Ci sono infiniti libri sulla storia della Grande Guerra; alcuni li ho letti, altri aspettano pazientemente in biblioteca, della maggioranza del resto non saprò mai nulla. Ogni libro ha il suo approccio e il suo punto di vista, ma se ne dovessi raccomandare uno... ne indicherei due! I due libri in questione sono i più completi che ho letto finora e sono indicativi di due approcci diversi alla vicenda; per questo vale la pena di leggerli entrambi.
Avevo conosciuto gli scritti di Pieropan grazie al suo lavoro sulla battaglia dell'Ortigara (altra raccomandabile lettura) e mi sono indirizzato quasi-naturalmente a lui quando cercavo una storia della Grande Guerra che fosse ragionevolmente "oggettiva" (passatemi questo termine...). La sua Storia della Grande Guerra sul fronte italiano 1914-1918, Mursia, Milano, 2001 (1a ed. 1998, riedito nel 2009 con la modifica 1915-1918) è soprattutto una cronaca assai dettagliata degli avvenimenti e delle operazioni militari, costellata di ben 34 cartine delle diverse zone, utilissime per orientarsi e per comprendere appieno l'evolversi della situazione. Per quanto Pieropan non trascuri gli aspetti politici, l'enfasi del libro è sulle operazioni militari: ogni battaglia è anticipata da una descrizione delle forze in campo, della loro dislocazione, dall'ordine delle operazioni con i ruoli assegnati ai diversi gruppi; è seguita dettagliatamente nel suo svolgersi con ampi riferimenti alle relazioni ufficiali italiana e austriaca (qui tornano utili le cartine di cui sopra) per essere poi valutata nel suo tragico bilancio di morti, feriti e dispersi. Dopo duecento pagine circa dedicate a Caporetto (con cronaca quotidiana degli eventi, come per Vittorio Veneto) e alla battaglia di arresto, gli avvenimenti del 1918 chiudono il corposo volume (più di 800 pagine) con una inaspettatamente breve Conclusione in cui si trova il bilancio delle perdite. Le considerazioni dell'autore non mancano, ma sono sparpagliate nella sequenza di fatti.
Veniamo al secondo libro. Di Isnenghi ho adocchiato da un po' - ma non ancora letto - il famoso Mito della Grande Guerra, più o meno al seguito della lettura delle memorie di Gadda, Stuparich, Jahier e altri. Così quando vidi l'indice de La Grande Guerra 1914-1918, Sansoni, Milano, 2004 (scritta con Giorgio Rochat - 1a ed. 2000; ristampato nel 2009 da Il Mulino) fu subito chiaro che i due volumi sarebbero stati complementari. Qui i "fatti d'arme" sono trattati in una sia pur sapiente sintesi (molti, al di fuori del fronte isontino, anche trascurati) mentre l'attenzione si sposta sulla storia sociale, sulle condizioni di vita di militari e civili, sul "fronte interno" e sulla "mitologia". Ampio spazio è dato all'analisi della situazione politica del Paese e del sofferto ingresso in guerra (a spanne, un buon 25% del libro contro un 10% di Pieropan), notevoli i capitoli sulle condizioni degli uomini in trincea, sulle donne e la guerra, sui prigionieri di guerra e sul ruolo della propaganda (oltre alle ricche note bibliografiche). A ben vedere, questi temi sono dominanti; Caporetto è risolta in una trentina di pagine, Vittorio Veneto in due o tre.
Ogni approccio ha ovviamente i suoi pro e contro e risente del periodo in cui è stato scritto; da qui l'invito a non accontentarsi di un solo libro. Alcuni argomenti e valutazioni sono sviscerate meglio nel primo, altri nel secondo. Senza confrontarli pagina a pagina, mi limito ad accennare ad un paio di casi di valutazioni differenti:
Il piano di guerra di Cadorna: Pieropan, pur riconoscendo il "condizionamento politico e militare" che indirizzava verso l'Isonzo, sembra ritenere più conveniente un'azione nel Trentino che (p. 55) "avrebbe permesso di configgere un insidiosissimo cuneo verso la giunzione meridionale fra i due imperi centrali"; secondo Isnenghi-Rochat invece tale offensiva non era risolutiva "perché la perdita di una regione periferica non avrebbe intaccato la capacità di resistenza dell'Austria-Ungheria" (p. 152).
La figura di Cadorna: a parte la discussione sulla famosa libretta rossa (pagg. 119 e 153, rispettivamente), Pieropan non dedica uno spazio specifico all'analisi del suo comportamento, inserendo però diversi commenti (anche critici) in relazione alle singole operazioni. Una sostanziale difesa del "grande soldato e uomo integerrimo [...] al quale veramente mancò la fortuna" si trova al momento del suo esonero (p. 531). Più argomentata qui la disamina di Isnenghi-Rochat (p. 193) che mettono in evidenza sia le sue capacità di conduzione della guerra che i limiti personali (la tendenza all'accentramento che esautorava il Comando Supremo, l'ufficio informazioni, quello di collegamento, ecc. ecc., il disinteresse per l'organizzazione tattica, per l'addestramento degli uomini, per le condizioni dei soldati, l'ossessione del disfattismo e della ferrea disciplina, i pessimi rapporti col potere politico). Anche la figura di Diaz è tratteggiata più compiutamente in questo libro.
