Adelphi, Milano, 1990
I pirati, le cui anime infelici sono condannate a stare su quest'isola insieme alla mia, hanno portato con sé i loro tesori, e i loro cuori sono incatenati ad essi; nel profondo della loro afflizione l'oro li rende felici. Ma ciò che rimpiango io... dov'è? Non c'è. La fanciulla che mi stringeva tra le braccia... [...] Oh, così i miei pensieri volteggiano sopra quei luoghi dove la mia vita, che mi fu rubata, doveva essere vissuta. E mentre il pensiero che altri piangono per noi, che le loro lacrime bruciano i nostri cuori incapaci di piangere ci sgomenta, nella nostra folle nostalgia aneliamo a partecipare alla loro vita. [...] Oh, finché si è vivi bisogna trovare degli amici, dei cuori che scorderanno la nostra immagine, delle labbra che di quando in quando pronunzieranno il nostro nome dimenticato... dobbiamo lasciare un segno finché è in nostro potere farlo, non dobbiamo permettere che la vita si chiuda alle nostre spalle senza che rimanga una traccia di noi.
Carnevale (e altri racconti postumi) racchiude quattordici racconti: undici effettivamente inediti e tre "quasi inediti" che furono pubblicati dall'autrice nel primo decennio del Novecento, al suo esordio letterario. Se contiamo che l'ultimo racconto, Secondo incontro, è di dieci mesi precedente la morte della Blixen, si può dire che questo libro attraversa tutta la vita della scrittrice. Ci sono i temi delle saghe nordiche, c'è la descrizione della società aristocratica dell'epoca ormai al declino, c'è il tono aristocratico (a volte seccante) dell'autrice, la sua indubbia capacità di costruire trame narrative... eppure qualcosa non funziona del tutto, o almeno non ha funzionato con me: manca spesso quel qualcosa che nobilita una storia e le dà dignità letteraria, cosicché la scelta della Blixen di tenere questi lavori "nel cassetto" mi appare tutto sommato condivisibile.
Veniamo subito ai due racconti per me migliori: Gli eremiti e L'ultimo giorno. Il primo è il racconto d'esordio della Blixen, nel 1907, ed è bellissimo (a parte il tono epistolare), ambientato su un'isola deserta dove una coppia si ritira e dove gl'immancabili fantasmi - forse solo proiezioni dell'inconscio della protagonista - trarranno Lucie per sempre nel loro mondo. Il secondo intreccia la storia dello zio Valdemar con quella di un conte eroe di una poesia, entrambi di fronte alla morte ma non rassegnati a rinunciare al proprio passato o alla propria fede: Odino misericordioso interverrà in entrambi i casi, seppure in maniera insolita. Il racconto è poi reso interessante dall'incontro tra Johannes (il prete moralista che frequenta la prostituta) e Boline (la prostituta dal cui augurio nascono i racconti).
Non male nemmeno L'orso e il bacio e Secondo incontro, mentre Carnevale (unico racconto ambientato nel Novecento) si distingue per la splendida descrizione dell'atmosfera aristocratica del tempo, rinchiusa in un orizzonte estetizzante (la maschera di Kierkegaard; sarei stato curioso di vederla...) che assorbe persino il povero Zamor, che si ritroverà a "far da coscienza" al ricco Arlecchino, ma senza aver avuto il denaro che voleva: la coscienza va bene, ma i soldini son evidentemente un'altra cosa!
