La salita di Micheluzzi, Perathoner e Christomannos
Il nostro viaggio nella parete S della Marmolada non può che iniziare con la guida CAI-TCI Odle Sella Marmolada di Ettore Castiglioni, che ne delinea rapidamente la storia alpinistica [1]. Tralasciando le salite da nord, si contano quindi la Tomé-De Toni-Farenzena (1897) al canale della S'Cesora, che però giunge in cresta a 2 km circa dalla cima, e la Bettega-Zagonel-Tomasson del 1901 (qui il racconto di Matteo su Beatrice Tomasson) con relativa variante dei fratelli Leuchs nel 1902. Dice poi Ettore (p. 496):
Infine il 6 e 7 settembre 1929 le guide L. Micheluzzi e R. Peratoner con Cristomannos aprivano sullo spigolo S un itinerario "direttissimo" che è veramente un ideale di logicità e di arditezza (Boll. S.A.T. 1929-30 pag. 121, Bst., 1930 - 147, Zt. 1933 - 209).
Di questa salita, che è ormai considerata il primo "vero" sesto grado italiano, si è detto molto. Lasciamo il riassunto a Lorenzo Doris in Storia dell'alpinismo dolomitico - dalle origini al 1957 [2]:
Una sconosciuta guida di Canazei, lontana dalle polemiche e dagli ambienti di rito, e digiuna dei conflitti etici in corso, realizza un itinerario della più ferrea logica antica, "dove ogni metro fuori via è stupido ed inutile". Ѐ Luigi Micheluzzi, ventenne, coinvolto da Roberto Perathoner e Demetrio Christomannos che armati di una corda di canapa, due martelli e sette chiodi, innalzano di nuovo il limite dell'arrampicata. Micheluzzi è arrampicatore istintivo che si allena regolarmente sui sassi vicino a casa.
I tre, dopo un bivacco in un'umida e fredda gola, aprono una via con diversi passaggi di 6°. Nella parete finale inoltre superano un tetto con brutale ed atletica arrampicata d'incastro. Lì Micheluzzi perde dalla tasca la 'luganega' (salsiccia) e la pipa, suoi 'attrezzi' indispensabili da bivacco: "Anche la pipa ho perso, porca miseria, quella sì che mi è dispiaciuto."
A sostegno di quest'impresa, che sarà presto dimenticata e dovrà aspettare i giudizi di Hermann Buhl, Jean Couzy e Reinhold Messner per essere rivalorizzata, citiamo il numero di chiodi usati, ben 6 ! e la parete superata: la sud della Marmolada.
Osservatore privilegiato, 'Tita' Piaz che si trova a percorrere una via adiacente. Toccherà a lui difendere Micheluzzi da Walter Stösser che, ripetuta la via, intende appropriarsene come prima ascensione. Ciò accade perché la notizia della salita italiana non giunge agli alpinisti di lingua tedesca.
Ѐ il primo 6° della Marmolada.
Anche Vittorio Varale ne La battaglia del sesto grado [3] menziona questo "increscioso incidente". Ce n'è abbastanza per approfondire la questione!
Iniziamo dunque con la relazione originale degli apritori, tratta dall'Annuario 1929-30 della SAT [4], che dovrebbe essere leggibile e che quindi non trascrivo:
La relazione è molto stringata, ma contiene le informazioni essenziali per la salita, in particolare nel tratto-chiave della "finestra" che si supera con un pendolo facendo prima passare una corda attraverso un foro. La salita non ha l'eco che meriterebbe, la Rivista Mensile del CAI non ne parla, Lo Scarpone neanche... o almeno, non fino al 1932, quando compare un allarmato articolo di Franco Dezulian, La "direttissima" della Marmolada - chi ha fatto la prima ascensione? [5] che racconta dei numerosi tentativi dell'alpinista tedesco Stösser al pilastro della Marmolada, e di come la sua ascensione nel 1932 sia stata salutata in Germania come prima salita. Dezulian ricostruisce la cronologia degli eventi, e chiosa infine:Questa impresa, per troppa fretta di cronisti o per troppa evidente partigianeria di ammiratori fanatici, non certo per volontà di Stösser che ormai nel 1930 aveva ammessa senza riserve la priorità di Micheluzzi e Perathoner, è stata erratamente e impropriamente chiamata e glorificata come prima ascensione [...].Sulle idee di Stösser torneremo più in là; per il momento non resta che notare che la pur puntuale ricostruzione di Dezulian (che riporta la salita anche in un articolo sulla Rivista Mensile del febbraio 1933 [6]) resta circoscritta all'ambito locale, visto che difficilmente a Monaco si leggeva il foglio in questione. E del resto, da bravi italiani noi ci mettiamo del nostro: su Alpinismo (la rivista del CAI Torino) del gennaio 1933 [7] si legge a p. 15 la cronologia delle prime cinque ascensioni, dove la salita di Micheluzzi è spostata al 6-7 settembre 1932 (anziché 1929), quindi successiva a quella di Stösser, mentre nel numero di ottobre 1935 [8] a p. 242 si attribuisce la seconda salita a Castiglioni-De Tassis, facendo altra confusione. Sorprende anche, e non poco, che di fronte ad una faccenda di una certa rilevanza non si levi altra voce che l'articolo de Lo Scarpone. Niente sulla Rivista Mensile del CAI, niente da parte della SAT. E qui entra in gioco Tita Piaz.
