domenica 6 luglio 2025

L'ora di lezione - per un'erotica dell'insegnamento

di Massimo Recalcati
Einaudi, Torino, 2024 (1a ed. 2014)
Non è in questo che consiste, in ultima istanza, la posta in gioco di tutta la partita dell'insegnamento? La Scuola non dovrebbe avere questo come suo proprio compito? Rendere il sapere un oggetto in grado di muovere il desiderio, un oggetto erotizzato capace di funzionare come causa del desiderio, in grado di spostare, attirare verso, mettere in movimento l'allievo. Non è questa la funzione [...] che dobbiamo riconoscere a un sapere che si rivela erotico, cioè capace di mobilitare il desiderio di sapere?

Tutti noi (o almeno, i più fortunati) abbiamo incontrato un docente che ha cambiato, se non la nostra vita, almeno la nostra relazione con il sapere, che ha dato un senso alle ore passate in classe, stimolando non solo l'apprendimento di concetti, ma la passione stessa per l'apprendimento e lo sviluppo di un metodo critico da seguire nella propria ricerca personale. Forse il più fortunato dei numerosi saggi di Recalcati, L'ora di lezione è un omaggio a questi docenti.

Il libro è diviso in quattro parti, iniziando da un'introduzione alle diverse "scuole" che si sono susseguite nei decenni, da quella frequentata dai "diversamente giovani" di oggi, frutto di alleanza tra insegnanti e genitori, gerarchica ed autoritaria, alla scuola di oggi, post-contestazione, dove l'alleanza si stabilisce invece tra genitori e figli (pp. 25-27):

I genitori si alleano con i figli e lasciano gli insegnanti nella più totale solitudine [...] a supplire alla funzione latitante del genitore, cioè a fare il genitore degli allievi.
La nuova alleanza tra genitori e figli disattiva ogni funzione educativa da parte dei genitori che si sentono più impegnati ad abbattere gli ostacoli che mettono alla prova i loro figli per garantire loro un successo nella vita
[che non ad educarli...]. I figli si confondono con i padri, [...] le ore di lezione sono dedicate a rincorrere un silenzio e un'attenzione che sembrano impossibili da raggiungere, gli esami all'università non possono superare un certo numero di pagine, i voti considerati ingiusti dai figli mobilitano le proteste accorate dei genitori, [...] la parola [...] viene sopraffatta da una cultura delle immagini, che tende a favorire un'acquisizione passiva e senza sforzo. [nota mia: opinabile]

La soluzione, o per meglio dire l'auspicio, di Recalcati è una scuola che faccia da sintesi alle prime due, dove l'autorità dell'insegnante si costruisca "dalla testimonianza della forza della parola" (p. 35) che vivifica il sapere. Il resto del libro è dedicato alla disamina di questo concetto secondo due direttrici strettamente legate: la prima indica il sapere non come semplice trasferimento di nozioni dal maestro all'allievo, ma come fine di un percorso di ricerca individuale che il maestro deve saper indicare (la "mancanza" del sapere che causa il desiderio) (p. 43):

L'apprendimento non avviene per travaso passivo da un bicchiere più pieno a uno più vuoto, perché il modello sul quale si fonda non è mai quello di un vuoto da riempire - le teste vuote degli allievi dentro le quali si deve versare il cemento del sapere - quanto di un vuoto da aprire.

Il secondo concetto è quello del sottotitolo: l'insegnamento non è indottrinamento, non è clonazione di discepoli, non è ascolto passivo di "verità", ma il generatore di una ricerca personale. L'insegnamento deve generare amore per il sapere, e l'insegnante è il testimone di questo desiderio (p. 47):

Un insegnamento degno di questo nome non inquadra, non uniforma, non produce scolari, ma sa animare il desiderio di sapere. Per questa ragione ogni insegnamento che sia tale muove l'amore, è profondamente erotico, è in grado di generare quel trasporto in cui consiste in ultima istanza il fenomeno che in psicanalisi chiamiamo ‭«transfert». Non c'è trasmissione del sapere che possa avvenire senza passare dal transfert. [...] Solo che il maestro è colui che sa dislocare il transfert amoroso mobilitato dall'allievo dalla sua persona all'oggetto del sapere. Egli è amato in quanto ama il sapere [...].

Già da questi termini si intravede poi un'interessante analogia che percorre tutto il volume, ovvero quella tra insegnamento e psicanalisi. Come il maestro, anche l'analista deve dislocare il transfert, deve permettere al soggetto di trovare la propria strada, anche se talvolta l'autore si lascia trascinare dal gergo e dall'influenza di Lacan (p. 68): La pulsione sembra rifiutare l'obbligo della separazione introdotto dalla Legge della castrazione per mantenersi aderente alla Cosa materna e ai suoi surrogati incestuosi, per rimarcare che la scuola separa dalla famiglia, generando sì un trauma, ma per aprire nuovi mondi.

La seconda parte del libro focalizza (non senza qualche ripetizione) questi concetti sulla Scuola, le sue funzioni e motivazioni. Infatti, se l'allievo deve trovare la sua strada, a che serve il maestro, in fin dei conti? Attenzione: non bisogna farsi ingannare dal mito ipermoderno dell'autogenerazione di sé stesso (p. 63), e riconoscere il debito che abbiamo con i nostri maestri, evitando l'uccisione del padre (simbolico), che funziona in psicanalisi ma non nell'insegnamento: il motore del nostro interesse al sapere si origina sempre dal sapere ricevuto da altri. Ed è proprio come forma di resistenza a questo mito (l'Autodidatta de La nausea citato nel libro, ma anche Frank Drummer di Spoon Riveril matto di De André) e all'iperedonismo acefalo che governa la nostra società (p. 68) che si configura la Scuola, che agisce quindi in controtendenza rispetto alle pulsioni che feticizzano "alcool, droga, psicofarmaci [vabbè...], l'immagine del proprio corpo, oggetti estetici e tecnologici" (p. 69). A tutto ciò si oppone un piacere diverso, meno immediato ma più duraturo: lettura, scrittura, la cultura nelle sue diverse forme. Tutto largamente condivisibile, a parte qualche nota retorica e un approccio che evita volutamente di scendere nel concreto, con forse qua e là un tono un po' troppo negativo verso la tecnologia, cui sembra negata qualunque possibilità di integrazione nell'insegnamento, che deve avvenire sempre e solo attraverso la Legge della parola.

Dopo aver toccato la relazione tra insegnamento e vincoli dell'istituzione scolastica, stile del docente ed esperienza (nota a tutti) di "parlare ai muri", così come quella del dono (la trasmissione implica sempre la dimensione del dono; p. 114) e del mistero dell'apprendimento, il libro si chiude con un ricordo personale, dove l'autore ripercorre le sue difficoltà scolastiche e l'incontro salvifico con una professoressa. Ecco, questa è la cifra principale del volumetto: non una disamina di come nascano questi insegnanti "speciali", quasi psicoterapeuti, di come tutto questo si possa/debba inserire in un'ora di lezione, particolarmente nelle assai eterogenee scuole superiori, ma piuttosto un sentito grazie a tutti questi docenti, che faccio mio (magari prima o poi aggiungerò qualche aneddoto personale) ed estendo per assurdo anche agli "altri", a quelli che stavano in classe con meno voglia di noi studenti, che trasmettevano noia e frustrazione, per avermi spinto a cercare nei libri quello che non potevo/volevo sentire in classe.