La mia cantina ospita diverse, per quanto sempre troppo poche, bottiglie della Val d'Aosta, ma la mia attenzione aveva sempre trascurato il Fumin, uno dei vitigni autoctoni della zona; giusto una bottiglia acquistata qualche anno fa aspettava da tempo di essere messa alla prova. Come ormai d'abitudine, l'occasione si presenta con il quasi-abituale invito a pranzo della domenica, anche conoscendo l'amore del mio anfitrione per i vini della Vallée.
Il nome del vino è già un programma e, ancorché legato al colore del grappolo, richiama le note affumicate dovute al legno utilizzato per l'affinamento. Tuttavia il Fumin è sempre stato considerato un vino da taglio e solo di recente ha acquistato una certa importanza; merito della riscoperta dei vitigni autoctoni e dell'intraprendenza di alcuni vignerons della zona di Aymavilles, che ci permettono di assaggiarlo in purezza (la DOC ne prevede almeno l'85%). I sentori che salgono dal bicchiere, di un bel colore violaceo, sanno di frutti rossi e qualche leggera nota speziata. All'assaggio si avvertono subito le note affumicate, che sono poi coperte da sapori più noti di bosco e qualche spezia. Il vino si lascia bere con buona soddisfazione anche se non manca un po' di acidità e ruvidezza, il che - confesso una volta di più - mi pare un carattere tipico di diversi vini della Valle che apprezzo molto e che denota una loro personalità. L'abbondante nevicata che oggi ha imbiancato Bergamo ha certamente contribuito a creare un'atmosfera ideale per questo tipo di "esperimenti", che non mancherò di continuare in futuro!
Il nome del vino è già un programma e, ancorché legato al colore del grappolo, richiama le note affumicate dovute al legno utilizzato per l'affinamento. Tuttavia il Fumin è sempre stato considerato un vino da taglio e solo di recente ha acquistato una certa importanza; merito della riscoperta dei vitigni autoctoni e dell'intraprendenza di alcuni vignerons della zona di Aymavilles, che ci permettono di assaggiarlo in purezza (la DOC ne prevede almeno l'85%). I sentori che salgono dal bicchiere, di un bel colore violaceo, sanno di frutti rossi e qualche leggera nota speziata. All'assaggio si avvertono subito le note affumicate, che sono poi coperte da sapori più noti di bosco e qualche spezia. Il vino si lascia bere con buona soddisfazione anche se non manca un po' di acidità e ruvidezza, il che - confesso una volta di più - mi pare un carattere tipico di diversi vini della Valle che apprezzo molto e che denota una loro personalità. L'abbondante nevicata che oggi ha imbiancato Bergamo ha certamente contribuito a creare un'atmosfera ideale per questo tipo di "esperimenti", che non mancherò di continuare in futuro!
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