sabato 27 aprile 2013

Le vite

di Giorgio Vasari
Rusconi, Santarcangelo di Romagna (RN), 2002

Ed i giovani che vengono dietro studiando, incitati dalla gloria (quando l'utile non avesse tanta forza), s'accenderanno per avventura dall'esempio a divenire eccellenti.
Come si fa a parlare di questo libro? Una delle prime "enciclopedie" della storia dell'arte e certamente la più famosa, un libro setacciato da cima a fondo per secoli da tutti gli studiosi e i critici, un'intuizione geniale di Vasari che lo consegna all'immortalità più delle sue opere artistiche. Meglio limitarsi a qualche informazione ed impressione di lettura personale: cominciamo col dire che questa edizione contiene solo una selezione della monumentale opera vasariana; nonostante questo sia facilmente intuibile guardando il volume (le pur notevoli 745 pagine non sono certo sufficienti per raccontare le 178 biografie scritte dal Vasari, per non parlare del trattato su pittura, scultura e architettura che costituisce il primo libro delle Vite e che è qui ignorato), sarebbe stato più corretto scriverlo chiaramente nel titolo anziché informare l'incauto lettore solo a pag. 17. Ciò detto, cosa contiene questa edizione? Quasi tutte le vite del secondo volume (la prima parte), più della metà di quelle della seconda parte (sostanzialmente gli artisti del Quattrocento) e solo una quindicina della terza parte, la maniera moderna in cui secondo Vasari l'arte raggiunge la perfezione, per un totale di 69 biografie. Largamente condivisibile la scelta, anche se, come in tutte le selezioni, c'è sempre qualcosa di personale: perché escludere Ghirlandaio e Vittore Carpaccio dalla seconda parte ed inserire invece - cito a caso - Lorenzo Costa ed Ercole ferrarese? E Baldassare Peruzzi è preferibile a Giulio Romano (per non parlare di Tiziano e Pontormo, che però non erano presenti nella prima edizione del 1550)? Non resta che fidarsi del curatore, che giustifica le sue scelte anche in base all'attendibilità delle biografie.
E veniamo alla lettura: nonostante la statura enciclopedica, il libro si legge con molto piacere, sia per gli innumerevoli, divertentissimi aneddoti (molti non verificati o falsi) di cui sono ricche le Vite, sia per i giudizi del Vasari, che in un certo senso "inventa" la critica d'arte, sia per le "prediche" di ordine più o meno morale di cui le vite degli artisti sono contornate. È incredibile pensare che questo lavoro possa esser nato da una sola persona (che ovviamente si basò su scritti precedenti), in tempi in cui erano gli uomini a dover viaggiare per vedere le opere d'arte, mentre oggi sono le opere a viaggiare alla ricerca di svogliati estimatori nei musei del mondo. Una ricca serie di note, sostanzialmente quelle delle edizioni del Milanesi e del Ragghianti, precisa le attribuzioni vasariane, interrompendo però il fluire della lettura: a voi la scelta se leggere le Vite come documento o come "racconto". In ogni caso, leggetele; ne vale davvero la pena.
L'opera è reperibile online in molte sedi; ad esempio su SNS, su letteratura italiana o su liber liber.

