lunedì 24 luglio 2017

Dla condles

Teo sul 2° tiro.
Sempre lui sul 7° tiro.
E qui sul 9° tiro,
Tracciato della via.
Avancorpo dello spigolo del Sassolungo
Parete E


Domanda: se volete fare una via ad una delle torri del Sella e trovate tutto bagnato, se le previsioni dicono che nel pomeriggio torneranno i temporali, che fate? Noi abbiamo guardato di fronte, al Sassolungo illuminato dal sole e completamente asciutto, e abbiamo pescato la via più vicina. Nelle successive tre orette e mezzo ci siamo chiesti alcune volte se la scelta fosse stata saggia, più o meno in corrispondenza dei tratti con roccia meno solida... poi quando si giunge all'auto e poco dopo si vede scatenarsi il temporale, un'infantile ed incontrollabile allegria ha la meglio su tutto!
Accesso: da passo Sella scendere brevemente verso la val Gardena fino a raggiungere la partenza della funivia per il rifugio Demetz. Seguire il sentiero 525 per la forcella del Sassolungo fino ad un enorme masso con una targa. Superarlo e salire ancora brevemente, poi spostarsi a destra e risalire il ghiaione fino alla base dello spigolo. L'attacco è nel punto più basso della parete, poco a sinistra di uno strapiombo a forma di naso.
Relazione: via che sale per placche e camini intervallati da cenge, con percorso logico ed evidente dal basso. Difficoltà mai elevate, ma roccia da verificare e non sempre facile da proteggere; portare friend medi. Buona per una salita veloce quando il tempo è incerto. In via si trovano vecchi chiodi dei primi (sconosciuti) salitori e del materiale più recente.
1° tiro: salire lungo la parete tenendosi dapprima lievemente a sinistra per poi spostarsi verso destra, puntando alla destra dell'evidente camino giallo soprastante. Salire brevemente per placche fino alla sosta, sotto una fascia orizzontale di strapiombi. 50m, IV-; una clessidra. Sosta su due chiodi + cordino in clessidra.
2° tiro: proseguire sopra la sosta superando un salto e continuare per placche tenendosi verso destra, per poi portarsi a sinistra fino alla parete (qui vi sono cordoni su spuntone su cui è possibile sostare, complicando un po' il tiro successivo). Proseguire brevemente in direzione dell'evidente camino fino a sostare alla sua base, in corrispondenza di un canale giallastro che si diparte verso destra. 30m, IV-, IV, un cordone su spuntone. Sosta (da rinforzare) su clessidra con cordone.
3° tiro: salire il camino per proseguire poi lungo il canale principale. Superato un tratto con massi incastrati, abbandonare il canale e sostare sulla destra. 50m, IV, III, IV. Sosta da allestire su spuntone.
4° tiro: salire per una breve placca a sinistra della sosta per spostarsi poi a destra a seguire una crestina con roccia delicata. Superare un breve saltino verso sinistra e portarsi così su quel fianco della cresta. Proseguire sino a raggiungere una forcella dove si sosta. 30m, IV-, III, II, IV-, I. Sosta da attrezzare su spuntone.
5° tiro: salire la paretina oltre la forcella, stando verso sinistra (ignorare il camino più a destra) e riportarsi a destra in direzione della sosta. 15m, III+. Sosta su cordino in clessidra. Non conviene concatenare questa lunghezza alla successiva per l'attrito delle corde.
6° tiro: alzarsi sopra la sosta e spostarsi verso destra, puntando alla base di un sistema di camini gialli. Superare un muretto e proseguire lungo il camino sino a raggiungere un pulpito con una nicchia dove si trova la sosta. 30m, IV-, IV, una clessidra con cordino. Sosta su due chiodi (uno con anello).
7° tiro: salire la rampa verso sinistra ed attaccare un camino sulla destra (roccia piuttosto delicata all’inizio). Proseguire poi lungo un canale raggiungendo una strozzatura, oltre la quale si perviene ad un intaglio dove si sosta. 35m, II, I, IV+, II, IV. Sosta su un chiodo.
8° tiro: seguire la cengia sino ad un intaglio e risalire la spaccatura di destra fino ad un canale. Attraversarlo e portarsi sulla destra, per proseguire in verticale lungo la cresta sino alla sosta posta in corrispondenza di una punta gialla. 35m, III, IV, II, I, 1 chiodo. Sosta su un chiodo con anello.
9° tiro: seguire la cresta sino alla sommità dove termina la via (sosta su spuntone con cordone). Se non siete particolarmente romantici (o se siete minacciati dal temporale come noi), potete continuare direttamente verso destra, scendendo per pochi metri fino ad una forcella. 30m, II, III. Sosta da attrezzare.
Discesa: abbassarsi per circa 15m lungo un ghiaione in direzione della bidonvia sino a raggiungere un grande spuntone con cordoni e maglia rapida. Calarsi per 25m e scendere lungo un sistema di cenge (due tornanti) intervallate da facili passi d’arrampicata (presenti diversi spuntoni con cordoni per eventuali calate) in direzione del grande ghiaione. Poco prima di raggiungere la base della parete discendere una spaccatura con alcuni passi di III-, forse evitabile seguendo una cengetta verso destra un poco più in alto.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

