Per finire questa ricognizione, dopo le parti dedicate a Tita Piaz e a Walter Stosser, non resta che raccogliere qualche informazione su alcuni tra i restanti personaggi di questa vicenda. Ovviamente non su Micheluzzi e Piaz, su cui molto è già stato scritto, e nemmeno su Stosser, per cui vale più o meno altrettanto. Peraltro, non sono nemmeno riuscito a raccogliere informazioni sui suoi compagni di cordata, Schütt e Kast, colpa certamente anche della mia ignoranza del tedesco (e non solo di quello). Restano tre persone:
Roberto Perathoner (?, 14-12-1937)
Non ho trovato molte informazioni su di lui. Compare nell'elenco delle guide della Val di Fassa ed è menzionato diverse volte in operazioni di salvataggio di alpinisti in difficoltà. Un brevissimo ritratto si trova in Alpinismo goliardico 1936 di Vittorio Cesa De Marchi [1], dove si legge (p. 409):
Al « Vajolet » viveva accanto a noi anche un altro bel tipo — montanaro ed intrepido scalatore di crode della Val di Fassa — nonchè guida patentata del C. A. I.: Roberto Perathoner — giovane strano, irrequieto e chiassoso al cento per cento durante le ore di sosta, quanto audace impetuoso e deciso sul terreno della lotta, lungo pareti, spigoli e fessure. Anch'egli è cresciuto alla scuola del grande maestro fassano [ovvero Tita Piaz] e, per quanto di carattere diverso, un poco gli assomiglia.
Non ho trovato tracce di altre sue prime salite oltre a quella in questione, durante la quale (cito dal libro di Dante Colli [2]) Roberto si fa carico di portarsi sotto il tetto e di far passare la corda nel foro, passando in testa alla cordata per i camini successivi e cedendo di nuovo l'onere/onore di capocordata a Micheluzzi nella parte finale. In occasione della fallita ripetizione con Glück e Tutino Steel, citata nella parte 1, pare che Perathoner sia stato perculato da Micheluzzi, che condusse il complesso recupero [3]. Ci sta, ma fino ad un certo punto: la cordata si bloccò perché il foro era ostruito, non per mancanza di capacità! Anche Castiglioni e De Tassis si ritrovarono nelle stesse condizioni, e patirono non poco per incidere i gradini e forare il vetrato.
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L'articolo su Lo Scarpone [5]. |
Purtroppo, le uniche altre menzioni sono relative all'incidente che gli sarà fatale: ne Lo Scarpone del 1937 [4] si legge
Gruppo di sciatori decimato da una valanga al Sasso Beccè
Al momento di impaginare il giornale ci è giunta la notizia della grave sciagura avvenuta l'altro ieri in val di Fassa, lungo le pendici del Sasso Beccé. Una comitiva di 21 allievi maestri di sci, sotto la guida di Giovanni Steger, stava compiendo un'escursione a sud del Passo del Pordoi, dirigendosi in località Belvedere, quando verso le 14,30 venne travolta da un'immane slavina lunga oltre 150 metri [...]
Fra gli scomparsi la figura più nòta è Roberto Peratoner, guida di Canazei. Egli infatti aveva compiuto ascensioni di grado superiore nei gruppi del Sella, del Catinaccio e del Pordoi, che conosceva, si può dire, in ogni anfratto. La sua impresa più importante, che lo pose fra i più forti alpinisti italiani, è quella del settembre 1929 allorché, insieme a Luigi Micheluzzi e a Cristomanno, aprì una nuova via sulla Marmolada e cioè sullo spigolo sud, una delle classiche vie di sesto grado nelle Dolomiti.
Sempre ne Lo Scarpone del 1938 [5] si può leggere un resoconto più dettagliato degli eventi, che costarono la vita a ben otto persone: la valanga non era di grandissime dimensioni, tanto che gli sciatori non se ne preoccuparono, ma scendendo trascinò con sé diversi macigni che furono la causa principale delle morti. Che sfiga!
Demeter Walther Christomannos (1903, 1977?)