Ora, nel ristabilire le giuste relazioni di precedenza in questa eccezionale impresa [...] noi non intendiamo affatto diminuire l'operato di Stösser e Kast: D'altra parte crediamo questi troppo onesti e troppo cavallereschi per permettere l'affermarsi di una leggenda, che avrebbe per base troppo evidenti premesse di inesattezza e di ingiustizia.
Noi intendiamo semplicemente rivendicare alle guide di Fassa Luigi Micheluzzi e Roberto Perathoner l'onore della prima scalata della « Direttissima » della Marmolada.
Le lettere di Tita Piaz
Le pagine di Roccia del 1933. |
Quando nell'ormai remoto 2016 riuscii a vedere il diario fotografico di Eugenio Vinante, feci la conoscenza del periodico Roccia, dove furono pubblicate le notizie di alcune salite del forte alpinista vicentino. Roccia uscì nel 1933, con 26 numeri a partire dal 18 febbraio fino al 4 novembre; la sede a Milano, come Lo Scarpone verso cui si poneva in concorrenza. Concorrenza breve, in realtà: Lo Scarpone già dai primi numeri del 1931 pubblica la rubrica Nelle Sezioni del C.A.I. assieme ad una pletora di altre notizie "caiane", sì che dal 1933 diventa organo ufficiale del CAI Milano e via via di altre Sezioni, tagliando fuori le altre riviste. Roccia è presto dimenticata, eccezion fatta per questo articolo sulle pubblicazioni di alpinismo, ma compulsando qua e là vi si può trovare qualcosa di interessante: nel numero di settembre 1933 [9] vi sono infatti due pagine assai pertinenti al nostro caso. Ecco il testo:
La "direttissima" sull’impervio spigolo S della Marmolada rivendicata da Tita Piaz a una cordata italiana
Dichiarazioni, lettere, polemiche dicono che Micheluzzi - Peratoner - Cristomanno furono i primi salitori del superbo spigolo - Stösser e Kast detengono la “seconda” assoluta.
Il trionfo della verità
Fra i migliori e impervi ammassi di dolomia si erge poderoso nella sua cruda verticalità il Sud della Marmolada che per molti anni rimase uno dei grandi problemi insoluti dell'alpinismo. Nel 1929 una cordata di nostri arrampicatori tentò la superba conquista e riuscì nell'intento, segnando una « direttissima »; ma la panciafichista incertezza, i dubbi amletici vagamente accennati, le dicerie da comare di mezzoborgo sollevati da qualche persona tendenti a negare la vittoriosa conquista degli italiani trovarono facile esca nel cervello di un giornalista germanico cui non parve vero - quando l'alpinista Stösser compì la seconda ascensione - di blaterare ai quattro venti la notizia che diceva: « Una nuova vittoria tedesca nelle Dolomiti».
Orbene successe il buffo caso che si credette di più alle dicerie mormorate a mezza voce e al trafiletto dello zelante cronista tedesco, che non a persone autorevoli, in grado di dimostrare alla luce del sole la verità. C’è voluta la pazienza, l'amore allo sport da arrampicamento di Tita Piaz, alpinista magnifico fra i rocciatori, perché dicerie e trafiletto fossero quotate al loro giusto valore, che in quanto a obiettività di giudizio, vale zero.
Tita Piaz, dunque, ha raccolto dichiarazioni e dati di fatto, ha parlato coi protagonisti dell’ardita impresa, ha tenuto corrispondenza polemica coi tedeschi del Bayerland, e oggi è in grado di dire a tutto il mondo che lo spigolo sud della Marmolada è stato scalato per la prima volta in « direttissima » da una cordata italiana. E lo dice qui, su queste
colonne.
Nella relazione del Piaz v’è una testimonianza decisiva: quella della signora Jane Tutino Steel, suddita americana [nota: in realtà inglese, a parte il fatto che gli americani non erano "sudditi", mentre lo eravamo noi, e pure di un re imbelle], la quale, in corda fra Gluck e Peratoner, tentò - pur non riuscendo - la seconda assoluta della « direttissima ». Si ha da sapere che la parte più difficile della salita è rappresentata dal primo tratto, che culmina ad un tetto roccioso terribilmente strapiombante. Questo tetto è forato, sì che l'alpinista non deve superarlo all'esterno, ma internamente, appunto attraverso al pertugio. Le due guide e la signora Tutino giunsero fino lì (poi furono recuperati dalla cima perché il pertugio era chiuso dai ghiacci) e videro, piantati nella roccia, appena sopra il tetto, due chiodi. Chi mai ce li aveva piantati?
Pensaci su, caro lettore, leggi quel che dice Tita Piaz, e poi ti accorgerai di avere, sulla faccenda, un'idea tua - che certo sarà quella giusta, - chiara e inconfondibile.
Dice Piaz…
Il giorno 6 settembre 1929 la cordata composta da Luigi Micheluzzi, Roberto Peratoner e Cristomanno attaccava il gran Pilastro della Marmolada, ed il giorno seguente dopo un cattivo bivacco, in linea ideale, raggiungeva la cima. Di tale ascensione il Micheluzzi inviò alla S.A.T. del C.A.I. una relazione che se non è proprio un saggio letterario, né un modello di perfezione descrittiva, non c'è da farsene meraviglia, essendo il Micheluzzi, come le altre guide, fatte poche eccezioni, un magnifico arrampicatore e non un letterato. Il 4 agosto 1930 il signor Stösser di Pforzheim assieme a Schutt tentò la stessa scalata ma, ostacolato da pessime
condizioni, tornò dopo la prima terrazza. Va notato che nell'andata al Contrin passando per Canazei, i due si incontrarono con Peratoner il quale dette loro delle informazioni preziose ed accennò soprattutto ai due chiodi infissi ancora sopra il grande tetto ed al laccio di una corda lasciato da Cristomanno sopra lo stesso.
