mercoledì 29 dicembre 2021

Riviera ligure di ponente DOC Pigato 2019 Vigneti a prua e Lupi

Ricordo, molti anni fa, qualche assaggio deludente di questo vitigno, che mi allontanarono per un po' dalla sua "frequentazione". Poi, con calma, mi sono riavvicinato ai suoi sentori erbacei e floreali, legandolo stabilmente insieme al rossese alle memorie delle mie "spedizioni" nel ponente ligure, ai capodanni passati tra la ricerca delle falesie a buchetti del finalese e di quelle verticali dell'albenganese (si dice?).
Se gli ultimi tempi non sono stati prodighi dal punto di vista dalla scalata per via di un infortunio ad un braccio, questo non ha inciso sulla capacità di usare un cavatappi (eccetto per i primi giorni) e un bicchiere. E così, tra una lunga serie di assaggi che non avrò mai tempo di riportare, c'è spazio per parlare di un paio di bottiglie di Pigato che mi hanno fatto compagnia di recente.

La prima bottiglia nasce dal marchio Vigneti a prua, che dovrebbe appartenere all'azienda Punta Crena, forse come ennesima private label per la GDO (ma non solo). Praticamente impossibile per me reperire informazioni (mi riprometto di farci un giro la prossima volta che passerò da quelle parti); l'etichetta sul retro indica l'imbottigliamento a Cisano sul Neva, retroterra di Albenga, ovvero una delle zone più vocate per il Pigato.
Il colore è un bel giallo paglierino un poco scarico; al naso presenta aromi floreali, limone, note di pesca bianca, mediamente intensi. All'assaggio è molto fresco e piacevole, con una buona acidità e qualche sentore minerale. Nel finale si aggiunge una nota un po' amarognola che rimanda vagamente alla mandorla, non spiacevole. Buona la persistenza.

Il secondo Pigato è dell'azienda Lupi, che produce vino da più di cinquanta anni con circa 70000 bottiglie all'anno. Qui siamo un poco più ad ovest e più all'interno rispetto ai Vigneti a prua; il vino nasce da vigneti di 30 anni, vinificato in acciaio (c'è anche il Vignamare che affina in barrique, ma tendenzialmente me ne terrò alla larga).
Il colore è più carico rispetto al precedente, con dei bei riflessi dorati assai invitanti. Anche l'aroma mi è parso più intenso, soprattutto sul lato fruttato; poi erbe, salvia ed agrumi (che vabbè, sono dei frutti, ma amen...). Molto piacevole all'assaggio, anche qui con un buon supporto acido.

Sono decisamente due Pigati da assaggiare e da ricordare!

Gradazione: 13° entrambi
Prezzo: 11 e 14 €, rispettivamente

mercoledì 15 dicembre 2021

Sui campi di battaglia - la nostra guerra

L'occhiello
Il re Vittorio Emanuele III
Luigi Cadorna
Armando Diaz
Pietro Badoglio
AA.VV.
TCI, Milano, 1931 (1a ed. 1930)

Parecchi anni fa, credo all'interno del Libraccio di Bergamo, rinvenni questo volume e lo acquistai al volo. Non tanto perché la sua versione della storia della Grande Guerra fosse particolarmente interessante, ma perché appena apertolo vidi tutta una serie di commenti manoscritti che mi fecero pensare che potesse essere appartenuto ad un ignoto reduce, forse un ragazzo del '99. Purtroppo non si tratta di ricordi o vere note personali che abbiano un qualche valore storico, ma in massima parte di sfoghi e insulti contro i generali italiani, scritti molti anni dopo i fatti. E, ad essere onesto, non ho prove che detti commenti siano di mano di un reduce e non di un semplice lettore, che però doveva essere stato molto vicino alla guerra, vista l'enfasi. In ogni modo, per omaggio a questi commenti ed al loro ignoto autore, stralciai questo volume quando un anno e mezzo fa, costretto in casa dalla prima ondata del virus, lessi (quasi) tutta la serie del TCI sui campi di battaglia della Grande guerra, ripromettendomi di dedicargli uno spazio separato.

