sabato 26 dicembre 2020

Bacco, tabacco e Venere

Sul 1° tiro.
Teo sul 3° tiro.
Sul 4° tiro.
Teo sul 4° tiro.
Val di Ledro - Parete del Ponale
Parete SE


Accesso: da Riva del Garda si prende la strada per la Val di Ledro, che sale ad imboccare una lunga galleria. Alla sua uscita si nota sulla sinistra la vecchia strada del Ponale, che si deve imboccare (non fate inversione di marcia, ma proseguite e parcheggiate oltre, in corrispondenza di un incrocio, tornando indietro a piedi). Si passa sotto una vecchia galleria e si superano due sbarre, lasciando sulla sinistra il sentiero di accesso alla falesia (e di ritorno). Un centinaio di metri oltre la vecchia sbarra si prende un sentiero sulla sinistra, in corrispondenza di una vecchia rete paramassi, giungendo all'attacco di Caino e Abele. Tenere la destra e continuare seguendo i bolli. Il sentiero scende lievemente, doppia uno spigolo e passa sotto una zona di roccia giallastra con un muretto a secco: lì parte la via Fiore di primavera e, subito a destra, la nostra (scritta alla base).
Relazione: bella via che sale la parete per placche e muretti, un po' rovinata dall'ultimo tiro, che esce tra la vegetazione e una roccia non proprio entusiasmante. Tutte le soste sono su due fix e catena tranne l'ultima, da allestire su pianta.
1° tiro: salire una placca, superare un leggero bombè e continuare verso sinistra fino alla sosta. 20 m, 6a+ (passo), nove fix.
2° tiro: partenza delicata, poi si segue una fessura erbosa verso destra. 15 m, 6a (passo inziale), nove fix.
3° tiro: salire appena a sinistra della sosta, superare un muro e spostarsi verso destra seguendo la parete. 20 m; 6a+, 6c/6c+ (o A0), 6a; diciannove fix. La valutazione in libera del tiro è merito di un aitante cordata che ci seguiva.
4° tiro: in obliquo verso destra fino alla sosta. 10 m, 6a, sei fix.
5° tiro: salire per placche e continuare su roccia un po' dubbia ed erba, superando una placca a rigole ed uscendo sulla terrazza dove si sosta. 30 m; 6a, dodici fix, un cordone in clessidra (che si poteva evitare, vista la chiodatura del resto della via...).
Discesa: salire brevemente per traccia fino ad incontrare un sentiero che si segue verso sinistra (rispetto alla direzione di salita) perdendo quota ad uno o due bivi e giungendo in breve sulla vecchia strada del Ponale.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

giovedì 24 dicembre 2020

Esclusivamente per tutti

Teo sul 1° tiro.
E sul 2° tiro.
Anita sul 4° tiro.
Sull'8° tiro.
Cima alle Coste - Valle del Sarca
Parete E