La sera del 3 agosto Micheluzzi, venuto a conoscenza dei due signori che avevano intenzione di ripetere la sua via, e della diceria circolante in Canazei che avrebbero pagato 700 marchi per una guida che li accompagnasse, chiamò Stösser al telefono e si offerse come guida, ciò che Stösser declinò. Anche Micheluzzi disse a Stosser dei due chiodi.
Il 23 agosto dello stesso anno Stösser e Schutt ritentarono ancora una volta inutilmente (vedi « Der Bergsteiger » dicembre 1930, gennaio 1931).
Alla fine di agosto 1931 Stösser in compagnia di Kast ritenta per la terza volta la scalata arrivando non molto distante dal « gran tetto » ove inesorabili masse di ghiaccio li costrinsero alla ritirata.
Il giorno 18 agosto 1931 la signora Tutino Steel, accompagnata dalle guide Roberto Peratoner e Gluck Ferdinando con alquanta esotica originalità, vuole accertarsi della possibilità della scalata (da alcun tempo messa in dubbio) ed eventualmente compiere la seconda. Essendo il buco nel « gran tetto », ove la prima cordata aveva passato la corda e con manovra poi vinto, spietatamente ostruito da ghiaccio, la cordata Peratoner dovè essere recuperata dalla cima.
Alcuni giorni dopo Stösser ritorna all'assalto con Kast, raggiunge il « tetto », trova il buco già indicatogli da Peratoner che frattanto ed in seguito al lavoro di Peratoner e Gluck s’era aperto o quasi, lo sfrutta e come i primi, supera lo strapiombo al di fuori per la corda e raggiunge così la cima.
Qualche giorno dopo, due giovanotti di Gardena a piedi nudi, raggiungono la cima senza bivacco, passando il capo cordata
stesso per il noto buco, frattanto ingranditosi.
Questa la cronistoria della « Direttissima ».
La serie di allegati spiegano l'opera mia tendente a rivendicare alla cordata Micheluzzi l'indiscutibilissimo merito della « prima scalata » della « Direttissima ».
Noto che un giorno, venuto a conoscenza che Stösser si trovava al Contrin, lo chiamai al telefono e gli dissi che mi sembrava utile un abboccamento nel suo interesse, in quello dei primi scalatori e dell'alpinismo in generale. Rimanemmo d'accordo che egli, tornando a Canazei, mi avrebbe chiamato al telefono per un rendez-vous. Stösser partì da questi paraggi senza essersi fatto vivo. Ma veniamo agli allegati.
Tita Piaz
I documenti allegati
Passo Pordoi, 15 novembre 1932
Egregio signor Stösser,
sono stato reso attento di una notizia della M.N.N. del 9 settembre la quale qualifica la sua salita della « Direttissima » della Marmolada come prima salita. Pur non conoscendola personalmente ho rigettato con indignazione il sospetto che la suddetta notizia sia stata pubblicata in seguito a una sua corrispondente asserzione, poiché io so che alpinisti del suo calibro non marciano su simili vie.
Non soltanto nella mia qualità di testimonio della « prima scalata » di Micheluzzi e come uno dei più vecchi alpinisti attivi, sento il dovere morale di far fronte a questa sciente ed incosciente alterazione della verità, ma perché altresì io mi associo all'opinione di Lammer che non esistono « montagne tedesche né italiane né tibetane », che il valore pedagogico dell'alpinismo conferisce a questo il diritto di rivendicare per sé una classe superiore a quella di una semplice associazione di giocatori di foot-ball e perché io sono dell'idea che simili mistificazioni a scopo di « reclame nazionale » rendono all'alpinismo un cattivo servigio…
Ora, prima che io prenda pubblicamente posizione come testimonio (io li vidi all'attacco e osservai la scalata fin sulla prima terrazza salendo io in quel giorno per la via normale ed essendo stato il giorno seguente richiesto telefonicamente di guidare una spedizione di salvataggio che in seguito divenne superflua), vorrei pregarLa di comunicarmi se Lei sa qualche cosa di più preciso di questa disgustosa vertenza e se forse è già avvenuta una relativa rettifica.
Non riesco a sottrarmi alla convinzione di agire nello spirito Suo stesso di alpinista, se io cerco di porre bastone tra le ruote e dei piccini speculatori nazionalisti e cerco di dare a Cesare quel che è di Cesare.
Per una sollecita risposta, ringrazio sentitamente in anticipazione.
Con alpini cordiali saluti
Tita Piaz
Munchen, 28 novembre 1932
Egregio Sig. Piaz,
Ci perviene il contenuto della sua lettera diretta al nostro socio Stösser di Pforzheim e ci permettiamo di comunicarle in merito quanto segue:
Stösser stesso non ha mai asserito di essere il primo scalatore della « Direttissima » della Marmolada e non è quindi
l'ispiratore di quella notizia di giornale. Se qui si asserisce che Stösser abbia fatto la prima scalata, ciò va attribuito alle diverse dicerie che circolano in Canazei, ad espressioni di persone abbastanza bene informate, ed inoltre a molteplici e assai strane circostanze. Ciò fu pure la causa che lasciò sorgere in Stösser stesso dei dubbi sulla salita del Micheluzzi. Del resto nella vertenza lei non c'entra del tutto, giacché nessuna parte si pone in dubbio che Micheluzzi abbia attaccato la parete, ciò che Lei superfluamente vuole testificare.
