giovedì 4 luglio 2024

Normance

di Louis-Ferdinand Céline
Einaudi, Torino, 1988
Traduzione di Giuseppe Guglielmi

e le bombe tombolano ancora a grappoli! risprizzano verde! blu! geyser attraverso le nuvole!... ah è del terribile fantastico! fantasmagorie così spinte di colore che anche no artista come io sono mi dico: accidenti madonna! è un abbagliamento che non ha prezzo! frangenti di bellezze così scrollano l'universo! altre generazioni vedranno forse qualcosa di più e di meglio... ancora?... ancora?
Di Céline tutti conoscono il capolavoro, il Viaggio al termine della notte del 1932, romanzo d'esordio anticipato dalla tesi di laurea sul dottor Semmelweiss che già prefigurava le doti narrative dell'autore. Poi il suo stupido delirio antisemita e filonazista (con tutti i distinguo del caso, che racchiudo in questo intervento) ne ha oscurato la produzione post-bellica che, pur non essendo comparabile con i primi due romanzi (e come potrebbe?), diviene quasi una ricerca di stile, che dilata la trama vera e propria nel racconto affannoso e concitato delle esperienze di guerra ed esilio. Normance è scritto nel 1954 come seguito di Pantomima per un'altra volta (il titolo originale è Pantomima per un'altra volta II: Normance), ed è il racconto in prima persona - in presa diretta si potrebbe dire - del bombardamento di Parigi della notte tra il 20 ed il 21 aprile 1944 da parte degli Alleati (nel risguardo del volume si dice erroneamente agosto '44, data della liberazione di Parigi). Céline abita al 6° piano in Rue Girardon 4, a Montmartre, e da lì descrive con la sua prosa ossessiva la distruzione della città (p. 101):
l'edificio anche di fronte il «16» si china... china col suo balcone... il balcone del «4°» spenzola... ad amaca... a vetrina! e che cos'è che ci si becca ancora come risucchi, noi! di ste cariche d'aerei a scappa-e-fuggi!... [...] questo però è meglio che la lingua, la gigantesca slinguata di fuoco del cielo!... le bombe, si sa, la lingua no!... ma i risucchi d'aria forse poi... sono i peggio! [...] che ci sbattono nel corridoio, scontrano come arieti!... brram! frammezzo intanto pieno di scheggiaglia, pieno di ardesie!... pioggia di mattoni!... che tu, carne al muro rispiaccicata, urli di dolore!
La "trama" è veramente l'ultima cosa a cui prestare attenzione, ma tentiamo: per effetto del bombardamento l'ascensore precipita al piano-terra scavando una voragine, le scale vanno a pezzi, i mobili si spostano e finiscono di sotto, e Ferdinand e la moglie Lilì si decidono a scendere, ritrovandosi con il resto del condominio nella loggia della portineria, tra un'orda di inquilini ammucchiati sotto una tavola. Tra essi ci sono i Normance (André e Delphine), lui un mastodonte di 160 kg, distributore di carta assai ricercata dall'autore, che brama di finire (p. 64) tre capolavori, lirici, ironici, là su di sopra!... «Leggende e pensieri», il «Re Krogold»... «Casse-pipe»... «Guignol's»... in secca!... più carta!
Non azzardandosi a raggiungere il metrò (sia per le bombe, sia perché Céline teme il linciaggio come collaborazionista), la comitiva resta intrappolata ed i comportamenti degenerano. Delphine sviene e prima Raymond e poi Normance, nella frenesia di sollecitare un impossibile intervento di Céline (che, ricordiamo, era dottore), lo "incoraggiano" ripetutamente a modo loro (p. 133):
e là subito: prang! mi attacca a pugni nella schiena!... Mi volto!... due pugni nella pancia! lui sa, come mi si incentiva!... mi strangolava prima, adesso mi sfonda! mi urla in questo mezzo...
— Dottore! Dottore!
La ricerca di un cordiale da somministrare alla malata si indirizza verso l'appartamento di un'inquilina assente da tempo. Per sfondare la porta la folla utilizza lo stordito Normance come ariete (non senza incitare il dottore a spingerlo, viziosi cagoni marpioni brutta razza! se ci spacca la testa al grosso chi è che è poi l'assassino?, p. 144), lasciandolo poi con la testa mezza fracassata per saccheggiare il ben fornito appartamento. Qui la cronaca continua con tutti i dettagli, perché (p. 70) faccio mica l'artista, il pressapochista! «io ero lì, la tal cosa mi capitò» ecco la mia legge!, fino al termine del bombardamento, quando la gente riemerge dal metrò ed inizia a litigare. Così il loro comportamento, ammantato finora di un minimo rispetto o ambiguità (perché c'è niente nel fondo delle crape solo che il contraccolpo delle grandi notizie, p. 108), si tramuta in odio verso il traditore (p. 195):
uno che era l'amico assoluto, tutto cuore, si caccia nell'odio!... lo ritrovi terribile nemico, ti diffama, denunzia, baldracca!... ti mangerebbe vivo! [...] dal momento che gli inquilini, tranquillo! mi detestavano!... Erano forse i più terribili, gli inquilini!... che mi vedono, mi massacrano! [...] Oh, sento le loro parole... gracchiano là sotto!... e di me!... e mica in modo piacevole! sto fiele! io li interesso... dicono solo che del male...
Ferdinand è salvato dal robusto amico Octave che, fatto buttare nel buco dell'ascensore il corpo dell'ormai dissanguato Normance (che prima di morire ha comunque trovato modo di rifilare altre legnate a Ferdinand), riporta Céline in spalla fino al suo appartamento, sbagliando però piano. Attraverso un foro nella parete, ai tre (c'è anche Lilì) si para davanti una scena paradossale: l'appartamento adiacente è intatto nonostante i bombardamenti e vi si trova Norbert, un attore ormai demodé, con una tavola apparecchiata in attesa di ospiti. Norbert, impazzito forse per via del bombardamento, sta aspettando il Papa, Churchill e Roosevelt a cena, e fa da contrasto alla lucida follia di Céline, a cui infatti ricorda che (p. 231)
Ma amici voi siete pazzi! [...]
Non è successo niente!... confondete tutto! ecco! confondete tutto!...
non è successo niente! sta per succedere! sì! certo! sta! sta per succedere!
Una simile simmetria si instaura tra gli insulti di Céline a Jules e gli "inviti" a saltare dal mulino su cui è prigioniero e gli stessi insulti ed inviti che gli inquilini rivolgono al dottore affinché salti il precipizio scavato dall'ascensore per soccorrere Delphine (p. 161). I tre ridiscendono in strada e si avviano verso il metrò insieme alla bidella faccia di frittata, che ha raccolto le carte di Céline che infine si sparpagliano (p. 269): l'aria era intasata di carte, ecco!... a vortici! carte mie! e altre! che si vedeva più il marciapiede di fronte!