Diciamolo chiaramente: in Valle c'è di molto meglio! Ma dopo due mesi fermi per l'ennesime restrizioni, con temperature decisamente sotto il mio livello di comfort, una via tranquilla senza troppe pretese ci sta: è un modo come un altro per muoversi e verificare se gli arti rispondono ancora. Se la prendete in questo modo, vi potete anche divertire.
Accesso: da Arco si raggiunge Dro ed il parcheggio del centro sportivo in località Oltra (uscite dalla Statale a Dro, attraversate il fiume e proseguite fino all'indicazione - se venite da Sarche, seguite le indicazioni e uscite a destra dalla Statale prima del paese). Da qui si prende la strada forestale in direzione nord fino ad una sbarra, dove la si lascia per seguire la deviazione più a sinistra (ometti). Si prosegue per sentiero (ometti ed indicazioni) costeggiando la Piramide Lakshmi con le sue vie (tra cui Te lo do io il Colorado) e la piccola Parete di Sherwood. Ad un bivio poco dopo si sale a sinistra (indicazione; più avanti parte la via Dinosauri) raggiungendo l'attacco della via (scritta alla base).
Relazione: Via simile alla vicina Dinosauri, con una prima parte discontinua e poco interessante dove si scala tra roccia e terra e conviene concatenare le lunghezze per venirne fuori in fretta, e gli ultimi tiri più meritevoli. Chiodatura ottima a fix; portare solo rinvii. Roccia tutto sommato buona, con qualche punto a cui fare attenzione.
1° tiro: salire la placchetta, spostarsi e superare un breve muretto. 50 m, 5a; otto fix. Sosta su due fix.
2° tiro: salire verso un evidente pilastro, rimontarlo sulla destra e proseguire sulla cengia fino alla sosta. 70 m circa, 6a (un passo); tredici fix, un cordone su pianta. Sosta su fix con cordone. Questa lunghezza concatena in realtà due tiri della relazione originale, con un breve tratto in conserva.
3° tiro: salire lungo una breve fessura e proseguire lungo una placca fino ad una cengia; seguirla verso sinistra fino alla parete. Poco più di 60 m, 5a; nove fix, un cordino. Sosta su un fix. Anche qui si sono concatenati due tiri.
4° tiro: seguire una fessura fino al terrazzo di sosta. 20 m, 5a, otto fix. Sosta su due fix
5° tiro: dritti per placche fino alla sosta. 30 m, 5a, dodici fix. Sosta su tre fix.
6° tiro: traversare brevemente a destra e salire per rocce rotte (fare attenzione!) fino alla sosta. 20 m, 4c, sei fix. Sosta su due fix.
7° tiro: salire un gradino e spostarsi a sinistra lungo la cengia fino alla sosta. 25 m, 3c; tre fix, un cordone su pianta. Sosta su due fix.
8° tiro: salire il bel diedro e sostare alla fine. 25 m, 6a+ (un passo), tredici fix. Sosta su due fix.
9° tiro: salire e traversare verso destra per poi uscire su facili rocce. 25 m, 5b, nove fix. Sosta su due fix.
Discesa: seguire i fin troppo numerosi ometti verso sinistra lungo sfasciumi. In corrispondenza di un paio di ometti si scende verso sinistra, sempre guidati dai muti segnavia. La traccia riporta poi verso destra fino a congiungersi col sentiero delle cavre, che si segue in discesa e che riporta nei pressi del parcheggio del campo sportivo di Oltra.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

mercoledì 23 dicembre 2020

Il carteggio Aspern

di Henry James
Einaudi, Torino, 1978 (1a ed. italiana Jandi, 1944)
Traduzione di Maria Luisa Castellani Agosti
– Le pare giusto di rivangare il passato?
– Temo di non capire ciò che lei intende per "rivangare". Come possiamo penetrarlo se non scavando un pochino? Il presente lo calpesta in così malo modo...
 Oh, io amo il passato, ma non altrettanto i critici - dichiarò la mia ospite con quel suo aspro compiacimento.
 I critici non piacciono nemmeno a me, ma apprezzo le loro scoperte.
 Non sono per lo più menzogne?
 Menzogne sono ciò che talvolta essi scoprono, - dissi sorridendo della mia bonaria impertinenza. - Spesso mettono a nudo la verità.
– La verità è di Dio, non dell'uomo; faremmo meglio a lasciarla stare. Come si può giudicare? Chi può dire?
 Brancoliamo terribilmente nel buio, lo so, - ammisi - ma se si rinuncia a tentare, che avverrà di tutte le cose belle? Che ne sarà delle opere di cui parlavo dinanzi, quelle dei grandi filosofi, dei sommi poeti? Restano tutte parole vane se non si ha un certo metro con cui misurarle.
 Parla come un sarto - commentò sprezzante Miss Bordereau.
Una nota scritta da Henry James nei Taccuini, nell'inverno del 1887, racconta di aver sentito la storia di un capitano, nonché critico d'arte e adoratore di Shelley, che scopre che a Firenze vive ancora Claire Clermont, ottantenne, con una nipote cinquantenne. Le due donne posseggono lettere di Byron e Shelley che il critico vuole recuperare ad ogni costo. Per questo diviene affittuario delle signore sperando che l'anziana schiatti mentre lui è lì, evento che si verifica effettivamente. Tuttavia, la nipote gli riserverà una sorpresa che non vi svelo.
Questa storia è l'ispirazione per la scrittura del carteggio Aspern, pubblicato nel 1888. James opera alcune trasposizioni che strappano la vicenda alla cronaca e la trasformano, instillando dubbi, affastellando significati, giocando con i ruoli. Per iniziare, Byron/Shelley divengono Jeffrey Aspern, un (ipotetico) poeta americano d'inizio secolo, allora ai massimi livelli di fama e passato a miglior (?) vita in giovane età. Claire diviene Juliana, ovvero Miss Bordereau, musa giovanile del poeta e destinataria di alcune delle liriche di Aspern fra le più squisite e famose. Infine, Firenze diviene Venezia.

