domenica 24 novembre 2013

Cirò DOC rosso classico superiore 2007 Tenuta del Conte

Il mio incontro con questo vino risale ad una vacanza itinerante in Calabria nel 2008, una sera a cena da U nozzularu a Sellia Marina: mi faccio consigliare un Cirò "tradizionale" e mi viene portato questo Tenuta del Conte, che sparisce velocemente insieme alla gustosa cena. Ne nasce una simpatica chiacchierata durante la quale chiedo informazioni su come raggiungere la cantina per comprare qualche bottiglia e, visto che le indicazioni invero non erano proprio lapalissiane, il gentilissimo titolare mi "passa" - con mia grande soddisfazione - un cartone da sei bottiglie a prezzo di costo; ricordo ancora che accompagnò l'offerta dicendomi in continuazione tra serio e faceto: "Ma dimmi tu, a Milano, a Bergamo, te l'avrebbero fatta una cosa simile? Quanto ti avrebbero fatto pagare, eh?".
Ho centellinato le bottiglie poiché non è facilissimo recuperarle da queste parti e le mie incursioni in sud Italia si sono fatte - purtroppo - più rare (sì lo so che esiste Interdet, ma a me non piace acquistare vino in quel modo...), così ogni volta che ne apro una non posso non ricordare la persona ed il simpatico aneddoto. L'ultima volta è successa qualche settimana fa, ma la lunga serie di post arretrati e il minor tempo che sto dedicando al "virtuale" han fatto sì che le poche righe subissero un certo ritardo; ma infine eccoci qui.
Veniamo al dunque: parliamo di Cirò prodotto con uve Gaglioppo al 100%, che Parrilla (il titolare) produce senza chimica e vinifica in acciaio; non so se si tratti di "vino biologico" certificato, ma certamente di qualcosa di molto simile, prodotto nel rispetto della tradizione. Bel colore rubino con buoni tannini e struttura; frutti rossi e neri e note terrose. Da bere subito o dopo qualche annetto (del resto devo avere in giro dei Cirò degli anni '90...). Un ottimo vino "conviviale" da dividere con amici, una dimostrazione di come si possano fare prodotti eccellenti senza inseguire tendenze opinabili.
Un altro tassello della continua crescita dei vini del Sud.

domenica 17 novembre 2013

Barbi

Massimiliano sul 3° tiro
Sul bellissimo 4° tiro
Tracciato della via
Torrione grigio - Rocca Sbarua
Parete E

