giovedì 20 novembre 2025

Lungo la strada (o In margine alla vita)

di Herman Bang
Guanda, Parma, 1989 (1a ed. italiana Delta, Milano, 1929)
Traduzione di Eva Kampmann
Katinka contemplò le vecchie fotografie ingiallite con le cornici storte. Riconosceva ogni cosa: la caffettiera d'argento sul tavolo, il servizio pregiato con le tre tazzine di porcellana autentica e, sulla mensola davanti allo specchio appannato, i piccoli sopramobili tutti coperti da fazzoletti; e i tappeti che coprivano il pavimento da una porta all'altra, i gatti che facevano le fusa sdraiati sui cuscini.
Conosceva tutto.

La mia conoscenza di Herman Bang è un altro merito di Amedeo, che interpretò con le sue incisioni la prima edizione italiana del suo romanzo Mikaël nell'ormai remoto 1997. Dell'opera fu realizzata una versione cinematografica nientemeno che da Carl Theodor Dreyer, mentre un altro grande regista, Friedrich Wilhelm Murnau, adattò I quattro diavoli, opera purtroppo perduta. Parliamo quindi di uno scrittore molto scenico, che fu anche regista teatrale e che si esprime per quadri, per immagini, che alle interpretazioni e alle spiegazioni preferisce raccontare gli eventi con un susseguirsi di periodi brevissimi. Del resto, Lungo la strada fu scritto nel 1886, quando l'impressionismo aveva iniziato la sua diffusione, e lo stesso Bang dichiarava di ricercare una visione impressionista applicata alla scrittura.

La trama è banale, ma se appartenete (come me) a coloro che legittimamente non amano che gli si racconti il finale (peraltro assai intuibile), leggete il libro e tornate dopo. Katinka è sposata con Mathias (che chiama con il cognome, Bai), ex militare ora capostazione in un minuscolo paesino della Danimarca. I due caratteri sono alquanto diversi: Bai è una sorta di bambinone, che non si rassegna al passar del tempo (ma chi lo fa?) e che non disdegna il buon cibo, l'alcool, e la compagnia degli amici con cui parlare di donne e dei suoi trascorsi. Fin qui, niente di troppo male, soprattutto agli occhi di oggi, a parte il fatto che tra i "trascorsi" si accenna ad un figlio nato fuori dal matrimonio senza troppi rimpianti (p. 24). Katinka invece è di indole malinconica, si lascia trascinare dagli eventi e si ritrova sposata più o meno per inerzia. Tuttavia, dopo i primi anni (p. 23)

si abituò a quella vita fatta di treni che arrivavano e partivano, e di gente del posto che partiva e poi tornava, recando e chiedendo novità. [...]
E poi c'erano il cane, i piccioni e il giardino.

La tranquilla monotonia della vita della coppia si arresta con l'arrivo di Huus, un fattore chiamato a lavorare in una tenuta della zona. Nei suoi viaggi alla stazione per le spedizioni, Huus si ferma spesso dai Bai, dove Katinka lo attende per dei consigli, perché (p. 33)

con Huus, invece, le sembrava di aver sempre qualcosa da imparare, un consiglio da chiedere, una modifica da apportare.
Quindi gli argomenti di conversazione non mancavano, ed essi discorrevano in modo pacato e tranquillo, come era nella natura di entrambi.

Tra arrossimenti e lunghe chiacchierate, perché ormai Huus è di casa, i due scoprono che tra loro è nato un affetto. La donna, però, non sa o non vuole trarne le conseguenze: bisogna vivere la vita così come viene (p. 59) e del resto, la mia casa è qui (p. 70). Ormai costretta nella vita che (non) ha scelto, a Katinka non resta che reprimere il desiderio (p. 72):

Li vedeva insieme, Agnes e il curato, mentre giocavano a croquet nel grande prato. Non distoglieva un momento lo sguardo da quei due esseri che si amavano.
E li ascoltava anche, piena di curiosità, quasi fossero una sorta di grande prodigio.
E un giorno, mentre tornava a casa, scoppiò a piangere.

Dopo una visita alla "grande fiera" dove i due passano praticamente tutto il tempo insieme, con Mathias che incoraggia pure Huus a prendersi cura della moglie così da potersi dedicare al ballo e agli spettacoli delle ballerine, la situazione non può continuare, ma Katinka nuovamente è incapace di cambiare la sua vita: così deve essere (p. 117). Torna per un po' nella città natale, dove apprende che Huus è partito (p. 135):

Indugiò a lungo. Pensò a quello che sarebbe stata la sua vita futura e d'un tratto le parve che tutto, tutto, le crollasse addosso: un'unica, inimmaginabile, traboccante disperazione.

Costretta a tornare alla vita precedente, che ora le si rivela in tutta la sua aridità, Katinka si ammala e non fa nulla per curarsi, fino all'inevitabile epilogo. Dopo i funerali ed il momentaneo dolore, però, la vita di Mathias e degli altri abitanti del villaggio riprende come prima.