Il tema più ovvio, e attualissimo oggi, è il contrasto tra il diritto alla privacy e la volontà di conoscenza. James si diceva contrario alla divulgazione delle lettere personali, e pare abbia fatto un bel falò di tutta la sua corrispondenza, chiedendo ai destinatari delle sue lettere di fare altrettanto (anche per questo motivo Jeffrey Aspern è americano, come James, e le sue lettere sono anche quelle dell'autore). La faccenda qui è complicata dal fatto che Aspern è morto: dove o quando si deve mettere la linea di confine tra il personale ed il pubblico dopo la morte di una persona famosa? Il "cacciatore" delle lettere, che racconta la vicenda in prima persona, si insinua nel privato delle due donne, si comporta con sempre meno scrupoli e sarà etichettato come canaglia di un pennaiolo quando, sorpreso nell'atto di aprire lo stipo che contiene le bramate carte, violerà quello che c'è di più importante per Juliana. Il critico pare una specie di avvoltoio che gira intorno al cadavere di Aspern sperando di ricavarne qualcosa: Scrive di lui, fruga nella sua vita? chiede emblematicamente Tina.
Ma... è davvero così? O è invece Juliana che resta legata alle poesie di Aspern così tanto da non capire che quei capolavori non sono destinati solo a lei, ma a tutti gli amanti delle belle lettere (tra cui lo stesso James, "adoratore del passato")? Aspern che sembra fare capolino dal ritratto e prima sorride con bonaria ironia e poi suggerisce al critico di darsela a gambe (togliti dall'impiccio come puoi, caro mio!) sembra più divertito che adirato verso chi, dopo tutto, lo ama, anche se in modo diverso da Juliana. James gioca abilmente tra i due significati e lascia al lettore la scelta. In effetti, il conflitto tra il narratore e Juliana non manca di evidenziare caratteri speculari: la divina Juliana (pensate per analogia alla Beatrice di Dante) è diventata una vecchia avida che non perde occasione di spillar denaro all'ospite che, d'altra parte, è altrettanto egoista nei confronti di ciò che gli interessa. E, analogamente, il velo che copre gli occhi di Juliana (le maschere, e quindi Venezia) fa il paio con l'anonimato del narratore, che può però avere anche un'altra valenza: con perfetta ipocrisia, egli difende la sua privacy nel momento stesso in cui cerca di penetrare quella di Aspern e Juliana!