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Christomannos con Olga Signorini (da qui). |
Figlio di Theodor Christomannos, il famoso antesignano del turismo dolomitico nonché ideatore della Strada delle Dolomiti, Demetrio lascia ancora meno tracce di sé di Roberto. Il suo anno di nascita si trova qui. Sulle riviste di montagna non compare più, ed è lecito pensare che dopo un simile exploit abbia appeso gli scarponi al chiodo. Il nome è presente in una lista di maestri di sci [6] e, stando a [3], fu sciatore agonista, partecipò al principio della spedizione Nobile al Polo Nord ritirandosi subito (ed infatti di lui non vi è traccia nei relativi documenti), e aderì al fascismo diventando responsabile del settore Pusteria. Conclude Magalotti: chiuse la sua esistenza terrena alla fine degli anni Settanta in un paese della collina pistoiese.
Al riguardo, è interessante segnalare una notevole coincidenza: In questo resoconto di eventi della Seconda guerra mondiale nella linea gotica compare un capitano tedesco:
Victor Demetrio Christomannos era di origine greca, ma proveniva dal Lago di Carezza in Alto Adige e faceva parte degli Alpini tedeschi; nel ’38 prese la doppia cittadinanza e unì al suo nome anche Hermann. Nonostante fosse un ufficiale tedesco fu molto amato dagli abitanti di Collina, perché riuscì con il suo operato a proteggere e salvaguardare il paese. Uomo di cultura, parlava cinque lingue, era laureato in economia. Aveva partecipato in gioventù alla spedizione di Nobile al Polo Nord.
Incaricato di sovrintendere ai lavori per la Linea Gotica, Demetrio conosce Olga Signorini, proprietaria di un albergo in zona, e diserta l'esercito tedesco per restare con lei. Sarebbero poi mancati entrambi nel 1977. Molti dati coincidono e fanno pensare che si tratti della stessa persona (purtroppo, una email inviata al riguardo al sito in questione è ancora in attesa di una risposta). Certo, è bello pensare che l'amore per l'Italia di Demetrio lo abbia portato dalla parete della Marmolada al ripudio dell'esercito tedesco (e sperabilmente delle deliranti idee che aveva abbracciato in gioventù).
Hulda Jane Tutino Steel (?, ?)
Anche in questo case le informazioni non sono numerose. In questo link alla biografia di Paula Wisinger la si definisce "milionaria", citando [7]. Inglese, ma sconosciuta agli annuari dell'Alpine Club (anche di quello americano), afferisce alla sezione CAI di Bolzano e lega la sua attività alpinistica alle Dolomiti, in compagnia di Piaz, Comici, del Torso, Gluck, e altri. Sulla Rivista Mensile del 1935 [8] c'è un ritratto un po' irridente di Giordano Bruno Fabian:
Mi voltai e ravvisai nel veloce centauro il caro amico Comici, mio maestro e compagno di tante avventure alpine. Portava dietro al suo sellino qualche cosa di non ben definito ma che, dall'aspetto, sembrava una persona non troppo in confidenza con un tale mezzo di locomozione.
Era infatti una donna, e che donna! Nientemeno che la celebre arrampicatrice J. H. Tutino Steel, nome di vasta risonanza nell'ambiente alpinistico, anche perché pareva che gli incidenti avessero una particolare predilezione per questa simpatica signora, ed in segno di questo sviscerato affetto sovente la mandavano a riposare, per un po' di tempo, in qualche luogo di cura.
Presentazioni. M'informai subito, naturalmente, dello stato della sua salute.
Mi rispose in un italiano masticato come lo masticano gli inglesi quando parlano l'italiano: « Non c'è male, grazie. Sono uscita sessanta giorni fa dall'ospedale, dove ero ricoverata in seguito ad una caduta, ed ora mi sento un po' debole ma passerà ».
« I suoi progetti, signora? »
« Ma ho bisogno di un po' d'allenamento e di una forte reazione alla mia debolezza, vado perciò con Emilio a fare la Stoesser della Grande e poi si vedrà ».
Dopo il rientro, la cordata capitanata da Comici che include anche Jane Hulda tenta la salita alla Punta Frida ma deve ritirarsi per il maltempo. Riprova il 2 agosto 1934 senza Tutino Steel:
Riprendemmo la scalata il giorno 2 agosto con una variante nella comitiva. L'amico Pompei, un ragazzo che accomuna alla passione molte buone disposizioni a diventare un ottimo alpinista, sostituì l'amabile signora H. J. Tutino Steel che, per una diversità di vedute sul modo di scendere a corda doppia, sorta fra lei e Comici, rassegnò le sue dimissioni onde appoggiare energicamente la sua affermazione. Non la rividi più, ma seppi che esattamente sessanta giorni dopo essa rioccupava il suo posto all'ospedale in seguito ad un'ennesima sfortunata caduta.