Dopo una notte in tenda ad imprecare contro i "coinquilini" che russano tanto da farmi sembrare di avere accanto il biplano di Francesco Baracca e una mattina passata al Rif. Melano ad aspettare che spiova, ci vuole una via "super". Accantonata in fretta la Motti-Grassi (il rifugista ci parla di protezioni piuttosto lontane ed è molto scettico su quel 5b obbligato che riporta la guida), l'occhio cade sulla vicina Barbi, che lo stesso definisce - appunto - "super". Aveva ragione; la via ha completamente ripagato l'attesa ed è assolutamente raccomandabile; da non perdere per tutti gli amanti della Sbarua.
Accesso: da Pinerolo (TO) raggiungere il comune di Talucco e proseguire lungo la strada. Ad un bivio si tiene la sinistra (direzione località Crò) e ad un successivo la destra (direzione borgata Dairin). Poco dopo una curva sulla destra si nota un parcheggio dove si lascia l'auto, a poca distanza dalla borgata. Da qui parte un sentiero che con qualche saliscendi conduce al colle Ciardonet e al rifugio Melano (o casa Canada) in una mezz'oretta (consigliabile la deviazione per il sentiero Carbonera poco dopo il colle). Da quest'ultimo partono due sentieri, uno sulla destra in leggera discesa e uno più a sinistra in salita. Si prende il primo fino al canale che scende tra gli speroni Cinquetti e Rivero (indicazioni). Si sale tenendo poi la sinistra e aiutandosi con catene e cavi metallici. Il sentiero devia poi verso destra riportandosi verso il centro del canale; poco prima si nota un bivio con la scritta T.G. e freccia verso sinistra. Seguendo l'indicazione in breve si è alla base del Torrione, proprio all'attacco della via (poco più a sinistra c'è la targa della Motti-Grassi).
Relazione: la via sale il torrione con un percorso sempre logico che culmina nel bellissimo diedro inclinato che si vede dal basso, regalando un'arrampicata tra lame, diedri e fessure mai banale ma ben protetta (anche se non siamo in falesia). Sostanzialmente inutili i friend, anche se un paio di medio-piccoli possono aiutare in un paio di punti. Tutte le soste sono su due spit con catena e maglia-rapida di calata.
1° tiro: salire il diedro inclinato verso sinistra fino a prendere una lama rovescia, portarsi sulla destra e superare una placca che porta in sosta; 20m, 6a, 6 spit. Attenzione a non proseguire troppo e finire sulla sosta della Motti-Grassi; la sosta è vicina all'alberello.
2° tiro: salire la placca con fessure appena a destra della sosta fino a continuare aiutandosi con delle lame, proseguire fin sotto un piccolo tetto, uscire sulla destra e per placca - sempre verso destra - raggiungere la sosta; 15m, 6a e un passo di 6a+, 6 spit.
3° tiro: non seguire la linea di vecchi spit che sale in verticale ma spostarsi a sinistra doppiando lo spigolo, superare alcuni risalti fino a prendere una bella fessura che si risale fino alla sosta; 35m, 5b, 8 spit.
4° tiro: salire il bellissimo diedro a destra della sosta; forse il tiro più bello della via; 25m, 5a (uno o due passi 5c), 10 spit.
5° tiro: superare il saltino sopra la sosta e proseguire su terreno facile fino ad una breve placchetta prima del termine; 15m, 5a (passo), 3 spit.
Discesa: volendo evitare la calata in doppia si sale qualche metro in cima al torrione (tratto scivoloso; eventualmente assicurarsi) e si segue una traccia sul lato sinistro (scritta sbiadita discesa - bolli e qualche ometto) che procede verso sinistra attraversando un tratto con massi per poi scendere ancora a sinistra nel canale utilizzato per la salita, riportando all'attacco della via.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

giovedì 14 novembre 2013

Mandibola

Si arrampica sopra le nebbie basse...
Roberto alla prima sosta
Sul 3° tiro
Massimiliano sul 4° tiro
Il meritato (?) riposo a fine via...
Sperone Cinquetti - Rocca Sbarua
Parete S