mercoledì 19 luglio 2017

Prealpi lombarde

di Matteo Bertolotti
Alpine studio, Lecco, 2017


In genere non scrivo qui di libri pubblicati da amici, per il semplice timore di non riuscire ad essere obbiettivo o di venir accusato di piaggeria. Ma in questo caso devo fare un'eccezione per almeno un paio di motivi: il primo riguarda l'oggetto del libro, ovvero le montagne "dietro casa", quelle frequentate infinite volte prima lungo i sentieri e poi per le vie di arrampicata, su cui una guida alpinistica affidabile mancava da parecchio tempo e dev'essere salutata con soddisfazione e con i migliori auguri di successo editoriale. Il secondo è la richiesta avanzatami da Matteo di scrivere qualche riga di introduzione al suddetto volume, onere/onore a cui non ho voluto/potuto dire di no. E visto che il volume è il secondo della collana Il grande alpinismo sui monti d'Italia, ideale continuazione delle storiche Guide Monti, ho potuto avvalermi di una serie di... propizie coincidenze editoriali per trovare la falsariga del mio modesto contributo. Che presento di seguito.

Introduzione
I libri, come tutti noi, hanno una storia. E la storia di questo libro parte da lontano, ben centoquarant’anni fa, per attraversare tre importanti anniversari; anzi, quasi quattro. Corre l’anno 1877 quando quella che è probabilmente la prima guida alpinistica italiana, la Guida alle Prealpi bergamasche di Antonio Curò, vede la luce. Nella bella introduzione, Antonio Stoppani ben evidenzia l’utilità di un itinerario (leggi: guida) affidabile o – se preferite – i problemi legati alla sua mancanza:
Bisognerebbe che tu avessi un maggior numero di capelli bianchi che di neri o di biondi, per cui potessi dire com’altri d’aver dovuto, venti o trent’anni or sono, percorrere queste vallate, arrampicarti su quei gioghi solitari, per apprezzare il valore di un itinerario, il quale ha per lo meno il merito di essere il primo. Quante volte quel tale ch’io non nomino, dopo aver viaggiato le ore promesse dal primo montanaro che incontrava per via, trovossi più di prima lontano dalla meta. Più di una volta gli accadde, affidandosi alle indicazioni di gente la quale, come in genere i montanari, non ha misura né di tempo né di spazio, vide imbrunirsi l’aria tra deserti di rupi, e dovette benedire il lugubre ululato del cane se poté trovarsi nel più fitto della notte alla porta di una stamberga.
Il volumetto si dilunga nella descrizione degli accessi al fondovalle, tra “ruotabili”, “sentieri mulattieri” e tratti da percorrere “anche con cavalcatura”, ma si anima degli itinerari di salita alle cime tra Adda e Oglio lungo quelle che diventeranno le vie normali.
Passano sessant’anni e l’alpinismo si ritrova cresciuto. Nel 1937 è in vendita al prezzo di lire 20 (per i soci CAI) la guida delle Grigne, quarto volume della celeberrima seconda serie della Guida dei Monti d’Italia, autore Silvio Saglio. Nelle quasi trecento pagine dedicate alla parte alpinistica trovano posto circa centocinquanta vie di salita, accanto alle facili ascensioni. La disposizione della materia, definita dalla apposita Commissione del CAI e che costituirà la falsariga delle guide alpinistiche successive, si dipana con rigore enciclopedico: parte generale con informazioni che spaziano dall’economia della zona ai rifugi e parte alpinistica con descrizione, tempo stimato e difficoltà di tutte le vie che solcano le pareti.