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Via Tutino-Lezuo al Sass Becè (da [9]) |
Una donna e un'impresa
Ci siamo incontrati in luglio dell'anno scorso al Pordoi, da Tita Piaz. La montagna è tutto per Jane Tutino Steel e, nel parlarne, il suo sguardo, a tratti assorto — forse nella visione di lontani paesi e vicende — s'illumina, scintilla e dalla sua persona spira energia, volontà. Sono racconti senza fine; poich'ella tutto sa e conosce delle Dolomiti tra cui ormai ha fissato dimora.
Ascoltiamo a lungo, poi Tita estrae l'orologio e lo depone sul tavolo: tre quarti d'ora... un'ora sono passati. L'antica allieva ammutolisce e sorride.
Arrampicavamo assieme per allenamento, studiando e combinando varianti alle vie note dei gruppi prospicienti il Passo.. Una sera, percorrendo il sentiero che fiancheggia il versante Sud-Est del Sass Beccé, nello scrutare la parete incombente scopro una nuova via alla vetta lungo la fessura che solca lo spigolo.
— Guardi — dico.
La luce radente aveva posto in rilievo ciò che ordinariamente sfuggiva all'occhio e la cosa appariva d'alto interesse.
— Una meraviglia! — risponde.
— Sarà per domattina — soggiungo.
Ma il giorno seguente piovve e l'indomani altri impegni mi richiamarono in Friuli.
Una settimana dopo mi raggiunge una laconica cartolina: « Ho fatto la fessura. Jane ».
Ritrovatici al Pordoi a fine agosto, mi narra come, all'insaputa di Piaz, preso con sè per compagno Emilio Lezuo, aveva compiuto la scalata, superando passaggi che, soggiungeva, era assai desiderosa sentire come sarebbero stati giudicati e, in contrasto con la sua abitudine, accennava a quelli con una parsimonia di parole sconcertante. Non ci voleva altro per destare, oltre la mia, la curiosità di Tita e una mattina, senza dire un bel nulla alla compagna, ci si trova noi due soli all'attacco di quella che ormai è la « Via Tutino; diretta al Sass Beccé, spigolo Sud-Est ».
Fin dagli approcci, Piaz aggrotta le ciglia. Un canalone marcio ci porta sotto un arduo strapiombo cui sovrasta un imponente masso triangolare. Dalla base di questo partono divaricando due fessure.
La Tutino doveva essere salita a sinistra; così appariva dall'unico chiodo di sicurezza ancora infisso, ma Tita non vuole persuadersi; giura che non è possibile; si butta verso la fessura di destra e la vince, da me trattenuto, con lavoro di tre chiodi ed un cordino. A mia volta proseguo, ma preferisco assaggiare l'altro percorso. In arrampicata delicatissima, d'estrema difficoltà, che avrebbe impegnato chiunque, raggiungo il compagno.
— Caro mio — gli dico — se quella donna è passata, c'è da farle tanto di cappello!
E il vecchio amico a spergiurare sempre: — È uno scherzo: non c'era che il chiodo del tentativo.
Mezza cordata più sopra, ci troviamo all'inizio d'un caminone, svasato in basso, schiacciato a metà, notevolmente strapiombante. Non si scorgono tracce.
— Vedi, ho ragione io — esclama Piaz.
— Avrà levato i chiodi Lezuo — gli dico — E poi sbagli: Jane m'ha detto d'averne lasciato infisso un altro solo dopo il camino.
Non ottengo risposta. Scuotendo il capo e brontolando. Tita batte un chiodo, poi un secondo, s'insinua nel camino che non era arrampicatile esternamente, fa una fatica d'inferno perchè la sua giacca alla cacciatora s'impiglia più volte nella strettoia, e guadagna l'uscita.
— Perdio, è vero! — sento gridare dall'alto.
Mi affretto lungo il passaggio durissimo e sbuco fuori. Nella parete giallastra sovrastante, solcata da un'incrinatura, l'ultimo chiodo della Tutino irrideva all'incredulità di Piaz.
NOTA TECNICA
SASS BECCÈ, m. 2535 (Dolomiti Occidentali - Pordoi) - Via diretta Tutino-Lezuo, sul versante Sud- Est, 23 luglio 1934-XII.