Sono divergenti le opinioni se egli invece abbia condotto a termine la salita. Onde chiarire la cosa ci siamo già rivolti a competenti personalità del C.A.I. Infine per ciò che concerne il pensiero nazionale rispettivamente gli « scopi di reclame nazionale » Lei è il primo che lo tira in ballo.
E’ inutile quindi entrarne in merito.
Con alpini saluti,
A.V.S. Bayerland e V. I. Vorstand:
(firma illeggibile)
16 novembre.
Egregio signore,
Non so se le sia noto che si pone in dubbio la prima « Direttissima » della parete Sud della Marmolada da parte della cordata Micheluzzi e che si dice anzi che un altro se l'è aggiudicata.
Ora io vorrei prendere posizione di fronte a tale piccina mistificazione e ridare a Cesare ciò che è di Cesare tanto più che parecchi dubbi diventano sempre più insistenti. Mi si dice che Lei si trovava sulla vetta della Marmolada quando la comitiva Micheluzzi arrivò in cima ed io Le sarei molto grato se sapesse dirmi qualcosa di positivo in merito, rendendo così notevole servizio alla verità e alla serietà dell'alpinismo.
Ringraziandola anticipatamente invio cordiali saluti alpini.
Tita Piaz
Brescia, 22 novembre 1932
Carissimo signor Tita Piaz,
mi fu stata consegnata ieri la sua gradita lettera di certo un po' in ritardo e sento dalla sua accennata, questo giusto diritto. Io le posso più che garantire che quando mi trovai in vetta alla Marmolada arrivarono due giovanotti. Non so se era la famosa comitiva Micheluzzi. Due giovanotti arrivarono sulla vetta alle 11 circa dopo aver bivaccato su un piccolissimo ripiano la notte precedente e furono poi raccontati tutti gli sforzi compiuti durante la prima « Direttissima » della parete Sud della Marmolada. Certo erano due simpatici e forti trentini.
Ora non posso garantire di più che vedere le loro persone o fotografie ma vestiti però da alpinisti.
Riceva i migliori saluti alpinistici e sempre possibile dove sono buono.
Da notarsi che eravamo sulla fine pressapoco del mese di agosto, di questa ascensione di tre anni fa.
Mi creda
Ugo Alfredo Masneri
DICHIARAZIONE
Io sottoscritto Dantone Angelo, Guida Alpina autorizzata, del C.A.I., dichiaro che il giorno 7 settembre 1929, accompagnai dalla base del ghiacciaio alla vetta della Marmolada e ritorno al Rifugio Venezia, il signor Ugo Alfredo Masneri, socio del C.A.I. di Brescia. Siamo arrivati in vetta alle ore 11,25 restando colà fino alle ore 12,30. In fra questo tempo che noi eravamo in vetta, arrivò dalla Parete Sud e precisamente per la via « Direttissima » scalata per la prima volta, la guida Micheluzzi Luigi e Roberto Peratoner con lo studente Cristomanno. Questo posso io testificare sulla mia parola d'onore.
Angelo Dantone
Guida Alpina, Socio del C.A.I.
Canazei, li 11 dicembre 1932
Trento, 4 febbraio 1933-XI
Carissimo Tita,
La tua cartolina del 26 dicembre diretta alla SAT venne scovata dall'amico Strobele il 30 gennaio e ieri me la fece vedere, sapendo qualche cosa della faccenda, m’incaricai di risponderti ed eccomi pronto ad esporre quello che so.
A suo tempo Micheluzzi mi fece pervenire la relazione della nota ascensione, che curai nella forma espositiva onde pubblicarla, come venne fatto nel penultimo annuario della SAT. Qualche mese dopo, parlando con degli amici, seppi che negli ambienti tedeschi si metteva in dubbio quanto aveva asserito il Micheluzzi. Venuto poi a contatto col Micheluzzi stesso, gli feci presente l'incredulità degli alpinisti tedeschi al che egli rispose che poteva contare sulla tua testimonianza in quanto che tu quel giorno eri al Contrin e compivi l'ascensione della solita Parete Sud. Aggiunse inoltre che egli era disposto a ripetere l'ascensione verso il compenso di un importo non minore a lire 5.000 (diconsi lire cinquemila!).
So poi che altri poi hanno compiuto l'ascensione seguendo l'itinerario Micheluzzi e compagni, ciò che sta a dimostrare che detto itinerario, pur essendo estremamente difficile, non presentava passaggi impossibili come hanno trovato altri salitori e tedeschi ed altre guide locali.
Con i più cordiali saluti,
aff.mo Fabbro
Passo Sella, 31 luglio 1933
Caro Tita,
Avendo sentito dell'ultimo tentativo di Stösser per prendere come sua prima ascensione la « Direttissima » Marmolada Sud, ti scrivo per ripetere quello che già ti ho detto. Come sai, noi, cioè Glük, Peratoner ed io abbiamo fatto questa ascensione il 20-21 agosto dell'anno passato ed io ho voluto farlo prima che Stösser avesse potuto ritentare per poter vedere se si trovassero delle prove assolute della riuscita della prima salita Micheluzzi-Peratoner-Cristomanno. Naturalmente a Peratoner non ho detto con quale scopo sono andata. Peratoner mi aveva già detto del buco sotto il tetto dello strapiombo, anzi ci siamo fatti fare una lunga sbarra di ferro appositamente per sfondarlo se fosse intanto turato.