Sempre Saglio, nel 1948, firma il decimo volume della Guida Monti d’Italia, sulle Prealpi comasche, varesine, bergamasche. La guida consta di più di centoventi itinerari alpinistici nella zona di nostro interesse ed è frutto di una gestazione alquanto complessa che, iniziata nel 1934 ed interrotta dal periodo bellico, porterà ad escludere dal volume le Prealpi bresciane e la fascia delle Alpi di confine con la Valtellina, per motivi di spazio e di relativo costo (che alla fine risulterà di 640 lire per la rilegatura in tela). Se le Prealpi bresciane dovranno attendere il nuovo secolo per prendere posto nella collana, le Alpi orobie sono destinatarie del volume pubblicato esattamente sessant’anni or sono, nel 1957; volume oggi piuttosto ricercato (ma all’epoca in vendita a 2500 lire) ancorché non esente da difetti, essendo basato sostanzialmente sulla bozza del 1938: salite non aggiornate, indicazioni di difficoltà assenti o sommarie.
Nel 140°, 80°, 69° (accidenti!) e 60° anniversario, queste guide si vogliono qui ricordare per il caldo amore non più superato onde sono pervase (A. Corti nella guida delle Orobie, p. 184). Tuttavia, se lo scopo del vostro odierno compulsare non è solo il ricercar salite ormai neglette o dare una paternità a quei chiodi oggi sempre meno visitati, se pensate come Stoppani che queste montagne, belle a vedersi da lontano, sono più belle a percorrersi e legittimamente cercate una fonte attendibile a cui votarvi, dobbiamo ammettere che il panorama è quantomeno frammentario: solo la zona delle Grigne gode di buona salute letteraria, mentre le valli bresciane possono vantare un volume della Guida Monti d’Italia del 2004 e le Orobie mai hanno avuto una guida alpinistica aggiornata. Pubblicazioni a carattere locale ed il web suppliscono dove possono, con i loro pregi e limiti.
Il corrente volume si propone di colmare cotal lacuna, in ideale continuità con le amate guide che lo hanno preceduto, ma con un’impostazione più attuale: il contenuto è squisitamente alpinistico, limitando le informazioni addizionali allo stretto necessario per l’orientamento ed evitando l’aneddotica, assai problematica in una zona così ampia. Inoltre, seguendo una linea editoriale già rintracciabile nelle guide degli anni ‘70, si presenta qui una (ricchissima) selezione di itinerari; scelta obbligata sia per l’impossibilità di contenere tutte le linee di salita in un unico volume, sia perché alcune vie rivestono oggi un interesse puramente storico e non sono più frequentate. Il risultato è sotto i vostri occhi: trecentocinquanta itinerari dove il chiodo convive con il fix e su cui relazione, schizzo e fotografia conducono il lettore per mano, alla riscoperta delle “nostre” montagne. Ché patria nostra (come dice l’abate) sono le montagne.

giovedì 13 luglio 2017

Buzzoni-Carì

Alberto sul 1° tiro.
Ancora lui alla partenza del 5° tiro.
Tracciato della via (verde). In rosso la via
Mauri-Castagna.
Zuccone Campelli
Parete O