Si potrebbe discutere per ore di ogni dettaglio di questo libro (per esempio del giardino-Eden del palazzo dove il narratore-tentatore seduce Tina, del linguaggio guerresco usato nei riferimenti alle due donne), ma mi limito solo ad un paio di considerazioni. La prima riguarda il luogo ove si svolge la vicenda. James era affascinato da Venezia, che fa da sfondo a diversi suoi scritti, e poi la città lagunare è da sempre specchio di antichi splendori decaduti, di sensualità più o meno lecita, e ben si presta a divenire la dimora di Juliana, sulla cui relazione con Aspern si parla in maniera ambigua (ma neanche troppo): mentre la passione imperversava [...] gli incidenti, alcuni dei quali gravi, non erano mancati. Anche perché non sempre Juliana si era mantenuta sull'impervio sentiero della rinunzia, e ora vive reclusa col suo silenzio, per il quale del resto la poveretta aveva avuto i suoi buoni motivi, insieme alla nipote Tina (la possibile presenza di materiale compromettente nelle lettere è un'ossessione del critico). Il secondo motivo per ambientare la vicenda nella Venezia rococò di Goldoni e Casanova è proprio il riferimento al teatro: mentre il "cacciatore" delle lettere ci racconta l'evolversi della vicenda e gli stratagemmi architettati per entrare in confidenza con Tina, appare via via evidente che anche la vecchia, o entrambe le donne, hanno un piano. Anzi, a ben vedere sono più le volte che il protagonista si dichiara sorpreso dalle reazioni delle locatrici che quelle in cui registra dei significativi passi in avanti: la vicenda diventa quindi una serie di mosse e contromosse che richiama il teatro. E non dimentichiamo poi che Byron aveva vissuto a Venezia, in affitto da Lucia Mocenigo!
Il secondo punto è il ruolo di Tina: è veramente la nipote? O è invece - come alcuni suggeriscono - la figlia di Juliana e Aspern? La seconda ipotesi può sembrare improbabile, ma le righe citate sopra suggeriscono un "incidente" capitato a Juliana, mentre la sua premura per il futuro di Tina, alcuni riferimenti nelle conversazioni, il rimando al denaro proveniente da oltreoceano (quindi probabilmente da Aspern) possono essere letti in tal senso.

E per finire, da buon bergamasco, non posso farmi mancare una parola sull'incontro tra il narratore e il monumento equestre di Bartolomeo Colleoni. Da un lato, il grande condottiero può rappresentare l'emblema della mascolinità, in opposizione alla conclamata inesperienza del narratore in materia femminile, e il suo "rifiuto" di indicare una soluzione al critico si può leggere come una certificazione del suo fallimento. Dall'altra parte la statua, il più bello di tutti i monumenti equestri, può essere vista come la quintessenza dell'arte, la rappresentazione del suo valore etico che si contrappone all'intento un po' meno etico del critico. O, semplicemente, il suo mutismo è incapacità di dare una risposta: nemmeno l'arte stessa è in grado di stabilire dove sia l'equilibrio tra le due istanze.

P.S. Incomprensibile per me l'introduzione di Claudio Gorlier.

venerdì 11 dicembre 2020

Via del camino (Masè Dari - Ghirardini)

Teo sul 1° tiro.
Sul 2° tiro.
Teo sul 3° tiro.
Teo sul 5° tiro.
Tracciato della via. A sinistra dell'itinerario si notano la
grande spaccatura e il "vero" camino Pederiva-Rizzi
(foto della parete da Google Maps).
Sass Pordoi (Gruppo di Sella)
Parete SE