Glük ed io siamo rimasti persuasissimi del fatto che la prima ascensione è stata fatta da Micheluzzi-Peratoner-C. per varie prove, la più positiva delle quali essendo i due chiodi sopra il tetto dello strapiombo. Questi chiodi il Peratoner mi ha descritti prima di passare lo strapiombo e una volta su li ho trovati tali e quali come egli mi aveva detto. Tutta la maniera di Peratoner nell'indicarmi la posizione del piccolo buco dove avevano passato la corda, la manovra fatta per passare lo strapiombo, ogni cosa era la chiara prova che l'avevano già fatta - e poi i chiodi non si piantano da sé! Sarei molto addolorata se si continuasse a dubitare del fatto che Micheluzzi-Peratoner e C. abbiano fatto la prima ascensione giacché io ho rimesso non poco per provare che l'ascensione spetta a loro e non mica al signor Stösser.
Con cari saluti
tua Jane Tutino-Steel
Pordoi, 1 giugno 1933
Al Presidente della Sezione Bayerland
Monaco
Egregio Signor Presidente,
Appena oggi posso rispondere alla Sua del 28 novembre 1932 e spero d'essere in grado di poter eliminare una buona volta definitivamente l'incresciosa vertenza della « direttissima della Marmolada ». A questo scopo mi sembrò della massima importanza la raccolta rigorosamente oggettiva di dati di fatto e non di semplici supposizioni e dicerie.
La copia della lettera del dott. Fabbro a me diretta, smentisce l'asserzione della Munchner Neueste Nachrichten del 9 ottobre [in realtà settembre] del 1932 che Micheluzzi rimase debitore al C.A.I. delle richieste prove della sua scalata (allegato A). Gli allegati B e C sono le dichiarazioni dei due che presenziarono all'uscita della cordata Micheluzzi dalla « direttissima della Marmolada ».
Per quanto riguarda la mia ingerenza, Egregio Signor Presidente, mi rincresce il doverLe dire che Lei è in errore credendo che io non c'entri né punto né poco nella vertenza, e la mia immodestia è tale da farmi un po' meravigliare che Lei ignori affatto che io in questi paraggi nel capitolo « salvataggi » comparisco non di rado in scena e forse con più frequenza quando, per motivi umanamente comprensibili, i salvatori non si annunciano proprio a frotte, e quando necessita arrischiare un po' eventualmente la pelle (favorisca scusare questa mia debolezza).
Orbene al 7 settembre del 1929 mentre mi trovavo sulle Torri del Vajolett venni chiamato d'urgenza perché non si aveva notizie della cordata Micheluzzi e si temeva una disgrazia.
Io discesi tosto al rifugio del Vajolett e da colà telefonai al Contrin di inviare ancora una volta qualcheduno al passo Ombretta per esplorare la parete della Marmolada, che io frattanto sarei accorso. Poi precipitai a Perra, mi recai con un'auto a Canazei dove in fretta e furia misi insieme un paio di guide. Qui la signora Rosina Jori, direttrice del rifugio Contrin, mi chiamò al telefono notificandomi che l'uomo inviato all'Ombretta era tornato senza aver visto né udito nulla della cordata mancante. Io dissi alla signora Jori che mi sarei recato immediatamente a cavallo verso il Contrin e che se frattanto si dovessero avere delle buone notizie riguardanti la partita Micheluzzi, volesse avere la bontà di spedirmi qualcuno incontro a ciò io potessi tornarmene. Difatti, arrivato non molto lontano distante dal rifugio Contrin, mi venne incontro il portatore Faber il quale mi disse che la cordata Micheluzzi era arrivata alla cima e stava precisamente scendendo. E infatti io potei scorgere col mio binocolo la suddetta partita che scendeva giù per il ghiaione della Forcella Marmolada. E allora me ne ritornai.
Per quanto riguarda la Sua asserzione relativamente al « pensiero nazionale » mi vedo costretto a renderLa attenta di un nuovo errore da parte Sua: non io sono il primo che lo tira in ballo, ma colui che pubblicando la notizia della scalata di Stosser usò il titolo « Una nuova vittoria tedesca nelle Dolomiti ». Fin dalla mia prima giovinezza ho sempre considerato simili mancanze di buon gusto come una perfetta profanazione dell'alpinismo e come tali cordialmente odiate. L'alpinismo, il grande consolatore ed educatore dell'anima umana, abbassarlo macchiavellisticamente fino a mezzo allo scopo, mi sembrò sempre un basso sabotaggio di un puro fattore culturale. Io devo quindi deplorare vivamente questa Sua incredibile incomprensione della mia concezione alpina che al tempo stesso mi fornisce delle preziose spiegazioni sul tono non soverchiamente lusinghiero della Sua lettera.
In fine mi permetto ancora l'osservazione che mi riesce assolutamente (o quasi) incomprensibile che Stösser abbia incaricato la sezione elite del D.O.A.V. di rispondere alla mia lettera indirizzata a lui ed in certo qual modo di sostituirlo nel precisare il suo punto di vista. Io debbo confessare che questa forma di corrispondenza alpinistica mi è nuova e non riesco a trovare altra spiegazione che questa: il signor Stösser non ritenne dignitoso per lui l'entrare in diretta relazione con un ragnatelato « oggetto » del dimenticatoio dell'alpinismo. E’ chiaro, lui non è rigattiere! E questo suo agire lo trovo tanto meno comprensibile in quanto mi consta che egli sul tema della mia ingerenza degnò corrispondere con grande familiarità col ciabattino di Canazei, Battista Costa.
