C'è un proverbio che tutti conoscono sull'errare e il perseverare, l'umano e il diabolico. Ora, è certamente vero che l'inferno è popolato di gente ben più interessante che non il paradiso (che dev'essere di una noia... mortale!), ma non sono del tutto sicuro che questo autorizzi il perseverare in alcuni errori, uno in particolare: quello di tardare troppo ad aprire una bottiglia, col risultato di doverne poi gettare il contenuto.
Se questo capita ad una cena chez moi, non c'è problema (a parte il dispiacere per l'occasione sciupata): si scende in cantina e si rimedia; quando capita con una bottiglia che porto ad un ritrovo conviviale da amici, invece, il danno è duplice ed al momento irreparabile.
Per rimediare all'ultima di queste figuracce, orditami da una bottiglia di Rossese di Dolceacqua da cui mi aspettavo grandi cose, mi sono ripresentato dal mio anfitrione con un altro Rossese, dell'ultima annata disponibile. Un produttore - meglio, una cantina cooperativa con una trentina di soci - mai incontrato prima, un Rossese dal nome intrigante: Maixei. Partiamo da questo: come spiegato nel retro dell'etichetta, maixei è il nome dialettale dei muretti a secco che sorreggono le terrazze dove si trovano le vigne, su terreni impervi che obbligano ad una raccolta manuale delle uve. Rossese in purezza, fermentazione ed affinamento in vasche di acciaio, una lavorazione "minima ed essenziale", come spiegato sul sito della cantina. Ed il risultato non delude: colore rubino, aromi di frutti rossi e note floreali. Al palato è innanzitutto giovane e morbido, assai piacevole; ai sapori già percepiti si affianca una nota speziata ed il "classico" finale un po' amarognolo, il tutto sorretto da un buon corpo. Un'altra dimostrazione di come nelle infinite (forse troppe) piccole DOC di questo paese si nascondano dei veri tesori enologici.
Sempre restando sul Rossese, da assaggiare quanto prima il Superiore della stessa cantina, mentre il Barbadirame mi suscita meno entusiasmo per via del suo passaggio in legno... ma mai giudicare prima di aver assaggiato!
Se questo capita ad una cena chez moi, non c'è problema (a parte il dispiacere per l'occasione sciupata): si scende in cantina e si rimedia; quando capita con una bottiglia che porto ad un ritrovo conviviale da amici, invece, il danno è duplice ed al momento irreparabile.
Per rimediare all'ultima di queste figuracce, orditami da una bottiglia di Rossese di Dolceacqua da cui mi aspettavo grandi cose, mi sono ripresentato dal mio anfitrione con un altro Rossese, dell'ultima annata disponibile. Un produttore - meglio, una cantina cooperativa con una trentina di soci - mai incontrato prima, un Rossese dal nome intrigante: Maixei. Partiamo da questo: come spiegato nel retro dell'etichetta, maixei è il nome dialettale dei muretti a secco che sorreggono le terrazze dove si trovano le vigne, su terreni impervi che obbligano ad una raccolta manuale delle uve. Rossese in purezza, fermentazione ed affinamento in vasche di acciaio, una lavorazione "minima ed essenziale", come spiegato sul sito della cantina. Ed il risultato non delude: colore rubino, aromi di frutti rossi e note floreali. Al palato è innanzitutto giovane e morbido, assai piacevole; ai sapori già percepiti si affianca una nota speziata ed il "classico" finale un po' amarognolo, il tutto sorretto da un buon corpo. Un'altra dimostrazione di come nelle infinite (forse troppe) piccole DOC di questo paese si nascondano dei veri tesori enologici.
Sempre restando sul Rossese, da assaggiare quanto prima il Superiore della stessa cantina, mentre il Barbadirame mi suscita meno entusiasmo per via del suo passaggio in legno... ma mai giudicare prima di aver assaggiato!
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