Quest'anno l'arrampicata su granito si è fatta decisamente desiderare, come spesso accade negli ultimi anni, e non mi sono lasciato sfuggire l'occasione di aggregarmi al gruppo dei "milanesi" che si recavano in Sbarua per il corso AR1. La scelta è stata del tutto azzeccata: nebbie basse e tempo ottimo in parete a parte una scrollata di pioggia domenica mattina, sabato sera goliardico e divertentissimo, vie belle e piacevoli. In due cordate, con il sottoscritto poco convinto, ci dirigiamo verso Mandibola per quella che sarà una salita non troppo impegnativa e protetta ottimamente a spit; proprio quello che ci voleva per il rientro su granito dopo circa nove mesi.
Accesso: da Pinerolo (TO) raggiungere il comune di Talucco e proseguire lungo la strada. Ad un bivio si tiene la sinistra (direzione località Crò) e ad un successivo la destra (direzione borgata Dairin). Poco dopo una curva sulla destra si nota un parcheggio dove si lascia l'auto, a poca distanza dalla borgata. Da qui parte un sentiero che con qualche saliscendi conduce al colle Ciardonet e al rifugio Melano (o casa Canada) in una mezz'oretta. Da quest'ultimo partono due sentieri, uno sulla destra in leggera discesa e uno più a sinistra in salita (battuto da orde di alpinisti che si dirigono alla Gervasutti-Ronco). Si prende il primo e lo si segue fino ad un bollo con scritta "Rio plano" (se lo perdete, poco dopo c'è una sorgente d'acqua). Da qui si sale verso la parete dello sperone Cinquetti tenendo la destra in prossimità della parete; targhetta con scritta alla base.
Relazione: via che presenta un primo tiro (e metà del secondo) verticale su diedri e lame e quelli successivi su placche intervallate da brevi muretti. Protezioni ottime a spit in stile-falesia con qualche vecchio chiodo per chi non si accontenta; del tutto inutili friend. Sicuramente una bella via, anche se non eccezionale. Soste attrezzate con due spit più catena e maglia-rapida di calata.
1° tiro: salire un diedro-fessura fino ad un traverso sulla destra che conduce ad una placca da risalire fino alla sosta; 30m, 6a, 10 spit.
2° tiro: passo delicato a sinistra della sosta, poi si risale un vago diedrino con fessura, si prosegue su terreno più facile fino ad una placca finale (a volte bagnata) che conduce in sosta; 25m, 6a+ (passo iniziale), 8 spit.
3° tiro: conviene concatenare due tiri vista la breve lunghezza. Salire la placca a destra e raggiungere la prima sosta; proseguire oltre, ancora per placche fino alla sosta di fermata; 35m, 5c (passo poco prima della sosta), 10 spit, 1 sosta intermedia.
4° tiro: breve placchetta che porta ad un muretto, poi ancora placca fino alla sosta; 25m, 6a, 8 spit.
5° tiro: anche qui conviene unire gli ultimi due tiri: a destra della sosta si supera un primo muretto, poi per placca fino alla sosta intermedia; da qui un secondo facile muretto e l'ennesima placca porta alla sosta finale; 40m, 5c, 14 spit, 1 sosta intermedia.
Discesa: volendo evitare la discesa in doppia si segue una traccia dalla cima dello sperone che scende nel canale di sinistra (bolli ed ometti). Prima di un tratto più ripido e spesso bagnato la traccia piega verso destra, scende e torna sulla sinistra aiutandosi con cavi e catene metalliche. Si giunge così al sentiero di partenza che, sulla destra, riporta al rifugio.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

lunedì 11 novembre 2013

Agriturismo Il ginepro

Via Ginepreto Chiesa, 7
Castelnovo né monti (loc. ginepreto)

Ormai da un bel po' di mesi il ginepro non è per me un semplice agriturismo o ristorante;  il ginepro è diventato una componente imprescindibile delle scorribande arrampicatorie sotto l'insegna della Pietra di Bismantova. Merito della travolgente simpatia di Roberto, il gestore, e dei rocamboleschi aneddoti con cui intercala i piatti che arrivano al tavolo (l'ultimo in ordine di tempo riguarda la coltivazione dello zafferano), merito delle assidue frequentazioni dei miei compari, che fanno sì che ormai si sia considerati come ospiti a cui è riservato un trattamento un po' speciale; merito del posto stesso, in posizione invidiabile su un poggio a pochi minuti dal parcheggio dell'eremo. Merito, forse, delle abbuffate in cui si tramuta immancabilmente ogni pasto.
A questo punto dovrei spendere due parole sul cibo: piatti semplici e non elaborati, menù tipico emiliano dall'ottimo rapporto qualità-prezzo, scelta non estesa ma interessante. Ovviamente si inizia con un antipasto di salumi tra cui non può non spiccare un fantastico prosciutto crudo; si passa poi ai primi piatti: cappellacci di castagne (i nostri preferiti; decisamente ottimi), tortelli verdi, tagliatelle al ragù o con funghi. Se avete ancora spazio dopo le teglie dei primi piatti potete consolarvi con del canonico arrosto o delle scaloppine; in alternativa alla carne c'è un buon erbazzone con frittata. Si completa il tutto con delle torte casalinghe - che si ritrovano alla colazione della mattina, per gli ospiti delle camere (recentemente rinnovate) che non fossero ancora sazi. Lista dei vini essenziale, su cui non posso commentare trovandomi sempre in compagnia di amanti della birra e disdegnando di vuotare una bottiglia in solitudine.