Il tema principale mi pare quello del rimpianto per le scelte che non si è avuto il coraggio di fare. Anche Huus in precedenza si è comportato come Katinka ora, e glielo racconta proprio per rimarcare quanto importante sia decidere della propria felicità (p. 84):

«E così mi fidanzai... durò un anno intero... finché lei non ruppe il fidanzamento.» [...]
«Sono cose che capitano», soggiunse, «quando ci si fidanza o ci si sposa.» [...]
«E per vigliaccheria si continua come se nulla fosse», continuò Huus. «Per una sorta di vigliaccheria inerte e profonda, giorno dopo giorno.»
«Lasciai che le cose si trascinassero», ora la voce di Huus era sommessa, «finché lei la fece finita.»
«Perché
lei mi voleva bene.»

Ma la vicenda è speculare: Katinka non troverà il coraggio di lasciare la sua vita e Huus, pur amandola, se ne andrà, anche se si potrebbe leggere la vicenda al contrario: Katinka, come la fidanzata, dichiara l'impossibilità della loro relazione nel fugace incontro nel gazebo e Huus se ne va. Ovviamente, Bang si guarda bene dal fornire suggerimenti, anche se questa seconda versione darebbe un ruolo attivo a Katinka che non le si confà.

In parallelo a questo vi è lo scorrere del tempo, la nostalgia verso i periodi felici della giovinezza e la consapevolezza dello scarto tra i sogni di allora e la realtà di oggi. Oltre alla stessa Katinka, che conserva gelosamente e riguarda regolarmente tutti i ricordi della giovinezza, il tema emerge nell'incontro con Thora, l'amica esuberante della giovinezza che ora si ritrova sposata con l'ennesimo militare e passa la vita a curare la casa e arrotondare il magro stipendio del marito, ormai sfiorita (p. 124):

Thora parlava senza posa mentre Katinka, camminando al suo fianco, la guardava. Il viso era lo stesso, ma pareva come ristretto in ogni lineamento e si appuntiva verso il mento giallastro.
«Mi guardi eh, cara mia?» disse Thora. «eh sì, la vita non è fatta solo di balli al circolo...»

Tutte o quasi le relazioni descritte appaiono infelici, con le donne relegate al ruolo di madri  (In fondo siamo fatte per procreare, dice Thora a p. 129) e di domestiche se sposate, oppure destinate ad una povertà ancora maggiore come la Piccola Jensen, la figura più triste di tutto il libro. Agnes, più anticonformista, ha ben chiara la situazione (p. 140):

certo che noi donne di possibilità ne abbiamo ben poche. Nei primi venticinque anni della nostra esistenza voliamo di qua e di là in attesa di sposarci, e negli ultimi venticinque anni ci sediamo in attesa di essere seppellite...

Proprio questa empatia per i caratteri femminili e per il ruolo sociale imposto alla donna è un'altra delle cifre di questo racconto.

Si potrebbe anche discutere del carattere di Bai e delle descrizioni (veramente impressioniste) dei paesaggi e dell'arrivo dei treni, ma concludo con una nota sulla prima edizione del 1929, con traduzione di F. Ardelli. Se "Lungo la strada" è la traduzione letterale e rimanda alla strada ferrata lungo cui sorge la stazione, "In margine alla vita" rimanda direttamente a Katinka. Tuttavia, questa edizione è incompleta (!), e si ferma al funerale di Katinka, tagliando l'ineluttabile ritorno alla normalità del paese e di Bai, con la "signorina Louise" che inizia a frequentarne la casa. La traduzione del 1929 soffre del tempo, ad esempio con il capostazione che si presenta in un "palamidone" (ovvero una giacca) e che censura la frase sui ragazzi di Thora che si imboscano a fumare, ma permette a volte di afferrare alcune sfumature perse nella traduzione successiva; ad es., a p. 8 si legge:

La signorina Jensen parlava in modo estremamente corretto, soprattutto quando conversava con la figlia del pastore, che non amava molto.
«I miei allievi non usano di certo questo linguaggio», riprese rivolta alla vedova. Quanto alle parole straniere, la signorina Jensen non si sentiva troppo sicura.

e uno si chiede cosa c'entrino le parole straniere nel discorso. La traduzione del 1929 recita invece

La lingua della signorina Jensen possedeva un'estrema purezza di linguaggio, e non si esprimeva mai più correttamente di quando parlava cpn la figlia del pastore che non aveva, con suo grande disappunto, il tono distinto dei suoi discepoli.
La signorina Jensen diceva discepolo e non allievo perché in danese questa parola è di derivazione straniera, e quindi da non adoperarsi.

Un altro motivo per leggere la vecchia edizione è che il volume contiene anche un altro racconto di Bang, La signorina Irene, ancora una volta su una figura femminile schiacciata dalla vita, una ballerina ormai "anziana" (ovvero probabilmente sulla quarantina; del resto Katinka (p. 25) "era quasi vecchia. Aveva compiuto trentadue anni") che non ha avuto il ruolo tanto desiderato nel balletto e ora gira la provincia dando lezioni "per continuare ciò che si è convenuto di chiamare la vita".

Tornando a Bang e al cinema, Max von Sydow, il famoso attore Bergmaniano, diresse un adattamento di Lungo la strada nel 1988 dal titolo Katinka - Storia romantica di un amore impossibile, che purtroppo non sono riuscito a vedere. Qui l'autore ne parla brevemente.

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