A mia difesa, per l'assoluta mancanza di comprensione di simili ipermoderni metodi alpini potrebbe forse servire a mia difesa il fatto che io sono sprovvisto in modo sconsolante della necessaria, il più delle volte « assai pratica » elasticità psicologica di adattarsi alle supernuove tendenze su base futurista.
Scusi, La prego, Egregio Signor Presidente, la mia prolissità.
Saluti alpini.
Tita Piaz
Monaco, 21 giugno 1933
Egregio signor Piaz,
Accuso ricevuta della sua lettera del 1° giugno 1933.
Stösser è nostro socio ed è questo il motivo perché io scrissi a Lei. In ogni modo mi riferisco alla risposta di Stösser alla sua lettera del 1° giugno 1933 che io gli girai per conoscenza. Per questo motivo io non entro più in merito della Sua lettera. Del resto si dovrà pure aspettare la decisione del C.A.I.
Con alpini saluti
A.V.S. Bajerland o. V.
Il Presidente
(firma illeggibile)
Walter Stösser,
Pforzheim
Zahringer Allee 77
Pforzheim, 19 giugno 1933.
Egregio Signor Piaz,
In questi giorni mi venne recapitata la sua lettera del 1° giugno 1933, indirizzata al Presidente della Sezione Bayerland.
Dall'ultimo periodo della stessa sembra che Lei interpreti un atto di disistima Il fatto che alla sua lettera del 15 novembre 1932 rispose la Sezione Bayerland. Io l’assicuro che una simile intenzione mi era assolutamente estranea.
Alla sua ultima lettera indirizzata al Presidente della Sezione Bayerland desidero rispondere io stesso.
In primo luogo debbo sottolineare ancora una volta che io non ho mai asserito d'essere il primo scalatore della « direttissima della Marmolada ».
Secondo: che l'articolo in parola non è cosa mia; terzo: che le copie allegate alla Sua lettera stanno in stridente contraddizione con quanto ebbe a dirmi Micheluzzi in presenza di testimoni: « Nessuno ci vide arrivare alla cima ». Esistono inoltre presso il C.A.I. di Bolzano le testimonianze di tre persone che dicono di essersi pure trovati all'uscita della Direttissima nello stesso tempo che Micheluzzi pretende esserne uscito. Ritengo superfluo notare che il Suo altruismo nel correre a salvataggio non è mai stato posto in dubbio. Pure i fatti da Lei riportati ritengo non siano sufficienti a provare la paternità di Micheluzzi. Infine per quanto riguarda il « momento nazionale » mi vedo costretto a precisare che Lei è il primo a tirarlo in ballo in questa vertenza giacché il suddetto articolo della M.N.N. (che le è sempre possibile consultare) portava la soprascritta: « Die Sudwand der Marmolada ». È superfluo quindi entrare in discussione sulle sue conclusioni relative.
Io sottolineo espressamente che sono l'ultimo a non voler riconoscere l'opera altrui, quella di Micheluzzi e Peratoner. In quanto che essa sia stata indiscutibilmente compiuta, non penso neanche lontanamente a menomarla. D'altro canto lei comprenderà che io ho le mie proprie idee in proposito, se Micheluzzi stesso mi fa noti i dubbi sorti presso il C.A.I. sulla sua scalata. Micheluzzi mi dichiarò nel 1931: che il C.A.I. vorrebbe avere delle prove che egli non è in grado di fornire dal momento che nessuno li ha visti uscire dalla parete e che quindi non potrebbero essere date che mediante una seconda scalata. Lei comprenderà inoltre che le contraddizioni su accennate non servono a dissipare gli esistenti dubbi e se io, come è successo, vengo spinto nella controversia, così debbo pure difendere la mia pelle. Per questo motivo ho spedito una dettagliata esposizione dei fatti al signor Domenico Rudatis, Milano C.A.I. da egli stesso richiestami, e sarò lieto se dall’inchiesta le contraddizioni verranno finalmente chiarite.
Un alpino saluto,
Walter Stösser
... Al 27 agosto arrivammo a Canazei. Ci avevano raccontato di parecchi tentativi dei quali nessuno era stato coronato da successo. Mentre una cordata era arrivata appena all'altezza della prima terrazza, le due guide Peratoner e Glük erano riuscite a raggiungere il « gran tetto » da dove si lasciarono recuperare dalla cima. Di altri si sapeva unicamente che salivano soltanto in sicura lontananza dalla gigantesca colonna. Perché non l'attaccarono? Qalcosa di cupo, di inesprimibile sembrava pesare su questa via. Si temeva forse il mistero, il semimistico velo che avvolgeva la parte sopra al « gran tetto » e il camino d'uscita?...
Walter Stösser
(dal Bergsteiger del Giugno 1933 N. 9, pag. 533)
Riepilogando
Ora, la lettera di Stösser a me diretta in data 19 giugno a. c. sopporta le seguenti correzioni:
1) Stösser ha asserito d'essere il primo scalatore della “Direttissima della Marmolada, (vedi allegato 11).
2) Micheluzzi non può aver detto « nessuno ci divide arrivare alla cima »: può invece trattarsi di un errore d’interpretazione o di esposizione, non conoscendo Stösser la lingua italiana ed avendo Micheluzzi appreso quella tedesca ad Avelengo presso Merano, facendo il pastore delle pecore per tre mesi, 23 anni fa.
