giovedì 30 aprile 2020

Chianti classico DOCG Riserva Doccio a Matteo 2007 Caparsa

Stre-pi-to-so! Stre-pi-to-so!
Il miglior vino che abbia bevuto in quest'ultimo periodo, senza alcun dubbio. Figlio della stessa indimenticabile giornata in cui avevamo visitato Castellinuzza e Piuca, questa bottiglia regala un piacere ancora migliore. L'azienda è a Radda in Chianti, quindi in provincia di Siena, al confine con Firenze. Azienda con certificazione biologica e grande attenzione alle tradizioni. Cemento, acciaio o grandi botti di rovere per l'affinamento; niente barriques. Il Doccio a Matteo è un Chianti da uve selezionate, con il 95% di Sangiovese ed un 5% di Colorino, che affina per due anni in grandi botti di legno.
Il 2007 è stata una grande annata, ma un minimo del solito tentennamento mi coglie, dopo 13 anni. Il vino si presenta di un bel granato, con qualche riflesso violaceo a ravvivare il bicchiere. Nitidi profumi di frutti rossi, mirtilli, ciliegie, salgono al naso e invogliano all'assaggio, non senza aver scorto qualche nota minerale. E che assaggio! Il vino irrompe prepotentemente, sostenuto da un bel tenore alcolico e da un'ancora sensibile acidità, che modula i sapori della frutta e le note speziate senza coprirli... sarebbe stato decisamente interessante assaggiare questo vino anche da giovane, per misurare poi l'evoluzione negli anni di acidità e tannini. Finale e persistenza ottimi, da vino di classe.
La prossima volta che ripasso da quelle parti, certamente non me ne andrò via con una sola bottiglia per annata!

giovedì 23 aprile 2020

Taurasi DOCG Radici 2006 Mastroberardino

È questo il vino scelto per festeggiare, sia pur con i noti vincoli della quarantena, la Pasqua 2020. Una scelta sicura, senza rischi. Taurasi vuol dire Aglianico, una garanzia dal punto di vista della qualità e delle capacità di invecchiamento, anche se probabilmente questo vino, al di fuori dei circoli di appassionati, non gode della stessa fama dei grandi vini rossi del nord.
Tra le numerose cantine dell'area irpina della valle del Calore, Mastroberardino è certamente una delle più note, forse quella che ha rappresentato più a lungo l'immagine di questo vino. Il Taurasi Radici è il prodotto più noto della cantina, sia nella versione base che in quella Riserva. Aglianico al 100%, vigneti di 20 anni, affinamento di 24 mesi in legno (tra barriques - ahimè - e botti; peccato che il sito del produttore non specifichi le percentuali) seguiti da 24 in bottiglia.
L'invecchiamento di 14 anni non spaventa: il Radici è presenza costante nella mia certo non vasta cantina e ho già avuto modo di saggiare la sua resistenza. Nel bicchiere è di un bel rubino granato che rivela note fruttate, ciliegia, frutti rossi. Arrivano poi dei sentori speziati, tra pepe e caffè.
I tannini dell'Aglianico si fanno sentire all'assaggio, e contribuiscono a "perdonare" il passaggio in barrique (chissà perché non provare un aglianico senza barrique anziché inseguire questa "modernità" come con il Naturalis historia). Il gusto è armonico, con un bel tenore alcolico; il vino è in ottima forma e potrebbe reggere ancora... ma nel dubbio, meglio non esagerare e restare su questi numeri.
Anche stavolta, una certezza.

mercoledì 15 aprile 2020

Torta al cioccolato (e nocciole)

Fig. 1
Fig. 2
Fig. 3
Pare che mezza Italia si sia riscoperta amante dei fornelli, del giardinaggio e di alt(r)e amenità cui ci costringe la vita "intra moenia" di questi mesi. Per non essere da meno, mi sono cimentato con una torta al cioccolato decisamente di facile esecuzione e dal risultato garantito.