Premessa: nonostante per lavoro mi trovi spesso a dover decifrare calligrafie che farebbero volentieri a meno del prefisso calli-, qui mi sono perso un bel po' di parole (suggerimenti sono ovviamente benvenuti). Apriamo quindi il libro. Nell'occhiello si legge:
Caro ricordo dell'Egregio Dott. Annibale Correggio[?] e molto [?], Cav. Vitt. Veneto oltre la dolorosa prigionia. Deceduto nel 1976.
Caro
[?]
A leggere questi raccontini fa stringere il cuore fra quelli che come lei hanno vissuto e provato - ragazzo del 99
1930 ancora tutta falsa propaganda niente verità, niente precisazioni reali
Poveri noi, poveri morti invano come ancora li vilipendono in questo falso libretto!! - ragazzo 99
Si legga il libro di
[?] Riflessioni e Ricordi senza nominare gli altri suoi stessi[?] che sono un monumento di onesta e triste verità - ragazzo 99
Le pagine del libro sono riempite di note e commenti critici (a dir poco) verso la versione ufficiale: le pinze tagliafili (p. 55) sono le famose pinze che sotto sforzo si piegavano i manici! A margine dell'elenco delle piccole azioni nella zona Carnia si legge (p. 67): tutta retorica e [?] frammentari raccontini delle varie sterili azioni, mentre riferito ai capisaldi di S. Lucia e S. Maria: mai potuti neanche un po' scalfire! Cadorna sei grande asino! e ancora il Luigi con tutte queste sterili offensive distrusse quasi tutto il suo stesso esercito! Fellone traditore! e così via. Assai lucida la chiosa all'affermazione (p. 25) secondo cui sacrifici ed eroismo "restituirono alla Patria i suoi termini sacri": fesserie. altri odi odi e null'altro, accompagnata da un esaltato e vile! riferito a Mussolini (p. 37).
Ma sono Cadorna e gli altri generali, con l'eccezione di Caviglia (il cui diario è citato spesso come fonte di informazione), ad essere coperti di contumelie nelle pagine con le loro fotografie: senza fosforo, come il grande Caviglia definiva questi ruderi di grandi condottieri. E se il gen. Etna se la cava (si fa per dire) con un giudizio poco lusinghiero (Non ispira fiducia! Sembra più un buon guardiano di buoi!!!), peggio va agli altri. Cominciamo con il re, che sulla fascia ha scritto: S. M. Fellone - [?] 8-9-43 la fuga. Tutt'intorno si legge
Sei morto in esilio ed hai proprio fatto una fine miseranda e ingloriosa

Girava sempre con una grossa macchina fotografica ma non ha mai fotografato le fucilazioni dei suoi fanti di S. Maria la longa perché reclamavano
(nota: ci si riferisce all'ammutinamento della brigata Catanzaro)

Un po' di riposo dopo mesi e mesi di trincea
Poveri fanti del 141-142 fant. Brigata Catanzaro

Al Piave non ti ho mai visto, perché?! Mentre l'Imperatore Carlo d'Austria andava sempre fra i suoi soldati

Mai una parola per fermare le fucilazioni indiscriminate del Luigi. Che stratega!!
Per "il Luigi", ovvero Cadorna c'è una bella croce sulla faccia e un breve giudizio poco lusinghiero:
Grande Condottiero fesso!
buono per il 1848!!
ignobile
[?] e fellone
mentre ci si domanda da dove fosse spuntato Diaz:
Si conoscevano i Generali Petitti di Roreto, Pecori Giraldi, quello della IV Armata Carnia e vari altri. Diaz era un illustre sconosciuto e fortunato

Ad ogni fatto grave aveva il mal di pancia!! Vedi Caviglia nel suo diario è preciso a pag 108-9
anche in una cartolina con il ritratto di Diaz c'è scritto: unico merito in tutta la sua vita: fortunatissimo!

Naturalmente nemmeno il gen. Porro se la passa bene: Sarà stato un gran prof di geografia intelligente ma asino a far la guerra e poi fesso forte! non si è mai sentito parlare da parte sua di strategia né di piani d'attacco. Ma più di tutti (non senza ragione) il bersaglio del nostro reduce è Badoglio. Alla firma Pietro badoglio del Sabotino, il monte è cancellato e si legge: non era opera sua! Geniale poi la sostituzione di Marchese del Sabotino con Marchese di Caporetto. Tutt'attorno si legge:
Abile intrigante!