Rieccomi dai miei sempre amati Campelli! Stavolta però, niente ravanate su vie dimenticate o quasi, ma una bella arrampicata su fix luccicanti. Il programma prevedeva invero una seconda via da decidere al momento, che è poi stata da noi, sedicenti alpinisti della domenica, sacrificata in favore di un brasato con polenta al rif. Lecco... ma di questo, vi risparmio la relazione!
Accesso: si raggiunge il rif. Lecco, in funivia da Barzio o da Ceresole di Valtorta, e da esso si segue il sentiero che risale tutto il vallone dei camosci sulla sinistra, deviando per traccia verso destra una volta giunti vicino allo Zuccone Campelli e puntando alla base dei due evidenti camini (Bramani e Castiglioni) che ne segnano in maniera inconfondibile la parete. Poco a destra del secondo camino si risale brevemente una rampa con roccette un po' friabili ed erba fino all'attacco. Visibile un fix con cordino.
Relazione: via molto bella che risale la parete del pilastro centrale dello Zuccone. Arrampicata abbastanza atletica su muri verticali, con un paio di tiri più riposanti. Roccia ottima (attenzione alle uscite sulle cenge) e chiodatura buona, ma a tratti un po' distanziata: utili un paio di friend per integrare. Contate due ore e mezza circa. Sul terzo tiro e sulla terrazza di sosta del quarto si trovano vecchi chiodi, ad indicare che quella parte dell'itinerario era già stata percorsa. Escludendo che quei primi salitori abbiano percorso le placche dei primi due tiri, sarebbe interessante capire se si tratta di una variante di uscita dal camino Castiglioni che sta a sinistra o dello spigolo Bramani sulla destra. Ma una variante ad opera di chi?
1° tiro: salire il muro fino alla cengia erbosa. 20m, 6a; sei fix.
2° tiro: si sale brevemente per spostarsi a destra e superare una breve pancia, giungendo ad una cengia. Da qui per un breve muretto e rocce più facili ed erbose fino alla sosta. 25m, 6b; sette fix. Sosta su due fix con cordone e maglia-rapida.
3° tiro: sopra la sosta per rocce facili (a tratti da verificare) fino al muretto finale da cui si esce verso sinistra. 25m, 5a (un passo); tre fix. Vicino ai fix si trovano vecchi chiodi. Sosta su due fix.
4° tiro: si sale per placca a destra della sosta per poi spostarsi a sinistra a superare un muretto che porta alla larga cengia dove si sosta contro la parete. 25m, 5c; sette fix. Sosta su due fix con cordone.
5° tiro: salire lungo un vago spigolo per poi spostarsi lievemente a destra e salire ad una larga terrazza. Superare le ultime rocce, facili ma non solidissime, e raggiungere la sosta. 40m, 4c (uno o due passi); due fix. Sosta su due fix con cordone e maglia-rapida.
Discesa: è possibile scendere in corda doppia, ma noi abbiamo optato per la discesa a piedi. Si tiene quindi la destra (rispetto alla direzione di salita; verso sud). Si scende poi o per il primo canalone che si incontra (canalone SEM) oppure per il secondo (canalone dei camosci), che si raggiunge per traccia sulla destra.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.

lunedì 3 luglio 2017

Dibona (con varianti)

Teo sul 2° tiro.
Teo sul 3° tiro.
Sul 4° tiro.
Walter sul 5° tiro.
Teo e Walter sull'ultimo tiro.
In vetta.
Tracciato della via.
Sass de Mesdì - Odle
Spigolo SO