3) Presso il C.A.I. di Bolzano non esiste la testimonianza delle tre persone che dovrebbero essersi trovate all'uscita della « Direttissima » alle ore 11:00 circa, testimonianza vantata da Stösser.
4) Stabilito che i chiodi sotto il « gran tetto » furono trovati e che questi non nascono sulle rocce come le stelle alpine, vorrei invitare il signor Stösser a spiegarmi come la « sospettata » cordata Micheluzzi, da me vista il giorno 7, poco tempo dopo il mezzogiorno, discendere dalla forcella Marmolada, abbia potuto portarsi colà.
5) La dichiarazione del Micheluzzi nel 1931, sostenuta da Stösser, non può essere vera perché il C.A.I. non gli ha mai chiesto delle prove sulla sua scalata e neppure alcuna personalità del C.A.I.
6) Nessun dubbio sulla scalata di Micheluzzi è mai sorto né circolato a Canazei prima delle « scoperte » di Stösser. Queste chiacchiere si fecero vive dopo il passaggio dello stesso per colà.
7) Non io ho tirato in ballo il « movente nazionale » né io ho mai detto che lo abbia fatto il giornale M.N.N. di cui ne tengo la copia, ma un altro giornale. Per informazioni rivolgersi al signor Facchini, segretario del C.A.I. di Bolzano.
Concludendo: se Stösser vuole difendere la propria pelle e dimostrare la buona fede, bisogna che egli smentisca il signor Masneri, la guida Angelo Dantone, e me, e ci metta alla gogna come meritano gli imbroglioni alpini di tutti i colori e di tutte le nazioni.
Tita Piaz
L'articolo sulla MNN del 3 settembre 1932
Visto che ciò che scatena la polemica è il citato articolo pubblicato sulla Munchner Neueste Nachrichten [10], l'ho recuperato per dargli un'occhiata. Poiché però la mia conoscenza del tedesco si limita a quanto necessario per mangiare e bere, mi sono affidato a diversi traduttori online per decifrare i caratteri gotici, confrontando gli esiti e pescando quanto mi sembrava più logico. Si perdonino quindi (non senza segnalarle) eventuali ingenuità nella traduzione.
La parete sud della Marmolada
L'imponente versante sud di questa incomparabile parete dolomitica è diventata una meta "classica" da quando, esattamente 30 anni fa, i due fratelli Leuchs di Monaco di Baviera ruppero l'incantesimo lungo una via che seguiva le tracce lasciate l'anno prima da un gruppo di guide. Alpinisti selezionati hanno percorso, durante tre decenni, la bella e difficile via di arrampicata che, durante la guerra, mise a dura prova anche le pattuglie alpine italiane impegnate sulla vetta.
Eppure il percorso perfettamente rettilineo, ideale, attraverso l'alto muro rimaneva uno dei grandi problemi irrisolti. Preuß, Dülfer, Piaz, Dibona e molti altri si cimentarono con l'imponente spigolo sud-ovest, il gigantesco pilastro che sostiene con la sua forza la vetta ghiacciata. Si racconta che il 6 e 7 settembre 1929 le due guide locali Peratoner e Micheluzzi percorsero per la prima volta questa via. Non furono creduti e non fornirono al Club Alpino Italiano le prove richieste. Qualche settimana fa Peratoner ha scalato di nuovo la parete con un compagno e un'inglese e il secondo giorno è stato salvato a 4/5 del percorso da dieci guide. Ciò distrusse completamente la fiducia nella sua salita.
Ma ora la parete è stata conquistata: Walter Stösser di Pforzheim, "Bayerländer" e "folletto della montagna" di Monaco, ha risolto il famoso problema insieme al suo compagno Friz Kast il 30 e 31 agosto, completando così la serie di successi delle Alpi occidentali di quest'anno, che comprende anche la cresta ovest del Deschinenhorn. Il primo giorno salirono per 300 metri fino al vistoso pulpito, dove dovettero sopravvivere ad un bivacco con una nevicata. Il secondo giorno sono arrivati in vetta alle 4. Walter Stösser pone la difficoltà di questa salita al di sopra di tutte le vie conosciute, persino al di sopra del grado più alto a cui appartengono le pareti nord della Civetta e del Pelmo, tanto che questa parete è probabilmente la più difficile di tutte le vie alpinistiche delle Alpi orientali. E Stösser è un buon intenditore ed esperto.
Considerazioni
Di fronte alla corrispondenza riportata non si può non ammirare la nobiltà d'animo di Tita Piaz, che per mesi scambia lettere con il Club alpino tedesco e con tutti i possibili testimoni al fine di restituire la paternità della prima salita non a sé stesso, ma ad un amico! Ѐ probabile che l'articolo [5] sullo Scarpone sia da ricondurre ad informazioni di Piaz, visto che il contenuto è analogo a quello delle lettere. Eppure, l'unico cenno "coevo" di questo impegno che sono riuscito a reperire è contenuto nel bell'articolo di Ettore Castiglioni Le pareti della Marmolada [11], assolutamente da leggere anche per le divertentissime descrizioni della salita con Vinatzer e del tentativo con De Tassis a quella che diventerà la via Soldà, dove si legge a p. 95:
Con una lunga polemica, cui lo Stösser rifuggiva sempre dal rispondere personalmente, Tita Piaz potè finalmente ottenere da lui una franca dichiarazione, che i chiodi trovati nella roccia attestavano senza possibilità di dubbio la priorità del Micheluzzi. Anche l'articolo pubblicato dallo Stösser sull'Annuario del D. Oe. A. V. del 1933 è un pieno e leale riconoscimento del valore della nostra guida [...]