Il fuggiasco g. 24-25-26 era a Caporetto più
[?] fuggito dove?

da cancellare dalla memoria questo fuggiasco tanto a Caporetto quanto nel 943 a Pescara prima del Re

è lo scaltro contadino!! avido di denari e venale in modo vergognoso!!!
Alla fine, non mancano alcuni commenti alla bibliografia: sotto il riferimento a Guerra di popolo di Delcroix si legge (riferito all'autore): caduto nell'oblio perché le sue ferite se le ha [sic] fatte da se per non essere stato capace di gettare una bomba a mano!!! Si definisce poi bellissimo ed esatto libro su Caporetto l'opera (che devo ancora leggere) di Pirazzoli ed esatta critica all'opera di quel fesso di Cadorna il libro di Ettore Viganò.

Resta il mistero su chi fosse l'autore: un reduce o qualcuno che era stato molto vicino ad uno di essi?

lunedì 6 dicembre 2021

Osteria storica Morelli

Interno del locale
Antipasto di salumi misti
Canederlotti ai funghi
Camoscio con polenta
Tortino di castagne
Piazza Petrini 1
Canezza di Pergine Valsugana (TN)

Troviamo la frazione di Pergine ov'è ubicato il locale sotto una pioggia battente, ed entrando sentiamo di essere finalmente in salvo: aspetto da osteria classica con attestati storici alle pareti, tavoli ben distanziati, unico neo il povero cervo imbalsamato, buono forse nell'800 ma non oggi, anche se l'osteria si dice storica. E lo può dire a buon diritto, vantando la sua origine al 1751, allargandosi di lì a poco a salumificio.
Se secoli fa era giocoforza appoggiarsi ai prodotti locali, oggi è una scelta consapevole, portata avanti con attenzione e ricerca. Il menù è infatti basato sui prodotti regionali, legato alle valli e alla montagna, con qualche proposta lacustre, con cinque-sei scelte per portata. Iniziamo dividendo un antipasto di salumi misti, stagionati in loco, molto saporiti e delicati, ai quali non avrebbero certo nuociuto un paio di parole di illustrazione (questo problema si presenterà per tutti i piatti).
Tra i primi spiccano ovviamente i canederli, sia in brodo che ai funghi, ma si può scegliere tra risotto, tagliatelle e casonziei. Entrambi optiamo per i canederlotti di funghi locali con fonduta di formaggi dei Lagorai: piatto buono, ma non come speravo. I canederli mancano un po' di gusto, mi sono sembrati opachi... per carità; un piatto onesto, ma non memorabile.
La lista dei secondi piatti è dominata dalla carne: vitello, castrato e camoscio. La scelta per me non può che cadere sul camoscio con polenta, e qui torniamo ad un ottimo livello: succulenti bocconi di carne, accompagnati da una polenta di mais spinato (qui chiamato semplicemente spin). Anche l'assaggio dello stufato di castrato conferma la qualità della materia prima e la potenzialità di una cucina fortemente legata alla tradizione e al territorio. Da segnalare anche il pane fatto in casa, servito in tre variazioni.
Tra i non numerosi dessert sono tentato dalla rosada, un antico budino, ma poi chissà perché vado a pescare un tortino di castagne che è buono, ma che potrei mangiare in cento altri posti. Mi rifarò la prossima volta.
Interessante la lista dei vini, ovviamente focalizzata sul Trentino. Manco a dirlo, vado dritto sul pinot noir, cercando qualche produttore ignoto (cosa non difficile). Pesco il Silbrarii di Villa Piccola, che fa sì un po' di barrique, ma per lo meno di secondo-terzo passaggio (ormai pare quasi impossibile trovare un vino non barricato, più difficile ancora che trovare un sommelier che sappia se i vini che ha in cantina facciano barrique o no). Il legno si sente un filo troppo, ma non in maniera esagerata: tutto sommato una scelta ragionevole.

Il conto: 113 € per
1 antipasto
2 primi
2 secondi
2 dessert
1 bottiglia di vino (25 €)
1 bottiglia di acqua
1 caffè