mercoledì 10 gennaio 2018

Trattoria Sapore di mare

Vico Marassi 9
Finale Ligure (SV)


Ero stato in questo posto qualche anno fa, e ricordo che non mi aveva particolarmente impressionato. Accolgo quindi l'invito di Alberto di "celebrare" qui l'inizio delle giornate di scalata natalizia ligure con un misto di diffidenza e curiosità, e meno male che ci sono tornato! La seconda visita è assai più convincente della prima, tanto da "meritarsi" l'assai discutibile onore di questo post.
Situato in uno dei vicoli di Finale ligure, nella vecchia Finalmarina, il ristorante è annesso all'omonima pescheria, con i relativi vantaggi. Ambiente tutto sommato semplice, qualche cianfrusaglia marinaresca alle pareti. Menù rigorosamente di pesce. Inizio con dei maltagliati bianchi e neri con capesante e pesce spada che sono decisamente ottimi, ed in porzione onesta; certamente il piatto migliore dell'intera cena. A seguire un'ombrina al forno su letto di carciofi con vongole. Il pesce è ottimo, ma le vongole passate al forno sono risultate rinsecchite e quasi prive di sapore; meglio sarebbe stato aggiungerle dopo. Chiude la cena un dolce anonimo, una frolla con la crema senza infamia e senza lode; qui c'è decisamente da migliorare per tenere il passo coi piatti precedenti.
Discretamente fornita la cantina, dove non mancano le etichette locali.