Gita di ripiego con attacco assai tardivo dopo che il sottoscritto ha conigliato su un'altra via (ma torneremo!). Umore sempre più incazzoso alla prospettiva di salire una via di camino, "specialità" che aborro. E invece... invece la via non è male, e ha "salvato" la giornata. Mai essere prevenuti in Dolomiti!
Questa via compare tra l'altro nella famosa guida di Bernardi sotto il nome di "Camino Pederiva-Rizzi", ma il buon Teo ha rintracciato un errore che si è poi tramandato da una guida all'altra, ed i veri apritori sono la coppia Masè Dari e Ghirardini.
Accesso: da Passo Pordoi (parcheggio) si prende la traccia (segnavia 627) che sale alla forcella Pordoi. Dopo il primo tratto il sentiero sale per numerosi tornanti, avvicinandosi alla parete. Ben evidenti la profonda spaccatura ed il camino (Pederiva-Rizzi, quello vero) alla sua sinistra. Quando il sentiero piega verso destra per risalire la parte alta del canalone, lo si lascia per una traccia sulla sinistra, che si segue fino all'altezza della spaccatura. Qui si punta alla parete appena a destra della spaccatura, dove si nota un camino. Alla base attacca la via.
Relazione: via tutto sommato piacevole (per gli amanti del genere), soprattutto nella prima parte. Roccia ottima a parte un breve tratto nel 2° tiro e sui tiri facili finali. Protezioni buone; utili comunque alcuni friend per integrare.
1° tiro: salire lungo la direttrice del camino, superare una cengia e entrare nel camino liscio. Uscire a sinistra quando possibile entrando in un camino più aperto. Salirlo fino a guadagnare la cengia (attenzione a massi instabili all'uscita). 35 m; III, IV; due chiodi, un cordone in clessidra, un chiodo cementato (possibile sosta intermedia). Attenzione all'attrito delle corde. Sosta su anello cementato.
2° tiro: salire a destra della sosta su prese da verificare (recente distacco). Raggiunta la base di una lama non salirla ma aggirarla a sinistra. Riportarsi a destra e iniziare un esposto traverso a destra su placca fino all'ingresso di un camino. 25 m; IV, III, IV-; quattro chiodi, un cordone in clessidra. Sosta su anello cementato.
3° tiro: alzarsi lungo il camino fino alla sosta. 35 m, IV, III, IV; due chiodi, un cordone in clessidra. Sosta su anello cementato.
4° tiro: continuare per il camino fino ad una cengia e proseguire lungo il camino fino alla sosta sulla sinistra. 30 m, IV-, II, IV; un chiodo, un nut incastrato. Sosta su anello cementato.
5° tiro: salire verso il masso incastrato (chiodo) e continuare sino ad uscire dal camino e raggiungere la sosta per facili rocce. 40 m; IV, III; due chiodi. Sosta su anello cementato.
6° tiro: spostarsi a sinistra e continuare per il camino che diviene canale (ignorare il ramo di sinistra) sino alla sosta, pochi metri a sinistra di una finestra naturale. 30 m, III+. Sosta su anello cementato.
7° tiro: salire la rampa verso sinistra fino alla base del camino dove si sosta. 40 m; I, II. Sosta su anello cementato.
8° tiro: salire il camino portandosi verso l'intaglio, uscire sul versante opposto e spostarsi in obliquo verso destra fino all'uscita. 30 m; IV-, III+. Sosta su un fix.
Discesa: guadagnare la terrazza sommitale per facili rocce e riprendere il sentiero 627, che si segue verso destra. Si arriva al rifugio Forcella Pordoi e da qui si scende lungo il canalone percorso all'andata.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

sabato 5 dicembre 2020

Jahn

Teo sul 2° tiro.
Sul 3° tiro.
Teo sul 4° tiro.
Sul 5° tiro.
Teo sul 6° tiro.
Sul 7° tiro.
Terza torre di Sella
Parete SO