Più o meno le stesse parole sono riportate in Oltre il sentiero - Le guide della Valle di Fassa [12] e in Storia dell'alpinismo fassano [13]. La statura morale di Piaz si rivela anche nella concezione dell'alpinismo, il grande consolatore ed educatore dell'anima umana, e nel suo rifiuto del nazionalismo ormai imperante, delle supernuove tendenze su base futurista (bellissimo!) che appestano gli scritti da una parte e dall'altra (notate la differenza tra il tono alto anche nella polemica di Piaz - che si offende solo quando pensa di non esser considerato degno di risposta diretta - e quello piccino dell'anonimo cronista che anticipa il contenuto). Tuttavia, nel caso specifico bisogna dare un po' di ragione alla controparte: Piaz inizia citando l'articolo della MNN e indignandosi per la famosa "reclame nazionale", di cui sulla MNN non v'è traccia. Che poi alla fine compaia un altro giornale di cui non si dice il nome fa pensare che Piaz non avesse letto l'articolo. D'altronde, ai tempi non c'era Internet!
Se Piaz non disdegna l'impegno personale, sorprende un po' il silenzio di Micheluzzi; è possibile tuttavia che abbia indicato lui al "vecchio" Tita a chi rivolgersi per avere le informazioni desiderate. Certo, sulla famosa frase del punto 2), pronunciata o meno, sarebbe stato utile un chiarimento proprio da Micheluzzi! Ad onor del vero, nel citato Oltre il sentiero [12] si dice (p. 51) che Micheluzzi dovette battersi a fondo perché gli venissero riconosciuti i meriti di un'impresa di cui giustamente andava orgoglioso, ma di tutto ciò non sono riuscito a reperire traccia. Resta poi da capire se la famosa lettera di Stösser a Rudatis sia ancora conservata da qualche parte negli archivi del CAI.
Infine, bisogna chiarire chi erano i "due giovanotti di Gardena" che salgono a piedi nudi! Si tratta di Vinatzer e Peristi, come riporta Lo Scarpone [14] dove si legge che
La direttissima della Marmolada fu attaccata alle ore 6,40 del 13 settembre; raggiunsero la prima terrazza alle 7,25, erano ai piedi della Torre alle 7,35, e sulla cima di questa alle 7,45. Fin qui arrampicarono in pedule, poi proseguirono scalzi.
Per finire questa prima parte riporto dal citato articolo di Castiglioni [11] l'elenco delle prime salite allo spigolo Micheluzzi, non senza notare che Bepi Pellegrinon nella guida della Marmolada [15] attribuisce la seconda salita alla cordata Perathoner-Gluck-Tutino Steel, che in realtà non completarono la salita, e la quarta alla coppia Ruschmann-Posch l'8 agosto 1935.
1a salita: Micheluzzi, Perathoner, Christomannos, 6-7 settembre 1929
2a salita: Stosser, Kast, 30-31 agosto 1932
3a salita: Vinatzer, Peristi, 13 settembre 1932
4a salita: Steger, Wiesinger, 16-17 settembre 1932
5a salita: Kaschpach, Brunhuber, agosto 1935
6a salita: Castiglioni, De Tassis, settembre 1935
Non resta che parlare di Stösser; arrivederci quindi alla parte 2.
Bibliografia
[1] Ettore Castiglioni, Odle Sella Marmolada, CAI-TCI (Milano), 1937, pp. 494-496.
[2] Lorenzo Doris, Storia dell'alpinismo dolomitico - dalle origini al 1957, Nordpress, Chiari (BS), p. 91.
[3] Vittorio Varale, La battaglia del sesto grado, Longanesi (Milano), 1965, pp. 77-78.
[4] SAT, XXV Annuario 1929-1930, SAT (Trento), 1930, pp. 121-122. Disponibile qui.
[5] Franco Dezulian, La "direttissima" della Marmolada - chi ha fatto la prima ascensione?, Lo Scarpone 1932 n. 19, p. 3.
[6] Franco Dezulian, Marmolada montagna perfetta, Rivista Mensile del CAI 1933 n. 2 pp. 91-93.
[7] Prime ascensioni - salite importanti - tentativi, Alpinismo 1933 n. 1 p. 15.
[8] Ultime di cronaca, Alpinismo 1935 n. 10, p. 242
[9] La "direttissima" sull’impervio spigolo S della Marmolada rivendicata da Tita Piaz a una cordata italiana, Roccia 1933 n. 21, pp. 5-6.
[10] Die Südwand der Marmolata, Munchner Neueste Nachrichten, 9 settembre 1932, p. 10. Disponibile qui.
[11] Ettore Castiglioni, Le pareti della Marmolada, Rivista Mensile del CAI 1937 n. 3, pp. 92-101.
[12] Gino Callin, Elio Conighi, Antonino Vischi, Oltre il sentiero - Le guide della Valle di Fassa, Saturnia (Trento), 1972, pp. 47-58.
[13] Dante Colli, Storia dell'alpinismo fassano, Tamari (Bologna), 1999, pp. 73-80
[14] La Direttissima della Marmolada - Prima ascensione italiana senza guide, Lo Scarpone 1932 n. 21, p. 3
[15] Bepi Pellegrinon, Marmolada, Novi sentieri (Belluno), 1979, p. 167.