domenica 7 gennaio 2018

Wofgang Gullich - action directe

di Tilmann Hepp
Versante Sud, Milano, 2003

L'immagine che gli arrampicatori avevano di sé come parte di una cultura alternativa si sta avvicinando all'ideologia della concezione sportiva dominante. Carriera, soldi e prestigio sociale sono ora al centro degli interessi. Il commercio, il mercato e i media determinano sempre più gli avvenimenti. Questo sviluppo ha di nuovo un influsso sulla creatività e sul pensiero sportivo. Molto apparire invece che essere. Ci sono colori di moda da indossare, ci sono zone di moda da visitare e vie di moda da arrampicare. La miglior zona di arrampicata viene descritta da qualche parte e già si forma il corteo di arrampicatori che, tutti in fila, come pecore, vanno a provare le vie.
Dopo anni passati ad evitare accuratamente di leggere libri di alpinisti più o meno infreddoliti sulle grandi pareti, più o meno determinati sulle vie, più o meno sgrammaticati nello scrivere, è curioso che abbia infine ceduto su un libro più vicino all'arrampicata sportiva che all'alpinismo classico. Sarà che ormai anche io passo più tempo in falesia che non appeso ad un friend, sarà che Gullich è stato sì il pioniere dell'arrampicata che tutti conoscono, ma anche un climber pensante, che discuteva di etica ed evoluzione dell'arrampicata, di competizioni, di fisiologia dell'allenamento... insomma, alla fine ho accettato il prestito di Teo (altra cosa insolita; i libri preferisco comprarli) e ho dedicato le vacanze a questa (proficua) lettura.
il libro racconta la vita di Gullich dai giorni di scuola, quando quindicenne sale già vie di VI, fino al mortale incidente del 29 agosto 1992. Il filo del racconto è intervallato da scritti di Gullich apparsi sulle riviste dell'epoca, che chiariscono i suoi punti di vista. Ne emerge il ritratto di un uomo che aveva certamente fatto dell'arrampicata la sua scelta di vita, ma che era tutt'altro che un fanatico: niente diete (Leggendaria era la colazione di Wolfgang a Oberschollenbach, a base di torte con la panna e tiramisù, p. 37), atteggiamento rilassato (Con un croissant in una mano ed un caffè macchiato nell'altra sedevamo nei deliziosi caffè dell'Europa meridionale godendoci il sole al mattino e guardando la gente passeggiare. "Questo è il bello dell'arrampicata", diceva puntualizzando la sua predilezione, p. 117) e passione per le lunghe pause al bar (Il suo corso ideale era: colazione dalle 10:00 alle 12:00, studio della via tra le 12:00 e le 14:00, ritorno al caffè e ripetizione della via in serata, p. 121). Ma quando era motivato a raggiungere un obiettivo, la musica cambiava: alle nove del mattino facevamo 200 trazioni, poi uscivamo ad arrampicare per otto ore, alla sera facevamo altre 200 trazioni (p.125). I risultati si vedono: primo a salire vie di 8b, 8b+, 8c e - naturalmente - la mitica Action directe, primo 9a della storia. Gullich elabora tecniche di allenamento (tra cui il famoso pan Gullich), capisce subito che bisogna distaccarsi dalla teoria dei tre punti di appoggio per la progressione e intuisce che l'evoluzione dell'arrampicata passa per il trasferimento dei passi duri di boulder sulle falesie prima, e delle tecniche di arrampicata libera dalla falesia alle grandi pareti poi; tutte cose che oggi sono acquisite, ma che avevano un sapore innovativo qualche decennio fa. E, in coerenza colle proprie idee, non si limita alle falesie (peraltro chiodate in maniera assassina per gli standard di oggi): Separate reality in free solo, Eternal flame alle torri di Trango, Riders on the storm alla torre centrale del Paine (la passione musicale fa capolino qua e là nella vita di Gullich, con almeno il buon Neil Young ad accomunarmi a lui).
Di carattere schivo e un po' timido, ma assai emotivo, evitava l'esposizione pubblica e arrampicava in prevalenza con amici fidati, ricercando un'atmosfera ideale e armonica, il gesto puro dell'arrampicata. Campava con scarni contratti di sponsorizzazione, indifferente al denaro se non nell'ultimo periodo, quando il matrimonio e l'inizio di una certa stabilizzazione lo misero di fronte ai problemi economici. Amato dal pubblico, fu spesso oggetto di invidia e ostracizzato dai colleghi, come capita ai grandi.
Un altro aspetto interessante del libro è che permette di rivivere la storia dell'arrampicata libera da una prospettiva germanica, non così diffusa da noi. Si rivivono dunque le diatribe tra alpinisti classici e i primi free climbers, le schiodature delle nuove vie nel Palatinato, le controversie tra i diversi metodi di salita delle vie, l'iniziale rifiuto di provare i passaggi in top rope, le prime competizioni di arrampicata e la perdita della verginità iniziale di questo sport, ecc. ecc.
Sono quasi d'obbligo in chiusura un paio di piccoli rilievi al libro: il racconto non scorre sempre fluido, ma è ogni tanto ripetitivo e un po' sconnesso, facendo perdere di vista il flusso degli avvenimenti. Inoltre, l'encomiabile affetto dell'amico e autore per Wolfgang pare assumere talvolta toni un po' troppo enfatici, dipingendolo come sola persona innocente in un ambiente di lupi. Non manca qualche errore di traduzione: la Nameless Tower (Torre innominata) diventa la Torre di Nameless come se fosse un nome proprio, i gradi delle vie ballano un pochino tra una pagina e l'altra e Chasin' the Trane diventa ogni tanto Chasin' the Train, e va bene che il gioco di parole è proprio quello, ma rispettiamo almeno il supremo John!

martedì 2 gennaio 2018

Bergamo-Milano Lambrate: ritardi novembre-dicembre 2017 e riassunto annuale (2608/10809)