Attacco al limitare del pendio erboso. 20 m. circa a Sud della perpendicolare calata dalla fessura. Su per roccia marcia diagonalmente a destra fino a raggiungere lo strapiombo sormontato dal caratteristico blocco triangolare. Superare la fessura obliqua di sinistra (estrem. diff.: chiodo), indi raggiungere l'imbocco del grande camino schiacciato. Uno o due chiodi per lo strapiombo iniziale di questo: prosecuzione all'interno (straord. diff.) e uscita su comoda terrazza. Vincere la parete gialla sovrastante lungo la fessura che la solca (due chiodi; oltrem. diff.). Guadagnare l'orlo superiore in leggero strapiombo. Prosecuzione per roccia facile in vetta. (Ore 2,30 a 3 altezza m. 180 circa).
Terminiamo con un elenco di prime salite:
1928-8-14 - Piz Ciavazes, parete S, Via dei camini o Via Glück-Tutino, con Ferdinand Glück e Hans (Giovanni) Demetz [10]
1929-6-13 - Odla da Cisles, parete S, Camino del diavolo, con Ferdinand Glück e Moz Demetz [11]
1929-9-30 - Quarta Torre del Sella, parete O, Via Demetz-Glück, con Ferdinand Glück e Moz Demetz [12]
1931-7-23 - Seconda Torre del Sella, parete SO, con Ferdinand Glück [13]. In realtà i due seguirono praticamente lo stesso itinerario percorso da G. Delago e Moz Demetz il 25-9-1930 [14]
1931-? - Mésules da las Biesces, parete O, Via della Y, con Ferdinand Glück [15]
1934-7-20 - Torre gialla del Pordoi, parete NO, Con Sandro del Torso. Bepi Pellegrinon propone di chiamare il pinnacolo Guglia Sandro [16]
1934-7-23 - Sass Becé, parete E, Via Tutino-Lezuo, con Emilio Lezuo [9]
? - Sass Becé, spigolo S, variante alla via Piaz, con Sandro del Torso [17]
In questo sito è riportato un elenco che include diverse vie con Ettore Castiglioni negli anni 1941-42 che in realtà furono compiute da Saverio Tutino [14]. Si riporta inoltre la prima salita femminile allo spigolo NO (direi Dibona) della Cima Grande di Lavaredo, con Emilio Comici nel 1934, ma al riguardo non sono riuscito a trovare alcun riferimento bibliografico.
Bibliografia
[1] Vittorio Cesa De Marchi, Alpinismo goliardico 1936, Rivista Mensile del CAI 1936, n. 10, pp. 406-412.
[2] Dante Colli, Storia dell'alpinismo fassano, Tamari (Bologna), 1999, pp. 73-80.
[3] Tommaso Magalotti, Marmolada regina. Pagine di storia alpinistica, Gribaudo (Milano), 1993, p. 179.
[4] Gruppo di sciatori decimato da una valanga al Sasso Beccè, Lo Scarpone 1937 n. 24, p. 1.
[5] La valanga del Pordoi nella relazione del magg. Zanelli, Lo Scarpone 1938 n. 3, p. 1.
[6] Dove trovare un maestro di sci?, Lo Scarpone 1939 n. 3, p. 3.
[7] Martin Krauß: Der Träger war immer schon vorher da: die Geschichte des Wanderns und Bergsteigens in den Alpen, Nagel & Kimche (Monaco, DE), 2013, p. 115.
[8] Giordano Bruno Fabian, "Direttissima Sud" alla Punta di Frida, Rivista Mensile del CAI 1935, n. 12, pp. 615-620.
[9] Sandro del Torso, Una donna e un'impresa, Rivista Mensile del CAI 1936, n. 6, pp. 266-267.
[10] Rivista Mensile del CAI 1928 n. 7-8, p. 276.
[11] Ettore Castiglioni, Odle Sella Marmolada, CAI-TCI (Milano), 1937, p. 274.
[12] Ettore Castiglioni, Odle Sella Marmolada, CAI-TCI (Milano), 1937, p. 373.
[13] Rivista Mensile del CAI 1931 n. 10, p. 629.
[14] Fabio Favaretto, Andrea Zannini, Gruppo di Sella, CAI-TCI 1991, pp. 84-85.
[15] Fabio Favaretto, Andrea Zannini, Gruppo di Sella, CAI-TCI 1991, p. 173.
[16] Bepi Pellegrinon, Quaranta vie sul massiccio del Sass Pordoi, Bollettino del CAI 1967, p. 213.
[17] Bepi Pellegrinon, Marmolada, Nuovi Sentieri (Belluno), 1979, p. 103.