Il ginepro non è un semplice agriturismo o ristorante; davanti ai piatti si leniscono le ferite dell'orgoglio per un rinvio tirato di troppo, un resting evitabile, una prestazione opaca. Si fanno progetti, al ginepro, la sera, padroni indisturbati della sala da pranzo, colla bottiglia dell'amaro sempre a distanza troppo ravvicinata. Progetti per il giorno dopo, per la settimana successiva, per il capodanno. Perché a Bismantova non si può non tornare. E Bismantova vuol dire il ginepro.

venerdì 1 novembre 2013

Via della colata nera

Sul 1° tiro
Diego sul 2° tiro
Esperimenti di artificiale sul 2° tiro...
Teo sul 3° tiro
Tracciato della Colata nera (azzurro). In rosso la
Zuffa '70, in verde la Oppio.
Pietra di Bismantova
Parete SE

Era da Capodanno che non tornavo alla Pietra di Bismantova e ho colto immediatamente l'invito di Matteo ad unirmi a lui e Diego per un fine-settimana tra cucina emiliana e arrampicata su arenaria o calcarenite che dir si voglia. A posteriori non so quale delle due attività sia stata più gratificante, ma inizio con la vita attiva per passare poi a quella... contemplativa (non me ne vogliano i teologi per il dissacrante paragone). La Pietra emana un fascino particolare anche per gli arrampicatori e l'arenaria, una volta passato il primo impatto, regala un'arrampicata unica, anche se talvolta accompagnata da un senso di precarietà. Il "problema" è che i due compari hanno già salito quasi tutte le vie della Pietra e trovare qualcosa di "nuovo" diventa un'impresa; così il sottoscritto si ritrova su vie decisamente piuttosto impegnative senza aver salito manco una delle "classiche"... ma non senza soddisfazione, devo dire!
Accesso: dal parcheggio salire la gradinata e proseguire verso l'eremo. Prima di giungervi prendere a destra il sentiero con indicazione Ferrata alpini che lo aggira e riporta sotto la parete all'altezza della frana del 2012. Si prosegue passando sotto un caratteristico masso e si continua fino ad incontrare sulla destra una larga fenditura. A sinistra c'è l'attacco della via, sotto la colata nera che fornisce la direttrice della salita.
Relazione: la via sale verticalmente lungo la colata nera con due tiri (1° e 3°) di difficoltà contenute inframmezzati da un tiro decisamente più impegnativo (6c). Protezioni buone a fittoni, ma non tali da azzerare facilmente le difficoltà del secondo tiro; a mio parere sarebbe stato più logico sistemare meglio qualche fittone per rendere più omogenee le difficoltà (o almeno quelle obbligate). Roccia buona; inutili protezioni veloci - se siete di livello scarso come chi scrive portatevi una o due staffe per il secondo tiro; sarà una buona occasione per apprendere i rudimenti della progressione in artificiale!
1° tiro: salire la placca a sinistra di una fessura, superare un alberello e "vincere" il muretto successivo raggiungendo una cengia dove si sosta sotto la colata nera; 30m, 5b, 10 fittoni. Sosta su due fittoni con anello.
2° tiro: salire spostandosi verso destra entrando nella colata, procedere portandosi sulla sinistra seguendo una fessura fino a superare un muretto che porta alla cengia di sosta; 45m, 6c (6b e A1), 18-19 fittoni. Sosta su due fittoni con anello.
3° tiro: la via originale sale assai probabilmente nel bel diedro a sinistra della placca fittonata; a voi la scelta. Superata la placca (lo spigolo aiuta molto...) si esce alla base del bel diedro finale che si sale fino alla sosta; possibile proseguire qualche metro fino ad un grosso anello in cima alla Pietra; 45m, 6a, 8-9 fittoni. Sosta su anello cementato.
Discesa: a sinistra fino ad incontrare sulla destra il comodo sentiero che riporta all'eremo.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.