di Alberto Castoldi
De Donato, Bari, 1978
Non è forse sorprendente che tanta confusione politica si rifletta in altrettante divisioni e distinguo tra le varie anime della cultura di sinistra dell'epoca. Pure, resta notevole il loro contributo ad un riavvicinamento tra le varie forze politiche che temevano un colpo di stato della destra anche in Francia, ma che si guardavano con diffidenza (emblematico lo scritto di Nizan Ti tendiamo la mano, cattolico... del 1937). Così nel Congresso di Amsterdam-Pleyel (1933) si gettano le basi per la formazione del Fronte popolare, e nel Congresso internazionale degli scrittori per la difesa della cultura (1935) si arriverà all'apice della parabola, cui seguirà un riflusso.
Se la prima metà del libro ripercorre la storia dell'impegno e della mobilitazione degli intellettuali, la seconda parte antologica racchiude una serie di interventi nel dibattico politico-culturale degli anni '30. A mio personale avviso è meno interessante della prima per un "non-adepto", ma certamente presenta alcuni contributi non facilmente reperibili altrove. Gli eventuali interessati possono trovare uno scritto che ripercorre queste tematiche qui.
De Donato, Bari, 1978
Di fatto l'arretramento della classe operaia, come avanguardia politica, sconfitta in Spagna, comporta anche l'arretramento degli intellettuali, la loro involuzione: proprio perché il Fronte popolare era stato anche il risultato dello sforzo degli intellettuali, la sua perdita d'iniziativa è di fatto la loro. Gide prende posizione a favore dei repubblicani spagnoli, ma è ormai politicamente isolato; Malraux invece è sempre legato ai comunisti, viaggia negli Stati Uniti per raccogliere fondi per la guerra e combatte egli stesso in Spagna, ma vive sempre una sua privata avventura; Jean Guéhenno, che con Chamson e André Viollis aveva fondato "Vendredi" per diffondere le idee del Fronte popolare, resta fedele alla sua concezione idealista della storia e della politica [...]. Jean Giono prosegue imperturbabile la sua ricerca di un mondo bucolico da contrapporre alla città, alla civiltà delle macchine.La lettura estiva di questo libro non poteva capitare in un momento migliore, visto che recentemente qualche politico nostrano ha proprio (ri)evocato l'idea di costituire un Fronte popolare per evitare, o almeno arginare, la deriva a destra che sembra maturare (si fa per dire...) nel Paese. Il libro però non ripercorre direttamente la storia del Fronte popolare in Francia, ma si concentra piuttosto sul rapporto non sempre lineare tra intellettuali e politica, su quello che una volta si chiamava l'impegno dell'intellettuale. Si inizia nel 1919, con la nascita di Clarté, un movimento (con annessa rivista) che raggruppa diversi intellettuali in un'ottica antimilitarista e di orientamento dell'opinione pubblica verso il socialismo. Nella partita entrano poi i surrealisti, che alternano una conversione repentina al marxismo con la rivendicazione della propria sfera di interesse, di fatto evidenziando il cuore del problema: quale deve essere il ruolo sociale dell'intellettuale? Quale il contributo di scrittori o artisti nel preparare la rivoluzione? Da un lato c'è chi rimprovera agli intellettuali il loro astrattismo, che li renderebbe facile preda della borghesia che può neutralizzarli facilmente relegandoli sul piano artistico o letterario, senza alcun impatto reale. Dall'altro vi sono le istanze sostanzialmente individualiste dei surrealisti, ma anche di scrittori come Gide e Malraux (e altri...), che non si sentono organici al partito e cercano di ritagliarsi un ruolo critico, di guida o di avanguardia. A complicare le cose c'è la politica stessa, che dopo aver sollecitato un intervento degli intellettuali li vuole poi relegare ad un ruolo subalterno, di semplice adesione ai propri programmi. Sullo sfondo (ma neanche tanto...), i drammi che si vanno configurando in Europa: il fascismo in Italia e le guerre coloniali, la presa del potere da parte di Hitler, la guerra civile spagnola. Ma anche l'ascesa al potere di Stalin, i contrasti interni e le prime "purghe", fino al patto Molotov-Ribbentrop che tanto sorprese la sinistra europea.
Non è forse sorprendente che tanta confusione politica si rifletta in altrettante divisioni e distinguo tra le varie anime della cultura di sinistra dell'epoca. Pure, resta notevole il loro contributo ad un riavvicinamento tra le varie forze politiche che temevano un colpo di stato della destra anche in Francia, ma che si guardavano con diffidenza (emblematico lo scritto di Nizan Ti tendiamo la mano, cattolico... del 1937). Così nel Congresso di Amsterdam-Pleyel (1933) si gettano le basi per la formazione del Fronte popolare, e nel Congresso internazionale degli scrittori per la difesa della cultura (1935) si arriverà all'apice della parabola, cui seguirà un riflusso.
Se la prima metà del libro ripercorre la storia dell'impegno e della mobilitazione degli intellettuali, la seconda parte antologica racchiude una serie di interventi nel dibattico politico-culturale degli anni '30. A mio personale avviso è meno interessante della prima per un "non-adepto", ma certamente presenta alcuni contributi non facilmente reperibili altrove. Gli eventuali interessati possono trovare uno scritto che ripercorre queste tematiche qui.
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