Fig. 1: Distribuzioni cumulative dei ritardi per il treno 2608 (8:02)
nei mesi di novembre e dicembre 2015, 2016 e 2017.
Fig. 2: Andamento mensile dei ritardi per il treno 2608.
Fig. 3: Come in Fig.1, ma per il treno 10809 (17:43).
Fig. 4: Come in Fig. 2, ma per il treno 10809.
Fig. 5: Distribuzioni cumulative dei ritardi annuali per il treno 2608 (8:02).
Fig. 6: Come sopra, ma per il treno 10809 (17:43).
Fig. 7: ore di ritardo accumulate negli anni.
Siamo finalmente giunti alla fine del 2017 ed è tempo di aggiornare i dati relativi alle eccellenze ferroviarie, oltre a riassumere i dati annuali. Tradizionalmente, il bimestre finale dell'anno non è mai memorabile, e stavolta non si fa eccezione: puntualità scesa drammaticamente al 23% (al 66% entro 5') per il 2608 e andamento mensile dei ritardi (Fig. 2) che continua ad esibire il trend negativo degli ultimi mesi di quest'anno, che era stato ottimo fino a prima delle ferie estive. Bisogna rassegnarsi: questi proprio non ce la fanno a mantenere uno standard decente per più di qualche mese!
Se andiamo a vedere i dati per il 10809, poi, c'è come al solito da mettersi le mani nei capelli: puntualità nel bimestre crollata al 6% (54% entro 5'), che evidenzia inoltre un progressivo peggioramento anno dopo anno della puntualità in questo periodo (le curve in Fig. 3 si spostano verso destra). Anche qui, l'andamento mensile evidenzia il peggioramento dell'ultimo bimestre, con un novembre particolarmente tragico che non si vedeva da più di un paio d'anni... e di cui non si sentiva la mancanza!

Veniamo quindi ai dati annuali, riportati nelle Figure 5 e 6 (attenzione alla scala normale dell'asse delle probabilità, già descritta brevemente l'anno scorso). Si nota innanzitutto che il 2608 sta lentamente migliorando: spariti i ritardi oltre la mezz'ora degli anni 2015 e 2016, curva gialla che evidenzia un ritardo sistematicamente minore delle altre due. Il problema residuo sono i treni che superano i (circa) 5' di ritardo (cambio di pendenza della distribuzione; problema che tocca un treno su quattro) e, ovviamente, gli eventi rari della coda della distribuzione. Guardando questi dati, non si capisce moltissimo il cambio di orario che ha anticipato di 2' l'orario di arrivo del 2608... naturalmente, l'orario reale di arrivo del treno non è minimamente cambiato fino ad ora, sicché assisteremo probabilmente ad un deterioramento del relativo ritardo. Sarebbe interessante sapere su quali dati si basa chi definisce questi orari.
Nera disperazione per il 10809, come al solito, che peggiora la puntualità rispetto all'anno scorso (la curva gialla è più a destra della verde) e che diventa inqualificabile una volta su quattro circa, dove la "coda" della distribuzione si appiattisce e si protende verso ritardi geologici. Qui sì che sarebbe necessario un ripensamento globale, sia dell'orario (fermata inutile di Treviglio Ovest, tratto da Porta Garibaldi a Lambrate che genera sempre ritardo), sia delle condizioni del treno, perennemente guasto... e proprio per questo motivo non se ne parla!

Il dato complessivo sulla qualità (si fa per dire...) di questi due treni è affidato all'ultima figura, dove ci sono le ore di ritardo sopportate dai pendolari nel corso degli anni: se dal 2015 al 2016 c'era stato un miglioramento, dal 2016 al 2017 la riduzione è solo di poco più di un paio d'ore; risultato di un netto miglioramento del 2608 che viene però compensato dal peggioramento del 10809. E torniamo alla domanda precedente: per quale motivo non si interviene su questo treno?

lunedì 1 gennaio 2018

La scuola pitagorica e Hans Dulfer

Mezzo congelato sul 2° tiro.
Luca sul 3° tiro.
Luca sul 4° tiro.
Ancora lui sul 6° tiro.
Sul bellissimo 7° tiro.
e sull'ultimo tiro... ancora congelato e con i guanti!
Piccolo Dain (parete della centrale) - Valle del Sarca
Parete S