– Oh, ma non mi pare IV su di lì...
– Fidati, te lo dico io...
– Ma la relazione dice...
– Ma no, va su di lì, vedi quel diedrino... ecco...
E io, che sono di animo ingenuo e mi fido ancora dei compagni di cordata, salgo "su di lì". Giunto sotto il diedrino e verificato che di IV non se ne parla, faccio un tentativo verso destra, trovo un cordone su spuntone e chiodo mezzo estratto su cui qualcuno si è calato, rabbrividisco, torno indietro, caccio un improperio al socio e salgo. Meno peggio di quel che sembrava!
Morale: girate sempre con una relazione affidabile! Potrete poi sempre decidere di tradirla per amor d'avventura e degli amici...
Accesso: noi siamo partiti dal rifugio Firenze, che si raggiunge da S. Cristina in Val Gardena attraverso la cabinovia del Col Raiser (18€ A/R per soci CAI, con mirabolante sconto di 1€) e il sentiero n. 4. Dal rifugio si prende il sentiero n. 13 (indicazione ferrata del Sass Rigais) fino ad un bivio, dove si sale a sinistra (13b, indicazione Pera longia) e si giunge ad un secondo bivio al cospetto della Gran Fermeda. Qui si prende a destra e si risale poco dopo il bordo del ghiaione per tracce, fino ad un sentiero più marcato che si segue verso destra fino al canale tra la Odla de Cisles ed il Sass de Mesdì. Si sale il canale fin quasi alla forcella e ci si ferma poco prima, a destra di un evidente camino.
Relazione: bella via che risale lo spigolo del Sass de Mesdì cercando il percorso più agevole e alternando diedri, camini e placchette. La via si può percorrere con diverse varianti che la rendono più interessante. Difficoltà mai estreme, ma chiodatura parca. Portare friend piccoli e medi per integrare le protezioni.
1° tiro: traversare a sinistra per cengia e salire lievemente fino all'imbocco del camino. Salirlo e sostare su un grande masso incastrato. 45m; III, IV; un chiodo. Sosta su due chiodi.
2° tiro: salire brevemente uscendo dal camino e proseguire in obliquo verso sinistra fino ad una nicchia alla base di un pilastro giallastro. 50m; IV-, II; un chiodo con anello, un cordone su spuntone. Sosta da attrezzare su spuntone.
3° tiro (variante diretta dello spigolo): a sinistra a salire il bel diedro-canale, uscendone a sinistra per sostare poco dopo. 30m, IV; un chiodo, un cordone in clessidra. Sosta da attrezzare su spuntone. La via originale si sposta invece sulla parete sinistra dello spigolo.
4° tiro (variante diretta dello spigolo): alzarsi lungo la placca spostandosi lievemente a destra e puntando ad una nicchia nerastra sovrastata da un diedro-spaccatura giallastro, ben evidente sopra la sosta. Superarlo e sostare subito dopo sulla sinistra. 30m; una sosta intermedia (due chiodi), un chiodo; IV, IV+, V+ (un passo). Sosta su due chiodi.
5° tiro (variante diretta dello spigolo): spostarsi a sinistra, risalire un vago canalino e proseguire su facili rocce fino a reperire un buon punto di sosta in una nicchia. 35m; III+, IV- (passi). Sosta da attrezzare su friend e/o clessidre. Se la corda non fa troppo attrito, si può proseguire fino ad uscire sulla cengia.
6° tiro: salire alla cengia soprastante (qui termina la variante), rimontare una grossa lama e spostarsi in esposto traverso a destra (restare bassi!!). Salire poi in obliquo e superare un vago diedrino sostando subito dopo. 40m; III+, II, IV; un cordone in clessidra, una sosta intermedia (due chiodi non vicinissimi). Sosta su due clessidre (una con cordone).
7° tiro (variante di uscita diretta): la via originale continua verso destra per poi salire un camino e giungere in cresta. Seguendo la variante ci si sposta un poco a destra doppiando lo spigolo, per poi salire per facili rocce erbose fino ad un grosso masso che si rimonta giungendo alla base di un camino. 25m, I, III, IV-; un chiodo, un cordone in clessidra. Sosta su due chiodi.
8° tiro (variante di uscita diretta): salire il camino fino al suo termine e proseguire per rampa erbosa a sinistra. 40m, IV-, I. Sosta su spuntone.
9° tiro (variante di uscita diretta): per facili rocce all'anticima. 40m, II.
Discesa: raggiungere la vetta per facili rocce e scendere nel canale a destra (ometti) fino ad incontrare una traccia orizzontale. Qui brevemente a sinistra fino a riprendere gli ometti che scendono lungo una rampa che sfocia in una prato. Da qui brevemente al sentiero che, seguito verso destra, riporta alla base del canale di partenza.

Nota: quanto sopra è la relazione del percorso da me seguito. Altre opzioni possono essere possibili per quanto riguarda l'accesso, la salita e la discesa; inoltre, le protezioni, le soste ed il loro stato possono cambiare nel tempo: usate sempre le vostre capacità di valutazione! Vogliate segnalarmi eventuali errori ed omissioni. Grazie.