La trama pressoché inconsistente e la dedica del libro a Plinio il Vecchio rivelano l'intento cronachistico, dove però il resoconto ossessivo degli eventi è la filigrana attraverso cui si osservano amaramente gli uomini e il loro comportamento. Impossibile seguire il flusso ininterrotto e vorticoso di insulti, bestemmie, ricordi della prima guerra mondiale, rancori personali (con Jules, ma invero con tutti per via della prigionia, pp. 178-179), odio per aria come sotto terra (p. 95), invettive proto-salvin-meloniane (p. 102) o contro tutti coloro che parlano senza sapere (p. 104; anche qui si può cogliere un riferimento alla propria storia personale):
Più che sicuro le persone del metrò hanno visto niente! [...] ma loro andranno ste persone a tutta faccia tosta a confutare! pretendere!... che niente di niente ha scossato!... schizzato! alzato polvere! che il firmamento era sereno, che, ho tutto, io, immaginato!
Oltre che contro coloro che preferiscono così che saperne di più!... l'avarizia di sé che hanno... ciò che sanno gli basta (p. 122) è da segnalare la gustosissima polemica (anche questa interessata) contro i libri presi in prestito, troppo lunga per essere riportata per intero (pp. 128-129):
Accetto le vostre critiche, i vostri insulti, ma alla precisa condizione che siate mica di quella gente che prende a prestito, scroccano, sparpagliano i libri! peste della specie! se l'avete sgraffignato col «prestamelo-che-poi-te-lo-rendo» sarebbe meglio che stiate zitti... [...] si può affermare tranquillamente, che un libro ecco si compra più, si ruba... c'è persino una sorta di «punto d'onore» a più mai comprare un libro. Non uno su venti che ti ha letto ti ha pagato! non è triste? andate a chiedere capitolo prosciutto se una fetta può fare venti persone? se una poltrona al cinema tiene quaranta chiappe? [...] vi rifilo sta digressione per niente! pura filosofia!... ve la regalo! Musa sprecona porcona, basta!
Sarebbe anche da riportare, ma la cito solamente, la sua prosecuzione ideale, sullo scrittore che vuole vendere ricordi in un mondo ormai irrimediabilmente materiale (pp. 178-179), ma chiudo questa lettura ricordando un altro tratto caratteristico di Céline, ovvero l'autocommiserazione e il vittimismo che spuntano periodicamente tra le pagine: così, come Plinio paga con la vita il suo interesse per lo studio dei fenomeni naturali, anch'io ho pagato un poco (p. 254) perché ci ho solo che l'ostilità del mondo e la catastrofe (p. 83), e (p. 237):
c'è da rendermi una vera giustizia, bisogna dirlo di passata, sono ben stato a fare il cazzone in tanti di quei posti i più malsani... per orgoglio e amor proprio e grottesca stronzeria, pura e semplice... la prova, come sono ridotto!...
La scrittura è un miscuglio di perle nascoste e merda, di intuizioni geniali e pagine noiose, un tira-e-molla continuo che avvince e (soprattutto) sfinisce, apparentemente improvvisata ma in realtà assai ricercata, e che è - scaramanticamente - destinata all'insuccesso (p. 73):
mi rileggo a sto punto, sono niente orgoglioso... ho paura che la gente si incazzi così nero! [...] e che tutto vada a finire!... oh! là! così male! [...] discredito totale! raca! scarto! sulle bancarelle, cento soldi nickel [...] Ah, il portentoso furfante! si va a insegnarci il pro del contro!... le tempeste cosmomedianiche! le bombe a pioggia, il mulino che gira, il Jules che non brucia! Ah, tromba, no tromba! disonesto strambo, imbroglione calunniatore scroccone!...
Mi aspetto il peggio!

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