Il Vittoriale degli italiani, 1940
Il 16 gennaio 1916, di ritorno da un volo di ricognizione, un errore del pilota portò l'idrovolante su cui era D'Annunzio ad impattare violentemente sull'acqua: nell'urto D'Annunzio perse l'uso dell'occhio destro (forse anche per negligenza nel farsi curare; il giorno dopo era ancora in missione!) e rischiò la cecità totale. Per ordine dei medici dovette restare circa tre mesi nell'oscurità, con gli occhi bendati, senza potersi muovere. Secondo l'autore, il testo del Notturno fu scritto in questo periodo nella casa di Venezia, su migliaia di cartigli approntatigli dalla figlia (la Sirenetta). Una descrizione dei fatti si trova, ad es., in questa biografia di Luigi Bologna, il pilota dell'idrovolante, dove compaiono fatti e personaggi richiamati a più riprese nell'opera.
Si può, o forse si deve, dubitare di questa genesi "mitica" delle prose del Notturno; fatto sta che l'atmosfera che vi si respira le si adatta perfettamente: D'Annunzio smette quasi completamente i panni del Vate per riscoprire la malattia, la rassegnazione, la costrizione. Anche lo stile appare frammentato, diviso in numerosissimi capoversi (saranno i cartigli?) e rincorre, soprattutto nella seconda metà, le visioni che attraversano la mente dell'autore durante la convalescenza. L'opera è divisa in tre offerte: la prima è quella più marcatamente "narrativa" e piange la scomparsa dell'amico Giuseppe Miraglia (qui una sua biografia), ricorda i suoi ultimi giorni, l'incidente, i funerali. Nella seconda offerta i piani narrativi si confondono; alla rievocazione di episodi della guerra aerea (l'epopea dell'Aquila romana nella missione su Lubiana; si veda ad es. qui alla data 18/2, la posa di torpedini nella baia di Panzano con l'Impavido al comando di Piero Orsini, la difesa dell'Isola Morosini,...) si sovrappongono i ricordi d'Abruzzo con la madre malata a cui l'opera è dedicata, sensazioni e impressioni suscitate da brani musicali (non sapevo di questo interesse di D'Annunzio per la musica) o da aromi, fugaci visioni ottenute sollevando le bende. È forse la parte più oscura. L'ultima offerta descrive il ritorno alla luce: ancora fatti di guerra (l'incidente di collaudo occorso a Luigi Bresciani, leggibile in dettaglio qui), l'esasperazione sempre più forte per la selva di ametista che sente nell'occhio (La pazienza si torce come una bestia castigata. Il sopracciglio è fatto di spine. Lacrime senz′anima scendono alle mie labbra secche. Sento la mia volontà non in me ma sopra di me, quasi lama affilata, lunga esattamente come il mio corpo sottomesso.), fino alla resurrezione, che con dannunziana trovata non poteva che coincidere con la settimana della Passione e la Pasqua. Un'Annotazione finale del 1921 chiarisce la sorte dei cartigli fino alla pubblicazione, non senza la trovata "pubblicitaria" di menzionarne alcuni troppo intimi per essere pubblicati... D'Annunzio è tornato quello di sempre; la parentesi nelle tenebre è finita!
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