Accesso: da Passo Sella (parcheggio) si prende il sentiero dietro l'hotel Maria Flora che sale in direzione della Locomotiva.  Prima di raggiungerla si segue una traccia verso destra, passando sotto la parete della Prima torre. La traccia conduce all'attacco della via normale, che si sale (II) fino ad una parte erbosa con bivio (ometto). Qui si lascia la via di salita alla Prima torre e si continua verso destra, salendo ad un altro bivio. Si ignora la traccia a sinistra, che sale alla Seconda torre, e si prosegue ancora a destra fino ad una sosta (clessidra con cordone). Qui si sale (passo iniziale di III) portandosi poi verso sinistra e puntando alla sella tra la Seconda torre ed il Piz Ciavazes (50 m; tre cordini in clessidra e sosta da attrezzare su spuntone se si è fatto un tiro di corda). Sul versante che guarda la Terza torre, in corrispondenza della sella, si trova la sosta di calata (chiodo cementato con anello).
Con una discesa di 30 m si giunge sulla cengia sottostante. Qui si segue la cengia verso sinistra (faccia a monte), lungo un tratto facile, ma esposto (un passo di III, protetto da un chiodo e un cordino in clessidra). Si attraversa il canale e si costeggia la parete della III torre per una cinquantina di metri circa, fino ad una rampa fessurata (ometto e fittone visibile in alto).
Relazione: via molto piacevole e divertente, ideale per le mezze giornate. La roccia è sempre ottima e in alcuni tratti un po' lisciata dalle ripetizioni, ma mai in maniera fastidiosa. Molto buone le protezioni, a chiodi e qualche anello cementato e fittone, anche se qualche friend può tornare utile. Tenere presente che la discesa richiede più o meno un paio d'ore.
1° tiro: alzarsi a prendere una lama e continuare verso destra lungo una rampa fessurata. 30 m; IV- (passo), III+, IV-; un friend incastrato, un fittone. Sosta su anello cementato.
2° tiro: ancora lungo la rampa superando un paio di caminetti fino alla sosta. 35 m; IV-, III, IV; un chiodo con cordino. Sosta su anello cementato.
3° tiro: traversare a sinistra (esposto) fino alla sosta. 25 m; III+; quattro anelli cementati, un chiodo.  Sosta su anello cementato.
4° tiro: salire a sinistra della sosta per portarsi a destra e salire fino ad una terrazza. Salire un'evidente fessura che porta alla sosta. 30 m, III+, I, IV-. Sosta su anello cementato.
5° tiro: salire in obliquo a sinistra fino a raggiungere la sosta su terrazzo. 25 m; III+, IV-; un chiodo. Sosta su chiodo normale e chiodo cementato.
6° tiro: alzarsi a prendere una fessura prima verticale e poi adagiata verso destra fino alla sosta. 25 m; III, III+; un cordone in clessidra. Sosta su chiodo alla base di una grande lama gialla.
7° tiro: alzarsi sopra la sosta e seguire la lama, proseguendo poi per rocce più facili verso sinistra fino alla sosta. 30 m; IV, III; un fix, un chiodo. Sosta su un chiodo con cordone e spuntone da attrezzare.
8° tiro: dritti sopra la sosta per facili rocce, tendendo leggermente a destra fino a raggiungere la terrazza detritica sommitale. 30 m, III. Sosta su un chiodo.
Discesa: rimontare la terrazza per 30 m fino alla vetta e scendere per il versante opposto a quello di salita fino ad un ometto. Qui si scende verso sinistra fino ad un ancoraggio (anello cementato con fittone e catena) da cui ci si cala per 20 metri circa. Si seguono ora le indicazioni fornite da bolli sbiaditi ed ometti (possibile un'altra calata per discendere un muretto) fino ad un altro ancoraggio su spuntone. Con due calate si giunge su terreno un po' friabile (attenzione!) da dove in breve si è alla cengia che contorna la parete. La si segue fino a superare il punto di attacco e giungere al canale. Si scende facilmente fino ad una sosta di calata sulla sinistra, e da qui alla base della Torre con una serie di calate da 25 m (eventualmente concatenabili, ma attenzione ai sassi che vi tirate dietro), tutte su lato destro (viso a valle):
1a calata: fix e clessidra con maglia-rapida;
2a calata: tre chiodi e spit con maglia-rapida;
3a calata: fix e cordino in clessidra con maglia-rapida;
4a calata: due chiodi e un fix con cordino e maglia-rapida;
5a calata: un fix con maglia-rapida.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.