Ingredienti:
  • cioccolato fondente: 550 g
  • burro: 300 g + il necessario per lo stampo
  • zucchero: 100 g
  • nocciole: 50 g
  • farina: 30 g (io ho usato farina di mandorle, ma ovviamente va benissimo quella bianca)
  • uova: 5 (a temperatura ambiente)
  • zucchero a velo: un paio di cucchiaini
Preparazione:
  • fate fondere il burro con 400 g di cioccolato
  • mentre il composto si raffredda, separate i tuorli dagli albumi
  • montate i tuorli con lo zucchero e aggiungete la farina setacciata. Mescolate per rendere il tutto più o meno decentemente omogeneo (Fig.1)
  • montate a neve gli albumi e aggiungete il composto al cioccolato
  • imburrate uno stampo, mettetevi la carta da forno e versate il tutto (Fig. 2)
  • mettete in forno a 160°C per 50'; sfornate e lasciate raffreddare la torta
  • preparate la glassa: fate fondere il cioccolato rimanente con un paio di cucchiaini di zucchero a velo (setacciato). Volendo, aggiungete pure un goccio di rum o simili, che male non fa...
  • capovolgete la torta (livellate il "top" se è uscito un po' curvo)
  • versate la glassa e stendetela al meglio
  • frullate grossolanamente le nocciole a pezzetti e aggiungetele sulla torta (Fig. 3)
Nota: vista la quantità smodata di cioccolato, sceglietene il tipo in base ai vostri gusti: io uso il "solito" 70% circa, ma se volete una torta dal gusto più dolce, regolatevi di conseguenza...

sabato 11 aprile 2020

Cirò superiore DOC Riserva Ripe del falco 1992 (e 1993) Ippolito 1845

"Se me lo dicevi prima" cantava il grande Enzo Jannacci più o meno negli anni di questo vino. Se me lo bevevo prima, potrei parafrasare, senza mancare di rispetto. Fine del post; o quasi.

La prima cosa che colpisce di questo vino è la confezione in cui arrivò, complice un amico, qualche decennio fa: una scatola con riproduzioni di guerrieri greci (vi si legge il nome di Akastos, uno degli argonauti). Bottiglia ed etichetta piacevolmente all'antica, purtroppo caduta poi vittima della "modernità", almeno a giudicare dal sito internet del produttore. Il Ripe del falco nasce da uve Gaglioppo in purezza, da vecchi vigneti. Si presenta già come vino da lungo invecchiamento; basti pensare che si affina per otto anni in acciaio seguiti da un paio in grandi botti di legno prima di essere commercializzato. Acquistato una quindicina di anni fa, insieme ad una bottiglia dell'annata 1993, è rimasto lì come tanti suoi fratelli, dapprima in attesa dell'occasione giusta, e poi per timore di aprire una bottiglia ormai andata. Questo periodo di degustazioni solitarie è però l'ideale per fare giustizia di tutte queste bottiglie... e quindi procedo.

La rimozione del tappo è delicata, ma si svolge senza intoppi; lo stesso è in buone condizioni e fa ben sperare. Verso il vino: un po' di deposito mi ricorda, prima ancora del colore, un granato con dei riflessi aranciati che segnano il passar degli anni, che sto per bere un vino con quasi trent'anni di vita.
Al naso sento l'alcool piuttosto distintamente. Le note di frutti rossi sono un po' appannate, e più evidenti appaiono quelle di cuoio, tabacco... assaggio: ancora una bella struttura alcoolica e un'acidità che resiste, anche se ovviamente non stiamo parlando di un vino giovane e "scattante". Conviene far aprire il vino e lasciar sparire alcune note un po' stonate che rovinano il piacere del gusto... e rieccomi: le spezie sono lì, i frutti pure... e la struttura tiene... insomma, un vino certo non in perfetto equilibrio, ma assolutamente bevibile; un vino che ha i suoi anni e sa di averli, ma che sa sfruttare la sua forza ed il suo carattere fino in fondo.

Purtoppo il 1993 non mi ha riservato la stessa sorpresa... per carità, siamo sempre ben al di sopra delle mie aspettative iniziali, che erano colpevolmente nulle, ma la bottiglia ha retto meno gli anni e ha perso un po' in bevibilità.

Resta il rimpianto per non aver aperto almeno una di queste bottiglie una decina di anni fa... comunque ultimamente sto recuperando il tempo perso!