sabato 20 aprile 2013

Asen

Sul 1° tiro

Giancarlo sul 1° tiro

Giancarlo sul 2° tiro

Sul 3° tiro

Tracciato della via
Antimedale
Parete SE


Come ci eravamo promessi un paio di settimane fa, eccoci a dare un'occhiata a questa via, aperta di recente nella zona dell'Antimedale dove si trovano Apache, Sentieri selvaggiSogni proibiti, e che contribuirà certamente ad una maggiore frequentazione di questo settore, oggi un po' trascurato a vantaggio delle vie più "classiche". Sembrava impossibile che in Antimedale ci fosse ancora spazio per qualcosa di nuovo, e invece... gli apritori (qui la relazione originale) hanno fatto un ottimo lavoro, scovando un bel percorso appena lambito dalla vegetazione e posizionando una catena sulla cengia di accesso dove prima si ravanava su terreno friabile. Peccato solo per la quasi-inevitabile coda sui due tiri iniziali della via degli Istruttori.
Accesso: da Lecco si segue la vecchia strada per Ballabio e la Valsassina (SP62) per prendere a sinistra via Quarto all'altezza di un tornante verso destra. Al successivo slargo si sale per una ripida strada fino ad un tornante verso sinistra dove si parcheggia (sempre che si trovi posto; poco più avanti la strada è sbarrata). Si prosegue a piedi e, al successivo tornante, si prende il sentiero sulla sinistra, seguendo poi le indicazioni Antimedale e Ferrata Medale. Il sentiero sale ad aggirare due reti paramassi ed esce dal bosco in corrispondenza del canale di sfasciumi dell'Antimedale. Qui si lascia il sentiero (che conduce alla ferrata del Medale) e si segue la traccia in salita che conduce alla parete all'attacco della via Istruttori (scritta).
Relazione: via di tre tiri (più i primi due degli Istruttori per giungere all'attacco) su placche e fessure, in "stile Antimedale", ben protetta nei passi più impegnativi e un solo tratto non protetto nel secondo tiro, dove nel caso ci sono ottime fessure per friend (io ho usato un C0.75). Roccia ottima nei primi due tiri e discreta nell'ultimo, dove è necessario fare attenzione a dei blocchi dall'apparenza poco rassicurante - anche perché la sosta è dritta sotto di voi. Tutte le soste sono attrezzate con due spit, cordone e maglia-rapida.
1° tiro (via degli Istruttori): salire per placca e muretti fino alla prima sosta, ignorarla e avanzare ancora qualche metro fino ad una seconda sosta; 40m, 3a, 2 fittoni, 1 sosta.
2° tiro (via degli Istruttori): salire dritti sopra la sosta (più facile) oppure un poco sulla destra proseguendo poi per rocce facili fino al terrazzo di sosta; conviene usare quella di Stelle cadenti pochi metri più a destra; 30m, 4a, 4 fittoni.
Da qui attraversare verso destra fino a rinvenire il capo della catena da seguire. Se non si procede in conserva è possibile allestire una comoda sosta su uno spit dopo 60 m, al cospetto di Sentieri selvaggi. Da qui si segue ancora la catena verso destra fino al suo termine.
1° tiro: salire l'evidente placca verso destra fino ad un primo terrazzino, superare un bel saltino con fessura e placca e proseguire fino alla sosta sotto un muro verticale; 50 m, 6a, 6 spit, 4 chiodi, 1 cordino in clessidra.
2° tiro: a sinistra della sosta a raggiungere il cordone (meglio non rinviare il chiodo per via dell'attrito, anche se il tiro è corto) e lo spit. Da qui io ho tentato di salire dritto, ma credo sia più saggio spostarsi mezzo metro a sinistra, salire con l'aiuto di una buona presa e traversare subito a destra verso il chiodo con cordone. Si risale poi per belle fessure, spostandosi infine a destra per giungere poco dopo alla sosta; 30 m, 6a+, V+, 3 spit, 2 cordoni in clessidra, 1 chiodo con cordino.
3° tiro: ancora dritti sopra la sosta per fessura, poi salire un diedro fino ad un breve strapiombo che porta a rocce più facili e alla (scomoda) catena di sosta; 35 m, V, 4 spit, 3 chiodi.
Discesa: salire una decina di metri per rocce rotte fino ad incrociare una traccia di sentiero che si segue verso sinistra (ometti) fino ad un breve tratto attrezzato oltre il quale si scende per giungere al sentiero "canonico" di discesa delle vie dell'Antimedale. Fare attenzione ai sassi!

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

giovedì 11 aprile 2013

The crying of lot 49

di Thomas Pynchon
HarperCollins, New York, 1999

Oedipa wondered whether, at the end of this (if it were supposed to end), she too might not be left with only compiled memories of clues, announcements, intimations, but never the central truth itself, which must somehow each time be too bright for her memory to hold; which must always blaze out, destroying its own message irreversibly, leaving an overexposed blank when the ordinary world came back.
"We say an auctioneer 'cries' a sale". Così, alla penultima pagina, per chi non ha voluto scartabellare nel vocabolario, si spiega il titolo del libro. Cosa contenga il lotto 49 non ha importanza, perché il libro di Pynchon segue fedelmente (o forse plasma, essendo del 1966) i canoni della letteratura postmoderna (prima o poi affronterò anche il relativo tomo di Jameson che fa bella mostra di sé nella biblioteca): non una vera e propria "trama", non una "storia" con un inizio e - soprattutto - una fine precisa; piuttosto un gioco di riferimenti culturali che annoda scienza, storia, teatro e sottoculture nella "cifra" più espressiva - almeno secondo Pynchon - della società di oggi: la paranoia. Così Oedipa Maas si ritrova ad accumulare indizi che segnalano l'esistenza di una società segreta e ne avverte la presenza in maniera sempre più incombente ed ossessiva man mano che tenta di penetrarne il mistero. Ma il dubbio resta: Tristero esiste realmente o è una creazione di Oedipa? È talmente potente che basta un po' d'attenzione per scorgerne traccia in ogni luogo e in ogni incontro o è un effetto della paranoia di cui è vittima la nostra eroina? La vendita all'asta del lotto 49 chiarirà forse - ma è lecito dubitarne - l'arcano.
I ruderi del palazzo dei Tasso a Cornello
Nonostante l'innegabile perizia che rende piacevole la lettura (a parte qualche periodo un po' troppo carico di incisi che richiede attenzione al mio scarso inglese), la trama merita un mio, opinabilissimo, appunto: troppo "affollato" l'ultimo capitolo e troppo disinvolta la ricostruzione storica di Tristero, almeno a fronte di quanto accade nelle pagine precedenti. Tra le numerose sorprese positive ho invece ritrovato Leonora Carrington, di cui avevo letto (qui) quanto disponibile ad ora in lingua italiana, e scoperto un racconto sostanzialmente italiano: dai personaggi del plot teatrale ai riferimenti culinari di Oedipa, dall'immancabile Cosa Nostra che fa capolino all'episodio - fittizio - della seconda guerra mondiale in Italia, il Lotto 49 ha un deciso sapore "casalingo", insolito per Pynchon. Molto casalingo, ad essere precisi: la storia ruota attorno al sistema postale, che fu inventato da Omodeo Tassis nel XIII secolo a Cornello dei Tasso, poche decine di km da Bergamo. Ora nel bellissimo paesino sono rimasti solo i ruderi del palazzo da cui nacque una delle prime "multinazionali", nonché il ramo familiare che portò all'altrettanto famoso Torquato (ma almeno di lui, Pynchon, non parla).