Eccomi qui ancora una volta a "piangere" due bottiglie che hanno gloriosamente lasciato la cantina adempiendo al loro dovere senza esitazioni, da nord a sud. Cominciamo dall'Alto Adige, regione fantastica e mai troppo frequentata, sia per le salite dolomitiche che per i piaceri della gola. Parlando di questi ultimi, e limitandoci ai vini, l'Alto Adige è ovviamente sinonimo di bianchi... ma non solo! Dove andare a prendere i migliori Pinot nero d'Italia se non lì? E che dire del Lagrein, il più famoso dei vitigni autoctoni della regione? Proprio il Lagrein DOC 2004 dell'Abbazia di Novacella ha accompagnato l'ennesimo week-end piovoso di questo mese di novembre. Di colore scuro come ogni buon Lagrein che si rispetti, questo 2004, una volta che lo si lascia respirare, non delude: i frutti neri si assaporano in tutta la loro piacevolezza, seguiti all'assaggio da note di liquirizia. Buono il corpo del vino, con i 6 mesetti in botte di rovere che non si fanno troppo sentire. L'Abbazia ha anche una linea "riserva", il Praepositus, che non ho assaggiato ma che guarderei con tendenziale diffidenza (18 mesi in rovere). Certo, se i vispi fraticelli agostiniani mi vorranno mandare qualche bottiglia per l'assaggio, non disdegnerò certo!
Dalle montagne dell'Alto Adige a quelle della Basilicata: se queste ultime mi sono alpinisticamente sconosciute, posso quantomeno annoverare i vini del Vulture - in particolare l'aglianico - tra i miei preferiti! Avevo assaggiato i vini della Paternoster una decina di anni fa e ricordo che - anche qui - non rimasi particolarmente colpito dal vino di fascia alta, Don Anselmo, mentre la linea "base" risultò molto più convincente, tanto che ne divenni "fedele consumatore". Ho poi conosciuto altri lodevoli produttori, D'Angelo e Martino (con un aglianico praticamente regalato), ma questa bottiglia di Aglianico del Vulture DOC Synthesi 2002 conferma - se mai ne avessi bisogno - che farò bene a non lasciar esaurire le scorte in cantina: all'assaggio si sentono subito i frutti rossi, incalzati da un netto ed inconfondibile gusto di cioccolato. Buona la persistenza e la struttura del vino; a 10 anni dalla vendemmia, l'aglianico si conferma un ottimo vino da bere "alla distanza". A voi l'assaggio, il giudizio e l'eventuale confronto.
Dalle montagne dell'Alto Adige a quelle della Basilicata: se queste ultime mi sono alpinisticamente sconosciute, posso quantomeno annoverare i vini del Vulture - in particolare l'aglianico - tra i miei preferiti! Avevo assaggiato i vini della Paternoster una decina di anni fa e ricordo che - anche qui - non rimasi particolarmente colpito dal vino di fascia alta, Don Anselmo, mentre la linea "base" risultò molto più convincente, tanto che ne divenni "fedele consumatore". Ho poi conosciuto altri lodevoli produttori, D'Angelo e Martino (con un aglianico praticamente regalato), ma questa bottiglia di Aglianico del Vulture DOC Synthesi 2002 conferma - se mai ne avessi bisogno - che farò bene a non lasciar esaurire le scorte in cantina: all'assaggio si sentono subito i frutti rossi, incalzati da un netto ed inconfondibile gusto di cioccolato. Buona la persistenza e la struttura del vino; a 10 anni dalla vendemmia, l'aglianico si conferma un ottimo vino da bere "alla distanza". A voi l'assaggio, il giudizio e l'eventuale confronto.
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