domenica 13 settembre 2020

La grande ombra

di Filippo Tuena
Fazi, Roma, 2001


Lui non è mai più venuto a Firenze. E così non ha visto né la Scala né la Biblioteca né le Sepolture: niente. Lui non ha visto più niente.
Forse non ne aveva bisogno e tutto aveva nella mente e ogni cosa ammirava, perfetta e compiuta come avrebbe voluto che fosse stata. Forse la Firenze che lui amava era quella che visitava ogni notte prima dei brevi sonni che il suo corpo infaticabile si concedeva.
La grande ombra è quella di Michelangelo. Il sommo artista è il protagonista, il perno attorno a cui ruota il libro, senza che tuttavia egli ne prenda parte direttamente: il dialogo che apre il libro si colloca infatti nel 1570, quando il maestro, morto il 18 febbraio 1564, appartiene già al regno delle ombre.
In questo dialogo, il narratore-cronista pone al Granduca di Firenze, Cosimo I de' Medici, una domanda: "Perché non siete stato capace di [ri]portare Michelangelo a Firenze"? La domanda ha senso: Michelangelo aveva trascorso gli ultimi trent'anni di vita a Roma, incurante dei continui inviti di Cosimo a rientrare in patria. Alla ricerca di una risposta, il narratore interroga più di una trentina di persone legate a vario titolo al Maestro, ognuna delle quali racconta il "suo" Michelangelo. L'ombra si delinea quindi attraverso i ricordi di amici, colleghi, committenti, amanti. Tuena trae vantaggio dalla sua formazione di storico dell'arte e dalla curatela di un volume di lettere di Michelangelo per delineare un ritratto corale di un carattere spigoloso e tormentato, circondato da ammirazione e invidia, da affetti sinceri e interessi. Le testimonianze si infittiscono avvicinandosi all'ora della morte e a quello che ne segue: gli interessi per la "roba", il trasporto della salma a Firenze e le esequie solenni.
E la risposta? La risposta non c'è, o meglio: ognuno la desuma dalle testimonianze. Io ero e resto orientato ad una motivazione "politica", alle passioni repubblicane e ad una insofferenza per il Duca Alessandro e per i Medici, ma forse alla fin fine la domanda è poco più di un pretesto per indagare la figura del grande Maestro. Eppure, ad essere pignoli una soluzione ci sarebbe: alcune delle testimonianze, infatti, sono antecedenti al 1564, mentre altre sono raccolte "in assenza di tempo e di spazio", ovvero da persone già defunte. L'espediente è ovviamente necessario per far parlare coloro che ci hanno lasciato prima di Michelangelo, ma genera un'ovvia domanda: se il narratore ha facoltà di accedere al regno delle ombre, perché non interpellare direttamente Michelangelo? Certo, forse il Maestro non avrebbe risposto, o avrebbe rimarcato che a Firenze ci sarebbe tornato volentieri da morto, ma probabilmente Tuena non ha osato disturbarlo!

Degni di nota, infine, il lavoro non privo di interesse sulla lingua dei personaggi, e l'inclusione di brevi biografie degli stessi, che aiutano a collocare i meno noti. Nella riedizione del 2008 sono stati aggiunti tre monologhi, che si potrebbero anche leggere come un omaggio ad una certa tentazione di Michelangelo a lasciare incompiuti i capolavori che creava. Uno scrittore su cui ritornare.

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