Avevo conosciuto gli scritti di Pieropan grazie al suo lavoro sulla battaglia dell'Ortigara (altra raccomandabile lettura) e mi sono indirizzato quasi-naturalmente a lui quando cercavo una storia della Grande Guerra che fosse ragionevolmente "oggettiva" (passatemi questo termine...). La sua Storia della Grande Guerra sul fronte italiano 1914-1918, Mursia, Milano, 2001 (1a ed. 1998, riedito nel 2009 con la modifica 1915-1918) è soprattutto una cronaca assai dettagliata degli avvenimenti e delle operazioni militari, costellata di ben 34 cartine delle diverse zone, utilissime per orientarsi e per comprendere appieno l'evolversi della situazione. Per quanto Pieropan non trascuri gli aspetti politici, l'enfasi del libro è sulle operazioni militari: ogni battaglia è anticipata da una descrizione delle forze in campo, della loro dislocazione, dall'ordine delle operazioni con i ruoli assegnati ai diversi gruppi; è seguita dettagliatamente nel suo svolgersi con ampi riferimenti alle relazioni ufficiali italiana e austriaca (qui tornano utili le cartine di cui sopra) per essere poi valutata nel suo tragico bilancio di morti, feriti e dispersi. Dopo duecento pagine circa dedicate a Caporetto (con cronaca quotidiana degli eventi, come per Vittorio Veneto) e alla battaglia di arresto, gli avvenimenti del 1918 chiudono il corposo volume (più di 800 pagine) con una inaspettatamente breve Conclusione in cui si trova il bilancio delle perdite. Le considerazioni dell'autore non mancano, ma sono sparpagliate nella sequenza di fatti.
Veniamo al secondo libro. Di Isnenghi ho adocchiato da un po' - ma non ancora letto - il famoso Mito della Grande Guerra, più o meno al seguito della lettura delle memorie di Gadda, Stuparich, Jahier e altri. Così quando vidi l'indice de La Grande Guerra 1914-1918, Sansoni, Milano, 2004 (scritta con Giorgio Rochat - 1a ed. 2000; ristampato nel 2009 da Il Mulino) fu subito chiaro che i due volumi sarebbero stati complementari. Qui i "fatti d'arme" sono trattati in una sia pur sapiente sintesi (molti, al di fuori del fronte isontino, anche trascurati) mentre l'attenzione si sposta sulla storia sociale, sulle condizioni di vita di militari e civili, sul "fronte interno" e sulla "mitologia". Ampio spazio è dato all'analisi della situazione politica del Paese e del sofferto ingresso in guerra (a spanne, un buon 25% del libro contro un 10% di Pieropan), notevoli i capitoli sulle condizioni degli uomini in trincea, sulle donne e la guerra, sui prigionieri di guerra e sul ruolo della propaganda (oltre alle ricche note bibliografiche). A ben vedere, questi temi sono dominanti; Caporetto è risolta in una trentina di pagine, Vittorio Veneto in due o tre.
Ogni approccio ha ovviamente i suoi pro e contro e risente del periodo in cui è stato scritto; da qui l'invito a non accontentarsi di un solo libro. Alcuni argomenti e valutazioni sono sviscerate meglio nel primo, altri nel secondo. Senza confrontarli pagina a pagina, mi limito ad accennare ad un paio di casi di valutazioni differenti:
Il piano di guerra di Cadorna: Pieropan, pur riconoscendo il "condizionamento politico e militare" che indirizzava verso l'Isonzo, sembra ritenere più conveniente un'azione nel Trentino che (p. 55) "avrebbe permesso di configgere un insidiosissimo cuneo verso la giunzione meridionale fra i due imperi centrali"; secondo Isnenghi-Rochat invece tale offensiva non era risolutiva "perché la perdita di una regione periferica non avrebbe intaccato la capacità di resistenza dell'Austria-Ungheria" (p. 152).
La figura di Cadorna: a parte la discussione sulla famosa libretta rossa (pagg. 119 e 153, rispettivamente), Pieropan non dedica uno spazio specifico all'analisi del suo comportamento, inserendo però diversi commenti (anche critici) in relazione alle singole operazioni. Una sostanziale difesa del "grande soldato e uomo integerrimo [...] al quale veramente mancò la fortuna" si trova al momento del suo esonero (p. 531). Più argomentata qui la disamina di Isnenghi-Rochat (p. 193) che mettono in evidenza sia le sue capacità di conduzione della guerra che i limiti personali (la tendenza all'accentramento che esautorava il Comando Supremo, l'ufficio informazioni, quello di collegamento, ecc. ecc., il disinteresse per l'organizzazione tattica, per l'addestramento degli uomini, per le condizioni dei soldati, l'ossessione del disfattismo e della ferrea disciplina, i pessimi rapporti col potere politico). Anche la figura di Diaz è tratteggiata più compiutamente in questo libro.