Gli altri racconti, a mio parere, sono storielle simpatiche o poco più (banalissimo I figli dei re, il peggiore; bello l'incipit de L'aratore, ma la retorica del lavoro come espiazione no, per carità, ecc. ecc), con un'eccezione molto interessante che è stato il motivo del mio approccio alla Blixen: Anna, il racconto più lungo della raccolta e purtroppo incompiuto. La postfazione lo definisce ispirato a un saggio di argomento italiano dello storico dell'arte Christian Elling (su cui non so nulla); in realtà l'ispirazione è... Bergamo! Insieme ad un non trascurabile numero di altre novelle, incluso La peste a Bergamo del conterraneo Jens Peter Jacobsen, è infatti ambientato nella città della Commedia dell'Arte, la patria di Arlecchino (e non solo), che ha lungamente affascinato l'Europa dei secoli scorsi. Molto bella la descrizione della Città Alta che come un falco un topo, tiene d'occhio la più moderna Bergamo bassa e l'enfatizzazione del carattere degli abitanti, che fanno pensare ad una conoscenza non superficiale del luogo (la descrizione dei figli della nobile famiglia della Città Alta sarà ripescata nei Racconti di due vecchi gentiluomini, contenuto in Ultimi racconti). Anna mostra ancora una volta la maestria della Blixen nel congegnare l'intreccio della trama e si interrompe poco prima del finale; prevedibilmente lieto, visto il tono un po' favolistico che pervade tutte le pagine.
Ci sarà tempo, prima o poi, di tornare su racconti più meditati della Blixen; per ora sospendo il giudizio.
Veniamo subito ai due racconti per me migliori: Gli eremiti e L'ultimo giorno. Il primo è il racconto d'esordio della Blixen, nel 1907, ed è bellissimo (a parte il tono epistolare), ambientato su un'isola deserta dove una coppia si ritira e dove gl'immancabili fantasmi - forse solo proiezioni dell'inconscio della protagonista - trarranno Lucie per sempre nel loro mondo. Il secondo intreccia la storia dello zio Valdemar con quella di un conte eroe di una poesia, entrambi di fronte alla morte ma non rassegnati a rinunciare al proprio passato o alla propria fede: Odino misericordioso interverrà in entrambi i casi, seppure in maniera insolita. Il racconto è poi reso interessante dall'incontro tra Johannes (il prete moralista che frequenta la prostituta) e Boline (la prostituta dal cui augurio nascono i racconti).
Non male nemmeno L'orso e il bacio e Secondo incontro, mentre Carnevale (unico racconto ambientato nel Novecento) si distingue per la splendida descrizione dell'atmosfera aristocratica del tempo, rinchiusa in un orizzonte estetizzante (la maschera di Kierkegaard; sarei stato curioso di vederla...) che assorbe persino il povero Zamor, che si ritroverà a "far da coscienza" al ricco Arlecchino, ma senza aver avuto il denaro che voleva: la coscienza va bene, ma i soldini son evidentemente un'altra cosa!
Gli altri racconti, a mio parere, sono storielle simpatiche o poco più (banalissimo I figli dei re, il peggiore; bello l'incipit de L'aratore, ma la retorica del lavoro come espiazione no, per carità, ecc. ecc), con un'eccezione molto interessante che è stato il motivo del mio approccio alla Blixen: Anna, il racconto più lungo della raccolta e purtroppo incompiuto. La postfazione lo definisce ispirato a un saggio di argomento italiano dello storico dell'arte Christian Elling (su cui non so nulla); in realtà l'ispirazione è... Bergamo! Insieme ad un non trascurabile numero di altre novelle, incluso La peste a Bergamo del conterraneo Jens Peter Jacobsen, è infatti ambientato nella città della Commedia dell'Arte, la patria di Arlecchino (e non solo), che ha lungamente affascinato l'Europa dei secoli scorsi. Molto bella la descrizione della Città Alta che come un falco un topo, tiene d'occhio la più moderna Bergamo bassa e l'enfatizzazione del carattere degli abitanti, che fanno pensare ad una conoscenza non superficiale del luogo (la descrizione dei figli della nobile famiglia della Città Alta sarà ripescata nei Racconti di due vecchi gentiluomini, contenuto in Ultimi racconti). Anna mostra ancora una volta la maestria della Blixen nel congegnare l'intreccio della trama e si interrompe poco prima del finale; prevedibilmente lieto, visto il tono un po' favolistico che pervade tutte le pagine.
Ci sarà tempo, prima o poi, di tornare su racconti più meditati della Blixen; per ora sospendo il giudizio.
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