treni che arrivano in ritardo, sono andati assai peggio: ad esempio, per una percentuale del 95%, ovvero una coda del 5%, ovvero qualcosa che capita in media una volta su venti (più o meno un volta al mese) si è passati da circa 10' a 17'; un aumento del ritardo pari al 70%! Se ricordate che il tempo ufficiale di percorrenza del tragitto è di circa 40', ciò implica che cotal ritardo è passato dal 25% al - udite udite - 42.5% della durata nominale del viaggio.
Se questi dati hanno un sapor dolceamaro, l'effetto perverso della caldissima estate si disvela appieno nel pomeriggio, dove con il treno 10809 si assiste allo sfacelo del concetto di trasporto pubblico ferroviario: il ritardo è contenuto entro 5' solo per il 60% dei treni (era il 66% nel bimestre precedente) ed il ritardo al 95% cresce da un già nefasto 18' ad un inconcepibile 33'; più di mezz'ora di ritardo su quaranta minuti di percorso! In casi estremi qualcuno (tra cui il sottoscritto) ha avuto anche la fortuna di raddoppiare il tempo di percorrenza: ritardi fino a 45' per soppressione treni, scioperi prolungati oltre la scadenza e altre amenità che influenzavano, in un'interminabile catena di S. Antonio, sia il 10809 che il treno successivo su cui si era caricati a mo' di carro-bestiame.
La seconda figura mostra invece la statistica complessiva sui primi sette mesi del 2015, che risente del pessimo trimestre: ritardi entro 5' solo per il 60-70% dei treni, ritardi interminabili sul fallimentare 10809 (27' circa per il 5% peggiore). No comment.
Infine, dopo tutti questi mesi, è giunto il momento di dare uno sguardo veloce d'insieme. Visto che la distribuzione è largamente asimmetrica, la media non è un indicatore sufficiente del comportamento complessivo, e l'ho quindi integrata con un altro parametro, relativo al ritardo del "caso peggiore", osservandone l'andamento col passar dei mesi. Come "caso peggiore" ho preso il valore al 90% di probabilità cumulativa, ovvero il 10% peggiore, ovvero una volta su dieci giorni: è quello che vi tocca (statisticamente parlando) un giorno lavorativo ogni due settimane. Qui si vede immediatamente l'anomalia dei mesi estivi, soprattutto nel pomeriggio (colpa del caldo? di Expo?), anomalia che fa incredibilmente rimpiangere le schifezze precedenti! Se comunque prescindiamo (a fatica) da questi dati orripilanti, in attesa che passi settembre "per vedere di nascosto l'effetto che fa", si intuisce una lieve tendenza al miglioramento. Vedremo se sarà confermata.

giovedì 3 settembre 2015

Gloire à Satan

Edo sul 3° tiro.
Sul 4° tiro
Tracciato della via.
Poire d'Ailefroide
Parete E


Non temete, non ho abbracciato alcun culto satanico, anche perché la mia - per così dire - poca simpatia per il mondo soprannaturale e metafisico coinvolge tutti e tre i regni di dantesca memoria; è vero però che il nome della via ha contribuito alla sua scelta tra quelle presenti sulla poire. Frequentazione assai maggiore che sul Pelvoux, ma solo sulle vie più facili; noi abbiamo arrampicato in beata solitudine. Via molto bella, raccomandata agli amanti dell'aderenza, con un minimo di "ingaggio" nel secondo tiro.
Accesso: si raggiunge la Vallouise e si risale la valle fino alla frazione di Ailefroide, dove vi è un parcheggio non troppo grande sulla sinistra. Si prosegue a piedi e, subito dopo la prima curva a destra della strada, si prende uno sterrato sulla sinistra, si attraversano un paio di torrentelli e si prosegue. Si oltrepassa un altro torrente e poco dopo si prende una deviazione sulla sinistra (ometto). Il sentiero attraversa una zona di massi (ometti) e poi si biforca. Si tiene la destra e si prosegue fino a giungere in corrispondenza di un grosso masso e del canale-spaccatura che separa la poire vera e propria (sulla destra; solita fastidiosissima bandiera presente) da una "peretta" più piccola sulla sinistra, dove si trova la via, la prima alla sinistra del canale. Appena a destra di esso parte una delle vie più facili della Pera con annessa coda di arrampicatori, incastri di corde e urla babeliche. Tenersi alla larga!
Relazione: via breve su placca con un tratto in diedro a superare l'evidente muro; protezioni a fix buone ma un po' distanziate nel secondo tiro, lunghezza-chiave della via con difficoltà obbligata. Soste attrezzate con due fix e cordone (non proprio nuovissimo...) ed anello di calata, tranne la terza. Portare solo rinvii.
1° tiro: salire il facile muretto e proseguire per placche (qualche tratto erboso) fino alla sosta. 35m, 4c; sette fix.
2° tiro: per bellissima placca di aderenza con un paio di passi obbligati fino ad una sorta di bombamento che si risale sulla sinistra fino alla sosta. 25m, un paio di passi di 6a/6a+; sei fix.
3° tiro: ancora per placca che diventa più verticale appena prima della sosta. 20m, passo di 6a/6a+ (ben protetto); sette fix.
4° tiro: spostarsi a destra della sosta a prendere un diedro obliquo che consente di superare un muretto e proseguire per placche verso sinistra fino alla sosta. 30m, 6c (ma per me A0); undici fix.
5° tiro: ancora dritto per placche finali fino alla cima. 30m, 5b; quattro fix.
Discesa: in doppia sulla via. Prima calata alla quarta sosta, poi alla seconda e da qui direttamente a terra (con due mezze corde da 60m).

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.