4°C, vento freddo e niente sole; arrivo in sosta al secondo tiro con i piedi letteralmente congelati e penso proprio di rinunciare. Poi guardo il terzo tiro... non sembra troppo duro... mi dico che posso arrivare al primo cordone e calarmi da lì... parto... arrivo in sosta... e poi, finalmente, i piedi si scaldano un poco per la sezione più impegnativa. Decisamente non sono fatto per le "avventure" invernali!
Accesso: da Arco risalire la valle del Sarca fino al paese di Sarche e prendere a sinistra al bivio, seguendo le indicazioni per Tione e Madonna di Campiglio (SS 237). Poche decine di metri dopo il bivio, all'altezza di un distributore di benzina, si sale per una stradina a destra (indicazione di parcheggio) e si lascia l'auto in corrispondenza del bocciodromo. Si torna sulla Statale e la si segue e, poco prima del ponte sul Caffaro, si tiene la destra per una sterrata che porta ad una diga, dove troverete probabilmente una lunga coda di cordate che attendono il loro turno per salire le vie sportive. Poco prima, sulla destra, vi è l'attacco della via (scritta), molto probabilmente senza code.
Relazione: via molto interessante, a metà tra l'alpinistico e lo sportivo, simile alla sua gemella Il sole di David e Michelangelo (ma dei nomi più cristiani non c'erano?) e con due tiri veramente belli. Chiodatura tutto sommato buona, tranne che per un tratto un po' lunghetto nel 7° tiro; portare friend piccoli e medi per integrare.
1° tiro: salire per rocce inizialmente un po' rotte, spostarsi verso destra e continuare puntando al piccolo tetto nerastro sotto cui si sosta. 20m, IV, V-; due chiodi, un cordone in clessidra. Sosta su due fix (uno con anello).
2° tiro: salire a destra della sosta per continuare in traverso e superare un paio di brevi muretti. 25m, VI; un fix, tre chiodi, tre cordoni in clessidra. Sosta su un fix e un cordone in clessidra.
3° tiro: partenza e passo insidioso in placca, poi traverso più facile verso destra fino alla sosta. 20m, VI-, V; quattro cordoni in clessidra. Sosta su due fix (uno con anello).
4° tiro: ancora a destra della sosta, per salire a prendere una lama e proseguire con passo delicato in placca fin sotto un tetto, che si aggira salendo in obliquo a sinistra. 30m, V, VI+/6a; quattro fix, cinque cordoni in clessidra. Sosta su un fix e un cordone in clessidra.
5° tiro: si sale lungo la placca per poi spostarsi a sinistra e risalire il pilastro su ottime prese fino al terrazzo di sosta; 30m, V+, V; cinque cordoni in clessidra. Sosta su pianta con cordoni.
6° tiro: spostarsi verso sinistra fino alla base del diedro obliquo, risalirlo verso destra fino ad un muro giallastro che si sale per uscire in sosta. Attenzione a non proseguire troppo lungo il diedro. 25m, III, VI-, VI, V+; due chiodi, due cordoni in clessidra. Sosta su due fix (uno con anello).
7° tiro: dritti sulla placca delicata, spostarsi a sinistra, salire brevemente e rientrare verso destra per proseguire in verticale fino ad un chiodo (chiodatura un po' lunghetta...); da qui in bel traverso a destra per risalire una placca. Non è finita: si prosegue ancora per rocce più facili fino alla terrazza di sosta. 40m, VI- con un paio di passi di 6a+/VII- protetti rispettivamente da un fix e un chiodo, V+; un fix, quattro chiodi, sei cordoni in clessidra. Sosta su due fix (uno con anello) e cordone. Tiro bellissimo.
8° tiro: si sale in obliquo verso sinistra superando brevi muretti fino al termine delle difficoltà. 30m, V+, V; un fix, due chiodi, due cordoni in clessidra. Sosta su pianta con cordoni.
Discesa: salire a sinistra seguendo una traccia fino ad incontrare il sentiero di discesa del Dain, che si segue verso destra fino al parcheggio.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.